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Autore: AvevoSolo14Anni    22/12/2010    1 recensioni
[SOSPESA PER MANCANZA DI ISPIRAZIONE!]
L’amore fraterno non è qualcosa di facile da spiegare. È un legame unico, indistruttibile, che comprende tante cose, non tutte positive. Per un fratello sei pronto a rischiare tutto, a batterti furiosamente. Lo difenderai sempre e comunque: non c’è scelta. E sai che lui farà sempre lo stesso per te, ci sarà in ogni momento della tua vita. Non importa se a volte litigate, farete sempre pace. E vi potete dire che vi odiate, vi potete dare fastidio in ogni secondo, ma la verità è che se qualcuno vi dividesse, vi sentireste persi. Questo è, riassumendo molto, l’amore fraterno.
E se i fratelli in discussione sono ben cinque, di cui una sola ragazza, chissà quante cose potranno succedere…
Questa storia parla di tanti tipi di amori diversi; ma poi quando si ama, si ama e basta.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6
 


Passavano i giorni, le settimane ed addirittura i mesi. La situazione tra tutti i fratelli era sempre più insostenibile.
Era come se ci fossero state due fazioni avversarie, quella di Haze e quella di Joe. Nick e Kevin si dividevano un po’ tra i due, a seconda di cosa avessero bisogno.
Nick andava da chi aveva bisogno di un consiglio, cercava di far reggere quel periodo ad entrambi i fratelli, che senza di lui sicuramente non ce l’avrebbero fatta.
Kevin, invece, andava da chi aveva bisogno di essere tirato su di morale, il che voleva dire che correva sempre a destra e manca. Mai era stato necessario come in quel momento: tra Haze e Joe, era difficile dire chi fosse il più depresso. La sorella era sempre stata consolata dagli abbracci di Kevin, per lei erano indispensabili – anche lui era stato messo a parte della terribile verità, per spontanea scelta di Haze, anche se lui non aveva chiesto niente (non le sembrava giusto non dirgli nulla). Per Joe era tutt’altro che una cosa familiare: non era abituato a mostrare il suo dolore, non era abituato a dar mostra della sua fragilità, non era abituato a dover essere consolato in quel modo. Ma si dovette arrendere, perché Kevin evidentemente aveva un qualche potere magico, come una droga ad alto potenziale di stordimento che però non fa male, che si attivava ogni volta che ti stringeva tra le braccia.
Haze era costantemente triste. Anche Kevin stentava a farla ridere, soprattutto con il procedere dei giorni. A volte doveva dormire con lei, per farle avere un po’ di tregua.
Joe aveva tante emozioni che gli si agitavano dentro. Rabbia, perché si sentiva escluso dagli altri fratelli. Offesa, per il comportamento di Haze. Tristezza, perché lei gli mancava così tanto da non crederlo possibile.
I giorni procedevano tutti uguali, tra le solite sofferenze ormai familiari, senza che il resto della famiglia Jonas capisse cosa stesse succedendo.
Questo finché Joe non iniziò a provare una nuova terapia.
Ad un certo punto iniziò ad uscire di pomeriggio e la sera, sempre più di frequente. Non era più quasi mai a casa.
Inoltre, a volte tutti i fratelli mancavano per vari impegni (interviste, qualche concerto, qualche manifestazione di beneficenza e altro).
Un giorno, Kevin era fuori con una ragazza e Nick aveva un impegno con il suo gruppo. Haze era a casa da sola, perché come al solito Joe era sparito da qualche parte, Frankie era da un amichetto e i suoi genitori a fare spese.
La ragazza se ne era stata un paio d’ore ad ascoltare la musica in camera sua e a darsi lo smalto, anche se fuori era bel tempo. Poi era scesa per prendersi una Coca, e prima di tornare in camera voleva vedere se ci fosse qualcosa di bello in televisione.
Non appena entrata in sala si era immobilizzata, e dalla sua bocca era uscito un basso rantolo.
Joe era seduto sul divano con una ragazza appiccicata alla faccia, nel bel mezzo di un bacio piuttosto focoso.
Chissà da quanto erano lì, probabilmente la musica aveva coperto il rumore della porta.
Haze aveva pensato che Joe in quei tempi uscisse con qualcuna – o forse ben più di una. Lo aveva immaginato, certo, ma forse non l’aveva mai sentito reale. Adesso che lo vedeva, era tutto diverso.
Si accorse di aver mollato la lattina solo quando sentì qualcosa di freddo bagnarle i piedi scalzi.
Joe, probabilmente sentendo il rumore della Coca rovesciata che Haze non aveva colto, alzò lo sguardo su di lei, scostando la ragazza che lo guardava con uno sguardo che suggeriva intenzioni poco caste. Haze sapeva che Joe non era mai andato oltre i baci, però forse doveva ancora farlo capire a quella giovane assatanata.
Corse su per le scale, fuggendo, rifugiandosi nella sua camera. Era ovvio che lui uscisse con delle altre ragazze – era sempre stato un mago nelle conquiste – eppure vederlo di persona faceva così male.
“Haze…?” sentì biascicare Joe, mentre correva via.
