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Autore: Flynn93    03/01/2011    1 recensioni
Mikoto conosce solo il proprio nome, nient'altro. Non ha mai visitato il mondo, ha delle conoscenze accennate di Konoha e sogna. Sogna la propria libertà, il proprio futuro. Ma perchè sogna? Perchè ha passato dodici anni in totale isolamento?
Una storia raccontata dal punto di vista di una bambina, che potrà inziare a vivere se e solo se sarà in grado di accantonare il proprio passato.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kabuto Yakushi, Nuovo Personaggio, Orochimaru, Sasuke Uchiha
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
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Erano trascorsi tre anni.
Tre anni di allenamenti.
Tre anni di ricerche affannate.
Tre anni di interminabili notti passate a studiare il mio corpo.
 
Si era sempre comportato in maniera “strana”: da che io ricordassi, erano state rare le volte in cui avevo dovuto curarlo. Non era mai stato leso da una ferita grave, mai attaccato da alcun malanno. Era come difeso da uno speciale velo protettivo, una sorta di grande bolla che lo proteggeva da qualsiasi agente esterno.
Questa mia dote aveva affascinato il maestro, che aveva deciso di studiarlo per un po’, finché, non riscontrando alcuna positività agli esami ai quali mi sottoponeva, si rassegnò rinunciatario.
Io non avevo mai dato tanto peso alla faccenda, era per me una cosa assolutamente normale ritrovarsi un corpo completamente immune a qualsiasi attacco. Iniziai a interessarmene quando anche Sasuke-kun rimase sorpreso da tale capacità.
- No, Mikoto. Il tuo non è un corpo “normale”.
- Oh, non è una novità. Pare che le anomalie si accumulino tutte attorno a me.
- Dovresti studiarlo.
- Ci ha già provato il maestro, senza risultati.
- Lui non ti conosce.
- Questa è bella, Sasuke-kun.
- Mikoto. Chi meglio di te può sapere come sei fatta?
 
Così, incoraggiata più o meno indirettamente, decisi di dedicare un po’ del mio tempo allo studio di me stessa. Di un’intera giornata solo la notte era libera, dal momento che il maestro aveva deciso di riprendere ad allenarmi, con una novità: l’avversario contro cui mi battevo era fisso, e il suo nome era Sasuke Uchiha.
Non saprei spiegare questa sua nuova trovata. Infatti, dopo una decina di scontri avevo già imparato a memoria la sua tecnica di combattimento. Probabilmente anche il maestro aveva iniziato a dare i numeri…
A ogni modo, dopo tre anni, e dopo aver letto clandestinamente buona parte dei libri che affollavano l’infinita biblioteca di Kabuto, venni scoperta.
 
