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Autore: amor    29/12/2010    2 recensioni
E se si invertissero i ruoli, se fosse lei ad essere bastarda e a non richiamare il giorno dopo e lui ad essere serio e imbranato, come andrebbe? Non più la dolce micetta che addomestica il leone, ma la fiera leonessa che si lascia guidare da un piccolo gattino.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La musica era assordante, la luce intermittente e la folla asfissiante e oppressiva. Mi facevo strada tra la bolgia, avanzando in quello strano locale pieno di volti sconosciuti, di possibili conoscenze, di ipotetiche occasioni. Vidi da lontano dei ragazzi sorridermi, o era forse il Baileys che avevo bevuto a farmi sembrare tutti più felici. Non sapevo dove fosse Dalila, l’avevo persa di vista mentre bevevo la mia quarta consumazione al bancone del bar. Mi avvicinai a quel gruppetto di maschi che mi sembravano tanto cordiali. Cominciai a parlare sorridente con un paio di loro. Non me ne resi neanche conto, ma dopo poche ore eravamo tutti insieme nel mio letto. Non ricordo esattamente come, ma ricordo perfettamente il perché: non sarei rimasta sola come aveva detto Dalila.
 
‘Adesso stai esagerando un po’ troppo. Più che una casa sembra un bordello.’ mi rimproverò appena mi sedetti al tavolo per fare colazione, dopo aver accompagnato alla porta i gentili signori che mi avevano tenuto compagnia.
‘Giorno pure a te Lila.’ dissi ironica.
‘Non sto scherzando, Bessa. Questa storia deve finire. Ci abito anche io qui dentro, e Ale è sempre meno contento del fatto che io abbia perennemente ragazzi sempre diversi che girano tranquillamente per le stanze di casa mia. Questa storia va avanti da mesi, e non si tratta neanche di me, ma di te. Non so questa cosa fino a che punto ti possa far bene.’
‘Non ti preoccupare, so quello che faccio.’
‘Lo spero.’
Le feci un sorriso tirato e mi rituffai nel latte con i biscotti. Non sapevo esattamente quello che stavo facendo da sette mesi a quella parte, ma stavo continuando a stare in quella situazione di bilico tra l’universitaria modello di giorno e la ninfomane di notte. Ripensai ad un paio di anni prima, quando ero una diciottenne equilibrata e tranquilla, un po’ viziata ma felice, inconsapevole di cosa sarebbe successo, di come sarebbero precipitate le cose solo qualche mese più tardi. Ripensai a Rafael, alla storia del processo, a mamma che si era lasciata andare, a come ero cambiata io, e poi pensai a papà. Avevo ragione: era meglio prendere un ragazzo e farci sesso tutto il giorno piuttosto che starsene in silenzio e rimuginare sul passato.
Interruppi quei brutti pensieri e dopo aver finito la ciotola di caffellatte, una delle poche abitudini che avevo mantenuto dopo che la mia vita era cambiata radicalmente, mi diressi in bagno per fare una doccia. Sentii Dalila prendere le chiavi di casa, e dopo avermi salutato dicendo che ci saremmo riviste la sera, uscire e chiudere la porta. Rimasi quasi un’ora sotto il getto dell’acqua tiepida a massaggiarmi il collo e a farmi scivolare in faccia l’acqua, quasi come se potesse pulirmi da tutto lo sporco che mi sentivo addosso, che mi sentivo dentro. Mi vestii velocemente e andai all’università: paradossalmente amavo molto seguire i corsi, mi faceva sentire ancora la studentessa di liceo responsabile e diligente, la prima della classe che ero sempre stata. Come sempre, arrivai in aula con leggero anticipo.
‘Buongiorno.’ dissi maliziosa sorridendo mentre andavo a sedermi tra le ultime file.
