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Autore: Little Cookie    24/12/2010    1 recensioni
Per prima cosa vorrei fare una breve introduzione a ciò che sto per raccontare. Questa è sicuramente la prima volta che tento di mettere un sogno per iscritto, perché è stato quello che senz'altro mi ha colpita più di tutti. Innanzi tutto perché a tratti era confuso e talvolta ripetitivo e poi perché ha avuto un suo sviluppo e ne è uscita fuori una bella storia.
Non solo: con questo voglio parlare del mio amore per Steven Tyler e gli Aerosmith, perché li amo sul serio!!
Tutte le cose che ho scritto sono frutto della mia fantasia... anche se devo ammettere che parecche cose sono vere xD
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ammiravo Joe, proprio in tutti i sensi. Era bello, suonava il mio strumento preferito e mi attirava caratterialmente. Almeno così sembrava da che l’ho visto. Il mio sguardo si era inoltre soffermato sulla grande quantità di chitarre e aggeggi vari posseduti. In più erano presenti amplificatori e spartiti di ogni genere.
Dopo aver sistemato ogni cosa, Joe si tolse il suo Borsalino. I suoi capelli erano veramente belli, tutto l’insieme lo era. Veramente. Si diede una sistemata alla chioma con la mano e poi posò il cappello, dopodiché si voltò dalla mia parte, notando che ero ancora lì: “Heh, ancora qui?” disse sorridendo. Che diavolo dovevo dirgli? Ogni volta che mi parlava parevo una rincoglionita: “Beh… Joe, sai… sono rimasta impressa da quello che c’è qui”… “e da te” pensai quest’ultima frase nella mia mente. Joe prese una penna e scrisse su un foglio, probabilmente stava abbozzando qualcosa: “Hmmm davvero? E perché?”. Mi schiarii la voce: “Perché anche io adoro la chitarra. È il mio strumento preferito da sempre”. A questo punto Joe smise di scrivere e mordicchiò la penna, dopodiché alzò lo sguardo: “E hai mai suonato?”. Io annuii: “Sì, quando ero piccola. Ma poi non ho più continuato”. Joe aggrottò le sopracciglia: “Per quale motivo?” chiese sistemandosi il gilet e guardandomi. La sua faccia mi intimidiva. Non era molto rassicurante in quel momento: “Oh, Joe! Non sai quanto mi sia dispiaciuto! Il fatto è che ho iniziato da piccola. In seguito ad un viaggio che ho compiuto… non ho più proseguito. Qualcosa si era rotto tra me e la chitarra”. Si mise le mani sui fianchi. Da chitarrista non poteva che capirmi e sapeva dove andare a parare: “Ah sì? Spiegati meglio”. Oh cazzo! Ma pure questo ci si metteva ora? “Da piccola ho fatto un viaggio in Inghilterra ed è lì che ho cominciato a suonare. Ero la più brava del mio corso ed è un vero peccato che abbia smesso”. Joe annuiva: “Eh già. Perché eri anche brava, quindi non hai smesso perché eri una schiappa. Peccato sul serio”. Si grattò la testa. Continuai la spiegazione: “Alla fine sono tornata in patria dopo qualche anno e lì non ho più ripreso. Ho riposto la mia chitarra in un angolo, con tutto il fodero che prendeva polvere. Che brutta immagine”. Joe non era molto contento di apprendere tale notizia e lo potevo dedurre dal suo volto sempre più imbronciato. “E dimmi, Miry… ti piacerebbe ricominciare?”. Miry? Mi conosci da 5 minuti e mi dai questa confidenza? Certo che i rocker sono proprio strani, l’ho sempre capito seguendo quel genere, ma conoscerli dal vivo te ne dà proprio la conferma. Ma a me poco importava sinceramente. Fatto sta che gli risposi: “Joe, è complicata la faccenda. Perché se ho smesso è anche per il fatto che ero poco motivata e poi perché mancavo di costanza”. “Tu riflettici bene. La musica è qualcosa che ti coinvolge pienamente e farla senza passione è la cosa peggiore. Sappi che se ti va posso darti una mano, ma deve partire da te l’iniziativa”. In un certo senso, i miei occhi si illuminarono. Il solo pensiero di avere Joe come insegnante mi avrebbe sicuramente stimolata. Però, prima di prendere la fatidica decisione, dovevo pensarci bene, anche per evitare un’eventuale perdita di tempo per Joe: “Ok, ora ci penso e poi ti dico” gli risposi. Joe accettò la mia risposta. Decisi poi di cambiare argomento: “Joe, cos’è sta storia del gemello con Steven?”