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Autore: Kuno84    22/12/2010    11 recensioni
Tutti conosciamo l'esito della battaglia finale contro Safulan. Ma se le cose fossero andate diversamente? Ranma avrebbe combattuto, avrebbe salvato Akane contro ogni evidenza, o più semplicemente si sarebbe lasciato soccombere alla pazzia?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 6 
“Breve sogno”

  
  
Strizzò un’ultima volta le palpebre. Ma fu di nuovo inutile, l’immagine monocromatica che scorgeva davanti a sé non si decideva a cambiare. 
D’altronde non si aspettava qualcosa di diverso. Poteva affermare senza un minimo di superbia che la propria vista era paragonabile a quella di una civetta, o perfino superiore: gli occhi, perfettamente adattati alla penombra notturna, discernevano con immediatezza ogni singolo elemento che lo circondava. 
La sagoma, che si stava rialzando distanziandosi un poco da lui, continuava a mantenere le fattezze di una ragazza il cui taglio corto di capelli gli era fin troppo familiare. E adesso Ranma poteva anche lasciar spaziare lo sguardo sulla figura intera, riconoscendo così la lunga divisa scolastica del Furinkan. 
“Ranma…” Udì ancora. 
Si domandò se, ammesso che la propria fantasia gli stesse comunque giocando un brutto scherzo, davvero anche l’udito si sarebbe potuto fare ingannare così facilmente. Non lo credeva possibile. Quel suono, quella voce non potevano affatto essere frutto della propria immaginazione! 
Si levò in piedi, ma più lentamente di come avrebbe voluto. Fu stupito dal lieve torpore delle gambe e non riuscì a evitare di barcollare. 
Avanzato di pochi passi per recuperare l’equilibrio, ridusse lo spazio che li separava e, anche se lei aveva smesso di pronunciare il suo nome, Ranma ne avvertì in modo nitido il respiro, ritmico e un poco ansimante. 
Provando a imporsi il pensiero che, forse, sarebbe dovuto essere lui a dirle qualcosa, considerò invece l’idea di tornare sui suoi passi. Dopotutto, Tofu e Tendo non dovevano essere troppo lontani. Li avrebbe raggiunti, quindi li avrebbe condotti qui, volenti o nolenti, cosicché finalmente anche loro avrebbero potuto vederla e sentirla. 
Il proposito lo tentò per diversi istanti. Ma… se poi non l’avesse ritrovata? 
Se, nel frattempo che lui si allontanava, lei fosse scappata di nuovo? 
Oppure, peggio: se lei, nonostante tutto, non ci fosse stata proprio fin dall’inizio? 
“Ranma…”  
La prima alternativa era certo più allettante. Decisamente. Perché, seguendo per un attimo l’ipotesi di non essere ancora impazzito, Akane era davvero viva e vegeta davanti ai suoi occhi. 
“…che cosa sta succedendo?” 
  
  
Si avvicinò al cratere con aria circospetta. 
Non che si aspettasse di trovare l’autore di quello sfacelo, ma sperava di individuare almeno qualche indizio, una bandana o altro, che lo rassicurasse dell’estraneità di Ranma alla vicenda. 
Puntò la pila elettrica sul terreno circostante, con fare metodico. Gli bastarono, tuttavia, pochi secondi per perdere di nuovo la calma e lasciar serpeggiare il cono di luce senza più alcun criterio, mentre le lacrime andavano ad annebbiargli la vista. 
No, non di nuovo. S’impose. Non adesso. 
Si volse, ormai disperato, in direzione del dottor Tofu. Questi, dal canto suo, non pareva propenso a una linea d’azione decisa, come Soun si era augurato: stava sì gesticolando a sua volta il braccio, ma verso l’alto, così da proiettare e disperdere in cielo il raggio della sua torcia. Magari cercava anche lui qualcosa, ma tra i pochi alberi rimasti in piedi. 
“Dottore… cosa sta facendo?” 
Il suo interlocutore lo guardò con un’espressione meno tesa di quella che si sarebbe aspettato. 
“Io? Oh, niente di speciale: sto segnalando agli altri la nostra posizione.” 
