"La
Avril Lavigne
Foundation. Uao! Sono senza parole. Grande iniziativa e una sola
cosa,il nome.
Lo trovo banale."
"Ahah
sentiamo, avresti qualcosa di
meglio da proporre?" Rispose lei maliziosa.
"Be'...Che
ne dici di Avrilsty?"
Chiese lui soddisfatto di quella pensata.
"Avrilsty?"
Rispose la bionda
perplessa.
"Esatto!
E' un mix tra Avril e
Amnesty! E' perfetto come nome.
Eh
lo so, sono un genio." Disse
sarcastico.
Avril
esplose in una risata fragorosa, poi
però tornò seria.
"Senti,
bisogna essere originali e
poi Amnesty tratta dei diritti degli uomini mentre la mia fondazione si
occupa
di giovani colpiti da gravi malattie.
"Ah
già. Non ci avevo pensato."
"Quindi
Avril Lavigne Foundation è
aggiudicato." Rispose decisa Avril.
"Bah....Fai
come vuoi. E poi, posso
chiederti una cosa?"
Avril
annuì.
"Da
dove viene tutto questo amore per
il prossimo, si può sapere?" Chiese Evan indagatore.
Avril
rimase a fissarlo per più di dieci
secondi quando rispose :" Siamo esseri umani o animali?". Il suo
umore era cambiato ed Evan se ne accorse.
Cercò
allora di rabbonirla e di farla
rilassare.
"Stai
facendo un' azione lodevole Av.
Sai che se il tuo progetto riuscirà potrai aiutare un numero
sempre più grande
di persone?"
"E'
il motivo per cui l'ho fondata"
Rispose lei secca.
"Già.
Sono convinto che un cantante
sia un modello da seguire, molti giovani si ispirano ai propri idoli
perché
vorrebbero essere proprio come loro. Stai sensibilizzando le persone ad
aiutare
chi è meno fortunato di noi. Veramente Av, tu meriti tutto
il rispetto
possibile". Le disse Evan sincero.
"Lo
so. E rispetto di cosa? Perché
sto cercando di fare una buona azione? Ma per favore. Tutti siamo
tenuti ad
essere caritatevoli verso il prossimo. Ma ovviamente nessuno lo fa e
quando
qualcuno si interessa di queste spiacevoli situazioni viene visto come
un
martire. No, io non sono nessuno. Faccio solo quello che mi sento di
fare.
Basta."
Sentì
un miscuglio di emozioni
contrastanti dentro di sé.
Corse
fuori dalla cucina, si diresse in
bagno e chiuse la porta a chiave.
Quella
conversazione con Evan l'aveva
completamente distrutta.
Si
afflosciò sul pavimento, appoggiò la
testa al muro candido, accanto al lavandino e si lasciò
andare in un lungo
pianto.
Le
lacrime le scendevano copiose sulle
guance rosee e le lasciarono un segno nero intorno agli occhi, segno
che la
matita era completamente colata.
Era
stato toccato un tasto dolente che a
distanza di anni ancora le faceva un male indicibile. Sapeva che se
avesse
creato questa fondazione il ricordo che per anni aveva cercato di
rimuovere
sarebbe riemerso, ma mai avrebbe pensato che le potesse procurare
ancora questi
dolori lancinanti.
"Av!
Av! Ma che ti prende? Ho detto
qualcosa di sbagliato?" Chiese preoccupato Evan dall'altra parte della
porta.
Evan
lasciami in pace,
pensò tra sé e sé.
Silenzio.
"Avril
rispondimi, per favore! Cosa è
successo?"
Tentò
invano di aprire la porta. Sbirciò
allora dalla serratura per controllare come stesse Avril, ma non
riuscì a
vedere niente. Vi era infatti infilata la chiave.
Vattene!.Silenzio.
"Senti,
non costringermi a buttare
giù la porta"
Oh
questa poi! Se non hai neanche la forza
per portarmi lo zaino e me lo devo caricare in spalla ogni volta! Non
sei un
gentiluomo.
Silenzio.
Niente, non aveva ottenuto
nulla. Decise allora di lasciarla in pace, sperava che gli avrebbe
raccontato
il motivo della sua azione più tardi.
Scese
al piano di sotto, andò in cucina e
si preparò dei tramezzini. Erano le sei del pomeriggio e
sentiva un certo
languorino di stomaco.
Dopo
mezz'ora non aveva più lacrime per
piangere.
Non
aveva la forza per alzarsi e rimase
seduta lì, a fissare il mobiletto color turchese con ben 7
cassettoni e al suo
fianco la bella vasca con idromassaggio incorporato che aveva da poco
comprato.
Anche questa sempre turchese. Le era presa una fissa con questo colore.
Le
sembrava che trasmettesse felicità e voglia di vivere, ma
era convinta di
sbagliarsi. Un colore non può cambiare l'umore di una
persona e di certo il suo
non sarebbe stato condizionato da una tonalità
vivace.
Ci
provava ad essere felice, ma la ferita
era ancora scoperta e difficilmente si sarebbe rimarginata. Magari il
tempo
potrà cambiare le cose, dicono che con il passare degli anni
i dolori che si
sono provati spariscono o per lo meno perdono di intensità,
ma era convinta che
per lei questo detto non valesse. Se no dopo 10 anni da quell'accaduto
non
avrebbe più risentito di quei rimorsi che per due lustri
l'hanno fatta sentire
come un verme.
Un
verme timoroso ed egoista.