Lei ora stava incredibilmente ancora peggio del solito, e non aveva nessuno che potesse consolarla.
Joe era ancora sul divano, mentre Samantha, la ragazza che aveva rimorchiato il giorno prima, cercava di riavvicinarsi alla sua bocca. Lui la allontanò e lei, ostinata, iniziò a baciargli il collo.
A quel punto lui s’infastidì e si alzò di scatto.
“Ma che ti prende?” chiese lei acidamente.
“Mia sorella…” iniziò lui, ma non seppe come terminare la frase. Cosa aveva sua sorella?
“Ma a chi importa?!” sbraitò quella. “Vieni qui” mormorò con voce accattivante, agguantandolo per la cintura.
Lui le tolse subito la mano e la fulminò con lo sguardo. “A me importa. E ora mi faresti il piacere di uscire dalla mia casa?”
Samantha lo guardò sconvolta, prese le sue cose e senza dire altro se ne andò. Forse è pazzo, oppure è gay, pensò, non accettando l’idea che qualche ragazzo potesse resisterle. Un vero peccato, era così dannatamente sexy.
Joe corse su per le scale e bussò alla porta di Haze. Lei lo ignorò, mentre cercava di soffocare i suoi soliti singhiozzii nel cuscino.
Ma non ci fu verso di riuscirci e lui la sentì.
“Haze, ti prego, posso entrare?” domandò, con una mano sulla maniglia.
“No!” esclamò la sorella, sollevando leggermente la testa per farsi sentire.
Lui ignorò quella risposta ed entrò.
“Ti avevo detto di no!”
“Era solo una domanda di cortesia” spiegò Joe.
“Esci” ordinò Haze, tornando a nascondersi nel cuscino.
“Cosa ti succede?” chiese lui invece.
“Esci!”
“Prima rispondimi” chiarì il fratello.
“Non posso” mormorò l’altra.
“Non puoi o non vuoi?”
Haze sospirò, mentre il suo corpo ancora tremava. Quando Joe si sedette accanto a lei ed iniziò ad accarezzarle la schiena, si aggiunse un nuovo tremore. Lui interpretò correttamente quel silenzio.
“Lascia che ti aiuti” la implorò.
“Non puoi farlo.”
“Lasciami provare!”
La ragazza scosse la testa ostinatamente. Doveva rispettare il consiglio di Nick, era la cosa migliore per tutti. Per tutti gli altri, diciamo.
“Mi manchi tanto” mormorò Joe, e la sua voce s’incrinò sull’ultima parola.
Haze fu costretta a voltarsi per guardarlo in volto. Lo sapeva, stava trattenendo anch’egli le lacrime.
“Anche tu” disse. Non se lo poté impedire.
“E allora perché non può tornare tutto come prima?” chiese Joe. Una lacrima sfuggì al suo controllo rigandogli la guancia destra.
“Non sai quanto mi piacerebbe” disse lei, ancora più ferita dal dolore di lui.
“Lascia che ti consoli, solo per questa volta” implorò ancora lui.
“Sei tu ad aver bisogno di essere consolato.”
“Entrambi ne abbiamo bisogno.”
“Non posso” mormorò lei, sempre più abbattuta. Lo avrebbe voluto così tanto.
“Fingi che io sia Kevin, da lui ti fai sempre abbracciare” propose Joe.
“Non riesco a fingere che tu sia qualcun altro” ribatté lei.
“E allora per una volta lascia perdere il dannatissimo motivo per cui stai facendo tutto questo!” urlò lui, in uno sfogo di rabbia e dolore.
Vedendo il viso di Joe sempre più bagnato dalle lacrime che non gli aveva mai visto piangere – se non forse quando si era fatto male da piccolo –, vedendo i suoi occhi così espressivi pieni di furia e tristezza, sentendo il suo respiro affannoso, Haze si arrese. Non fu una scelta, fu un obbligo.
La sua testa si spostò dal cuscino, di sua volontà. La sua schiena si raddrizzò, di sua volontà. Le sue gambe la spinsero verso Joe, di loro volontà. Le sue braccia strinsero a lei quel ragazzo disperato, di loro volontà.
Entrambi erano inginocchiati sul letto. Lui la strinse a sé con forza in un movimento repentino, e caddero sdraiati malamente.
Stettero sdraiati così per ore, senza muoversi di un centimetro, a piangere insieme per un po’ e poi a riposare.
Haze non si addormentò, non voleva perdersi nemmeno il più piccolo istante così. Sentiva e ogni tanto accarezzava il collo di Joe con le mani. La sua testa era sul petto di lui, e sentivo battere il suo cuore, prima rapido e poi sempre più tranquillo. Sentiva le braccia del fratello stringerle la schiena, accarezzandola dolcemente. E ricordava bene quanto tutto quello fosse sbagliato.
No, non avrebbe mai potuto fingere che lui fosse uno degli altri suoi fratelli. Perché le sensazioni provocate da quell’abbraccio erano ben diverse. Haze si sentiva bruciare da testa a piedi, inondata da una sensazione che non sapeva definire. Qualcosa di totalmente estraneo a lei.
