Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Rubysage    02/01/2011    2 recensioni
(FINALMENTE CONCLUSAAAAA!!) Cosa succede quando un genietto dispettoso scambia tra loro le vite dei nostri amici? Forse impareranno ad apprezzare quello che hanno...o forse no? (Attenzione: parzialmente OOc e un pochino What if...ma proprio un pochino...)
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 22

 

 

 

Il funerale di Julian era gremito di gente. Mark si guardò intorno, immerso nella folla che aveva letteralmente invaso villa Ross, incontrando solo facce stanche e segnate dal dolore; avanzò nel grande salone in cui era stata approntata la veglia funebre, camminando meccanicamente, con uno strano suono lontano che gli rimbombava in testa annullando ogni suo pensiero e il brusio delle voci dei partecipanti in sottofondo.

Vide Amy, che indossava un kimono bianco in segno di lutto, come la madre di Julian, e piangeva sommessamente pronunciando frasi che Mark non riusciva a capire.

Non riusciva a capire niente, a dire la verità. Sapeva che avrebbe dovuto quantomeno fermarsi, dire qualcosa alla ragazza, ma non poteva. Fisicamente, non ci riusciva proprio, come se delle mani invisibili lo stessero spingendo avanti.

Continuò a camminare verso la bara, passando in mezzo a parenti e amici, tra cui i suoi stessi compagni di squadra che lo scrutavano immobili. Abbassò la testa per non sentire i loro sguardi di rimprovero, in fin dei conti se Julian era morto era anche colpa sua, ma sapeva che quelli non erano sguardi di rimprovero. Sembrava che si stessero chiedendo cosa ci facesse lui lì.

Facendosi largo tra la folla raggiunse la bara in cui era stato composto il cadavere dell'amico, e man mano avanzava il rumore si fece più forte, una specie di musica che da dolce diventava quasi violenta, e la sua testa ronzava e il ronzio non se ne sarebbe andato in caso lui non sapesse che...

Che...?! Che diavolo...

Spinse via le ultime persone che si frapponevano tra lui e la bara, mentre qualcuno gli ricordava che “le nostre ombre sono più grandi delle nostre anime”, e mentre qualcun'altro gli urlava in un orecchio di comprare una scala per il paradiso, si appoggiò ai bordi della bara e vide che lì dentro, disteso, non c'era Julian.

C'era lui.

Poi tutto scomparve.

 

Mark riprese conoscenza molto, molto lentamente.

Non sapeva dove si trovasse, né se fosse vivo o morto. Sentiva solo uno strano, indefinibile ronzio in testa.

La gola gli bruciava, ma si sentiva troppo debole perfino per dire la parola “acqua”.

Così non va, Mark Landers, si disse. Così non va. Sei o non sei la Tigre? Cosa direbbe Jeff Turner di te, adesso?, disse una vocina dentro di lui.

Mark, ancora confuso, ci pensò un attimo, poi disse alla vocina che Jeff Turner poteva anche andarsene affanculo.

Che diavolo era successo? Non era mai stato così male in vita sua.

Cercò di aprire gli occhi, ma la poca luce che filtrava attraverso le palpebre glie li feriva; rimase così, respirando piano, gli occhi a meno di mezz'asta, finchè non vide un'ombra chinarsi su di lui.

Il ronzio sparì.

- Bentornato, imbecille - disse una voce anche troppo nota.

Mark tentò di sollevare una mano per ripararsi gli occhi dalla luce fioca e, lentamente, mise a fuoco il volto che gli stava di fronte.

Il suo, ovviamente.

Julian stava seduto in fianco a lui e lo guardava sorridendo.

Mark girò lentamente la testa e si guardò intorno.

- Ti ho tolto il walkman. Riesci a sentirmi? -

Mark annuì, ancora incapace di parlare.

- Bene – disse Julian – Spero che non ti abbia dato fastidio. L'idea è stata del primario. Un Notturno di Chopin. Secondo le teorie di questo postaccio, la musica classica stimolerebbe non-so-che centri del sistema nervoso e aiuterebbe i pazienti a riprendersi. Sarà anche vero, ma appena l'infermiera se n'è andata ho cambiato il cd e ti ho sparato i Led Zeppelin. A volume moderato, ovviamente. Mi pare che abbiano funzionato meglio, no? -

- Mmmh... - biascicò Mark – Preferivo i...Depeche Mode... -

- Eretico – ridacchiò Julian - Non bestemmiare. Non sei nella posizione migliore per farlo... -

Mark fissò per un breve istante l'amico; nonostante il tono calmo e scherzoso della voce, il suo viso era stanco e tirato in modo poco tranquillizzante. Girò la testa e chiuse di nuovo gli occhi, cercando di sentire il ritmo del suo stesso respiro.

Sono ancora vivo, pensò.

Ma gli ci vollero cinque minuti buoni per riuscire ad articolare una frase.

- Dove...dove sono? - disse infine, con voce roca, dopo aver respirato profondamente.

- All'ospedale Aiiku di Tokyo. Stanza 212, reparto di cardiologia. Sei appena uscito da terapia intensiva, a dire la verità. Come ti senti? - disse Julian.

- Come...come se fossi passato sotto ad uno schiacciasassi – sussurrò Mark, intontito – Mi fa male la gola... -

- E' normale, non preoccuparti. Ti hanno tolto il respiratore un'ora fa. E, prima che tu me lo chieda, sono le tre del mattino. Hai... “dormito” sedici ore di fila, e solo tu potevi risvegliarti a quest'ora, razza di rompiballe! -

Mark strinse gli occhi e schioccò le labbra, in preda ad una leggera nausea.

- Guarda...guarda che lo so -

- Cosa...? - disse Julian, sorpreso.

- Che...sei rimasto ad...ad aspettarmi... -

Julian sorrise. - Non sono mica l'unico, cosa credi? Tutta la squadra è rimasta in giro per l'ospedale finchè ti hanno dichiarato fuori pericolo. Più Amy e i miei genitori, ovviamente, che sono ancora qui. -

Mark inspirò profondamente. Non era ancora abbastanza cosciente per fare all'amico tutte le domande che avrebbe dovuto (e voluto) fare. Tranne la più banale.

- ...Com'è andata la partita? -

- Abbiamo stravinto, anche se nessuno aveva la minima intenzione di tornare in campo dopo che ti avevano portato in ospedale, inclusi i thailandesi. Eravamo tutti un po' sconvolti, sai... -

- Mi dispiace. Mi dispiace tanto. -

- Lascia stare. Quel che conta è che sia andato tutto bene. Ti stai riprendendo alla svelta, mi pare!-

In effetti Mark sembrava migliorare ogni minuto che passava. Forse era riuscito a trasmettere al corpo di Julian un po' della sua tempra...

- I ragazzi se...se ne sono andati tutti? -

Julian scosse la testa. - Holly e Benji hanno voluto rimanere qui fuori a tutti i costi. Non si sono allontanati un secondo... -

 

 

Il portiere e l'attaccante erano davvero rimasti per tutta la notte fuori dalla stanza in cui Mark era stato ricoverato.

Si erano parlati pochissimo, lo stretto necessario, sembravano essersi a malapena accorti della presenza dell'altro, e se ne stavano seduti da ore a guardare nel vuoto, aspettando notizie che andavano e venivano.

Holly guardò Benji con aria stanca. - Vuoi del tè? - domandò.

- Un altro? No, grazie – rispose Benji, stravolto – Piuttosto, com'è che sei ancora qui? -

Holly guardò l'orologio, poi si stirò le braccia. - Uhm, forse ho bevuto troppo tè – disse, con un sorriso tirato sulle labbra – Ma forse sono ancora qui perchè non mi hai mandato a quel paese nemmeno una volta...e ti faccio notare che mi hai pure detto grazie! Se non fosse il momento sbagliato ci sarebbe da festeggiare... -

Benji se ne stette zitto per un paio di minuti, durante i quali nemmeno Holly aprì bocca, entrambi con lo sguardo perso nel vuoto.