‘Giorno Bes.’ Ammiccò suadente l’assistente del professore che già conoscevo malgrado si trattasse del primo giorno di un nuovo corso. Presi i libri dalla borsa e li poggiai sul banchetto, mentre l’aula si affollava e gruppi di ragazzi un po’ alla volta si posizionavano tra le file di sedie disponibili. Feci un cenno con la testa ed un sorriso abbozzato in segno di saluto ad alcuni di loro: tutti sapevano chi ero, ma quasi nessuno mi conosceva. Qualche ragazzo si era fatto coraggio ed era venuto da me a presentarsi, qualcuno mi salutava e basta, così da un giorno all’altro. Alcune ragazze invece mi guardavano di sottecchi e non appena mi vedevano parlottavano all’orecchio della loro compagna di pettegolezzo di turno; altre mi salutavano allegre e giulive, come se fossimo amiche da una vita. Io li guardavo, e sapevo che nessuno di loro aveva realmente intenzione di capire chi ero. Ma non me ne facevo un problema: seppure c’avessero provato, neanche uno ci sarebbe riuscito.
Mentre tutti si sistemavano e il professore cominciava a presentarci la nuova materia che avremmo affrontato quel giorno, ovvero Diritto Amministrativo, sentii la porta dell’aula aprirsi rumorosamente. Tutti, compresa io, si girarono in quella direzione ma solo a me scappò una risatina.
‘Alla buon’ora.’ Disse scocciato il professore.
‘Scusi, scusi davvero, non era mia intenzione interrompere e disturbare, volevo solo seguire e ho fatto tardi, non vol..’
Lo interruppe.
‘Prego, si vada a sedere.’
Parlava veramente troppo, sempre.
Gli feci cenno con la mano schioccando le dita per richiamare la sua attenzione.
‘Ehi – sussurrai – sono qui.’ E gli feci segno di sedersi nel posto vuoto accanto a me.
Lo vidi prima sgranare gli occhi e poi venire nella mia direzione, gli sorrisi divertita.
Mi raggiunse dopo aver urtato almeno quattro o cinque persone mentre risaliva le scale dell’aula, si sedette affannato di fianco a me e poggiò la borsa per terra. Non appena il professore riprese a parlare, senza più curarsi di noi, mi rivolse la parola.
‘Non mi aspettavo di trovarti qui.’ mi sussurrò, in maniera goffa e non tanto silenziosa quanto volesse.
‘Che cosa buffa, vero?’
Sbuffò.
‘Quando la smetterai di giocare con il mio cognome?’
‘Quando questo gioco avrà smesso di divertirmi.’
‘Ti diverti con poco.’
Risi.
‘Sh – lo zittii portando un dito davanti la bocca – adesso seguiamo la lezione.’ e mi rigirai nella direzione della cattedra. Con la coda dell’occhio lo vidi alzare le spalle e mimare un’espressione incerta con la bocca. Forse credeva che lo stessi prendendo in giro.
‘Non ti sto prendendo in giro – tornai a sussurrargli – Voglio davvero seguire la lezione. Non sono stupida e superficiale come credi.’
‘Non sto dicendo questo.’
‘Ma lo hai pensato, e probabilmente lo stai pensando ancora.’
Mi rigirai davanti, senza dargli la possibilità di controbattere. L’ora passò veloce e non appena il professore ci congedò, mi diressi fuori l’aula per raggiungere quella della lezione seguente, senza neanche salutare il buffo universitario al mio fianco. Arrivai alla porta dell’aula e prima di aprirla notai un fogliettino malamente attaccatovi sopra. ‘Lezione rimandata causa assenza del prof.’ Bel modo di avvisare. Sbuffai rigirando su me stessa per tornare indietro, ma non ebbi neanche il tempo di girarmi che sentii qualcuno venirmi addosso con la forza di un bisonte.
‘Ma proprio non ce la fai a non far guai, vero?’ dissi mentre mi sistemavo il maglione che nell’impatto si era spostato lasciandomi scoperta una porzione di seno.
‘Scusa, non volevo..’
‘Si si lo so. - lo bloccai prima che potesse cominciare con i suoi interminabili fiumi di parole fuoriposto - Non volevi urtarmi. Non fa niente. Comunque se volevi andare a seguire Diritto Privato, la lezione non c’è più perché il prof. manca.’
‘Fantastico! Perfetto! Benissimo!’ cominciò a sbottare con un tono di voce sempre più alto.
‘Cosa c’è? Perché ti agiti così tanto? Hanno rimandato una lezione, non è finito il mondo.’
‘No invece, è finito,è finito tutto!’ e mentre parlava si incamminò velocemente e nervoso verso l’uscita dell’università. Cominciai a seguirlo.