Sapeva cosa significasse desiderare una ragazzo. Lo sapeva bene, lo aveva già provato, e tutte le volte era stata fedele alla promessa che si era fatta, che le veniva ricordata costantemente dall’anello che portava all’anulare sinistro. Ma la sensazione che provava in quel momento era diversa, più intensa.
E ad un certo punto la risposta le balenò davanti agli occhi, così semplice e ovvia. Per come lo sognava ogni notte, per come piangesse di continuo, per il dolore disumano che aveva sentito quando lo aveva visto con un’altra, per la gioia provata quando lui aveva preferito venire a vedere come stava piuttosto che baciare una donna, per lo strato aggiuntivo di dolore che gli causava il fatto di vederlo soffrire e per la pace perfetta che sentiva in quel momento, la risposta era soltanto una.
Joe, nel frattempo, entrava ed usciva da un leggero sonno. Cercò di restare cosciente, perché sapeva che il tempo con la sorella era agli sgoccioli.
Le accarezzò ancora la schiena liscia e si sentì finalmente felice. Certo, sarebbe durato poco, ma non vi voleva pensare. Finalmente aveva di nuovo sua sorella, e questo lo rendeva fin troppo contento. Inspirò, vicino ai suoi capelli lunghi e castani, e il suo profumo gliela fece sentire ancora più vicina.
Pensò che sarebbe potuto restare lì per sempre, tanto stava bene.
Haze, nei suoi pensieri, era pienamente d’accordo. Si strinse ancora più forte a Joe, suo fratello, il fratello che aveva scoperto di amare.
 
Dal piano di sotto giunse il rumore della porta d’ingresso che si apriva.
Haze, velocemente ma con molta fatica, si allontanò da Joe sedendosi sul letto.
Lui la guardò e per qualche breve istante i loro sguardi furono perfettamente allineati, tanto che sembrò che per il più breve degli attimi si fosse stabilito un collegamento magico tra le loro anime. L’incanto si spezzò quando lo sguardo di Joe corse alla porta della camera, e lui si alzò.
Senza dire una parola uscì dalla stanza richiudendo l’entrata alle sue spalle.
Dopo forse un minuto la porta si aprì nuovamente, e sbucò Nick.
Haze lo guardò per un attimo e poi crollò di nuovo sul letto, cercando disperatamente di non pensare.
Joe, nella sua camera, era seduto su una sedia a dondolo che aveva da ormai troppi anni. Era l’unica cosa che stonava, in quell’arredamento perfettamente moderno. Aveva scaffali pieni di dischi, un computer con uno schermo enorme e nuovissimo, un televisore al plasma, una poltrona in pelle bianca ed altri vari oggetti iper-tecnologici e iper-inutili. Eppure teneva ancora quella sedia, ci era troppo affezionato.
Ricordava quando, piccolissimo, ci stava seduto insieme a Kevin. Ricordava quando poi i genitori li mettevano entrambi lì e gli facevano tenere i gemellini di pochi anni in braccio, perché d’in piedi non erano affidabili. E quando poi, ormai grandicello, si dondolava con un Frankie neonato.
E ricordava bene quella volta con Haze, quando lui aveva solo sette anni e lei quattro. Si erano quasi incastrati lì e si dondolavano come matti, finché non caddero all’indietro. La sorellina era scoppiata in lacrime, sebbene non si fosse fatta niente. Forse era stato il botto o lo spavento. Ed era stato proprio lui a consolarla, quella volta – anche perché se lo avessero scoperto i genitori, aveva paura che lo avrebbero rimproverato.
Ed ora, ormai adulto, era ancora seduto lì.
Si fissò le braccia, maledicendole tra sé.
Stringevano il vuoto, e si sentiva vuoto dentro.    



Spazio dell'autrice:
Sì, lo so, pubblico capitolo in modo piuttosto incostante xD Oggi avevo voglia di scrivere, ahah! Anzi, vi avverto che potrebbe arrivare il capitolo 7 in giornata O.O
Ebbene sì., finalmente sono in vacanza!!! *Inizia ad urlare e correre per casa come una matta*
Okay, torniamo a noi. Uhm, siamo già a sei capitoli, incredibile.
Allora, che ne pensate? Non so se avete notato la mia tendenza alla tragedia... Be', forse sono leggermente (ahahah, leggermente, come no!) esagerata, ma sono fatta così U_U Sdolcinata e tragica al 100%, per la vostra gioia!
Insomma, quanto vi ha fatto schifo questo capitolo? Non chiedo più di commentare perchè intanto ho capito che (fatta eccezione per la mia fedele lettrice che ringrazio animatamente *__*) è inutile xD
Grazie a chi ha letto, messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate :)
E un grazie enorme alla carissima ElyCecy: spero di non scocciarti aggiornando di continuo, eheh! Neuroni condivisi, wow! Come ti ho già detto, non preoccuparti ;) Che ne pensi di questo capitolo?? Aspetto con ansia la tua recensione <3
Passo e chiudo! A presto e baci a tutti (non dico buon Natale perchè intanto aggiornerò sicuramente prima), Juls.

  
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