- Beh, insomma...pensavo fossi rimasto per Julian... - disse poi Benji, dimesso.

Holly guardò il compagno di squadra, facendo quasi fatica a riconoscerlo. Si chiese dove fosse finito il Benji borioso, attaccabrighe, sicuro di sé che aveva quasi detestato fino a qualche ora prima; non era di sicuro quello che vedeva, stanco e preoccupato, con l'aria di uno a cui era appena mancata la terra sotto i piedi. Non sapeva perchè, ma ebbe quasi un moto di affetto verso di lui; e, pensandoci bene, forse non era davvero solo per Julian che era rimasto in ospedale fino a quell'ora.

- Beh, anche, ovvio. Tu come ti senti? - chiese, aspettandosi una corso di recupero di insulti in risposta.

Invece si sbagliava.

- Non lo so – rispose Benji, scuotendo la testa – Giuro che non lo so. E' stato pazzesco, prima. -

- Perchè non te ne torni in albergo? - disse Holly – Sei stravolto. Ormai va tutto bene, Julian è fuori pericolo. -

- Lo dici tu – rispose Benji – Io non mi muovo finchè non lo vedrò uscire da quella stanza sulle sue gambe. -

- Va bene – ribattè Holly – Allora resto anch'io. -

Benji sgranò gli occhi. - Ma perchè mi devi rimanere appiccicato a tutti i costi?! -

- Perchè potresti aver bisogno di me, non si sa mai... -

- Bisogno di te?! Oh, per l'amor del cielo...sono grande abbastanza per arrangiarmi, sai? -

Holly lo ignorò e inspirò profondamente, stiracchiandosi.

- Sai...non prendertela, ma.... - disse.

- Ma...? -

- Non mi sarei mai aspettato una reazione del genere da parte tua. Per quello che è successo a Julian, voglio dire. -

- E cos'avrei dovuto fare?! - ribattè Benji allargando le braccia – Lasciarlo crepare?! Mi...mi stava morendo tra le braccia, capisci? Dovevo fare qualcosa... -

La voce gli si ruppe.

- ...se solo avessi saputo cosa. Grazie a Dio Mark è arrivato in tempo, altrimenti...cazzo, mi sono sentito un idiota... -

- Nessuno di noi sapeva che fare – disse Holly – Nemmeno il medico, a quanto ho visto. Mark è stato davvero incredibile; è proprio vero che certe persone non si conoscono mai abbastanza... -

Benji strinse gli occhi lanciando a Holly uno sguardo enigmatico. - Ogni riferimento è puramente casuale, vero? -

Holly rise. - Certo che no! Non ti ho mai visto così preoccupato. Non sembri nemmeno tu! -

- Non lo sembro perchè sono te. Forse stare nel tuo corpo mi sta contagiando, chissà. -

- Devo prenderlo come un complimento? -

- Vedi tu... - disse Benji sospirando.

- Ad ogni modo, quando Mark uscirà da lì dovrà rispondere ad un bel po' di domande. -

Benji mise una mano sulla spalla di Holly e lo guardò con occhi molto, molto stanchi.

- Senti – disse – Non credo sia il momento per fare domande di nessun tipo. Mark ha salvato la pelle a Julian mentre noi ce ne stavamo a guardare, e questo mi basta. Per conto mio lo dobbiamo solo ringraziare, quindi guai a te se cominci ad assillarlo con le tue cazzate, ok? Avrà fatto un corso di pronto soccorso per corrispondenza. Fine della storia. Ora mettiti buono e aspetta. -

Holly sorrise tra sé e sé, guardando nel vuoto.

- Sai cosa mi è venuto in mente? - disse – Jessica Rabbit, quando dice “Non sono cattiva, è che mi disegnano così”. -

- Certo, e tu non sei un rimbambito, è che ti disegnano così – ribattè Benji. Stava pensando veramente quello che aveva appena detto, ma era il classico tipo che non ama dare soddisfazione a nessuno.

- Non parlavo di me... – disse Holly, che forse non aveva colto una cippa.

-Certo, e io non avevo capito. Va' avanti, magari mi consolo un po'. -

- ...ho capito benissimo cosa sei. -

- Stronzo – puntualizzò Benji alzando il dito.

- Sì, anche stronzo, forse. Però credo che sotto quella scorza da duro ci sia del buono. Anzi, ne sono convinto. Non capisco perchè continui a recitare la parte della carogna, ma non penso che ti stia divertendo più di tanto. -

- Oddio – replicò Benji, pensieroso – A prenderti per il culo in tutti questi anni mi ci sono divertito parecchio, se devo essere sincero. -

Holly cincischiò con il bordo della maglietta, confuso. - Beh – disse – Mettiamola così: mi sembra di aver capito che sei uno che dice quello che pensa. Se non avessi pensato quello che mi hai detto ieri, in panchina, non me l'avresti detto, giusto? -

Benji ci pensò su un attimo.

- Sì – rispose – Sì, è così. Mi secca ancora ammetterlo ma è così. -

- E se proprio non te ne fregasse niente di Julian non saresti rimasto qui. -

Benji non rispose. Colpito di nuovo.

- E se davvero mi detestassi mi avresti mandato a quel paese qualche ora fa... -

- Ok, ok, affondato – tagliò corto Benji – Hai fatto un'analisi completa della mia personalità schizofrenica. A cosa sei arrivato? -

- Tu non sei cattivo, è che ti disegni così. -

Benji guardò un attimo Holly, poi scoppiò a ridere.

- Altre perle di saggezza? - disse.

- Ma è vero, non prendermi in giro! Tu sei una persona sensibile e dal cuore d'oro, ma preferisci nasconderti dietro ad un mantello di arroganza, cattiveria, egocentrismo... -

- Va bene, grazie tante, ho capito! - sbottò Benji, un tantinello seccato – Quasi quasi mi pento di averti manifestato la mia stima, cazzo! -

- Insomma, anche se ogni tanto fai lo stronzetto in realtà sei un pezzo di pane, ecco. - terminò Oliver – Lo penso davvero. E ora puoi tornare a trattarmi male, tanto lo so che non fai sul serio. -

Benji se ne stette zitto per un attimo, fissando il pavimento con fare meditabondo.

- Sai cosa mi fa incazzare di più di te? Che sei un inguaribile ottimista – disse infine.

Holly non se la prese, perchè l'aveva detto ridendo.

- Cerco solo di vedere i lati migliori delle persone – rispose – E trovare i tuoi non è stato facile, te l'assicuro! In fondo, ma proprio in fondo, sei un bravo ragazzo. E se Julia ti avesse visto solo qualche ora fa, forse... -

- Oh, lascia perdere – lo interruppe Benji, sconsolato – Quel treno l'ho perso da un pezzo. -

Holly si rabbuiò. - Naah, niente è mai peduto... -

- Stavolta sì. Mi dispiace per te, ma di donne non ne capisci abbastanza per immaginare quando una storia è finita ancor prima di iniziare. Julia mi odia perchè mi sono comportato da imbecille, e purtroppo ha ragione. Chiuso. Quindi ti ringrazio, ma smettila di preoccuparti per la mia vita sentimentale. Pensa alla tua, piuttosto! -

- Beh, non è che abbia molto a cui pensare...

- Potresti, se la piantassi di occuparti solo di quel merdoso pallone e ti dessi un'occhiata in giro! -

Holly ci pensò su un momento. - Certo che...insomma, non so come dirlo... -

- Prova a dirlo e poi vediamo se l'hai detto bene – disse Benji con un sorriso amaro. Il compagno di squadra, nel frattempo, era arrossito come un peperone.

- Mi vergogno un po' ad ammetterlo, ma...quando eravamo da Philip e Patty è uscita dal bagno con l'asciugamano...insomma, era carina, no? -

- Carina? Tutto qui? - disse Benji – Era una sventola da far paura! Era la prima volta che la vedevo senza quel cazzo di tuta da manager! Lo vedi che hai tutte le fortune, maledetto? -

Holly cadde dalle nuvole. - Fortune? Ma che stai dicendo? -

Benji sospirò, rassegnato al candore del compagno di squadra. - Sto dicendo che Patty è molto carina e che è follemente innamorata di te. Il che ti concede un certo vantaggio, non credi? -

- Innamorata? Credi davvero che...? -

Benji cominciò a soffiare nuvolette di fumo dalle narici.

