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Autore: LaMiya    30/12/2010    1 recensioni
Storia selezionata tra i trentasette racconti finalisti del Premio Chiara Giovani 2009. I racconti erano più di trecento.
Mi ero richiusa in me stessa, gli occhi chiusi notte e giorno: non parlavo, non mangiavo e continuavo a pensare; volevo solo restare sola, in silenzio (...) solo fugaci momenti di lucidità mi permettevano di afferrare rapide immagini di quello che accadeva al di fuori della mia mente: ed io le spegnevo, cadendo sempre più giù, nel bianco baratro che mi ero creata.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Genere: Generale - Drammatico
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∼Volere... Volare∼




Mi ero richiusa in me stessa, gli occhi chiusi notte e giorno: non parlavo, non mangiavo e continuavo a pensare; volevo solo restare sola, in silenzio, nella calma che la mia mente creava, con la musica che la mia testa plasmava come sottofondo a tutti i miei pensieri. L’esterno pian piano era svanito finché solo fugaci momenti di lucidità mi permettevano di afferrare rapide immagini di quello che accadeva al di fuori della mia mente: ed io le spegnevo, cadendo sempre più giù, nel bianco baratro che mi ero creata.

La musica sale di volume e copre le voci lamentose che mi parlano dal mondo esterno. Pace. Intorno a me solo il bianco immacolato dei miei sogni.
Nella nebbia della mia testa compare una macchia sfocata: si modella sulle note della musica, prende le spoglie di una giovane donna.
Gli occhi blu color del mare in tempesta mi fissano: rabbrividisco; le labbra rosee si aprono in un sorriso. Scivola verso di me, muovendo un passo dopo l’altro sulle note della canzone: un vestito rosso le cinge discretamente le spalle e le ricade lungo i fianchi fino al pavimento. Ha setosi capelli color dell’ebano e tra le dita affusolate tiene un giglio, delicatamente, quasi avesse paura di spezzarlo. Mi tende una mano: la prendo.
La seguo titubante: il corridoio, bianco come la melodia che ci accompagna, si estende fin dove il mio sguardo può arrivare. Al mio fianco la donna avanza leggera, senza emettere alcun fruscio: sorride, mentre i passi ci portano verso la nostra meta.
Tendo le orecchie e mi accorgo che la musica è svanita: i pensieri che ero riuscita a trattenere m’invadono la mente.

Sono stesa su una superficie morbida, liscia. Apro gli occhi: la mia vista è appannata, un velo bianco ricopre tutto ciò che mi circonda, le figure sono immerse nella nebbia. Abbasso e rialzo le palpebre. Riconosco la stanza dalle pareti bianche di un ospedale. Vedo mia madre che si china verso di me da una poltrona a lato del giaciglio: le sue labbra si muovono, ma non odo alcun suono, nessuna melodia, uscire dalla sua bocca. Chiudo gli occhi: il buio si fa sempre più fitto.

Siamo arrivate in una grande stanza: colonne di alabastro finemente lavorate sorreggono la bianca volta. La donna mi precede di pochi passi ed io la seguo. La mia mente è di nuovo libera dai pensieri. Sorrido: pace.
Comincio a sentire la stanchezza che m’invade le membra, mi appoggio a un pilastro. Chiudo gli occhi. C’è armonia in questo luogo: non ci sono preoccupazioni, non c’è dolore. Voglio restare qui per sempre.
La donna mi si avvicina.
Scegline tre, mi dice mostrandomi un mazzo di carte. Non avevo mai sentito la sua voce prima d’ora: è melodiosa, dolce.
Pesco tre carte. Lei le scruta. Sorride. Non mi dice che cosa ha visto.
La mia mente non riesce più a formulare nulla di concreto, vorrei che ritornasse la dolce musica che mi faceva dimenticare tutto.
Non voglio ricordare.
Ricominciamo a camminare per la stanza di alabastro. Estasiata guardo il paesaggio trasformarsi sotto i miei occhi stanchi. Colline color smeraldo corrono fin dove la mia vista può arrivare, i verdi prati risplendono alla luce del sole.
Piccole farfalle colorate mi danzano intorno: vorrei poter volare con loro.
Vedo navigare nella nostra direzione una gondola color ambra.
Ai nostri piedi vi è un piccolo porticciolo di legno sospeso sopra l’acqua: la barca vi ormeggia delicatamente, come guidata da vita propria. La donna mi fa cenno di salire con lei ed io obbedisco, andando a sedermi al suo fianco. Ci stacchiamo dal molo.

Sono malata: ci sono poche speranze che io riesca a guarire.

La barca rallenta, non ha timone, ma ciononostante continua ad avanzare mantenendosi al centro del fiume. Davanti a noi vedo delinearsi il profilo di un arco: le due colonne che poggiano a terra sono imponenti, bianche come quelle della stanza in cui siamo passate all’inizio del viaggio. Sono modellate sulle forme di un uomo e una donna. Continuo a fissarle anche dopo che abbiamo superato la loro soglia.

Non so quello che sta accadendo al di fuori dei miei sogni, voglio solo restare in questa nebbia che mi occupa la mente. Non voglio più sentire i discorsi riguardanti la mia salute; non voglio più vedere gli occhi tristi della mia famiglia e dei miei amici che mi scrutano ad ogni momento del giorno, Ho bisogno di pace, tranquillità. Non voglio più svegliarmi. Voglio continuare a dormire.

La barca continua a procedere nella sua incessante corsa, si muove leggiadra sull’acqua cristallina. Mi guardo le mani pallide e magre e mi tocco la pelle del viso: non mi riconosco più. Più passa il tempo in balia della malattia più il mio corpo si corrode. Non credo di riuscire a continuare così ancora per molto: se ci fosse un modo per smettere di ricordare, per vivere in maniera più tranquilla.
Siamo arrivate a un porticciolo di legno, la gondola vi ormeggia delicatamente. Guardo la donna. Lei mi osserva e sorride: poggia il giglio nel grembo e dalla manica del vestito tira fuori tre carte. Le gira.
Ed è come se avessi sempre saputo che cosa celano al loro interno: la prima raffigura la stanza di alabastro, dove scelsi le carte che mi giacciono innanzi; la seconda mi mostra la barca, su cui io stessa sono seduta; la terza infine è il porticciolo di legno in cui siamo attraccate.
Scegline una, mi dice.
Non ho bisogno che la donna mi spieghi il loro significato poiché è già impresso nella mia mente: l’ho sempre saputo, fin dall’inizio del viaggio.
Scarto immediatamente la prima, non posso indugiare in questo luogo, non voglio restare prigioniera della mia mente. Voglio essere libera di volare. Guardo la donna.
Morirò comunque, non è vero? Annuisce.
Non si può combattere una battaglia già persa in partenza, risponde.
Chiudo e riapro le palpebre. Sorrido: voglio volare via, lontano, ma non è ancora giunto il momento. Prendo la terza carta e scendo dalla gondola. Sorrido e alzo la mano in segno di saluto.
Tutto si fa buio e le voci che avevo tentato di cancellare dalla mia mente riprendono vita, accogliendomi nella loro melodia.


Angolo delle mie storie:

The Begin of the Experience Originali - Generale

Blood's Angels Originali - Generale

The Zodiac's Symbols Originali - Fantascienza

Bring me in your World Harry Potter

Memorie di un uomo Originali - Drammatico
   
 
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