Gli altri, vero. Pensò che, in effetti, non erano molto distanti dal punto di riunione prefissato. E tra l’altro, ora che gli veniva in mente, la zona di ricerca affidata a Ukyo comprendeva l’istituto Furinkan. Grazie all’indicazione del dottore, a breve sarebbero arrivati tutti. 
“Capisco.” Disse. “A questo punto è inutile rimanere divisi…” Poi ci ripensò. “Ma se rimaniamo qui in attesa, non corriamo il rischio di perdere le tracce di Ranma? Potrebbe essere ancora nei paraggi.” 
Il dottor Tofu annuì comprensivo, ciò nondimeno gli replicò: “Se davvero Ranma ha perso la ragione ed è il responsabile di tutto questo, non credo che si allontanerà troppo dal Furinkan in ogni caso. Ma se è nei dintorni, dobbiamo considerare… ecco, come definirlo… il nostro arrivo poco discreto di poco fa.” 
Soun farfugliò qualche parola di scusa. Tofu ridacchiò, con una mano dietro il capo. 
“Mi perdoni, non volevo metterla in imbarazzo.” Il suo tono di voce perse subito ogni inflessione di leggerezza. “Dicevo… prendendo per buona l’ultima ipotesi, allora Ranma ha avvertito certamente la nostra presenza e, stando così le cose, il fatto che non sia uscito lui stesso allo scoperto indica che non sarà facile riportarlo alla calma. A questo punto, il problema potrebbe essere non più come trovarlo, bensì come fermarlo.” 
Soun s’irrigidì. La considerazione era del tutto pertinente. 
Il dottore continuò: “Si ricorda di quando le avevo parlato delle condizioni del ragazzo?” 
Annuì. Era stata l’unica visita di Tofu a casa sua e, mentre lui lo scongiurava di salvare in qualche modo la propria bambina, il dottore si era permesso di ignorarlo per rivolgere invece la sua attenzione a un Ranma sdraiato contro un muro del corridoio e come abbandonato a se stesso. 
“Ricordo. Dopo averlo visitato, lei mi ha preso da parte per parlarmi della sua aura.” 
“Precisamente. Come chiropratico, non poteva sfuggirmi il disturbo, anzi il vero e proprio squilibrio presente nel flusso energetico di Ranma. Ecco, bisogna vagliare la possibilità che la crisi della scorsa notte e la conseguente fuga abbiano portato tale instabilità a un punto di rottura.” 
Soun deglutì. Per quanto ci tentasse, non riusciva a scacciare da sé l’immagine di una bomba a orologeria prossima all’esplosione. 
“Quindi”, provò a completare il ragionamento di Tofu, “lei suggerisce che sia meglio riunirci in buon numero prima di…”, esitò nel trovare la parola adatta, “affrontare Ranma?” 
“È la mossa più consigliabile.” Confermò l’interlocutore. Notando la sua crescente agitazione, si affrettò a precisare con un largo sorriso: “Stia tranquillo, naturalmente non intendo far correre il minimo pericolo alle sue figlie. Stavo piuttosto pensando a Ukyo: lei potrebbe fornirci un preziosissimo aiuto, qualora le cose si mettessero male.” 
Già, Ukyo. Lei era un’artista marziale più che valida. 
Ma com’è possibile che non sia già qui?! 
  
  
Akane riprese a scrutarlo con aria interrogativa. 
Come se non fosse lui quello in diritto di porre delle domande. 
Ranma non poté impedirsi di sbuffare. 
Negli ultimi minuti trascorsi era leggermente arretrato, controllando che lei lo seguisse, fino a toccare con la schiena un altro dei muretti che delimitava il cortile della scuola. Era più basso degli altri cosicché le luci della strada, adesso, lambivano entrambi, riempiendo la fidanzata di colori e imprimendo una nitidezza ancora maggiore ai suoi contorni. Lei non si era dissolta, come per un attimo aveva temuto in cuor suo, anzi gli dava l’impressione di essere più viva che mai. 
Le sopracciglia erano piegate in un’espressione severa, le mani chiuse a pugno e leggermente vibranti. Ranma riusciva quasi a visualizzare la consueta aura infuocata promanare dalla fidanzata e circondarla come uno strato protettivo. 