- Ok, ok! In effetti, ora che ci penso, potrebbe essere che le piaccia un po'. Quindi, secondo te, dovrei...darmi da fare? -

- Beh, non è che te lo abbia consigliato il dottore. Intanto comincia a capire se Patty ti piace veramente o no. -

Holly arrossì di nuovo e si dondolò da una chiappa all'altra, sulla panca. - Sì, insomma...credo di sì. E poi lei fa tante cose per me...solo...solo vorrei esserne davvero sicuro. -

- Allora dai retta ad un cretino e buttati, carciofo che non sei altro, prima che qualcun'altro te la soffi. Sai che l'amore è eterno finchè dura, vero? -

Holly ignorò quest'ultima frase, o forse fece finta di non averla sentita. Pensava veramente a Patty da qualche giorno, e, cavolo, gli mancava, non solo per le sue attenzioni, ma semplicemente per la sua presenza. E si sentì stupido per non averla degnata di uno sguardo quando ce l'aveva vicina, a casa di Philip. Evidentemente la regola per cui si apprezza qualcosa (o, in questo caso, qualcuno) solo quando lo si perde valeva anche per lui.

- Sai cosa farò, Benji? - disse infine.

- No. Cosa? -

- Quando torneremo nei nostri corpi... -

- Se ci torneremo. -
-
Se ci torneremo, chiederò a Patty di uscire con me. -

- Ecco, questa è una buona idea. -

- Magari a mangiare un gelato. -

- Magari. O al cinema. -

- Credo che sarebbe contenta, no? -

- Certo che sarebbe contenta. Sono sette anni che non aspetta altro! -

- E' che...non so cosa potrebbe piacere a Patty. Magari preferirebbe andare a ballare... -

- Senti - disse Benji – Portala dove ti pare, al ristorante, al cinema, falle vedere uno di quei film melensi che fanno impazzire le ragazze. Basta che non la porti ad una partita di calcio, ok? -

- Uh...dici?

- Dico, dico. -

- Ok, niente partite. Ma...Benji... -

- Che c'è? -

Holly tentennò, temendo quasi di fare quella fatidica domanda. - E...se non ci tornassimo più, nei nostri corpi? Cosa credi che succederebbe? -

Benji tenne lo sguardo basso, cincischiando con l'orlo della maglietta.

- Fino a ieri ti avrei risposto che non ci volevo neanche pensare perchè la sola idea mi metteva i brividi – disse, in tono dimesso – Ora...non lo so. Credo che sarà quel che sarà. Non ho mai smesso di sperare che le cose tornassero come prima, ma mi sto arrendendo all'idea. Per cui, comunque vada, tanti auguri e trattami bene. Quel che conta è che siamo ancora qui... -

- E ci siete anche da troppo. Volete il cambio? -

Holly e Benji si voltarono contemporaneamente, ma mentre Holly arrossì fino alla radice dei capelli, Benji impallidì.

- Ehm...ciao Patty! - balbettò Holly – Che ci fai qui? -

- La stessa cosa che state facendo voi – rispose Patty con un sorriso – Solo che noi siamo riuscite a riposarci un po'. -

Benji non disse nulla e non riuscì nemmeno ad alzare lo sguardo dal pavimento. Accanto a Patty, Julia lo fissava con occhi severi.

- Eravamo in sala d'attesa con Amy, finalmente si è assopita un po' – disse la ragazza – Di là le poltroncine sono un po' più comode. E voi come state? -

- Abbastanza b... -

- E tu, Benji? - disse Julia senza nemmeno aspettare che il povero Holly finisse la frase.

Il portiere della nazionale alzò la testa, tirò su col naso e trovò il coraggio di guardare in faccia la ragazza.

- Guarda che non lo devi chiedere a noi. Io, per conto mio, sto anche troppo bene. – rispose duramente.

- Certo, come no – ribattè Julia con voce tagliente – E stai tremando perchè fa freddo, giusto? -

- Beh, l'aria condizionata è un po' forte, ma... - disse Holly ingenuamente come al solito.

Patty lo interruppe, cercando di salvare la situazione.

- Holly, che ne dici se andiamo a prendere del tè per Benji e Julia? -

- A Benji l'ho chiesto prima e ha detto che non ne vuole... -

- CHE DICI SE ANDIAMO A PRENDERE DEL TE' E MAGARI LI LASCIAMO SOLI PER UN PO'?! -

- Subito – disse Holly terrorizzato, saltando giù dalla panchina a orecchie basse.

Capitano e manager della New Team si allontanarono in direzione del distributore automatico di bevande calde, in fondo al corridoio, lasciando Julia e Benji a fare i conti con i loro rimorsi.

 

 

Intanto, nella sua stanza, Mark inspirò a fondo e cercò, inutilmente, di raddrizzare la schiena, ma crollò sul cuscino.

- Stai fermo e buono – intervenne Julian cercando di aiutare l'amico a mettersi a sedere.

- E'...è stato tremendo – disse Mark - Mi sembrava di annegare, cazzo... -

- Beh, l'idea è quella. Si chiama edema polmonare acuto cardiogeno. In pratica, una valvola del tuo (anzi, del mio) cuore non funziona bene, la pressione a monte aumenta, i polmoni si riempiono di liquido e... -

- Ti prego, risparmiami i particolari, non sono nelle condizioni di seguirti... - lo interruppe Mark – Giuro che se esco da qui non ti prenderò mai più per il culo...Dio mio, che cretino che sono... -

- Eh, non c'è male – ribattè Julian con malcelata ironia.

- Cosa...? -

- Niente, niente... -

Mark schioccò le labbra secche. - Potrei...avere un po' d'acqua? -

- Certo, aspetta. - Julian prese il bicchiere dal comodino e lo riempì per un poco, poi lo avvicinò alle labbra di Mark, che lo afferrò con mano tremante.

- Stai fermo, ci penso io – disse Julian aiutando l'amico a bere – Fai piano, non strozzarti. -

Mark bevve due piccoli sorsi, poi allontanò la testa dal bicchiere e spostò lo sguardo sulla mano fasciata di Julian, che glie lo reggeva.

- Che...che hai fatto? - disse.

Julian si guardò la mano fasciata. L'adrenalina di quel terribile momento gli aveva fatto da anestetico; avrebbe potuto anche morire dissanguato senza accorgersene, se un infermiere dell'equipe che aveva prelevato Mark non gli avesse fatto notare che forse era il caso di medicarsi quei tagli e magari di fare anche un'antitetanica.

- Uh...niente – rispose.

-Non si direbbe...anche quella è colpa mia? -

- Uff, lo sai che parli troppo per essere appena tornato nel mondo dei vivi? - sbuffò Julian ridendo – E poi sono io che mi devo preoccupare per te, non il contrario! -

- Ok - sussurrò Mark chiudendo gli occhi – Vuoi che ti dica come sto...? Mi fa male tutto, la testa, la gola...perfino la gamba...come se mi ci avessero dato una martellata... -

- Quella è colpa mia, scusami. Non ho mai avuto la mano leggera per le iniezioni. -

- Iniezioni? Cosa...cosa diavolo mi hai iniettato? -

- Un diuretico piuttosto potente. Temo di aver esagerato un po' con la dose, ma tutto sommato ha funzionato, per fortuna. -

Mark lo guardò con sospetto, capendo a fatica. - Diuretico? Che...che cacchio c'entra un diuretico con il cuore...? -

- C'entra, c'entra. Il liquido che avevi nei polmoni...doveva pur uscire da qualche parte, no? -

Mark spalancò gli occhi. - Vuoi dire che...oh, no, che figura... - si lasciò cadere sul cuscino coprendosi gli occhi con un braccio. - Che figura, cazzo... -

- Rilassati, che ti si stacca la flebo! E comunque non l'ha notato nessuno. Erano tutti completamente nel pallone. E poi, ti faccio notare, la “figuraccia” l'avrei fatta io, non tu. Ora Mark Landers è praticamente l'eroe del giorno... -

Mark smise di piagnucolare e spostò il braccio, puntando l'occhio scoperto in faccia a Julian.