- Vediamo… Ieri dov’ero arrivata? Capitolo otto, Forza. No… Capitolo nove
- Nemmeno. Potrebbe interessarti il capitolo trentadue,Protezione.
- Giusto. Grazie. - risposi senza riflettere. Poi, realizzai.
Sollevai lo sguardo dalle pagine. Kabuto era in piedi, a braccia conserte, di fronte allo scrittoio al quale ero seduta.
Mantieni la calma. Non aver paura. Si sentirebbe chiaramente. Dopotutto che colpa hai? Nessuna, giusto? Stavi leggendo. Nel cuore della notte, ma stavi solo leggendo…
- Kabuto. Che… che sorpresa.
Mi alzai con disinvoltura, incurante del pesante sguardo che era puntato su di me, e riposi il libro sullo scaffale.
- Chi ti ha dato il permesso di entrare?
Mi voltai. Gli occhi di Kabuto corsero rapidamente lungo il mio corpo. Ero abituata a essere osservata, ma non in maniera così sfacciata.
Calmati, dannazione. È solo Kabuto. Sono quindici anni che ci convivi. Smettila di tremare come un’idiota.
-Ehm…
Abbassai lo sguardo. Kabuto si avvicinò.
Mikoto, dà una regolata ai tuoi battiti. Respira. Va tutto bene.
­- Qui ti è vietato entrare, sai?
Kabuto continuava ad avvicinarsi pericolosamente a me, e più si avvicinava, più io indietreggiavo. Finii con le spalle al muro. Sentii il freddo della superficie congelarmi la schiena, oltre che i sensi. Kabuto appoggiò le mani contro la parete, e mi intrappolò senza che me ne accorgessi.
Non mi ero mai accorta prima di allora di quanto fosse imponente la sua figura rispetto alla mia.
- Lo sai? - mi bisbigliò a un orecchio, con una voce suadente e profonda che non sembrava appartenergli.
- Kabuto, sono stanca. Lasciami andare a letto. - lo pregai, non riuscendo a controllare il tremolio della mia voce.
Ansimavo. Il petto si gonfiava e sgonfiava con una preoccupante velocità.
- Se cercavi delle risposte, bastava chiedere. Bambina.
Deglutii. Alzai gli occhi. Era più vicino di quanto immaginassi.
- Come?
Sollevò un sopracciglio e le sue labbra si contorsero in un sorriso maligno.
- Posso darti tutte le risposte che cerchi.
Ero stufa di giocare al gatto e al topo.
- Tu menti. Non sai niente di me.
Esitò un momento, poi prese una ciocca di capelli e iniziò a giocherellarci divertito con le dita.
- Gli stessi capelli di tuo padre, stessa morbidezza, stessa lucentezza…
- Che vai dicendo? - sibilai digrignando i denti.
- Conoscevo i tuoi genitori. Grandi persone, davvero uniche. La loro morte è stata un vero peccato… ma, beh… sono cose che capitano.
- La loro morte è stata provocata.
- Questo discorso vale solo per tuo padre.
Aveva l’aria di saperla lunga. Forse davvero conosceva la verità.
- E allora, mia madre? Chi era?
- Una sgualdrina come tante, che si vendette al maestro in cerca di protezione. - disse, lasciando scivolare il ciuffo di capelli sulla spalla. - Fujiko Tagafuka, così si chiamava, era in attesa di un bambino quando si presentò alla porta di Orochimaru. La sua storia è a dir poco commovente. - Nelle sue parole si leggeva chiaramente una fastidiosissima vena di ironia. - Proveniva dai bassifondi di Konoha ed era la geisha preferita da tuo padre. La loro relazione andò avanti per anni, finché questa non venne scoperta e lei fu espulsa da Konoha. Così, tuo padre, disperato dal doversi separare dalla donna che amava, lasciò una parte di sé dentro di lei, in modo che non fosse mai sola.
- E il maestro cosa fece?
- La tenne con sé. Nemmeno io so spiegare il motivo di tale scelta, onestamente.
- E?
- E la sua pazienza fu ripagata.
- In che senso?
- Nel senso che, dopo averla osservata a lungo, Orochimaru riconobbe in lei una tecnica unica al mondo, l’Hogo no Jutsu. Fa parte dei cosiddetti “jutsu involontari”: viene esercitato inconsapevolmente, e permette a chi ne fa uso di essere immune a qualsiasi attacco dal mondo esterno.
Fu in quel preciso istante che capii ogni cosa. La sensazione che provai si avvicinava molto all’essere trafitti in pieno petto da un aculeo appuntito.
- Anche io posso…
- Lo so. E lo sa anche il maestro Orochimaru.
Le lacrime iniziarono a inumidirmi le guance scottanti. Ribollivo d’odio.
- Maledetti…
- Giungi a conclusioni ancor prima di aver ascoltato il finale di questa interessante storia?
- Perché? C’è dell’altro? - gli urlai contro, in preda a una rabbia dissennata.
- Eccome. Dopo che Orochimaru ebbe scoperto questo, chiese a Fujiko il permesso di controllare lo stato del suo bambino. E invece…
- Invece?
- Invece quella che era stata spacciata per una banale visita di accertamento si rivelò una spietata operazione chirurgica, che andò volutamente male. Orochimaru non sapeva che farsene di una geisha che nemmeno sapeva di poter esercitare un potere unico al mondo. Così, prelevò il suo utero e lo pose in una speciale capsula, che per i mesi successivi ospitò il bambino, sperando che avesse ereditato quella tecnica speciale. Infatti così fu. - Si fermò un momento, poi riprese: - Ti dirò un’altra cosa. La tua mamma, prima di morire, fece una richiesta al maestro Orochimaru, che egli soddisfò, da nobiluomo qual è.
- E… E cosa chiese mia madre prima che voi l’ammazzaste?
Non avevo più il controllo delle mie emozioni. Rabbia. Frustrazione. Tradimento. Il mio cuore era affollato da questi e mille altri affetti.
- Fujiko slacciò dal collo un monile e ci chiese di darlo al suo bambino, e ci pregò di chiamarlo Fugaku, nel caso in cui fosse stato un maschio o, al contrario… Mikoto.
L’istinto mosse le mie braccia, che afferrarono Kabuto e lo spinsero via, scaraventandolo dall’altra parte della stanza.
- Siete delle bestie! Manipolare la vita delle persone per i vostri sporchi giochetti! Maledetti!
- Tu non ti rendi conto della fortuna che hai avuto!
- Oh, ma certo! Nascere senza un padre né una madre, venire a sapere che la donna che mi portava in grembo è stata seviziata a causa mia sono il genere di notizie che tutti vorrebbero ascoltare! Sei un pazzo! E con te il maestro!
- Non capisci che sei vincolata a noi. Devi tollerare in silenzio tutto quello che noi vogliamo.
- L’ho fatto fino ad ora, ma le cose sono cambiate. Pochi minuti fa non sapevo chi ero, da dove venissi, perché mi trovassi qui. Ma ora ogni dubbio è sciolto, sono libera. E me ne andrò via da qui.
- Mikoto, non puo… Oh…
Kabuto collassò a terra.
I jutsu del suono sono micidiali. Tanti saluti, Kabuto.
 