D’altronde non le stava fornendo – e come avrebbe potuto? – alcuna delle risposte che pretendeva. Per essere più precisi, non riusciva nemmeno a fissarla negli occhi per più di qualche secondo, prima di ritrarre lo sguardo come se ne fosse stato sfregiato. Eppure, rammentò, fino a pochi minuti prima avrebbe dato qualunque cosa per rivedere la fidanzata, per sentire di nuovo la sua voce. La propria reazione sarebbe dovuta essere più… beh, gioiosa, no? 
“Perché non vuoi parlarmi?! Devi dirmi cosa sta succedendo!” Riprese lei. Non aveva l’aria di essere disposta ad aspettarlo ulteriormente. “Questo edificio di fronte a noi non è forse il Furinkan? Ma non dovremmo trovarci qui, non dovremmo essere nemmeno in Giappone! Un momento fa questo posto era… Jusendo, la fonte di tutte le Sorgenti Maledette!” 
L’aspetto, la voce. La personalità. E ora… coincidevano anche le sue memorie. 
È tutto così perfetto. 
“Solo pochi minuti fa stavi combattendo contro quel ragazzino, il principe del monte Hooh. Lo so, mi ricordo ogni cosa. Anche se ero disidratata… ero perfettamente cosciente, ho visto e sentito tutto quanto.” Le parole fluivano rapide e affannate. “E poi se non sbaglio tu… tu l’avevi colpito con la tua tecnica! Sì, ne sono sicura, eri riuscito a sconfiggerlo!” 
Troppo perfetto. 
“E poi… e poi…” 
Finalmente la ragazza si arrestò, come per riprendere fiato. 
Nondimeno, decidendosi una buona volta ad alzare lo sguardo, Ranma incontrò un’espressione completamente diversa da quella che si immaginava. Gli occhi erano spalancati, come terrorizzati da un mostro invisibile. Il riflesso del lampione gli consentiva di scorgere diverse gocce di sudore che scendevano tortuose lungo la fronte e le guance. Notò di sfuggita che le sue labbra – e ora perché si era messo a guardare proprio quelle?! – stavano tremando. 
“E poi il silenzio…” Accennò lentamente, con un tono fattosi pacato. “Poi il buio… mi pare che stessi scappando da qualcosa… e quella… quella voce…” 
Ranma sussultò. 
Buio. Una voce. Se non era impazzito, né stava semplicemente sognando, forse poteva essere semplicemente che… 
Akane chinò il capo e fissò le proprie mani come sovrappensiero. 
In quel momento, una nuova fonte di luce avvolse la sua figura intera. Quando gli parve che d’un tratto stesse diventando più trasparente, ogni dubbio e ogni sospetto furono dissipati all’istante. 
“No! Non andare!” Gridò, gettandosi disperatamente in avanti con un braccio proteso ad afferrarla a ogni costo prima che fosse tardi. 
Tuttavia, lei non svanì nemmeno questa volta. 
Quando Ranma si avvide che la nuova luce non era che opera di un altro lampione mezzo fulminato e che si era deciso d’incanto a funzionare, era ormai incapace di frenare lo slancio e rovinò addosso a una fidanzata decisamente corporea. 
“Si può sapere che cosa ti è preso?!” Si lamentò Akane, che ora si trovava schiacciata sotto di lui. Il suo viso, tutt’altro che trasparente, gli parve aver assunto un colorito più acceso poco sotto le palpebre. 
Ranma provò a raddrizzarsi, facendo leva sulle mani posate a caso. 
“Oh... ma allora non sei… pe-pensavo che fossi un fa…” 
Fu interrotto da un sonoro schiaffo: anche questo più che mai corporeo, come la guancia sinistra in fiamme poté testimoniare. 
Tornò in posizione eretta mentre, prendendo all’improvviso coscienza dell’estrema vicinanza tra loro due, avvertiva inspiegabilmente bruciargli anche l’altra gota. 
“Scu-scusa, non è come…” 
“Allora eri tu!” Gli disse, con un’intonazione piena di collera. 