- Mi...mi stai dicendo che sei stato tu a salvarmi la pelle?! -

- Così pare... - disse Julian con un filo di imbarazzo – A dire la verità io ho fatto ben poco. Questo ospedale ha un'unità coronarica con le contropalle. -

Mark strabuzzò lo sguardo, cercando di rimettere insieme tutti i pezzi. - Un...un diuretico per far uscire il liquido dai polmoni...che si accumula per...ma come cazzo fai a sapere tutte queste cose?! Ti sei laureato in medicina senza dirmelo?! -

- Diciamo che in questi anni mi sono informato parecchio. E poi... - Julian lanciò a Mark uno sguardo degno di un boss di Cosa Nostra. - ...nella mia (e sottolineo mia) situazione, prevenire è meglio che curare... -

Mark emise un gemito e chiuse gli occhi. La testa gli girava come un derviscio. - Perdonami. Cazzo, sono proprio un imbecille. Ti ho quasi mandato all'altro mondo, sono passato per un eroe e tu sei ancora qua a dirmi parole gentili. Se io fossi stato in te, probabilmente ti avrei lasciato lì a crepare... -

- No, sono sicuro che non l'avresti fatto. -

- Lo vedi?! Sei quasi irritante! -

- Non preoccuparti, avrò tutto il tempo per spaccarti la faccia quando sarai uscito da qui! -

Julian rise, e anche Mark l'avrebbe fatto, se non fosse stato sorpreso da un colpo di tosse. Sbarrò gli occhi, ricordando i terribili momenti che aveva vissuto sedici ore prima.

- Calma, calma, il peggio è passato! – disse Julian battendogli una mano sulla coscia sbagliata.

Mark sobbalzò dal dolore. - Non...non lì, ti prego! -

- Scusa – disse Julian ritraendo subito la mano – Devo averti fatto un bel livido, là sopra... -

- Sempre meglio che trovarsi un metro sotto terra. I tuoi genitori...come l'hanno presa? -

- Sconvolti. Mia madre ha avuto una crisi isterica appena ha messo piedi qui dentro. Per fortuna i medici l'hanno tranquillizzata...Non ti ha mollato un attimo fino a quando non ti hanno tolto il respiratore. E' un miracolo che sia riuscito a convincerla a darle il cambio...Credo che lei e mio padre stiano riposando da qualche parte. Non te lo nasconderò, Mark, eravamo tutti molto, molto preoccupati. -

- Immagino. E Amy...? -

Julian si rabbuiò. - Amy...sta bene, adesso. Non è stato facile convincerla che le cose si erano sistemate e tu...io ero fuori pericolo. Anche perchè, fino a qualche ora fa, non lo sapevo nemmeno io. Dannazione, è stato straziante... -

Mark deglutì. La voce di Julian aveva iniziato a tremare in maniera appena percettibile, ma abbastanza perchè Mark, che conosceva decisamente bene la propria voce, se ne accorgesse.

- ...Urlava, piangeva, ti...mi chiamava, e non potevo fare un accidente per calmarla – continuò Julian - E sai qual'è stata la cosa peggiore di tutte? Che non l'ho degnata neanche di uno sguardo fino a quando ti hanno portato via con l'ambulanza. -

Se fino ad allora Mark si era sentito in colpa per quello che aveva combinato, in quel momento si sentì una vera merda. - Julian, non ricominciare con la sindrome del buon samaritano...io, da bravo idiota, ci stavo lasciando le penne, e tu...tu ce le avresti lasciate con me. Solo che io non me ne rendevo conto, tu sì. E dev'essere stato tremendo. Vedersi morire...non farmici neanche pensare. Ci mancava solo di dover pensare agli atri. Credimi, fratello...posso capire come ti sei sentito e non hai idea di quanto mi dispiaccia. Ma non darti colpe che non hai; penso che nessuno abbia mai vissuto una situazione così assurda, e in tutto questo...tu avevi la precedenza...e per conto mio avevi e hai ancora tutto il diritto di essere terribilmente preoccupato per te... -

- Ma io non ero preoccupato per me, imbecille! - sbottò Julian alzandosi in piedi – Ero preoccupato per te!! -

Mark spalancò gli occhi e seguì con lo sguardo Julian, che si era messo a camminare nervosamente su e giù davanti al letto.

- Quando ti ho visto boccheggiare e diventare cianotico...non stavo vedendo me stesso crepare, stavo vedendo te... Non mi è venuto in mente neanche per un istante che il funerale sarebbe stato il mio, né ho pensato alla situazione assurda in cui mi sarei trovato dopo. In quel momento eri tu, solo tu che rischiavi la vita...e io...io dovevo fare qualcosa. Non potevo lasciar morire così il...il migliore amico che avessi mai avuto... -

Inspirò profondamente e si passò una mano sul viso, come se volesse togliersi la maschera che non aveva. Poi tornò a sedersi accanto al letto di Mark che, sbalordito, era incapace di dire una parola.

- In queste ore ho pensato molto alla nostra situazione – disse – E ho pensato anche a tutto quello che mi hai detto in questi giorni. A questo punto, non credo che le cose torneranno come prima, per cui vorrei chiederti una cosa, anche se credo che non servirà a niente. -

- E tu chiedimela lo stesso, non si sa mai – disse Mark.

Julian tacque per un istante, cercando di trovare le parole. - Alla luce di quello che è successo, tu...tu rinunceresti al calcio? Per sempre? Non te lo chiedo per me. Te lo chiedo, prima di tutto, per Amy. Avevi ragione, sono stato un idiota, per giunta cieco. Credo di aver calpestato abbastanza i suoi sentimenti. E poi...e poi per te, diavolo. Devi darti una bella regolata, altrimenti non andrai molto lontano. -

Mark non rispose, e continuò a fissare l'amico.

- So che non ho il diritto di chiedertelo – continuò Julian – In fin dei conti ora la mia vita è tua e viceversa, e non posso pretendere che tu la viva come me... -

- Non l'ho mai fatto, Julian – sussurrò Mark, ma il ragazzo non lo sentì.

- ...ma ti chiedo solo di non far soffrire Amy. Credo di dover rinunciare a lei per sempre, ormai, a meno che non si innamori di Mark Landers... -

- Julian... -

- ...quindi...oh, diavolo, lascia perdere. Sono uno stupido. Non ho davvero il diritto di chiederti niente. Solo...solo stai attento, ecco. In fin dei conti mi hai tolto da un guaio enorme, e ti sarò grato per tutta la vita per questo. Ma te lo ripeto, cerca di non farti del male...e non far soffrire Amy, d'accordo? Altrimenti, amico o non amico, ti faccio un culo così! -

Mark rise debolmente, anche se aveva il magone.

- Che cacchio c'è di divertente, me lo spieghi?! - sbottò Julian, irritato.

Mark si schiarì la gola. -Julian, mentre tu ti sei sbattuto alla grande per me...io ho giocato con la tua vita facendo quello che volevo. E non mi sono reso conto, fino ad ora, di quanto ti ho mancato di rispetto. E tu di rispetto ne meriti molto più di quanto non creda... Sono fiero di te, e sarò fiero di essere Julian Ross per tutto il tempo che ci vorrà. E non me ne frega niente se non potrò più giocare a calcio...ho guadagnato qualcosa di molto più prezioso ed importante. -

Quando Julian alzò la testa, Mark vide che aveva gli occhi lucidi.

- Non che mi riempia di gioia l'idea di lasciare il calcio. Ma la vita è così. Certe cose che si perdono, ma spesso se ne trovano altre migliori. E adesso vieni qua, disgraziato... – disse il capitano della Toho allargando piano le braccia.

Julian si chinò e strinse l'amico nell'abbraccio più caloroso che avesse mai ricevuto in vita sua.

