Per la cronaca, so che il mio ultimo aggiornamento risale al 13 Agosto, lo so. <____< Però, suvvia, almeno non sono passati sei mesi! *O*/ E poi, questa è una raccolta(?)! *Cerca un lato positivo*
Poi, uhm. Niente, non sono sicura. XD
Questa roba qui, scritta il 23 Dicembre notte - sul tardi, sì, ché altrimenti non mi riesce di scrivere -, dovrebbe essere il mio regalo di Natale: regalo di Natale indirizzato a tutte le personcine puccH a cui voglio bene. E voi lo sapete, che vi voglio bene, quindi non fate storie e accettate lo scleropensiero. u______u/
Ma ovviamente, questa specie di Shot - Shot che mi auguri segni il mio ritorno quasi in pianta stabile nel fandom - è dedicata anche a tutti voi, che avete commentato il precedente aggiornamento, che avete letto, che avete inserito la fic tra le preferite/seguite/ricordate, o che avete inserito me, tra gli autori preferiti. Che continuate a seguirmi anche se sono una ritardataria cronica. >////<
Per quanto la scuola sia dura, insomma, il mio buon proposito per questo duemilaundici è aggiornare tutte le mie fic con regolarità, almeno una volta al mese. E sì, okay, una volta al mese è comunque parecchio tempo, ma direi che per i miei standard attuali è già un netto miglioramento, no? XD
Ho notato il nuovo metodo per rispondere ai commenti, e con entusiasmo mi accingo ad usarlo: non so se vi arriverà una specie di notifica o_ò, per avvisarvi della mia replica, o se dovrete essere voi a controllare, ma comunque ho intenzione di rispondere a tutti voi. u____u/ E grazie, grazie di cuore.
Spero di rivedervi tutte tra i commentatori. *Smile, poi saltella via* Buon Natale, buon Natale a tuttiii! *Dispensa amore-e-gioia-in-quantità*
Personaggi: InuYasha, Kagome.
Avvertimenti: Fluff, credo. Post-serie. Poi, uhm... romantico. XD Insomma, è una InuxKag, gente!
Rating: giallo. In realtà volevo spingermi sino all'arancione, ma ero troppo assonnata per abbozzare una lemon soddisfacente. XD
Parole: duemila. Parola più, parola meno.
Informazioni Random: dunque, sì. Qui, sperando che il collegamento funzioni, trovate un articolo che parla del Natale in Giappone.
C'è da dire che sono andata a memoria, quando ho scritto la fic, e solo quando ieri sera una mia amica - Ruccha, Ruccha! *O* - mi ha chiesto se in Giappone
il Natale fosse effettivamente la festa degli innamorati, ho pensato bene di controllare. Ed effettivamente, quell'articolo mi ha dato ragione. o_ò
In ogni caso, non ho citato né Kurisumasu Cake né altri dolci tipicamente natalizi, limitandomi ad un bell'onigiri che male non fa. u___u/
...sì, so che l'idea di passare il Natale mangiando onigiri è tristissima, però a me sembrava l'ideale. <___<" *Si nasconde*
Insomma, uffa. *Si imbroncia* Se ci sono errori, è mea culpa. XD
Il titolo globale della fic - che, se non si fosse capito, è divisa in tre diverse parti - è tratto dal film Anastasia. Mi è venuto in mente così, mentre scrivevo le note,
e l'ho trovato perfetto. u___u *Idee bakate Mode On*
Ah, cosa più importante di tutte: spero vi piaccia. Ho idea di essermi oltremodo arrugginita, a star per secoli senza pubblicare nulla, e la cosa mi deprime,
perché insomma, a me scrivere piace tantissimo, e... bah, niente di particolare. Però spero vi piaccia, lo spero tanto. <3
Grazie per il tempo che dedicherete - si spera - alla lettura di questo mio piccolo sclero: spero che vorrete perdere anche due secondi per commentare,
ma ovviamente non posso obbligarvi. Però mi piacerebbe. o___ò *Tormentata*
Su, vi lascio alla fic e mi ingegno a rispondere ai vostri commenti. XD Baci!
