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Autore: Invader_from_Hell    14/12/2005    0 recensioni
E voi, l'avreste mai detto?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Punto

 

Punto. Poi linea. Di nuovo un punto.

Per quello che fu, per ciò che sarà.

 

Antichi bagliori di vite illustri ci perdono questa notte

Cercatemi urlando il mio nome, fatelo e vi risponderanno le strade

Che mi hanno amato mentre voi eravate distanti.

 

Finita una vita si vive la morte. Sarà sconfinata.

Come la notte che stanca ti sei accasciata sulla mia spalla

Lui lontano, noi stanchi, l’alba ancora distante, il collo sudato pulsava al ritmo del cuore.

 

La vita è pesante come la morte che vive di notte in questa città.

L’inverno ci vede tagliare il vento gelato, coperti e stracciati dal bagliore lunare.

La Luna non splende più. La Luna sei  tu, mia dolce promessa.

 

Scava, le unghie ti assisteranno.

La notte d’inverno, ti svegli e sono passati vent’anni

Amore, da quando dormivi e sognavi la vita senza respiro ed affanno.

 

A volte spariscono e basta..

Cerca sotto ogni pietra la serpe che quando eri bambino

Mangiava quel topo nel rudere di una campagna che in fondo poteva anche bruciare.

E tu sotto le spoglie di vecchi fantasmi.

 

L’asma della storia si paga a prezzo di giorni di vita,

e molti ricordi sacrificati al perverso piacere della battaglia.

Rivedere, risentire. Rivedersi, risentirsi.

 

Un giorno che vivi la morte

Un secolo d’uomo e sesso sfrenato nelle carceri di mezzo mondo.

Credici o no, in silenzio ci siamo arrivati, per perderci senza rimedio.

 

Due anni che pensi alla vita

Ma il sogno svanisce, sale l’attesa, la vita finisce.

Incalza questa sconfitta, amore, incalza senza timore.

Incalza con la paura di alzarsi e trovare il sole più nero, la vita più scura,

la morte vicina, la Luna promessa in sposa  un pianeta che no, non sei tu.

 

Due secoli e mezzo, un amore e tre quarti

Ventimila leghe di puttane infuocate, il mio crocifisso

Il palo scoperto e temuto, la triste promessa svelata.

Sta rotto il segreto.

 

A volte spariscono e basta.

Le vittime dell’ossessione di quella madre un po’ strana

Svilita da mille rimorsi e rimpianti

Siamo noi, quei figli dai volti tumefatti

L’abbiamo voluto.

L’abbiamo studiato, ci siamo studiati. L’abbiamo provata.

Ci siamo provati nel fango del nostro sudario sbiadito.

Fango mortale, fango assopito, fango senza rimorsi, perché il fango alla luce del sole non può divenire prezioso.

Il fango alla luce del sole si secca. Ma puzza.

 

Figli, amori, secoli di vite lasciate a metà

Promesse all’amore, alla felicità

Lasciate a tremare non appena l’inverno si allarga nel cuore.

Inutile che salti in piedi a quel modo, non posso più aprire

Ci posso provare ma non temere, se tremo, non mi scaldare.

La vita si insinua nell’osso più cavo, rifugio tremulo dell’ultimo scarto di morte che resta al vivente, già nato, paziente.

 

Ci siamo, piccole scorie iniettate di sangue.

La storia vi chiama, siete famosi, la partita si gioca nei letti del mondo.

Chi perde, chi vince, chi muore accecato, nessuno esce illeso dal grande confronto.

Ma tu non temere. Ti aiuterò.

 

Chi siamo, piccoli nostri pensieri?

Idoli della tribù, della piazza, cosa ci fate nella mia testa?

Abite, pessimi poeti, da dove il male portaste.

Io più non leggerò.

 

Quello che non vedi più

Resta offuscato nella mia testa.

Il bacio ermeneutico del tuo bel cuore

Mi resta incollato, come sangue d’estate

Sotto quel sole

Il sasso che graffia

La lama che chiede.

 

Ancora.

E sia.

 

 

 

  
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