- Piano, che ti si stacca la flebo – disse, tirando su col naso.

- Me l'hai già detto, rompiballe – rispose Mark, con un groppo in gola – Lo sai che ti voglio bene, vero? -

- Mh, mh – mugugnò Julian. Se avesse provato a dire qualcosa di senso compiuto sarebbe sicuramente scoppiato in lacrime, un po' per la tensione e un po' per l'emozione.

- Perdonami – continuò Mark.

- Per cosa? - disse Julian, senza lasciare la stretta.

Mark sospirò. - Ma ci sei o ci fai? -

- Scusa – rispose Julian – Sarà la tensione... -

- Ok, ma se non allenti la tensione sul mio collo finirai il lavoro che ho iniziato io... -

Julian si alzò, ridendo di sollievo insieme all'amico.

Mark tossicchiò e si appoggiò di peso sul cuscino. - Promettimi solo che avrai cura di mamma e dei ragazzi – disse – e anche di Maki. Non è stata troppo fortunata con me, ma tu sei di un'altra pasta. Cerca di renderla più felice di quanto ho fatto io, ok? Oppure mollala. Lascia che si trovi qualcosa di meglio. -

Julian arrossì e si sentì un egoista. Nel suo vortice di pensieri alla fine di quella maledetta attesa non c'era stato il minimo posto per la famiglia di Mark e per la sua ragazza.

- Scusami – disse – Hai ragione, non sono il solo ad avere il diritto di dettare condizioni. Ma non ti preoccupare, comunque andrà farò del mio meglio. -

- Basta che continui come hai fatto finora – aggiunse Mark.

Julian sorrise e strinse forte la mano che l'amico gli tendeva. - So che non ho bisogno di dirtelo, ma...vieni a trovarci quando vuoi – disse, calmo e rassegnato.

- Ovvio che lo farò! E vale anche per te, lo sai... -

Julian si ritrasse e incrociò le braccia.

- Bene – disse – Ora è meglio se cerchiamo di riposare sul serio. Sto crollando anch'io, e oltretutto l'orario di visita è terminato da un pezzo, se mi beccano gli infermieri... -

- Oh, non preoccupatevi! – disse all'improvviso una voce stridula – Ci ho pensato io a metterli a nanna! -

I due ragazzi si voltarono di scatto. Sulla soglia si trovava un omino calvo in camice bianco, che guardava i due con aria sorniona.

- E lei chi diavolo sarebbe?! - esclamò Julian.

- Questa l'ho già sentita un po' di tempo fa, non è vero signor Landers? -

Mark alzò una mano tremante. - Julian! - esclamò con voce strozzata – E'...è lui!! -

- Lui chi...?! -

- Io. Sì, sono proprio io. - L'omino svolazzò verso il letto, sotto lo sguardo attonito dei due ragazzi, calcandosi sulla testa una bombetta estratta da sotto il camice con un movimento rapidissimo.

- Evsebius, per servirvi. Ci siamo rimessi in sesto alla svelta, vedo! -

Julian, la bocca spalancata, era incapace di dire una parola. Mark strinse gli occhi, fumando di rabbia. - Ti...ti dovrei ammazzare, brutto bastardo... - disse – Non puoi immaginare l'inferno che ci hai fatto vivere! -

- Quindi...? - disse Evsebius guardandosi le unghie con la massima nonchalance.

- Quindi cosa?! - rispose Mark.

- Quindi cosa volete? Che il contratto di prova sia esteso a tempo indeterminato? Perchè, sapete, non mi piace l'idea di essermi preso il disturbo di tornare a sistemare le cose se, evidentemente, preferite che rimangano così... -

- Sta dicendo che è qui per far tornare tutto come prima?! - intervenne Julian, in uno slancio di entusiasmo.

- Niente tornerà come prima, signor Ross – rispose Evsebius – Tutto è cambiato, mi pareva fosse chiaro: ma non necessariamente le cose sono cambiate in peggio. E se non ve ne siete accorti, beh...forse è il caso di prolungare ancora un po' la lezione... -

- Per carità!! - esclamarono Mark e Julian all'unisono. I due ragazzi si guardarono, imbarazzati; poi si lasciarono andare ad una risata liberatrice.

- Senza offesa – disse Julian – Ma avremmo parecchie cose da sistemare al ritorno nei nostri corpi. Per cui credo sia meglio mettere la parola “fine” a questa avventura prima possibile, vero Mark? -

- Certo che sì – rispose il capitano della Toho, quasi senza pensarci – Ho imparato la lezione, Evsebius, se quello che volevi quando ho accettato la tua offerta era capire che non è tutto oro quello che luccica... -

- ...e che dai diamanti non nasce niente – intervenne Julian, canticchiando – Dal letame nascono i fior...come diceva qualcuno. -

Mark lo guardò storto. - Mi stai dando del letamaio? - disse, piuttosto contrariato.

- Parlavo in senso metaforico, idiota – sbuffò Julian.

- Beh, comunque sia ne sono lieto. L'unica cosa che mi dispiace è di non essermi fatto qualche grassa risata in più. Ve la siete cavata decisamente bene, ma non siete stati affatto divertenti. E ora, se non avete altro da aggiungere, avrei una certa fretta... -

- Ma come - disse Mark – Hai messo in piedi tutto questo casino...e non ti prendi due minuti per farci la morale? -

- La morale ve la siete già fatta da soli, e mi risulta che ve la stiate facendo da tempo – rispose Evsebius, seccato – Quanto a me, detesto perdere tempo in cose inutili, specialmente quando non mi divertono più. Come ha già detto, signor Ross, l'orario di visita è terminato da un pezzo. Oltretutto devo sistemare altri due poveri disgraziati, quindi, se non vi dispiace, chiudete gli occhi...-

- Ma... -

- Che c'è? Non ditemi che avete cambiato idea! -

- No...però... - tentennò Mark guardando Julian.

Il ragazzo sbuffò. - Perchè devi farla tanto lunga?! -

- Perchè? Ehm... -

- Vuota il sacco. Ma in fretta. -

- Me li presti ancora i tuoi cd? -

Julian volse lo sguardo al cielo. - Ti presto tutto quello che vuoi, ti affitto anche camera mia, se ti va, ma ora fai come ti ha detto quel...quel coso!! -

- Ok. Ah, Evsebius... -

- Che diavolo c'è ancora?! - sbottarono il genietto e Julian, sempre più impaziente.

Mark si fece piccolo piccolo. - Volevo...volevo solo sapere se sentiremo qualcosa... -

- Hai sentito qualcosa quando sei finito nel mio corpo? - disse Julian.

- Beh, no, ma... -

- Allora cosa diavolo vuoi sentire adesso che sei mezzo moribondo?! Chiudi gli occhi, animale!! -

Mark, un po' timoroso, obbedì. Sì, Julian aveva fatto un po' troppi progressi per i suoi gusti.

- Molto bene – disse Evsebius osservando i ragazzi – E' stato un piacere conoscervi. Per voi un po' meno, forse, ma sono sicuro che tutto questo non vi sia dispiaciuto troppo. E ora...buon viaggio. -

Forse chi dei due provò la sensazione peggiore durante il “passaggio” fu Julian. Prima un leggero formicolio alle mani, poi un leggero giramento di testa, infine una sensazione di profonda spossatezza.

Aprì piano gli occhi e tentò di sollevare una mano che gli sembrò pesante come piombo; la guardò, per essere certo che tutto fosse tornato al suo posto, poi guardò Mark che aveva a sua volta aperto gli occhi e sembra va stare osservando ogni centimetro del suo corpo, come se lo vedesse per la prima volta, cono un sorriso incredulo stampato sulle labbra. Poi tentò di sollevarsi un po' dal cuscino, ma ricadde pesantemente sulla schiena. Non si era mai sentito così debole, e si chiese come avesse fatto Mark ad essersi ripreso così alla svelta.

Mark si chinò verso di lui, per cercare di aiutarlo. - Piano – disse, tenendolo per le spalle e sistemandogli il cuscino dietro la schiena. Le mani e la voce gli tremavano per l'emozione.