PS: appena possibile rileggerò per bene la fic. Se dovessero esserci refusi, state pur tranquilli ché verranno corretti. u____u/
23 Dicembre ♥
«Sai,
InuYasha? Nel mio – nel mondo da cui provengo, il 25 dicembre
si festeggia una…
una specie di festa».
Lui
annuì col capo, per farle intendere che sì, stava
ascoltando, e sì, era
vagamente interessato. «Va’
avanti», mormorò, stendendosi sul prato e
cominciando a fissare le stelle.
Kagome
non se lo fece ripetere due volte: «In realtà non
è propriamente una festa
giapponese», chiarì. Non le era mai capitato di
dover spiegare cos’è
il Natale, e tutt’a un tratto si
sentì impacciata, quasi ridicola –
sospirò. «Ehm, come dire, l’abbiamo
importata da una religione europea».
«Quindi
festeggiate una divinità non nostra»,
commentò InuYasha, improvvisamente sicuro
di sé. «Bah. E perché mai lo
fareste?».
«Guarda
che l’abbiamo rielaborata, la festa. Da noi è,
ecco, la…», abbassò lo sguardo,
le gote che le si imporporavano – e che cavolo, chi
gliel’aveva fatta fare di
parlare di quell’argomento con InuYasha? –,
«…la festa degli innamorati»,
concluse con un filo di voce.
Poi
scosse la testa, come a voler allontanare dei brutti pensieri, e si
sedette
accanto a lui – il prato era umido, e le venne la pelle
d’oca. Stranamente, la
sensazione era tutt’altro che spiacevole.
«Ogni
anno, il 25 dicembre, le ragazze trascorrono il giorno di Natale
– è così che
si chiama, questa festa – con il proprio fidanzato,
ecco».
Si
aspettava che InuYasha le desse della scema, o almeno sbottasse
qualcosa di
dannatamente antipatico, ma niente: lui restava immobile, fermo a
fissare il
manto stellato come se non avesse mai visto nulla di più
bello. Gli sfuggì
anche un gemito deliziato.
Dannato
idiota.
«Fingi
che io non abbia detto niente», lo ammonì
incrociando le braccia, e fece per
alzarsi, troppo ferita e irritata per restare anche solo un secondo di
più accanto
a quel babbeo patentato – cavolo, era proprio stupido, lui!
Non poteva non aver
capito dove stava andando a parare, neppure suo fratello Sota sarebbe
riuscito
a fraintendere!
Gli
diede le spalle.
«Ehi,
Kagome».
«Sì?»,
rispose, salvo poi mordersi la lingua – troppo impulsiva,
avrebbe dovuto far
finta di nulla e allontanarsi alla svelta – e sbuffare.
«Cosa c’è?».
«Quando
sarebbe il 25 dicembre? Di preciso, intendo».
In
linea di massima, neppure lei ne era troppo sicura: «Tra due
giorni», mormorò,
sperando di non essersi sbagliata. «Sì, tra due
giorni. Perché?».
«Hai
detto che è», non poteva vederlo in volto, ma la
sua voce tradiva un certo
imbarazzo, «la festa degli innamorati, vero?».
«Sì»,
confermò, sentendosi arrossire. All’improvviso si
rese conto di essere tornata
sui suoi passi, e che InuYasha era tremendamente vicino, e…
e… Niente, non le
riusciva neppure di formulare pensieri coerenti –
deglutì, sorpresa. «Perché?»,
chiese, e nel dirlo si sentì immensamente sciocca.
InuYasha
ridacchiò: «Prova a immaginarlo, scema».
«Non
sono – dai, dimmelo!».
