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Autore: roro    25/12/2010    11 recensioni
«Vorrei poterti aiutare».
«Nessuno può aiutarmi, Kagome», sussurrò lui in risposta, allungando una mano verso il bento.
«Ma…».
InuYasha le sorrise. «Continua a prepararmi da mangiare e tutto andrà bene, d’accordo?».
Kagome avrebbe voluto spiegarglielo, che la vita degli umani è breve – che avrebbe dovuto separarsi da lui, che il tempo insieme sarebbe finito presto –, ma preferì voltarsi e annuire piano. Parlare era impossibile: la voce le tremava troppo, per sostenere un discorso.

[Una semplice - e forse un po' sciocca, chissà - raccolta, principalmente basata su Missing Moment post-finale e piccoli slice of life AU]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Okay, saaalve!
Per la cronaca, so che il mio ultimo aggiornamento risale al 13 Agosto, lo so. <____< Però, suvvia, almeno non sono passati sei mesi! *O*/ E poi, questa è una raccolta(?)! *Cerca un lato positivo*
Poi, uhm. Niente, non sono sicura. XD

Questa roba qui, scritta il 23 Dicembre notte - sul tardi, sì, ché altrimenti non mi riesce di scrivere -, dovrebbe essere il mio regalo di Natale: regalo di Natale indirizzato a tutte le personcine puccH a cui voglio bene. E voi lo sapete, che vi voglio bene, quindi non fate storie e accettate lo scleropensiero. u______u/
Ma ovviamente, questa specie di Shot - Shot che mi auguri segni il mio ritorno quasi in pianta stabile nel fandom - è dedicata anche a tutti voi, che avete commentato il precedente aggiornamento, che avete letto, che avete inserito la fic tra le preferite/seguite/ricordate, o che avete inserito me, tra gli autori preferiti. Che continuate a seguirmi anche se sono una ritardataria cronica. >////<
Per quanto la scuola sia dura, insomma, il mio buon proposito per questo duemilaundici è aggiornare tutte le mie fic con regolarità, almeno una volta al mese. E sì, okay, una volta al mese è comunque parecchio tempo, ma direi che per i miei standard attuali è già un netto miglioramento, no? XD

Ho notato il nuovo metodo per rispondere ai commenti, e con entusiasmo mi accingo ad usarlo: non so se vi arriverà una specie di notifica o_ò, per avvisarvi della mia replica, o se dovrete essere voi a controllare, ma comunque ho intenzione di rispondere a tutti voi. u____u/ E grazie, grazie di cuore.
Spero di rivedervi tutte tra i commentatori. *Smile, poi saltella via* Buon Natale, buon Natale a tuttiii! *Dispensa amore-e-gioia-in-quantità*





» Once upon a Dicember ~


















Personaggi: InuYasha, Kagome.

Avvertimenti: Fluff, credo. Post-serie. Poi, uhm... romantico. XD Insomma, è una InuxKag, gente!

Rating:
giallo. In realtà volevo spingermi sino all'arancione, ma ero troppo assonnata per abbozzare una lemon soddisfacente. XD

Parole: duemila. Parola più, parola meno.

Informazioni Random:
dunque, sì. Qui,
sperando che il collegamento funzioni, trovate un articolo che parla del Natale in Giappone.

C'è da dire che sono andata a memoria, quando ho scritto la fic, e solo quando ieri sera una mia amica - Ruccha, Ruccha! *O* - mi ha chiesto se in Giappone

il Natale fosse effettivamente la festa degli innamorati, ho pensato bene di controllare. Ed effettivamente, quell'articolo mi ha dato ragione. o_ò

In ogni caso, non ho citato né Kurisumasu Cake né altri dolci tipicamente natalizi, limitandomi ad un bell'onigiri che male non fa. u___u/

...sì, so che l'idea di passare il Natale mangiando onigiri è tristissima, però a me sembrava l'ideale. <___<" *Si nasconde*

Insomma, uffa. *Si imbroncia* Se ci sono errori, è mea culpa. XD

Il titolo globale della fic - che, se non si fosse capito, è divisa in tre diverse parti - è tratto dal film Anastasia. Mi è venuto in mente così, mentre scrivevo le note,

e l'ho trovato perfetto. u___u *Idee bakate Mode On*

Ah, cosa più importante di tutte: spero vi piaccia. Ho idea di essermi oltremodo arrugginita, a star per secoli senza pubblicare nulla, e la cosa mi deprime,

perché insomma, a me scrivere piace tantissimo, e... bah, niente di particolare. Però spero vi piaccia, lo spero tanto. <3

Grazie per il tempo che dedicherete - si spera - alla lettura di questo mio piccolo sclero: spero che vorrete perdere anche due secondi per commentare,

ma ovviamente non posso obbligarvi. Però mi piacerebbe. o___ò *Tormentata*

Su, vi lascio alla fic e mi ingegno a rispondere ai vostri commenti. XD Baci!