La guardò confuso, allungando una mano per aiutarla a rialzarsi. 
“Ero io… ero io cosa?” 
Akane scansò con malagrazia il suo braccio e si levò in piedi da sola. 
“Non fare finta di nulla! Intendo poco fa, e lo sai benissimo!” 
“Poco fa?” 
“Non ripetere ogni frase come un pappagallo!” Ranma avvertiva di nuovo nitidamente l’aura negativa della fidanzata. “Poco. Fa. A casa mia. Dove uno scemo, in pieno buio, mi ha gridato contro e si è messo a inseguirmi come un forsennato. Ti suona familiare?! Dovevo capirlo subito che eri…” 
Si arrestò di nuovo. Quando riprese a parlare, l’aura era svanita. 
“Un… un attimo. Come è possibile tutto questo?!” 
Ranma si morse la lingua, quasi avendocela con se stesso per aver messo insieme i pezzi con un tale ritardo. Provò la sensazione che il mondo intero avesse perso il suo equilibrio, stesse oscillando vorticosamente e fosse sul punto di franargli addosso. 
La figura nell’ombra la scorsa notte… era Akane! 
O perlomeno, era questa Akane. 
E ciò voleva dire… 
Che a casa Tendo, anche in quello stesso istante, il letto della fidanzata poteva essere occupato da un’altra Akane. 
  
  
Era sinceramente addolorato. Si stava prodigando in mille scuse, ma ciò non sembrava in alcun modo placare la signorina Nabiki. 
“Razza di idiota, ti sembra logico essermi saltato alle spalle?! Mi hai spaventata!” 
“Mi dispiace! Le ripeto che non l’ho fatto apposta, solo che è più forte di me! Le kunoichi sono guerriere addestrate a nascondersi nell’ombra e a mimetizzare costantemente la propria presenza, si è trattato di forza dell’abitudine! E quando lei è scappata via così fuori di sé, mi sono spaventato e mi è venuto istintivo trattenerla per il braccio! Ma non era mia intenzione farla cadere, giuro!” 
“E io che avevo creduto di… lasciamo perdere! Almeno spero che tu abbia qualcosa di buono da riferirmi. Se sei qui, significa che non hai dimenticato il nostro discorsetto di questo pomeriggio.” 
Konatsu sospirò. 
Come avrebbe potuto dimenticarlo? La telefonata della signorina Nabiki era stata la prima che il locale avesse ricevuto da una settimana a questa parte e lui, udendo lo squillo, era accorso con una foga che ben poco si addiceva a una cameriera qual era – ma nessuno questa volta l’avrebbe punito per la sua ribellione – sperando che finalmente la signorina Ukyo si fosse fatta viva. 
“Konatsu, mi senti? Smettila di fantasticare e fammi vedere cos’hai trovato.” 
La voce della sua interlocutrice lo riscosse, ed egli si ricordò dell’importante oggetto di gran valore che gli era stato affidato. Sfilò da una tasca la preziosissima macchinetta ‘polaroid’ della signorina Nabiki, controllando che non presentasse nemmeno un graffio in più rispetto a poche ore prima, e si accinse a consegnarla riponendo la massima attenzione. 
La signorina Nabiki, stranamente non altrettanto preoccupata di preservare un bene così lussuoso, glielo strappò dalle mani con un gesto brusco prima di dirgli: “Spero non sia tutto qui. Avrai fatto qualche scatto, mi auguro.” 
“Come?... Oh, sì, naturalmente.” Konatsu porse con fare meno interessato alcune fotografie. 
Lo sguardo della signorina Nabiki vi si soffermò, e mutò all’istante. 
Konatsu non riusciva a leggervi alcuna particolare emozione. 
Di colpo, non vi era più traccia della ragazza eccitata e nervosa che gli aveva gridato in faccia. Gli acuti sensi del ‘kunoichi di gran talento’ gli mostravano nuovamente la signorina sorniona e imperturbabile alla quale era abituato. 
“Ottimo.” Mormorò, e il tono di voce, questo sì, tradiva un certo compiacimento. “Davvero ottimo… e dimmi un po’, loro hanno per caso sospettato qualcosa?” 
