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Autore: DanP    04/01/2011    4 recensioni
La loro convivenza era iniziata con le peggiori premesse.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, è da anni che non aggiorno, ma questo periodo o più o meno ritrovato il mio spirito da fanwriter, anche se non ricordo di averlo mai avuto...XD
(Complice di questo nuovo aggiornamento anche il capitolo che la Sensei Yamane, che ovviamente detiene ogni diritto sui personaggi, Kiyo-chan escluso, ci ha degnato di pubblicare...*ç*)
Per ora si tratta di una prima parte, che non so quando aggiornerò...çAç Prego di non aver ecceduto con vari errori di battitura, semmai abbiate pietà di me....
Vi auguro comunque una buona lettura e vi faccio tanti auguri di Buon Anno! <3


6.Di famiglie e miele....

Akihito non aveva mai desiderato la paternità, alla sua giovane età ben pochi la desideravano.
Divertimento e lavoro erano il suo vero ed unico interesse.
Carpe diem, dicono, goditi la vita finchè ne hai l'occasione.

Non provava alcuna attrattiva nel farsi una famiglia.
Non in quel momento perlomeno.
Sua aspirazione, che anteponeva a qualsiasi altra cosa, era trovare uno scoop abbastanza sostanzioso da potersi ritirare e vivere di rendita per il resto della sua vita.
Non gli interessava spendere soldi, pazienza e anni ad allevare un giovane se stesso, che probabilmente l'avrebbe portato all'analisi.
Ma anche solo l'idea di passare l'intera giornata in quella casa, lo stava facendo lentamente impazzire.

Nel tragitto in macchina, il bimbetto aveva posto solo una semplice domanda.
L'età di Asami.
La risposta probabilmente non lo doveva aver soddisfatto, perchè poi l'aveva sentito borbottare su qualcosa come “l'essere più vecchio di quello che dichiarava...” - ed ovviamente ad un piccino di 6 anni, il mondo intero deve apparire come troppo vecchio - ma successivamente dimenticò del tutto la questione.
Kiyokazu avrebbe lasciato quella casa solo nella tarda serata e questo lo riempiva di una minima speranza, sul fatto di riuscire a resistere ancora per un limitato periodo di tempo.
Come se non bastasse però, Asami pareva aver improvvisamente deciso di non lavorare quel giorno, come una maledizione elaborata appositamente per rendere ancor più detestabile il suo avvenire.

Sventura ancor peggiore fu il “modo” in cui lo scoprì, aprendo la porta d'ingresso e trovando ad attenderlo il topastro ingessato – non si sarebbe mai lontanamente sognato di rivelare, ne ad Asami ne al diretto interessato, il delizioso epiteto con cui era solito sbeffeggiarlo alle spalle – non aspettandosi un qualunque genere di benvenuto, Kirishima scivolò rapido alle sue spalle, diretto verso lo studio del suo capo.
Nelle mani una quantità indefinita di scartoffie di dubbia provenienza e ancor più dubbia destinazione.
Ormai considerava quella presenza nello stesso modo in cui il segretario doveva tener conto della sua, un' inevitabile conseguenza di stare alle dipendenze – nel caso di Akihito, poteva chiamarli capricci – di Asami.

Era passato un tempo relativamente breve da quando il piccolo Kiyokazu era entrato nell'appartamento di quest'ultimo - e/o di Akihito – ed aveva stabilito un'intesa del tutto silenziosa con i due proprietari.
Ma dallo sguardo che aveva riservato al più anziano, non c'era da aspettarsi davvero nulla di buono.
Appena raggiunto il tavolino del salotto, aveva preteso di ricevere i suoi colori e altro materiale da disegno contenuto nel borsone.
Akihito era rientrato poco dopo, e si era bloccato, sulla soglia, vedendo un'immagine che non gli piaceva affatto.