«Guarda
che puoi arrivarci anche da sola», le fece gentilmente notare
lui, mettendo per
un attimo da parte l’orgoglio e la maleducazione per
consentire al suo lato
pacato di emergere. «Non è tanto
difficile».
Di
tutte le cose che le vennero in mente, Kagome si disse che solo una
poteva
essere giusta, e che se lo fosse stata – e le
possibilità che non lo fosse
erano pochissime – si sarebbe dovuta seppellire per
l’imbarazzo. Prese uno,
due, tre respiri profondi e poi si distese accanto a lui. «Lo
trascorreremo
insieme il Natale, vero?», chiese.
Si
rese conto di star trattenendo il fiato solo quando lui si
voltò, rivelando due
luminosissimi occhi dorati, e sorrise. «Visto che non era
tanto difficile,
scema?».
«Ehi,
a chi avresti dato della scema?».
«A
te», replicò, senza smettere di guardarla
– era vicina, vicinissima, e
profumava di qualcosa di dolciastro e delicato. Non era un odore
disgustoso,
però, e InuYasha si scoprì ad avvicinare sempre
di più il volto a quello di
lei. «Sei tu», sussurrò flebilmente,
mentre le loro labbra si avvicinavano
sempre di più, «l’unica che io abbia mai
chiamato scema. Scema».
Kagome
chiuse gli occhi – e okay, era un idiota, quello, e prima o
poi gliel’avrebbe
fatta pagare, e sì, l’avrebbe mandato a cuccia
e… e niente, ancora non le
riusciva di formulare un discorso coerente. Tutta colpa di InuYasha,
tutta
colpa del bacio che le stava dando.
«Idiota»,
riuscì a stento ad articolare. Poi più
nulla.
24 Dicembre ♥
«Scema»,
sospirò, coprendosi il viso con un braccio – che a
dicembre ci fosse così tanto
sole era assurdo, dannazione! – e scuotendo lentamente
Kagome, che dormiva
avvinghiata a lui.
La
suddetta ragazza spalancò le labbra, si rotolò e
infine, mentre InuYasha
cominciava già a perdere la pazienza e una sottospecie di
passero svolazzava
sulle loro teste, aprì gli occhi, ancora assonnata.
«Ah, sei tu», bisbigliò,
accoccolandosi nuovamente contro il petto del ragazzo.
«Credevo fosse un
sogno».
«Cosa
credevi fosse un sogno?», chiese lui, anche se in
quell’istante il suo unico
desiderio era alzarsi e fare colazione – e no, certo, non era mica felice! La vicinanza di
Kagome non l’aveva per nulla
messo di buon umore, proprio no! E se aveva voglia di canticchiare,
beh, era
solo per colpa di quella sottospecie di passero che stava
fischiettando, sì.
Non
certo grazie a Kagome. Oh, no.
«Il
fatto», sospirò lei, socchiudendo le palpebre,
«che tu avessi accettato di
trascorrere il Natale con me. Sai che oggi è la
vigilia?».
InuYasha
la guardò con aria confusa: «La vigilia di
cosa?», chiese.
«Di
Natale». Kagome gli lanciò un’occhiata
condiscendente, poi scosse il capo e si
mise a sedere – per quanto il pensiero lo confondesse,
dové ammettere che era
tremendamente carina, con quell’aria assonnata e le labbra
imbronciate. «E
domani sarà Natale. Semplice, no?».
«Per
te che ci sei abituata», avrebbe voluto risponderle, ma
preferì un neutro:
«Okay», che poteva suonare come una presa in giro e
una frase intelligente allo
stesso tempo. «E cosa si fa, la vigilia?», chiese,
afferrando tra le dita una
mano di Kagome e stringendola forte.
Lei
sorrise soddisfatta. «Oh», sospirò con
sguardo languido, «quello che vuoi. Sino
a oggi il Natale l’ho sempre festeggiato con –
ricordi le mie amiche? Eri,
Ayumi e Yuka? Ecco, con loro, e la vigilia la passavo a casa coi miei.