PS: appena possibile rileggerò per bene la fic. Se dovessero esserci refusi, state pur tranquilli ché verranno corretti. u____u/









































23 Dicembre

 

«Sai, InuYasha? Nel mio – nel mondo da cui provengo, il 25 dicembre si festeggia una… una specie di festa».

Lui annuì col capo, per farle intendere che sì, stava ascoltando, e , era vagamente interessato. «Va’ avanti», mormorò, stendendosi sul prato e cominciando a fissare le stelle.

Kagome non se lo fece ripetere due volte: «In realtà non è propriamente una festa giapponese», chiarì. Non le era mai capitato di dover spiegare cos’è il Natale, e tutt’a un tratto si sentì impacciata, quasi ridicola – sospirò. «Ehm, come dire, l’abbiamo importata da una religione europea».

«Quindi festeggiate una divinità non nostra», commentò InuYasha, improvvisamente sicuro di sé. «Bah. E perché mai lo fareste?».

«Guarda che l’abbiamo rielaborata, la festa. Da noi è, ecco, la…», abbassò lo sguardo, le gote che le si imporporavano – e che cavolo, chi gliel’aveva fatta fare di parlare di quell’argomento con InuYasha? –, «…la festa degli innamorati», concluse con un filo di voce.

Poi scosse la testa, come a voler allontanare dei brutti pensieri, e si sedette accanto a lui – il prato era umido, e le venne la pelle d’oca. Stranamente, la sensazione era tutt’altro che spiacevole.

«Ogni anno, il 25 dicembre, le ragazze trascorrono il giorno di Natale – è così che si chiama, questa festa – con il proprio fidanzato, ecco».

Si aspettava che InuYasha le desse della scema, o almeno sbottasse qualcosa di dannatamente antipatico, ma niente: lui restava immobile, fermo a fissare il manto stellato come se non avesse mai visto nulla di più bello. Gli sfuggì anche un gemito deliziato.

Dannato idiota.

«Fingi che io non abbia detto niente», lo ammonì incrociando le braccia, e fece per alzarsi, troppo ferita e irritata per restare anche solo un secondo di più accanto a quel babbeo patentato – cavolo, era proprio stupido, lui! Non poteva non aver capito dove stava andando a parare, neppure suo fratello Sota sarebbe riuscito a fraintendere!

Gli diede le spalle.

«Ehi, Kagome».

«Sì?», rispose, salvo poi mordersi la lingua – troppo impulsiva, avrebbe dovuto far finta di nulla e allontanarsi alla svelta – e sbuffare. «Cosa c’è?».

«Quando sarebbe il 25 dicembre? Di preciso, intendo».

In linea di massima, neppure lei ne era troppo sicura: «Tra due giorni», mormorò, sperando di non essersi sbagliata. «Sì, tra due giorni. Perché?».

«Hai detto che è», non poteva vederlo in volto, ma la sua voce tradiva un certo imbarazzo, «la festa degli innamorati, vero?».

«Sì», confermò, sentendosi arrossire. All’improvviso si rese conto di essere tornata sui suoi passi, e che InuYasha era tremendamente vicino, e… e… Niente, non le riusciva neppure di formulare pensieri coerenti – deglutì, sorpresa. «Perché?», chiese, e nel dirlo si sentì immensamente sciocca.

InuYasha ridacchiò: «Prova a immaginarlo, scema».

«Non sono – dai, dimmelo!».

«Guarda che puoi arrivarci anche da sola», le fece gentilmente notare lui, mettendo per un attimo da parte l’orgoglio e la maleducazione per consentire al suo lato pacato di emergere. «Non è tanto difficile».

Di tutte le cose che le vennero in mente, Kagome si disse che solo una poteva essere giusta, e che se lo fosse stata – e le possibilità che non lo fosse erano pochissime – si sarebbe dovuta seppellire per l’imbarazzo. Prese uno, due, tre respiri profondi e poi si distese accanto a lui. «Lo trascorreremo insieme il Natale, vero?», chiese.

Si rese conto di star trattenendo il fiato solo quando lui si voltò, rivelando due luminosissimi occhi dorati, e sorrise. «Visto che non era tanto difficile, scema?».

«Ehi, a chi avresti dato della scema?».

«A te», replicò, senza smettere di guardarla – era vicina, vicinissima, e profumava di qualcosa di dolciastro e delicato. Non era un odore disgustoso, però, e InuYasha si scoprì ad avvicinare sempre di più il volto a quello di lei. «Sei tu», sussurrò flebilmente, mentre le loro labbra si avvicinavano sempre di più, «l’unica che io abbia mai chiamato scema. Scema».