Kiyokazu era una macchietta bianca nell'immenso divano scuro, in continuo movimento per cercare una comoda posizione in cui esprimere le sue abilità artistiche.
Aveva sfiorato inavvertitamente, più volte, il tavolino di vetro al centro del tappeto costoso e i suoi, del tutto ingenui tentativi di distruggere il prezioso mobilio gli erano valsi continui sguardi da parte di Asami, seduto sulla sua solita poltrona, che parevano dire –Qualunque cosa rompa, vale più della sua vita.-
Stessa espressione truce avevano sortito i pennarelli colorati nelle sue adorabili manine, che troppo spesso si erano avvicinati al tessuto costoso.
L'avrebbe giudicata una situazione quasi comica, se Kiyokazu non avesse avuto quell'aria così seriosa e Asami...bèh, non fosse stato Asami.

Nel tempo necessario a realizzare un minimo pensiero sul perchè la situazione stesse diventando così assurda, il piccoletto stava già sonnecchiando su un bracciolo del divano, una manina che penzolava da esso ed un'espressione del tutto innocente sul visetto sereno.
Asami non aveva espresso alcun parere sulla situazione, sino a quel momento e questo non era decisamente una buon sintomo.
Deciso a sbloccare quello scomodo punto di stallo, mosse un passo nella sua direzione, ma nello stesso istante il padrone di casa lo travolse, mosso da una strana foga, e usciti dalla stanza, si ritrovò schiacciato contro la parete.

Rimase lì, frastornato per una frazione di secondo.
Appena sollevato verso una delle cassettiere del corridoio.
L'intero corpo di Asami premuto contro il suo, le mani che scorrevano sulle sue gambe, per allacciarsi meglio su di lui, verso di lui.
I suoi battiti presero ad aumentare, non per paura, ma per semplice consapevolezza di quello che sarebbe accaduto dopo.
Conosceva bene gli slanci di passione dell'altro, ne era soggetto praticamente tutti i giorni.
Sapeva esattamente quello che Asami voleva, anche solo da un cenno.
E se lo sapeva la sua mente, il suo corpo rispondeva sempre in anticipo.
Con la temperatura che si alzava, le guance deliziosamente imporporate di rosso a contatto con la sua camicia di seta tesa, sotto cui erano chiaramente visibili quei muscoli che sembravano acciaio, ma che sotto la pressione delle sue dita si contraevano, come se aspettassero una sua carezza.

Sentì distintamente la presa ferrea delle dita di Asami sul suo mento.
Se ne stava lì, fermo in un istante sospeso, mentre sul viso di lui si andava disegnando un sorriso pericolosamente obliquo.
Veleno mescolato nel miele più dolce.
Sentiva il suo corpo riscaldarsi, le gambe farsi molli, tremare.
Ma non si sarebbe mai sognato d sporgersi, raccogliere un barlume di forze e avvicinarsi a quelle labbra che sapevano d'Inferno in Terra.
Furono proprio quelle, a schiudersi un poco per poi lasciare che la lingue vagasse appena, sfiorando il labbro inferiore in una lenta e placida carezza.

I suoi occhi correvano ovunque pur di non incrociare, neppure per sbaglio, quei pozzo dorati e carichi di derisione che gli stavano di fronte.
Osservavano i serici capelli scuri, la linea sottile e decisa del mento fino all'attaccatura dei capelli, ma di nuovo, magnetica, la sua attenzione tornava agli occhi.
Molto spesso si era interrogato su quanto potere avessero su di lui.
Quasi riuscisse a convogliare un qualsiasi ordine in quelle iridi brillanti e poi costringere l'interlocutore a guardarlo, incantato, mentre la sua voce - altro fondamentale elemento della sua persona - scivolava nei timpani come un liquore, stordendo i sensi, la ragione.

Annullando la percezione di ciò che lo circondava, nel suo caso, se non l'uomo che gli stava di fronte.
Lo incatenava con una facilità disarmante.

Probabilmente, più della lucida pistola celata nella fondina, o della forza fisica – nessuna delle due usate mai davvero contro di lui, ma non era difficile arrivare ad intuire che quei muscoli non fossero solo apparenza, ma capaci di fare infinitamente del male, se necessario – l'aspetto che più lo irritava, molte volte, e terrorizzava, meno spesso, era la sua tendenza a fargli fare qualunque cosa desiderasse,ogni qual volta lo desiderava.
Sebbene, non fosse mai contro la propria volontà o inaspettato, inatteso o fuori dal suo personaggio.
Voce e occhi.
Non necessariamente in quest'ordine.