‘Potrei capire perché sei sempre così stressato?’
‘Perché il professore, quello che oggi manca, aveva promesso di portarmi la registrazione delle lezioni della scorsa settimana a cui sono mancato. E invece non c’è, quindi niente registrazioni..’
‘Calma, siamo sotto Natale. Devi stare tranquillo.’ Mi sembrò un ottimo motivo per stare tranquilli: il Natale per me era sacro, lo era sempre stato. Nella mia testa funzionava come la canzone: a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai. A Natale, a Natale si può amare di più e cose così.
‘No, no, no! Non c’è niente da stare tranquilli! Siamo sotto Natale, e io rivedrò il professore direttamente a gennaio e quindi mi toccherà stare altri venti giorni con le mani in mano, senza poter studiare perché mi mancano quelle maledette lezioni!’
Lo bloccai tenendolo per una spalla, finalmente si fermò.
‘Adesso respira insieme a me e rilassati.’ E cominciai ad inspirare ed espirare lentamente per farmi imitare.
‘No, non posso rilassarmi, devo trovare qualcuno che mi spieghi queste cose, non posso!’
Mi guardava con gli occhi sbarrati e aveva il fiato corto. Più lo analizzavo e più credevo che quel cognome fosse precisamente la descrizione in una parola di come appariva. Faceva piuttosto ridere.
‘L’hai trovato.’ Gli dissi.
‘Cosa? Cosa ho trovato?’
‘Qualcuno che ti spieghi le lezioni.’ Spiegai sorridendo.
‘Dove?’ chiese spaesato con faccia dubbiosa.
‘Scusami se te lo dico, ma non sei molto perspicace. Me, sto parlando di me! Te le spiego io.’
Sebbene fosse una cosa poco educata da fare, mi rise letteralmente in faccia e riprese a camminare, superandomi.
‘Senza offesa, ma sei poco credibile.’
‘Senza offesa, ma non mi conosci.’ Ribattei, riprendendo a camminargli a fianco.
‘Senza offesa, ma a limite potresti spiegarmi come si stirano i capelli o come tenere sempre l’armadio in ordine, ma dubito che potresti aiutarmi con l’università.’
‘Vuoi scommettere?’
Si fermò e mi guardò.
‘Non te la prendere, ma non ho tempo da perdere dietro i tuoi capricci.’
‘Stai perdendo molto tempo, fidati. Invece di stare qui a discutere, potremmo già essere a casa a discorrere di diritto privato, o altro.’
‘Senti, apprezzo il tuo sforzo ma non cre..’
‘Scommettiamo!’
‘E cosa dovrei scommettere con te? Sentiamo.’
‘Scommettiamo che se riesco a farti recuperare tutte le lezioni che hai arretrate in sette giorni, vedendoci tutti i pomeriggi … alla fine della settimana tu non potrai baciarmi.’
‘Come scusa?’
‘Si, adesso ti sembrerà strano, ma credimi, mi conosco, e soprattutto conosco voi maschi. Hai presente la canzone di Mina? Semplici, un po’banali, io direi quasi prevedibili, sempre uguali. Sono fatti tutti così gli uomini e l’amore. – e canticchiai velocemente il motivetto della canzone - Alla fine della settimana, non dico che sarai innamorato di me, ma proverai almeno a portarmi a letto. Se sarò riuscita a farti recuperare tutto, non potrai farlo. Se non ci sarò riuscita, ti concederò una notte.’
‘Tu sei fuori. Tu hai qualcosa che non va nel cervello, fidati di me. Hai mai provato lo psichiatra?’
‘Che c’è, hai paura di non riuscire a resistere?’
‘No, ho solo paura di non superare l’esame di diritto privato. E ora, se vuoi scusarmi, vado in segreteria a vedere se c’è qualche avviso di qualcuno che impartisce lezioni private. Ti saluto.’
‘Vabbene, vai vai! Ma te ne pentirai!’ sentenziai mentre si allontanava.
 
Era venerdì mattina e come non succedeva ormai molto spesso, mi risvegliai da sola nel mio letto dopo aver dormito per più di cinque ore.
‘Giorno.’ Dissi a Dalila, stampandole un bacio sulla guancia.