Konatsu incrociò le braccia, indignato a quell’insinuazione. 
“Il travestimento è la mia specialità, dovrebbe saperlo.” Puntualizzò. 
“Va bene, va bene… ma, per curiosità, hai indossato anche un paio di occhiali, come ti avevo consigliato? Non che fosse così importante, dato che quei cinesi non dovrebbero nemmeno conoscerti, però la prudenza non è mai troppa.” 
“Certo, signorina Nabiki.” Rispose, con tono meno indisponente. Sperò di non aver esagerato, in preda al proprio momentaneo impeto di rabbia. “Ho seguito alla lettera ogni sua indicazione.” 
Anche se, Konatsu proseguì mentalmente, lui avrebbe preferito travestirsi da geisha… o almeno da chiromante. Sapeva interpretare una chiromante impeccabile e del tutto realistica. Invece indossare quegli abiti maschili l’aveva messo non poco a disagio: e recitare, davanti a tutto quel pubblico, la parte del cliente imbranato gli era risultato un po’ troppo facile. 
Ciò che contava, l’anziana cuoca e il giovane cameriere avevano inevitabilmente abbassato la guardia. Approfittando della confusione creata ad arte, con la scusa di andare in bagno per pulirsi aveva potuto esplorare di soppiatto ogni angolo di quel ristorante cinese, e in particolare un ripostiglio che la signorina Nabiki gli aveva espressamente indicato di controllare: tra l’altro non era stato un problema accedervi, la porta era stata lasciata aperta… 
“Signorina Nabiki, queste fotografie sono ciò che voleva?” Le domandò. “Ci aiuteranno, come mi aveva promesso, a riavere indietro la Ukyo… la signorina Ukyo di sempre?” 
Arrossì, per l’impudenza che gli era sfuggita. Del resto, anche se il suo era un amore proibito, teneva a Ukyo Kuonji più della sua stessa vita e avrebbe fatto qualunque cosa, se fosse stato per il suo bene. 
Ricordava ancora il volto teso della padroncina, l’ultimo giorno che aveva lavorato nel locale prima di trasferirsi dal signorino Ranma. 
Raramente l’aveva vista così turbata e, in cuor suo, avrebbe tanto voluto conoscerne il motivo e fare qualcosa per aiutarla. Ma questo non era compito di una cameriera. ‘La riservatezza innanzitutto’ era una delle prime regole da rispettare. E di regole ne aveva infrante abbastanza, si era detto passando lo strofinaccio sul bancone con maggior veemenza, prima di allontanarsi rassegnato in un’altra camera per rimanerci il resto della serata. 
Si mordicchiò quasi inconsciamente il labbro. 
Perché era stato tanto stupido?! Al contrario sarebbe dovuto rimanerle accanto, superando ogni discrezione e paura. Per fortuna era ancora in tempo per rimediare: durante questa notte senza luna – così propizia per loro, ‘guerrieri ombra’ – avrebbe riscattato il suo comportamento vile mostrandosi degno del proprio titolo di kunoichi. 
“Signorina Nabiki, mi risponde?” Ripeté deciso, pregno di tale risolutezza. “Queste fotografie le sono utili?” 
La sua interlocutrice parve scuotersi da un lungo pensiero. 
Gli sorrise. 
Anche questo sorriso gli era ormai divenuto familiare. 
“Sì, direi proprio che mi sono state utilissime.” 
  
  
Non poteva credere ai propri occhi. 
A poca distanza dal suo sguardo, Ranma e Akane stavano parlando animatamente. 
E il contenuto del discorso non prometteva nulla di buono. 
Non abbandonando il proprio nascondiglio ma uscendo leggermente allo scoperto per catturare meglio le parole che si scambiavano – tanto non c’era alcun pericolo che quei due potessero in qualche modo scoprire la sua presenza – dovette assistere suo malgrado a un Ranma con la rabbia delle grandi occasioni, come sul punto di sbrogliare l’intricata matassa che aveva messo così tanto tempo e tanta pazienza a tessere. 