-Torna qui.-
perso nelle sue fantasie, quelle parole furono un'ancora sufficiente per farlo tornare al presente, e di nuovo arrossì, ricordandosi della situazione in cui si trovavano.

A pochi metri di distanza stava il piccolo .
Senza una parola – anche se le sue guance arrossate e i suoi occhi brillanti erano un indizio chiaro di quello che stava provando – piantò le mani sulle sue spalle, non voleva certo dover arrivare a dare spiegazioni su “che cosa stesse facendo nonno Asami a zio Akihito...”.
I suoi pallidi tentativi di scrollarselo di dosso scaturirono una risata sommessa da parte dello yakuza.
Proprio nel momento in cui credette di averlo allontanato a sufficienza da riuscire a sfuggirgli, lo vide farsi improvvisamente serio.

Una mano scivolò tra i capelli chiari e l'altra, ancorata alla sua coscia, rinsaldò la presa.
Non c'erano vie di fuga.
E lui era troppo vicino, ma ancora non si muoveva...
Se aspetta che sia io a baciarlo, può sperare invano...!”
...poi si mosse, inaspettatamente, mentre lui ancora era perso nelle sue elucubrazioni.

Troppo in fretta, tanto che lui ebbe solo il tempo di sperare che la porta alle loro spalle non si aprisse.
Chiuse gli occhi, sbattendo i denti per la troppa foga.
Ma dopo secondi di sospeso silenzio, l'unico rumore che sentì fu uno schiocco, che rimbombò nel suo timpano sinistro rendendolo sordo per un attimo.
L'abbraccio infuocato si sciolse e sarebbe scivolato a terra, se non fosse per il comodino sul quale Asami lo aveva alzato.
-Ricomponiti.-
dal tono non sembrava irritato, solo, vagamente, annoiato.

Però percepiva anche qualcos' altro.
Divertimento?
Attesa?
Non sapeva dirlo con certezza.
Fissò immobile – mentre con le mani afferrava il bordo del mobile, sbiancando le nocche, nel tentativo di regolarizzare il suo respiro – la schiena allontanarsi da lui, verso la porta ed aprirla

Kiyokazu occupava ben poco il grande spazio tra i battenti, ma lo faceva con una tale tenerezza da stringere il cuore.
La manina si stropicciava un occhietto chiuso, mentre il suo compagno era ancora assonnato e vacuo.
-Alla buon'ora.- lo riprese bonariamente Asami, l'espressione ancora ignota, nascosta dalla sua nuca.
Il piccolo alzò uno sguardo vagamente piccato su di lui.

-I bambini hanno bisogni di dormire, è perchè noi siamo molto più attivi....- rispose, sembrava però, che avesse lasciato la frase in sospeso, come a stabilire ancora una volta che considerasse Asami più vecchio del necessario.
Il visetto più alto del dovuto, a sostenere che sapeva perfettamente quello che diceva e quanto avesse assolutamente ragione, in tutta la sua logica fanciullesca.
L'altro proseguiva nel suo intento di voltargli le spalle.
Quando decise di aver raccolto le energie necessarie per fuggire, prese la mano del bimbo e rientrò frettolosamente nel salotto, gli occhi ancora lucidi.
Sentì solo un basso rimbrotto alle sue spalle, mentre la porta si chiudeva nel corridoio.
Lasciando che nelle sue orecchie risuonasse solo lo scalpiccio dei piedini di un assonnato bimbetto sulla morbida moquette.
Non era certo di sapere che cosa fosse accaduto lì fuori, ma i comportamenti di Asami non erano mai senza un secondo fine.

E le conseguenze dei suoi rifiuti li conosceva fin troppo bene....

Non che lo avesse davvero rifiutato, sembrava piuttosto che fosse stato lo stesso Asami a fermarsi, come rendendosi conto di ciò che doveva aver provato lui.
Che avesse deliberatamente scelto di calmarsi?
Asami?

Tzk, la morte piuttosto.

 

 

Continua....

   
 
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