‘Siamo di buonumore?’
‘Mmh, si. Direi proprio di si.’ Dissi con aria allegra mentre pescavo un cornetto dalla busta.
‘Io l’ho sempre detto che funzioni al contrario. Sei l’opposto dei repressi: meno fai sesso, più ti rilassi.’
Risi.
‘Ricordati di andare a ritirare il maglione stamattina.’
‘Ok, mamma.’
‘ Vuoi che vada io? Posso passarci verso ora di pr..’
‘No!’
Dalila mi guardò con aria sbigottita, forse avevo messo troppa enfasi nel mio rifiuto.
‘No, no. Ti ringrazio ma devo passare di là per alcune commissioni e quindi..’
‘Ah, capisco.’ Disse dubbiosa.
In realtà io non capivo. Non capivo perché ci tenevo così tanto a ripassare al bar, a rincontrare l’unico ragazzo in tutta la mia vita che avesse avuto il coraggio di trattarmi male. Non capivo perché sentii come un’elettricità dentro prima di aprire la porta del bar e di prendere a parlargli.
‘Ehm..’ tossii per attirare la sua attenzione. Si girò verso di me e nel farlo urtò il contenitore delle bustine di zucchero sul bancone, che caddero per terra.
‘Cominciamo bene.’ Sentenziai.
‘Ciao.’ Biascicò mentre raccoglieva le bustine di zucchero.
‘Ciao. Allora, hai ripensato alla mia proposta?’ chiesi, mentre mi sedevo su uno degli sgabelli.
‘Ne riparliamo appena stacco.’ Disse senza guardarmi.
‘Allora ci hai ripensato! – divenni improvvisamente euforica – Lo sapevo, lo sapevo!’
‘Davvero, possiamo riparlarne dopo?’ mi chiese mentre serviva il caffè ad un signore seduto accanto a me.
‘Ok ok. Ti aspetto lì.’ ed indicai un divanetto vicino all’ultima finestra del locale.
‘Stacco tra un’ora, forse sarebbe meglio che tornassi a casa.’
‘No, mi fa piacere starmene un po’ seduta. Ho anche portato il manuale di diritto, così ripeto prima di spiegarti quello che ti sei perso.’
‘Ok, come vuoi. Non ci provo neanche a contraddirti.’
‘Ecco, vedi, stai imparando!’ e così dicendo mi allontanai, sedendomi dove avevo detto.
Dopo neanche dieci minuti, arrivò al mio tavolo con una cioccolata calda e un piatto pieno di biscotti.
‘Nel caso non abbia fatto colazione..’ abbozzò un sorriso timido.
Avevo mangiato due cornetti, bevuto una ciotola di caffellatte e mandato giù tre cucchiai di nutella. Si, direi che avevo fatto colazione. Ma non riuscii proprio a rifiutare, un po’ perché avevo perennemente fame, un po’ perché volevo essere gentile.
‘Grazie mille.’ Dissi mentre rubavo un biscotto dal piattino e lo mettevo in bocca.
‘Bene, allora.. a tra un po’.’
‘Ok.’
E mi misi lì, con il manuale di diritto in una mano, e la tazza di cioccolata calda nell’altra. Non vedevo l’ora terminasse il suo turno, non vedevo l’ora di uscire da lì, non vedevo l’ora di stare un po’ con lui.



Eccomi di nuovo! :D
Non vedevo l'ora che mi venisse l'ispirazione per postare un nuovo capitolo. Spero vi piaccia, spero vi faccia venir voglia di leggermi e di farmi sapere che ne pensate.. e fatemi sapere cosa ne pensate anche se credete faccia schifo! Sono aperta a tutto U.U
Ringrazio ancora chi mi ha messo tra le storie da seguire o da ricordare, le persone che mi hanno recensito e chi mi ha semplicemente letto in sordina.
Grazie (:

p.s. Mea culpa, nel capitolo precedente ho fatto un errore! Ho citato in un dialogo il nome del ragazzo, facendolo chiamare dalla cassiera 'Leo', e poi alla fine del capitolo ho scritto che Anbessa non conosceva ancora il suo nome.. pardon! Il cameriere si chiama Leo (:

Bacini, Simo.

  
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