Kagome chiuse gli occhi – e okay, era un idiota, quello, e prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare, e sì, l’avrebbe mandato a cuccia e… e niente, ancora non le riusciva di formulare un discorso coerente. Tutta colpa di InuYasha, tutta colpa del bacio che le stava dando.

«Idiota», riuscì a stento ad articolare. Poi più nulla.

 

24 Dicembre

 

«Scema», sospirò, coprendosi il viso con un braccio – che a dicembre ci fosse così tanto sole era assurdo, dannazione! – e scuotendo lentamente Kagome, che dormiva avvinghiata a lui.

La suddetta ragazza spalancò le labbra, si rotolò e infine, mentre InuYasha cominciava già a perdere la pazienza e una sottospecie di passero svolazzava sulle loro teste, aprì gli occhi, ancora assonnata. «Ah, sei tu», bisbigliò, accoccolandosi nuovamente contro il petto del ragazzo. «Credevo fosse un sogno».

«Cosa credevi fosse un sogno?», chiese lui, anche se in quell’istante il suo unico desiderio era alzarsi e fare colazione – e no, certo, non era mica felice! La vicinanza di Kagome non l’aveva per nulla messo di buon umore, proprio no! E se aveva voglia di canticchiare, beh, era solo per colpa di quella sottospecie di passero che stava fischiettando, sì.

Non certo grazie a Kagome. Oh, no.

«Il fatto», sospirò lei, socchiudendo le palpebre, «che tu avessi accettato di trascorrere il Natale con me. Sai che oggi è la vigilia?».

InuYasha la guardò con aria confusa: «La vigilia di cosa?», chiese.

«Di Natale». Kagome gli lanciò un’occhiata condiscendente, poi scosse il capo e si mise a sedere – per quanto il pensiero lo confondesse, dové ammettere che era tremendamente carina, con quell’aria assonnata e le labbra imbronciate. «E domani sarà Natale. Semplice, no?».

«Per te che ci sei abituata», avrebbe voluto risponderle, ma preferì un neutro: «Okay», che poteva suonare come una presa in giro e una frase intelligente allo stesso tempo. «E cosa si fa, la vigilia?», chiese, afferrando tra le dita una mano di Kagome e stringendola forte.

Lei sorrise soddisfatta. «Oh», sospirò con sguardo languido, «quello che vuoi. Sino a oggi il Natale l’ho sempre festeggiato con – ricordi le mie amiche? Eri, Ayumi e Yuka? Ecco, con loro, e la vigilia la passavo a casa coi miei. Sota mi obbligava sempre a giocare con i videogame, mentre mia madre preparava un grande pranzo e il nonno tentava qualche esorcismo».

«Era divertente?».

«Sì», asserì, poggiando il capo sulla spalla di InuYasha, «molto. Però sai, sino ad oggi l’avevo sempre trovata noiosissima, questa routine».

«Rutine?», ripeté lui confuso.

Kagome ridacchiò: «Routine. Insomma, da quando sono nata ho sempre trascorso la vigilia coi miei e il Natale con le amiche, questo è il primo anno…», cercò le parole più adatte per esprimersi – però non le trovo, quelle parole, e quindi scosse il capo e disse tutto ciò che le veniva in mente –, «…che passo senza festeggiamenti. A quest’ora, probabilmente sarei in cucina a mangiare onigiri».

«Se vuoi possiamo prepararli», propose InuYasha. Magari Kagome non si sarebbe sentita un pesce fuor d’acqua, se avessero rispettato qualche punto della rutine, e lui sarebbe stato felice, se l’avesse vista allegra.

E poi gli onigiri gli piacevano, e tanto. Li avrebbe mangiati volentieri.

«Non sono brava come mia madre», gli fece notare lei, sospirando. «I miei onigiri non sono granché».

«E io li voglio».

«No. Poi mi offenderai perché non ti piacciono e io ci resterò male».

Se anche dovessero essere cattivissimi non te lo direi, commento tra sé e sé InuYasha. Quindi la sollevò di peso – era leggerissima, non doveva che utilizzare un briciolo della sua forza, per prenderla in braccio – e si avviò a passo spedito verso la capanna di Kaede, mentre lei protestava vivacemente.

Gli diede anche un pugno, che lui a stento avvertì, e minacciò di schiantarlo al suolo, se non l’avesse fatta scendere.

«Provaci. Di’ a cuccia e scoprirai cosa significa sbattere contro il terreno duro», sghignazzò. «E comunque, scema, se tu avessi voluto davvero mandarmi a cuccia l’avresti già fatto, quindi smettila di fare la mocciosa viziata e preparami questi cavolo di onigiri. Ho fame», sentenziò, e a Kagome non restò che sospirare sconsolata e lasciarsi trasportare da lui.

«Prova a criticarli e ti ammazzo», fu l’unico monito che si concesse.

InuYasha rise. «Scema».