Sota mi
obbligava sempre a giocare con i videogame, mentre mia madre preparava
un
grande pranzo e il nonno tentava qualche esorcismo».
«Era
divertente?».
«Sì»,
asserì, poggiando il capo sulla spalla di InuYasha,
«molto. Però sai, sino ad
oggi l’avevo sempre trovata noiosissima, questa
routine».
«Rutine?»,
ripeté lui confuso.
Kagome
ridacchiò: «Routine. Insomma, da quando sono nata
ho sempre trascorso la
vigilia coi miei e il Natale con le amiche, questo è il
primo anno…», cercò le
parole più adatte per esprimersi – però
non le trovo, quelle parole, e quindi
scosse il capo e disse tutto ciò che le veniva in mente
–, «…che passo senza
festeggiamenti. A quest’ora, probabilmente sarei in cucina a
mangiare onigiri».
«Se
vuoi possiamo prepararli», propose InuYasha. Magari Kagome
non si sarebbe
sentita un pesce fuor d’acqua, se avessero rispettato qualche
punto della rutine, e lui sarebbe
stato felice, se
l’avesse vista allegra.
E
poi gli onigiri gli piacevano, e tanto. Li avrebbe mangiati volentieri.
«Non
sono brava come mia madre», gli fece notare lei, sospirando.
«I miei onigiri
non sono granché».
«E
io li voglio».
«No.
Poi mi offenderai perché non ti piacciono e io ci
resterò male».
Se
anche dovessero
essere cattivissimi non te lo direi, commento tra sé e
sé InuYasha. Quindi la
sollevò di peso – era leggerissima, non doveva che
utilizzare un briciolo della
sua forza, per prenderla in braccio – e si avviò a
passo spedito verso la
capanna di Kaede, mentre lei protestava vivacemente.
Gli
diede anche un pugno, che lui a stento avvertì, e
minacciò di schiantarlo al
suolo, se non l’avesse fatta scendere.
«Provaci.
Di’ a cuccia e scoprirai cosa significa sbattere contro il
terreno duro»,
sghignazzò. «E comunque, scema, se tu avessi
voluto davvero mandarmi a cuccia
l’avresti già fatto, quindi smettila di fare la
mocciosa viziata e preparami
questi cavolo di onigiri. Ho fame», sentenziò, e a
Kagome non restò che
sospirare sconsolata e lasciarsi trasportare da lui.
«Prova
a criticarli e ti ammazzo», fu l’unico monito che
si concesse.
InuYasha
rise. «Scema».
25 Dicembre ♥♥
«Natale,
InuYasha, oggi è Natale!»,
cantilenò,
scattando a sedere e cercando il suo kimono – la sera prima
InuYasha l’aveva
lanciato nell’angolo più lontano della stanza, e
riuscì a trovarlo a stento.
«Faresti
meglio a coprirti», le suggerì lui con voce secca
– non che fosse arrabbiato,
anzi. Dal modo in cui aveva scandito ogni singola lettera, Kagome
capì che era
dannatamente imbarazzato, e che se non si fosse rivestita nel giro di
qualche
attimo l’avrebbe buttata nuovamente nel futon e
addio Natale.
Per
un attimo, la prospettiva non le sembrò neppure malvagia.
Poi si disse che
avevano tutta la notte per – oh, Kami, che razza di discorsi!
Scosse il capo,
incredula. «Sto diventando una pervertita»,
annunciò, tentando vanamente di
aggiustarsi l’obi.
«Che
novità», commentò InuYasha, sospirando.
«Vuoi una mano?», le chiese – e dopo un
attimo, senza che lei aprisse bocca, aveva già artigliato un
lembo del kimono e
lo stava sistemando.