- Va tutto bene – sussurrò Julian, temendo che il cuore gli balzasse fuori dal petto dalla gioia – Va tutto bene... -

- Sì – disse Mark – Finalmente va tutto bene. -

I due ragazzi si guardarono un attimo, ancora increduli. Julian aveva il fiato corto, la gola che gli bruciava ma non stava più nella pelle. Si guardò in giro per la stanza.

- Se n'è andato? - disse.

- Evsebius? Sembrerebbe di sì... -

- Meglio. Com'è che tu eri già pronto per saltare giù dal letto e tornare a casa? -

- Forse mi ero davvero portato dietro qualcosina di me – rispose Mark – Mi dispiace di non averti lasciato niente... -

- Mi hai lasciato più di quanto immagini... – rispose piano Julian.

I due restarono un istante in silenzio, e ognuno dei due sapeva esattamente quello che l'altro stava pensando.

- Vuoi che vada a chiamare Amy? - disse Mark.

Julian annuì.

 

 

 

- Si capisce già chi comanda tra quei due, eh? - disse Julia facendo cenno a Patty con la testa. Poi si sedette accanto a Benji, che rabbrividì nuovamente.

- Se le cose andranno come dovrebbero andare, Patty dovrà rivalersi di parecchio... - rispose il ragazzo.

Julia sorrise.

- E' stato bello quello che hai fatto per Julian. - disse.

- Bello? Non direi, non ho fatto un accidente. Bah, non importa. Come l'hai saputo? -

- Non l'ho saputo, l'ho visto. - Julia alzò l'indice verso il soffitto. - Ero di sopra, in gradinata, vicino a Patty. -

Benji ci rimase di sasso.

- Ah. Credevo te ne fossi tornata a casa. - rispose.

- Infatti ci sono tornata. Abito qui, a Tokyo. -

- Buono a sapersi. Vorrà dire che eviterò accuratamente di tornarci. -

Julia sbuffò. - Perchè devi recitare sempre la parte dello stronzetto...? -

- Perchè sono così, ok? Mi dispiace. Non sono una persona migliore solo perchè mi hai visto piangere su un compagno di squadra moribondo. Quelli si chiamano nervi fragili. Sono esattamente come tu pensi che sia, uno stronzo. -

- Se fossi veramente uno stronzo non saresti qui. - Benji rimase un po' interdetto da quell'ultima frase.

- Mi stai ripetendo le stesse fesserie che ha detto il tuo amore prima – disse – Non avete molta fantasia, voialtri romanticoni, eh? E poi ti ricordo che sei stata tu la prima a dirmelo. -

- Beh, può darsi che mi sia sbagliata. Almeno in parte. E comunque Oliver non è il mio amore. -

- Ah, no? Cos'è cambiato, adesso? -

- Da quando ho conosciuto voi ho imparato a guardare oltre le persone. E ti devo dire che, beh, lui è un ragazzo squisito, ma non è proprio il mio tipo... -

Benji ridacchiò.

- ...insomma, un'infatuazione capita! -

- Dillo a quella poveretta di Patty! - continuò Benji tra una risata e l'altra.

- Patty ha molta, moltissima pazienza – disse Julia, seriamente. - Ci ha messo degli anni, ma ora credo che abbia capito come prendere i ragazzi come lui. -

- E grazie a Dio non ce ne sono molti... - ironizzò Benji abbozzando un sorriso a cui Julia non rispose.

- Se ce ne fossero di più il mondo sarebbe migliore, credo. -

Benji sbuffò. - Benissimo – disse – Aggiungi pure che se ci fossero meno persone come me sarebbe perfetto, già che ci sei. -

- Ma perchè devi metterla sul personale?! -

- Perchè è quello che intendevi, giusto? Vi conosco, voi donne; non vi piace dire quello che pensate senza giri di parole, così parlate tutto il tempo per sottointesi sperando che il fesso di turno capisca esattamente quello che intendete. Se non succede, e non succede mai, ve la prendete a morte e ci accusate di essere insensibili, di non vedere ad un palmo dal naso e tutte quelle altre cose cretine che vi piacciono tanto...quindi, per favore, visto che non sono in vena, dimmi in faccia quello che vuoi dire e smettila di torturarmi!! -

- Ti stai torturando da solo, idiota!! - sbottò Julia. - E mi sembra di averti detto in faccia tutto quello che pensavo di te giusto pochi giorni fa, a casa di Philip. Se credi che sia qui perchè ho voglia di perdere tempo a ripetertelo ti sbagli di grosso! -

Benji cercò di bofonchiare una frase di senso compiuto, senza riuscirci.

- Quello che avrei voluto dire prima che psicanalizzassi a sproposito l'intero genere femminile, è che spesso le persone si conoscono poco alla volta, e le si scopre nelle situazioni più assurde. -

- Come il trovarsi nel corpo di qualcun altro? -

- Anche. O nell'affrontare un'emergenza improvvisa. -

Benji si strofinò gli occhi stanchi. - Torniamo al discorso di partenza. Avrebbe potuto esserci chiunque al mio posto, io ero lì solo per caso; ma anche se non sono una tale merda da abbandonare un amico in pericolo di vita, questo non fa di me una persona migliore. E' stato l'istinto, va bene? -

- Guarda che non ti devi mica difendere... -

- Non mi sto difendendo!! - sbottò Benji alzandosi in piedi.

Julia non si mosse e non smise di fissarlo. - Abbassa la voce – disse – Siamo in un ospedale. -

Benji si sedette, come per obbedire ad un ordine sottointeso.

- E non parlavo di questo. Parlavo del fatto che non ti sei mosso da qui per tutto il tempo, e accanto a te c'era la persona che detesti di più al mondo. -

Benji avrebbe urlato, se avesse potuto. - Sai che tu e Hutton vi assomigliate più di quanto pensassi?! - disse, esasperato – Mi avete detto le stesse, identiche cose! Perchè non cerchi ancora di farlo innamorare di te, così vi levate dalle palle e mi lasciate una volta per tutte in pace a riflettere su quanto sono cretino?! -

- Non ti prendo a sberle solo perchè sei stanco e sconvolto e non sai quello che dici – disse Julia senza battere ciglio.

Benij si appoggiò allo schienale della panca e sbattè la testa contro il muro, sospirando dolorosamente.

- Perchè non mi lasciate stare? - piagnucolò – Voglio solo meditare su tutte le stronzate che ho fatto. Mi piacerebbe provare ad essere una persona migliore, ma non ce la farò mai se tu e quell'altro angioletto continuate a farmi la morale su quanto di buono io abbia nel profondo del mio animo, perchè, per quanto mi sforzi di cercare nel profondo del mio animo non riesco a trovare niente, capito? Niente. Il buio totale. Non ne valgo la pena, me l'hai anche fatto capire abbastanza chiaramente, quindi...quindi lasciami perdere, ok? -

- Un'altra ragazza lo farebbe. Io no. Anche perchè si capisce lontano un chilometro che non è quello che vuoi. -

- Oh, ti prego, ho avuto anche troppe lezioni di psicologia spicciola per oggi! -

Julia cominciò a spazientirsi. - Non è psicologia; ti sto solo offrendo una seconda possibilità, ma mi sembra di capire che preferisci crogiolarti nell'autocommiserazione. Per cosa, non l'ho ancora capito. - Si alzò e fece per andarsene. - Ci vediamo, Benji. Se ci ripensi, dillo a Philip, ti darà il mio numero di telefono. Cerca di non metterci troppo tempo a decidere, però. Le buone occasioni se ne vanno così come vengono. -

Riuscì a fare due passi, solo due passi prima che Benji la fermasse.

- Aspetta, Julia, per favore! -

Il portiere si era alzato di scatto e aveva afferrato la ragazza per un braccio. L'aveva afferrata, ma aveva mollato subito la presa, come un cane che mordicchia la caviglia del padrone per avere la sua attenzione: e allo stesso modo Benji guardava la ragazza con occhi imploranti.