Adesso aveva afferrato la fidanzata per le spalle e la stava interrogando accuratamente. Lei purtroppo sembrava vacillare e sempre più sul punto di crollare. 
Dannata Ukyo Kuonji… la colpa era solo sua! 
Perché mandare ogni cosa all’aria proprio sul più bello?! 
Già l’altra sera, a dire il vero, ci era andata molto vicina… e non aveva mancato di sottolinearlo. 
Questa notte era l’ultima occasione, si stavano giocando tutto, le aveva ricordato. Lei aveva dato la sua parola, aveva per caso intenzione di rimangiarsela?! Ma ormai non le sarebbe convenuto, non aveva più molta scelta, il tempo dei ripensamenti era passato da un pezzo. 
Ukyo era parsa molto scossa a quelle parole, segno che stava toccando le corde giuste. 
Così aveva deciso di rincarare la dose, ripetendo lentamente la fatidica domanda che le aveva rivolto solo pochi giorni prima. 
“Sei con me…?” 
Lei aveva annuito. Aveva ribadito che si sarebbe attenuta al proposito originale con estrema fedeltà. 
Ma, a quanto sembrava, quella Ukyo aveva saputo mentire molto bene. 
Stupidi ragazzini! Non ci si poteva mai fidare di loro! La gioventù del giorno d’oggi non portava alcun rispetto per chi era più anziano e aveva maggiore esperienza e saggezza. E questa incoscienza  tipica dell’età adolescente stava minacciando di far saltare il suo piano. 
Tornò a rivolgere la sua attenzione a Ranma. 
E scoprì che le cose stavano veramente sfuggendo di mano. 
Lui aveva appena finito di raccontare alla fidanzata di come lei fosse misteriosamente apparsa sul piano superiore di casa Tendo per poi svanire nel nulla mentre entrava nella camera degli ospiti, questo mentre per tutto il tempo un’altra Akane Tendo stava sdraiata sul letto della propria camera. 
Lei sembrava ancora indecisa se credergli o no, ma entrambi avevano scritto nelle loro espressioni che avrebbero fatto luce su questi fatti inspiegabili a qualunque costo. 
All’improvviso Ranma, che, visto il fare sempre più agitato, sembrava averne abbastanza di qualsiasi ulteriore indugio, propose di tornare a casa Tendo e scoprire la verità con i loro occhi. 
Beh, questo non poteva assolutamente permetterlo. 
Aveva perso di colpo il preziosissimo contributo di Ukyo, ma dopotutto il più era fatto. 
Era il momento di intervenire. 
  
  
L’urlo improvviso della fidanzata lo sconvolse come un lampo a ciel sereno. 
“Akane! Cosa succede?!” Le si avvicinò con cautela. 
“Basta! Lasciami stare! Lasciami stare!” Gridò con forza la ragazza, afferrandosi la testa con entrambe le mani e scuotendola con un vigore tale da spaventare perfino lui. 
Ranma rimase immobilizzato per qualche secondo, senza un’idea di cosa potesse fare. 
Quando si decise nuovamente all’azione, fu troppo tardi. Un’improvvisa cortina di fumo avvolse l’intero ambiente, nascondendo ogni elemento alla sua vista. 
Una bomba fumogena?! 
Ranma avanzò senza punti di riferimento, evitando ogni movimento brusco per non rischiare di colpire Akane. Ma il terribile presentimento che lo aveva colto fin dal primo istante si rivelò fondato con il rapido diradarsi della nebbia artificiale. 
Akane non si trovava più di fronte a lui. 
In compenso, una figura ingombrante stava allontanandosi di gran carriera, issando sulle spalle una enorme sacca… delle dimensioni di una persona. 
Non capiva cosa stesse accadendo e, in tutta franchezza, non gliene importava nulla. 
No! Pensò semplicemente. Non ti perderò un’altra volta! 
Lanciandosi all’inseguimento, Ranma non fu in grado di scorgere il volto del rapitore, che gli dava le spalle. Tuttavia, la poca visibilità non gli impedì di distinguere, con suo immenso orrore, una figura e una corporatura inconfondibili. 
Un panda?!

 

   
 
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