 

25 Dicembre

 

«Natale, InuYasha, oggi è Natale!», cantilenò, scattando a sedere e cercando il suo kimono – la sera prima InuYasha l’aveva lanciato nell’angolo più lontano della stanza, e riuscì a trovarlo a stento.

«Faresti meglio a coprirti», le suggerì lui con voce secca – non che fosse arrabbiato, anzi. Dal modo in cui aveva scandito ogni singola lettera, Kagome capì che era dannatamente imbarazzato, e che se non si fosse rivestita nel giro di qualche attimo l’avrebbe buttata nuovamente nel futon e addio Natale.

Per un attimo, la prospettiva non le sembrò neppure malvagia. Poi si disse che avevano tutta la notte per – oh, Kami, che razza di discorsi! Scosse il capo, incredula. «Sto diventando una pervertita», annunciò, tentando vanamente di aggiustarsi l’obi.

«Che novità», commentò InuYasha, sospirando. «Vuoi una mano?», le chiese – e dopo un attimo, senza che lei aprisse bocca, aveva già artigliato un lembo del kimono e lo stava sistemando.

Il tutto sfiorandole col fiato la nuca. Bastardo, era davvero un emerito bastardo, e doveva goderci parecchio, a saperla in preda ad una crisi ormonale. Comunque, se credeva che l’avrebbe implorato di fare sesso si sbagliava, e parecchio.

«Oggi faremo una bella passeggiata nei boschi!», annunciò entusiasta. «Ho intenzione di invitare anche Sango e Miroku. È una bella idea, vero?».

«Sempre se ti va che io venga utilizzato come – come hai detto che si dice? – babysitter».

Uhm. In effetti, se avesse invitato Sango e Miroku loro avrebbero portato di certo i bambini. E quelle piccole, adorabili pesti si sarebbero attaccate alle gambe di InuYasha finché questi non si fosse stancato e avesse accettato di assecondarle.

E no, la cosa non la divertiva. Non il giorno di Natale.

«Forse», azzardò, attorcigliandosi una ciocca di capelli tra le dita, «potremmo andare solo io e te. Del resto, Sango e Miroku li vediamo tutti i giorni, non c’è bisogno di portarli con noi». E asserì, come se la sua fosse un’idea geniale e incontestabile. «Dove vogliamo andare?», domandò infine.

Non credeva ci fossero posti divertenti, nell’epoca Sengoku, ma magari avrebbero trovato una bella taverna ove soggiornare, o una spiaggia assolata o qualsiasi altra cosa, perdiana! Era Natale e lei voleva stare con InuYasha, punto. Ovunque fossero andati sarebbe stato perfetto.

«Non so». Immaginò stesse inarcando un sopracciglio, e poi si sentì stringere i fianchi con forza – due secondi dopo era seduta sulle gambe di InuYasha, con la bocca di InuYasha che le mordicchiava il lobo e le mani di InuYasha intente a sfiorarle la schiena. «Per quel che mi riguarda, scema, possiamo restare anche qui».

Per l’ennesima volta l’idea di restare lì, sola con quell’idiota, le sembrò tutt’altro che deprecabile, e si voltò quel tanto che bastava per permettergli di baciarla in tutta tranquillità.

«Io volevo stare con te», mugugnò dispiaciuta.

«Beh, tecnicamente stiamo insieme», le fece notare, ridendo appena. Poi le sfiorò la fronte con le labbra, facendola arrossire: «Solo che siamo a casa, mentre tu volevi uscire. Comunque, se ti va ancora di passeggiare, siamo in tempo, lo sai».

«Però…», biascicò. «Io… Oh, Kami. InuYasha, io credo che frequentare Miroku ci stia facendo male». E nascose il capo nella spalla dell’hanyou, imbarazzata e intontita.

Quella specie di monaco deviato gliel’avrebbe pagata, comunque – perché, suvvia, lei non era mai stata sessualmente frustrata, e InuYasha neppure. D’accordo, dopo tre anni di obbligata lontananza era quasi normale che si desiderassero – e che il desiderio fosse quasi doloroso, sì –, ma che non riuscisse loro neppure di uscire di casa…! Insomma, era ridicolo.

Doveva per forza esserci lo zampino di Miroku. Magari aveva messo loro qualche pozione stravagante – chissà se nell’epoca Sengoku esisteva il viagra! – e li aveva condotti a quello stato di dipendenza vergognoso.

O forse erano gli ormoni, chissà.

In ogni caso, lasciò che InuYasha le slacciasse nuovamente il kimono – «Tanta fatica per sistemartelo, ‘sto obi!» –, e di sua spontanea volontà si distese sul futon, sorridendo deliziata.

«Buon Natale», mormorò appena, mentre lui le dava l’ennesimo bacio.

InuYasha ridacchiò, quindi le carezzò la guancia: «Buon Natale».

   
 
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