- Per favore – continuò, in tono più sommesso, ma spaventato, sorreggendosi con una mano alla porta della stanza di Julian – Scusami. Non ci capisco più niente, sono distrutto, vorrei dormire ma ho il terrore di quello che potrebbe accadere dietro questa porta. Senza contare che sono un cretino, lo sai. Ma non fino a questo punto. Se vuoi davvero concedermi una seconda possibilità...io la prenderò al volo e mi leccherò pure le dita. Ma non qui, non adesso. Quando sarà tutto finito e sarò di nuovo in grado di ragionare. Fino ad allora...insultami, scuotimi, prendimi a schiaffi ma non lasciarmi da solo con me stesso. Davvero, non so cosa potrei combinare. Credo che riuscirei anche a picchiarmi. -

Julia gli sorrise dolcemente. - Allora Holly ha fatto bene a rimanere – disse – Avevi bisogno di qualcuno che ti difendesse dalle tue azioni... -

- Forse sono diventato davvero schizofrenico, sì – rispose Benji – ma credo che mi ci abituerò. -

Julia rise. - Io no – disse – Ma conosco un'eccellente terapeuta! -

- Sono nelle tue mani – ribattè Benji ridendo a sua volta.

Più che nelle sue mani, probabilmente sarebbe stato tra le braccia di Julia, se solo Mark non avesse spalancato la porta della stanza a cui il ragazzo era appoggiato. Benji fece un volo di fianco, bestemmiando in aramaico; Mark lo guardò un paio di secondi, poi lo scavalcò è uscì dalla stanza.

- Mark, che succede?! - esclamò Julia.

Il ragazzo, sorpreso, guardò prima la ragazza, poi Benji che si rialzava senza smettere di imprecare, poi di nuovo Julia.

- Ancora qui, voi? - disse, con fintissima nonchalance. - Tutto bene. Il...il bell'addormentato si è svegliato. Dov'è Amy? -

- In sala d'attesa, con i genitori di Julian. Dio, che bella notizia! Come... -

Ma Julia non fece in tempo a finire la domanda che Mark si era già precipitato in fondo al corridoio. La ragazza lo guardò sparire oltre la porta a vetri, poi si voltò verso il povero Benji, massaggiandogli la testa, preoccupata.

- Ti sei fatto male? -

- No...ehm...anzi, un pochino...dov'è andato quel caterpillar? - bofonchiò Benji gongolando sotto il leggero tocco delle dita di Julia.

- A chiamare Amy. Santo cielo, che bernoccolo...vuoi che ti porti una pezza bagnata? -

- No, non ce n'è bisogno... - Benji stava per cominciare a fare le fusa. - Ecco, un pochino più a destra... -

Julia sorrise e il massaggio si trasformò in una delicata carezza.

- Ci stai provando? - disse, sorridendo.

- Cosa te lo fa pensare? -

Ad un tratto il ragazzo sentì un formicolio alle mani, poi un leggero giramento di testa.

- Oddio – disse – Non sarà mica un ematoma cerebrale?! -

- Non fare il deficiente – rispose Julia, allarmata, prendendo il viso pallido di Benji tra le mani – Stai male? -

- Mai stato meglio – disse Benji con una strana espressione ebete dipinta in faccia. Poi chiuse gli occhi, e l'ultima cosa che ricordò fu che Julia lo chiamava per nome, scuotendolo per le spalle.

L'ultima cosa che vide stando nel corpo di Holly, ovviamente.

Perchè quando riaprì gli occhi si trovò al distributore automatico di bevande, con un tè in mano e Patty che lo guardava in maniera strana.

- Holly? Hai capito cosa ti ho detto...? -

- No – rispose Benji, pallido come un cadavere, guardandosi le mani.

- Ho detto che “Shaolin soccer” non mi attira molto, che ne dici di “Notting Hill”...? -

- NoooooooaaaAAARGH!!! - ruggì Benji, dopo aver capito cos'era successo – Perchè proprio adesso?! PERCHE'?! -

Patty spalancò gli occhi, incapace di dire una parola. Poi si portò le mani al viso e scoppiò a piangere e ridere contemporaneamente.

Quel che disse Julia quando Holly, il vero Holly tutto intero, le propose di andare a vedere “Shaolin soccer” (prima di rendersi conto che lei non era Patty) non è riportabile per questioni di decenza.

 

 

Quando Mark fece irruzione in sala d'attesa, i signori Ross e Amy si presero un colpo. La manager della Mambo si alzò di scatto dalla sedia, pallida e spettinata. - Mark, cosa... - disse, con voce tremante.

- Belle notizie – disse Mark con il fiatone – Scusatemi. E' tutto a posto, davvero. Julian si è svegliato... -

Ashely Ross scoppiò in lacrime e si strinse contro il marito, il quale la abbracciò con un calore che la donna non ricordava da tempo.

- ...e vorrebbe vedere Amy. -

La ragazza rimase immobile per qualche secondo, come se non avesse capito le parole di Mark, che la guardava, aspettandosi una reazione di qualsiasi tipo. Che tenerezza gli faceva; piccola, magra e spaventata, quasi riusciva a vederle il cuore martellare nel petto.

Amy si voltò titubante verso i genitori di Julian, aspettando un cenno da parte loro.

- Vai – le disse Gregory sorridendo. Ashley annuì, singhiozzando di gioia, e la ragazza corse via, travolgendo quasi Mark.

Il ragazzo rimase a guardarla con aria assente, sentendosi sempre più leggero, incredulo.

- Mark. Mark Landers. -

Mark si girò verso Gregory Ross.

- Sei Mark Landers, vero? -

Cazzo, sì, eccome, stava per rispondere, ma si trattenne. - Sì...sì, signor Ross, sono io. -

- So che sei un buon amico di Julian – disse Gregory – E quello che hai fatto l'ha dimostrato molto chiaramente. -

- Julian ha fatto molto di più per me, signore – rispose Mark.

Gregory rise. - Non credo...tu gli hai salvato la vita. Io e mia moglie non sappiamo come ringraziarti per quello che hai fatto per nostro figlio. -

- L'avrei...l'avrei fatto in ogni caso. - disse Mark, piuttosto imbarazzato – Non dovete ringraziarmi di nulla, davvero. -

- Invece no. So che sei un bravo ragazzo e che la tua famiglia al momento ha qualche difficoltà, Julian mi aveva anche chiesto di occuparmi di una questione di malafede in cui siete rimasti intrappolati. Te l'avrei detto con calma dopo la partita, se non fosse successo tutto questo. Potete stare tranquilli. Quell'uomo vi restituirà fino all'ultimo centesimo. -

Mark avrebbe voluto piangere.

I genitori di Julian passarono rapidamente oltre, lasciandolo lì con gli occhi persi nel vuoto.

Non poteva credere che l'incubo fosse finito del tutto. Eppure qualcosa gli mancava, in mezzo a tutte quelle assurdità.

- Mark? -

Alzò la testa, convinto di trovarsi in un flashback; Maki lo guardava torcendosi le mani, la faccia stanca e preoccupata ma sorridente.

Ecco cosa gli mancava.

- Sono venuta appena ho potuto – disse – Ed mi ha telefonato appena arrivato in ospedale; sono riuscita per miracolo a prendere l'ultimo traghetto per Ube, ma di Shinkansen neanche l'ombra... -

Mark continuava a guardarla senza dire nulla.

- Stai bene? - disse Maki accarezzandogli il torace con una mano.

Sempre senza dire una parola, il ragazzo la attirò a sé e la strinse forte tra le braccia, tremando. Maki si lasciò andare e ricambiò quell'abbraccio, senza provare nemmeno a capire.

- Il mio piccolo temporale personale – le disse infine Mark.

Maki sorrise. - Ed mi ha raccontato tutto – disse piano – Sei un eroe, Mark Landers...e io sono così fiera di te... -

Mark non fece nemmeno caso a quelle parole. - Mi sei mancata, lo sai? -

- Mark, era solo una settimana... -

- Per me è stato molto di più. Ma non so bene come dirtelo... -

Maki gli si strinse contro lasciandosi cullare. - Beh, potresti dipingermi un quadro... -

- Eh?! - Un quadro?! Che cacchio aveva combinato Julian?!

