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Autore: Akuma    23/12/2010    2 recensioni
Non potevo risparmiarmi un titolo idiota, è nella mia indole! xD
Tuttavia, la presente raccolta contiene delle one-shot al sapore di zucchero e buonismo, come vuole la buona tradizione natalizia. Per cui, beccatevi queste storielle, che hanno per titolo la città del mondo in cui sono ambientate e per protagoniste le nostre immancabili coppie di eroi.
Una volta tanto anche io voglio essere scontatamente scontata e smielatamente smielata!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Buenos Aires.
In Argentina a Dicembre è piena estate.
Il che la dice lunga sui festeggiamenti natalizi, dal momento che la tradizione di scambiarsi dei doni è piuttosto moderna.
A Buenos Aires, megalopoli di undici milioni di abitanti, il Natale si celebra ingozzandosi di anguria e ciliegie, spaparanzati al sole e ballando il tango per le vie in festa.
- Diaz, sei ubriaco.-
Sbottò d’un tratto Alan Pascal, acchiappando al volo l’amico per le spalle, appena in tempo per evitargli un rovinoso capitombolo per terra.
- Ma quale ubriaco! E’ Natale!- replicò quello, sghignazzando come un pazzo e congedandosi con un inchino dalla sua corpulenta compagna di ballo di mezz’età, con la quale si era appena esibito in un passo a due da brivido.
Talmente da brivido che Pascal non aveva avuto il coraggio di guardare.
- E questo non esclude il fatto che tu sia ubriaco.- ribatté, scuotendo il capo con fare intellettuale.
- Ah, andiamo, Pas! Lasciati andare anche tu e basta!- ribatté Diaz, contrariato.
Si appoggiò stancamente alla staccionata più vicina, asciugandosi il sudore dalla fronte.
C’era da dire che era piuttosto provato: veniva da una mattinata in cui si era dovuto cimentare con i campioni indiscussi di Pentolaccia. Non era stato affatto facile spuntarla, quei bambini avevano del talento da vendere!
Poi, verso l’ora di pranzo, era stata allestita un’enorme tavolata di asado, la carne alla brace più succulenta di tutti i tempi. Ed anche lì aveva messo a dura prova sé stesso, dal momento che aveva buttato giù un bel po’ di vino per accompagnare la deliziosa vivanda tipica della Vigilia.
Senza contare l’improvvisata gara di ballo a cui aveva partecipato senza farselo ripetere due volte, danzando come un matto con la sua ex maestra delle elementari, un robusto donnone tutto riccioli e allegria.
E’ così, Buenos Aires.
E’ amicizia, è risate, è spontaneità.
Buenos Aires è famiglia.
E nonostante la maggior parte delle persone sia troppo povera per potersi permettere un banchetto natalizio come si vede in televisione, nulla vieta alle persone di riunirsi per i rioni, gustando dalla stessa tavola - e talvolta dallo stesso piatto - i frutti che la terra ha donato loro, madre comune.
Juan prese un gran sospiro e si schermò gli occhi dal sole bruciante.
- Fammi fare un sorso.- buttò là Alan, alludendo col mento alla bottiglia di vino rosso che Diaz stringeva in una mano.
- Ah, eccoti! Ora ti riconosco!- rise il numero dieci, alzandola in alto al cielo - Salute!-
Pascal ne trasse due lunghe sorsate, rispondendo all’augurio dell’amico con egual entusiasmo. Juan allora rise di nuovo, non riuscendo a trattenersi.
- Ma quanto ti voglio bene, Pas!- esclamò, gettandogli le braccia al collo e lasciandosi trasportare dalle risa, totalmente preda di un mare infinito d’ilarità, le cui perpetue onde si infrangevano sugli scogli e sulla rada con straordinaria vitalità, tanto che ad Alan parve quasi di visualizzarle, quelle risa, farsi flutti, divenire umane.
Diaz, la personificazione della spensieratezza, suo fratello da sempre, si era appeso al suo collo con la spontaneità del un bambino mai cresciuto qual era.