Il
tutto sfiorandole col fiato la nuca. Bastardo, era davvero un emerito
bastardo,
e doveva goderci parecchio, a saperla in preda ad una crisi ormonale.
Comunque,
se credeva che l’avrebbe implorato di fare sesso si
sbagliava, e parecchio.
«Oggi
faremo una bella passeggiata nei boschi!»,
annunciò entusiasta. «Ho intenzione
di invitare anche Sango e Miroku. È una bella idea,
vero?».
«Sempre
se ti va che io venga utilizzato come – come hai detto che si
dice? –
babysitter».
Uhm.
In effetti, se avesse invitato Sango e Miroku loro avrebbero portato di
certo i
bambini. E quelle piccole, adorabili pesti si sarebbero attaccate alle
gambe di
InuYasha finché questi non si fosse stancato e avesse
accettato di
assecondarle.
E
no, la cosa non la divertiva. Non il giorno di Natale.
«Forse»,
azzardò, attorcigliandosi una ciocca di capelli tra le dita,
«potremmo andare
solo io e te. Del resto, Sango e Miroku li vediamo tutti i giorni, non
c’è
bisogno di portarli con noi». E asserì, come se la
sua fosse un’idea geniale e
incontestabile. «Dove vogliamo andare?»,
domandò infine.
Non
credeva ci fossero posti divertenti, nell’epoca Sengoku, ma
magari avrebbero
trovato una bella taverna ove soggiornare, o una spiaggia assolata o
qualsiasi
altra cosa, perdiana! Era Natale e lei voleva stare con InuYasha,
punto.
Ovunque fossero andati sarebbe stato perfetto.
«Non
so». Immaginò stesse inarcando un sopracciglio, e
poi si sentì stringere i
fianchi con forza – due secondi dopo era seduta sulle gambe di InuYasha, con la bocca di
InuYasha che le mordicchiava il lobo
e le mani di InuYasha intente a
sfiorarle la schiena. «Per quel che mi riguarda, scema,
possiamo restare anche
qui».
Per
l’ennesima volta l’idea di restare lì,
sola con quell’idiota, le sembrò
tutt’altro che deprecabile, e si voltò quel tanto
che bastava per permettergli
di baciarla in tutta tranquillità.
«Io
volevo stare con te», mugugnò dispiaciuta.
«Beh,
tecnicamente stiamo insieme», le fece notare, ridendo appena.
Poi le sfiorò la
fronte con le labbra, facendola arrossire: «Solo che siamo a
casa, mentre tu
volevi uscire. Comunque, se ti va ancora di passeggiare, siamo in
tempo, lo
sai».
«Però…»,
biascicò. «Io… Oh, Kami. InuYasha, io
credo che frequentare Miroku ci stia
facendo male». E nascose il capo nella spalla
dell’hanyou, imbarazzata e
intontita.
Quella
specie di monaco deviato gliel’avrebbe pagata, comunque
– perché, suvvia, lei
non era mai stata sessualmente frustrata, e InuYasha neppure.
D’accordo, dopo
tre anni di obbligata lontananza era quasi normale che si desiderassero
– e che
il desiderio fosse quasi doloroso, sì –, ma che
non riuscisse loro neppure di
uscire di casa…! Insomma, era ridicolo.
Doveva
per forza esserci lo zampino di Miroku. Magari aveva messo loro qualche
pozione
stravagante – chissà se nell’epoca
Sengoku esisteva il viagra! – e li aveva
condotti a quello stato di dipendenza vergognoso.
O
forse erano gli ormoni, chissà.
In
ogni caso, lasciò che InuYasha le slacciasse nuovamente il
kimono – «Tanta
fatica per sistemartelo, ‘sto obi!» –, e
di sua spontanea volontà si distese
sul futon, sorridendo deliziata.
«Buon
Natale», mormorò appena, mentre lui le dava
l’ennesimo bacio.
InuYasha
ridacchiò, quindi le carezzò la guancia:
«Buon Natale».