Avevo bussato più volte, ma non c’era ancora stata risposta.
Ti prego, apri. Ti prego, ti prego…
Finalmente, la porta si dischiuse.
Uscì stropicciandosi un occhio con il dorso della mano. Aveva l’aria annoiata, che novità.
- Ah, Mikoto. Ti sembra il momento di ven… Mikoto?
Avevo il viso completamente bagnato dalle lacrime, i capelli spettinati, l’aria sconvolta.
- Oh, Sasuke-kun…
E senza aggiungere altro mi gettai tra le sue braccia, stringendomi a lui, affondando la testa sul suo petto.
- Che succede?
Non avevo voglia di parlare, desideravo restare lì, con lui, e piangere. Nient’altro. Lui lo capii, e mi strinse a sé, con una dolcezza infinita.
Lì, in piedi, nel cuore della notte, mi stupii delle emozioni calde e felici che mi blandivano il cuore. C’era qualcosa in quelle braccia che mi stringevano che mi faceva star bene, che allontanava tutti i cattivi pensieri. Sembrava che il tempo si fosse fermato, desideravo che quell’abbraccio non si sciogliesse mai. Era una bella sensazione.
Quando ritrassi il viso la camiciola di Sasuke-kun era zuppa di lacrime.
- Mi dispiace. - mormorai, asciugandomi una lacrima fuggitiva.
- Si asciugherà.
- No. Non è per quello. Mi dispiace di essere venuta adesso, di averti disturbato. Non ho saputo cavarmela da sola.
- A tutti capita di fare degli incubi, la notte. - disse con sufficienza.
- Come vorrei fosse tutto un brutto sogno…
Sasuke-kun mi prese il viso tra le mani.
- Che succede qui?
Fissai i suoi grandi occhi scuri per un attimo interminabile e poi gli raccontai tutto. Dall’inizio alla fine.
- … E poi, sono corsa qui.
Aveva lo sguardo fisso nel vuoto, le mani chiuse nei pugni. Sembrava una bomba pronta a esplodere.
Senza commentare, afferrò velocemente la katana e si incamminò lungo un corridoio.
- Dove vai? Aspetta, vengo con te.
- No! - ringhiò, lanciandomi uno sguardo assassino.
- Ma…
- No.
- Farai qualcosa di azzardato, lo so.
- Farò qualcosa che avrei dovuto fare da tempo.
Io gli corsi dietro e mi parai davanti a lui.
- Non puoi uccidere il maestro da solo.
- Tu mi saresti solo d’intralcio.
- Sasuke-kun, anche io ho da vendicare qualcuno.
- Sei solo una ragazzina viziata.
- E tu non conosci Orochimaru!
Non rispose. Almeno non subito.
- Si tratta di una questione tra me e lui. - ribatté, scostandomi una ciocca di capelli. - Tu non c’entri.
Mi baciò la fronte.
- Non ci metterò molto - sussurrò.
Gli posai una mano sul petto, lui posò le sue sulle mie e sorrise.
- Non farti uccidere.
- Te lo prometto.
Ritirai la mano. Lo vidi allontanarsi mentre percorreva maestoso il corridoio.
- Sasuke-kun! - lo chiamai, prima che potesse girare l’angolo.
Si voltò inespressivo.
- Buona fortuna.
   
 
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