La musica festosa inondava le vie, mentre dal chiosco più ampio ancora proveniva l’odore stuzzicante della carne, che sarebbe stata servita senza interruzioni fino a tardi. Le strade in festa erano drappeggiate di corone e ghirlande rosse e bianche e di luci colorate che quella sera avrebbero dato il loro coreografico apporto alla scenografia già parecchio briosa e folkloristica, dall’aria di casa.
Alan bevve un altro sorso dalla bottiglia, prima di restituirla al compagno, che l’afferrò quasi al volo.
Fece poi per parlare di nuovo, quando improvvisamente due ragazzini tagliarono loro la strada, correndo come razzi verso la porta di un’abitazione poco distante.
Tutti affaccendati come folletti dalla pelle scura, uno incrociò le mani per permettere all’altro di posarvi un piede e darsi la spinta per raggiungere le proprie spalle.
Diaz distese improvvisamente le labbra e del suo esagerato sorriso non rimase che un lieve sospiro.
I bambini ci misero un po’ per assicurare l’incerto equilibrio, poi quello che stava sopra si cavò di tasca un vecchio chiodo arrugginito e lo incastrò stabilmente tra le assi della porta, dove quasi certamente l’anno prima era rimasto fissato per il lungo periodo delle feste.
Allora anche il tempo intorno ad Alan cessò di scorrere e lui divenne sordo alla musica e insensibile agli odori, cosciente solamente dell’operosità dei due ragazzini.
Quello che aveva piantato il chiodo si sfilò poi dal collo un paio di scarpe a punta che aveva annodato per i lacci e le appose su di esso, mentre l’amico lo reggeva saldamente sulle spalle, arpionandogli le gambe con le braccia: erano le scarpe di Babbo Natale.
- Ti ricordi, Pas?- Juan soffiò leggermente, per paura di far svanire una visione così fragile - Lo facevamo anche noi.-
Alan annuì con un sorriso malinconico.
- Sì, mi ricordo.- rispose con un filo di voce.
Un refolo d’aria calda satura di salsedine scosse la frangia di entrambi, incantati ad assistere al rito che si stava consumando sotto i loro occhi.
- Mi ricordo quando preparavamo l’acqua e il fieno per i cammelli dei Re Magi.- concluse, gli occhi ridotti a due fessure.
- E quando mettevamo il Babbo Natale in cima all’albero.- gli fece eco Diaz, deglutendo a fatica.
D’un tratto il mondo si tinse dei toni di seppia, facendosi dapprima sfocato, poi più nitido. I muri delle case, le strade, le luci, tutto divenne più vecchio e più nuovo allo stesso tempo ed i volti dei bambini si scoprirono essere quelli di Alan e Juan, attivamente impegnati nel fissare le scarpe al chiodo, punzecchiandosi per decidere chi dei due avrebbe fatto da sostegno all’altro e ridendo a crepapelle una volta realizzata la tradizionale decorazione.
- Perché abbiamo smesso di farlo?- soffiò Diaz, quasi impercettibilmente.
- Non lo so.- fu la risposta che gli giunse dall’amico, che sussultò.
Un lungo istante carico riportò tutto al presente e gli sgargianti colori, gli aromi e la musica ripresero ad intrattenere i presenti, anime della festa.
Poi Juan si voltò di scatto con rinnovata allegria e Alan fece lo stesso quasi nel medesimo istante. Si fissarono brevemente negli occhi e, come sempre, l’intesa fu stabilita.
Qualche istante dopo Juan aveva preso in braccio uno dei due ragazzini e lo stava aiutando a fissare le scarpe al chiodo, mentre Pascal aveva preso a fare il solletico all’altro, rincorrendolo per la piazzetta, riportando il sogno al presente e rinnovando la magia di una tradizione che non si sarebbe persa mai, bensì si sarebbe perpetrata di generazione in generazione, per sempre.
 
   
 
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