Maki lo guardò, un pochino contrariata, e si sciolse dal suo abbraccio. - Un quadro. Per mostrarmi come ti senti. Insomma non te la ricordi più?! -

Mark sospirò. Ok, si disse, alle grane ci penserò più tardi.

- No, piccola, non mi ricordo. In questo momento ho altre cose per la testa. -

- Per esempio? -

- Per esempio il tuo anello di fidanzamento. Non ti aspettare sberle in platino tempestate di diamanti, eh? E' il simbolo che conta. -

Maki lo guardò, sbalordita. - Anello?! -

- Beh, ho pensato che stiamo insieme da un po' troppo tempo per non cominciare a mettere in piedi qualcosa di serio. Non è che sappia esattamente da che parte cominciare, ma da qualche parte si dovrà, non credi? -

- Mark, non ho parole... -

- Beh, ce le ho io per tutti e due. Se sei riuscita a resistere fino ad ora insieme a me vuol dire che potrai resistere ancora qualche anno, giusto il tempo di finire gli studi emettere da parte qualche soldino. La ruota ha cominciando a girare per il verso buono, finalmente. Che ne dici? -

Maki fece una strana smorfia, poi si buttò di nuovo tra le braccia del suo fidanzato, singhiozzando rumorosamente.

- Ok, lo prendo per un sì - disse Mark – Allora, come ti piacerebbe l'anello? Ripeto, per favore, niente solitari... -

- Non me ne frega niente – disse Maki tirando su col naso - Anche uno trovato nelle patatine... –

Mark sorrise, finalmente sereno, poi gli venne un dubbio improvviso.

- Maki... -

- Sì? -

- Non è che volevi un quadro, vero? -

La ragazza scoppiò a ridere. - Ma quanto sei stupido! -

- Ehi, io dicevo sul serio... -

- Anch'io. E ora baciami. -

 

 

Amy fece lentamente capolino dalla porta. Guardò Julian, gli occhi chiusi, il volto pallido, il braccio, di traverso sull'addome, da cui spuntava la cannula della flebo. Entrò nella stanza provando una stretta al cuore nel vedere il ragazzo che amava in quelle condizioni, ma contemporaneamente ringraziò il cielo che fosse vivo.

- Amy... – disse piano Julian, socchiudendo gli occhi.

- Sono qui – rispose la ragazza. Si avvicinò al letto e prese la mano che lui, debolmente le tendeva.

Amy sorrise, sentendo quella mano stringere la sua con la poca forza che ancora aveva. Poteva sentire il suo cuore battere in quella stretta, battere piano ma battere.

Non avrebbe perso Julian, lo sapeva fin dall'inizio.

In quelle ora interminabili in sala d'attesa non aveva mai pensato un solo istante a cosa sarebbe successo se lui fosse morto. Consciamente o inconsciamente non voleva nemmeno prendere in considerazione quell'ipotesi.

Julian doveva vivere perchè troppe cose erano rimaste in sospeso, e lei non poteva più aspettare.

Figuriamoci se avrebbe aspettato per sempre...

Julian alzò la testa e la guardò negli occhi.

- Mi dispiace, piccola... – disse piano - Ti ho fatto prendere un bello spavento, vero? -

- Non mi ci abituerò mai – rispose Amy con un sorriso tremante.

- Oh, non lo dovrai fare... - Julian deglutì faticosamente. - Credo che sia ora di finirla con il calcio...e pensare a cose più importanti. -

Amy strinse le labbra e trattenne il respiro; non voleva piangere, o forse non voleva che lui la vedesse piangere.

- Ti amo, lo sai? -

- Sì – disse Amy chinandosi a baciarlo, mentre una lacrima le scivolava furtiva sulla guancia – Lo so. -

Julian, che aspettava quel momento da anni, chiuse gli occhi; il suo debole cuore traboccava di gioia. Ma il suo ultimo pensiero, prima che le labbra di Amy si schiudessero sulle sue, non fu il viso della ragazza con cui, lo sapeva, avrebbe condiviso il resto della sua vita; pensò che quel momento non ci sarebbe stato se non ci fossero stati tutti gli altri, il suo arrivo a casa di Mark, i suoi fratellini, sua madre, Maki, il lavoro all'edicola, il piano bar.

Perchè, in realtà, quello che aveva creduto il peggiore degli incubi era la felicità camuffata.

Mark sarebbe stato orgoglioso d lui, come lui lo era stato di Mark.

Questo era ciò che pensava quando la porta si spalancò.

- Julian!...ops... -

Amy si ritrasse all'istante, arrossendo vistosamente.

A proposito di Mark...

- Che vuoi ancora? - disse Julian sorridendo all'amico che aveva fatto capolino.

- Ehm...l'hai detto tu a Maki che volevi dipingerle un quadro...? -

- Era una canzone, Mark. Una stupidissima canzone. -

- Ah. Una canzone. Perfetto. -

- Poi ti spiego. -

- Ok. Scusate. - sussurrò infine Mark scomparendo di nuovo dietro la porta.

Amy aggrottò la fronte, guardando un po' storto Julian.

- Beh, tutti hanno la loro canzone – disse Julian amiccando alla ragazza.

- Ah sì? E la nostra quale sarebbe? -

- Uhm...”Hungry heart?” -

- Spiritoso – disse Amy baciandolo nuovamente. E stavolta nessuno li avrebbe interrotti.

 

 

 

 

Ok, precisiamo subito che questa storia non è ancora finita, anche se, in pratica, lo è. Ci sarà ancora un breve epilogo e poi potrò mettere la parola fine a qualcosa che è rimasto in sospeso da troppo tempo.

Ufficialmente “Se io fossi in te” è su EFP dal 16 luglio 2003, ma era già presente nel sito quando l'inserimento delle ff non era ancora stato automatizzato. Di sicuro, quindi, da 7 anni, se non di più.

In sette anni cambiano tante cose, e in primis sono cambiata io; le mie storie hanno sempre riflettuto molto i miei stati d'animo e soprattutto, non essendo io assolutamente costante in nulla, le mie passioni del momento. Ho smesso di scrivere per molto tempo, e quando ho ricominciato non ero più quella di prima.

Questo per chiedervi scusa se questo (di fatto) ultimo capitolo vi ha deluso. Ha deluso anche me, perchè non è come avrei voluto che fosse. Forse avrei fatto meglio a cancellare questa storia, ma mi sono sentita in debito verso chi l'ha seguita fedelmente e con pazienza in tutti questi anni. VI dovevo un ultimo capitolo, e vi assicuro che ci ho lavorato parecchio e con molta fatica. Che il risultato non sia buono mi dispiace, ma per me è importante che esista, perchè è un altro passo avanti per portare a termine quello che ho cominciato.

Ma non ne sono orgogliosa: sono convinta che avrei potuto fare di meglio, ma so anche che quel meglio non sarebbe mai arrivato.

E' giunto il tempo di iniziare altre storie, storie più adatte a come sono adesso; non cresciuta, semplicemente un'altra Ruby con altre storie ^_^

Paroloni a parte, adesso mi sento più libera di lavorare ad altre storie: è in cantiere una one-shot (più o meno) comica, e ne ho scritta un'altra decisamente più deprimente, per un contest che finirà a metà gennaio. Poi ho in ballo ancora qualcosa su “Il signore degli anelli” (anche lì una lunga storia da terminare...).

Alla fine di tutto potrete dirmi se preferite la nuova Ruby o quella vecchia!

Comunque sia, grazie a tutti, di cuore. Anzi, no, i ringraziamenti alla fine e questa non è ancora la fine ^_-
Rubysage

(Ah, dimenticavo: la canzone che Mark ascolta in sogno, all'inizio del capitolo, è ovviamente “Stairway to Heaven” dei Led Zeppelin, mentre, nella stanza d'ospedale, Julian canticchia “Via del campo” di Fabrizio De Andrè.)

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Rubysage