. Il suo volto si ottenebrò ulteriormente. Avevo sbagliato a chiederglielo? “Ehm… è una lunga storia. Preferirei che tu lo scoprissi fuori da qui, quando non siamo tutti riuniti. Adesso andiamo in salotto a raggiungere gli altri Aerosmith, abbiamo parecchio da raccontarci”. Mi accorsi che Joe era più distaccato come carattere rispetto agli altri e a Steven. Aveva l’aria più da duro. Però caspita! Prima Steven e ora Joe! No! Due così non li avrei retti! “Andiamo” mi disse. Mi fece strada e io lo seguii fino al salotto: “Eccovi qui! Allora? Come procede?” disse Steven prendendo un cioccolatino. Tutti erano seduti sul divano attorno ad un tavolino: “Tutto ok?” chiese Tom. “Alla grande” disse Joe lasciandosi cadere sul divano. Sembrava davvero esausto. Del resto come potevo non capirlo? Anche il musicista ha il suo bel da fare. Sicuramente erano ore che provava prima che Steven e io arrivassimo: “Versatevi pure dello spumante se vi va, ragazzi” disse Joe “Sentitevi come a casa vostra”. Il primo fu Brad, il quale fece anche la gentilezza di versarlo agli altri: “Tu bevi, Miriam?” mi chiese. Io annuii: “Sì, ma solo un pochino, però”. Dopo aver terminato le dosi, Steven decise di fare un discorso: “Facciamo un brindisi! Agli Aerosmith affinché possiamo durare per sempre ed essere ancora energici per donare energia e sogni ai nostri fan!”. Tutti alzammo i nostri flute ed esclamammo all’unisono: “Agli Aerosmith!”. Poi Steven aggiunse ulteriori parole: “E un brindisi anche a questa ragazza formidabile che sta qui con noi, perché se lo merita, se lo merita davvero!”. “A Miriam!” seguirono gli altri. Io mi voltai verso Steven con una lacrima. Ero commossa. Così gli andai in contro e gli stampai un bacio sulla guancia. Lui mi abbracciò con un braccio, mentre con l’altra mano teneva il flute: “Siamo qui per te, cara”. Perché ora parlava al plurale? Perché?
Festeggiammo per un po’. Alla fine sbadigliai e Steven capì che mi ero stancata, così decise di volermi portare a casa: “Andiamo via?” mi sussurrò nell’orecchio. Oh, quel brivido di nuovo. Che voce. Acconsentii ad andarmene, dopo tutto era sera ed era quasi ora di cena. Siamo stati a casa di Joe per tutto il pomeriggio, ma ne era valsa la pena perché ho conosciuto lui, che era incredibile, e poi tutti gli altri Aerosmith, anche loro dei grandi: “State qui anche per cena?” chiese Joe. Steven scosse la testa: “No, mi dispiace Joe. Miriam è stanca e la riporto a casa”. “Grazie lo stesso” risposi io. E anche Steven ripeté la stessa cosa. “Ah, ok. Aspettate un attimo, però prima di andare. Miriam, tornando a quel discorso di oggi…” interruppe il discorso per prendere un fogliettino e una penna. Successivamente tornò da noi e stappò la penna avvalendosi dei denti e alla fine si mise a scrivere tenendo il tappo in bocca. Dopo aver terminato, ritappò la penna e mi consegnò il foglietto: “Così sai cosa fare ora” disse per terminare: “Pensaci su”. Sopra quel foglietto c’erano scritti il suo numero di cellulare e il suo indirizzo e-mail. Lo ringraziai con tutto il cuore per la sua disponibilità e dopo averlo salutato insieme agli altri, io e Steven uscimmo.
Tornammo alla macchina: “Bella giornata, vero?” mi chiese Steven sorridendo. “Già! Grandiosa direi!”. Il mio sorriso era raggiante, mi ero divertita. “E che ne pensi degli altri amici?” aggiunse. E che potevo dirgli se non che erano tutti quanti mitici e che soprattutto Joe lo era… ovviamente quella fu la risposta: “Aaah, ti è proprio rimasto impresso Joe, eh Miriam?” disse Steven con un tono un po’ ironico. Io risi: “Beh, sì Steven. Poi suona la chitarra, che è il mio strumento preferito”. La discussione andò avanti per buona parte del viaggio. Infine Steven mi fece una proposta carinissima: “Ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa fuori? Solo io e te…”. Che dolce! Naturalmente non esitai ad accettare: “Perfetto! Allora ti porto in un posto molto speciale per me. Spero ti piaccia” rispose lui.
Steven riusciva sempre a farmi sentire bene anche con cose semplici. Nessuno ne era stato capace nella mia vita. Forse era il suo modo di atteggiarsi e di porsi alle persone che lo rendeva così… così particolare… e speciale.
                             

 

   
 
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