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Autore: Gwarthen    05/01/2011    1 recensioni
Fino a che punto può spingersi la crudeltà delle persone?
Un ragazzo semplice ed innocente lo scoprirà a sue spese...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Breathing... But not alive


Timothy era un ragazzo diverso da tutti gli altri... Fin da piccolo era stato interessato al mondo degli adulti e quella curiosità lo aveva portato ad imparare a leggere e scrivere con grande anticipo rispetto ai suoi coetanei: passò i primi anni della sua vita domandando ai suoi genitori cosa significassero quelle strane lettere che trovava sui giornali e sui cartelli.
Mentre tutti gli altri bambini passavano le giornate giocando a pallone, lui leggeva. Faceva molta fatica ma pian piano tutti quelle arcane lettere gli diventarono familiari, al punto di riuscire anche a controllarle lui stesso ed essere già in grado di scrivere.


Il primo giorno di scuola tutti i maestri avevano preparato una sorpresa in atrio: una cinquantina di palloncini colorati con scritto sopra il nome di tutti i nuovi allievi. Timothy corse subito a cercare il suo e rimase sorpreso del fatto che gli altri non lo facessero o che prendessero il palloncino con sopra un altro nome. Possibile che non sapessero leggere?
Decise di prendere in mano la situazione, chiese a tutti il nome e consegnò il relativo palloncino ad ognuno di essi. Si sentiva superiore, quella superiorità che solo i bambini sanno provare quando riescono in qualcosa.
Anche nel proseguo del suo percorso scolastico si mise sempre in risalto per la sua diversità nei confronti degli altri: era sempre il primo della classe e tutti i maestri lo adoravano.
Era felice, tutti i suoi compagni lo invidiavano e rimanevano a bocca aperta quando ascoltavano i suoi interventi. Lo invitavano spesso per passare dei pomeriggi insieme al parco o davanti alla Playstation.
Timothy continuò la sua placida esistenza nella convinzione di essere superiore e che tutti i suoi amici lo ammirassero, cercando di tenerselo più vicino possibile.


Arrivò la Quinta Elementare, ormai erano quasi tra i più grandi e in molti decisero di iscriversi all'Estate Ragazzi, un'insieme di corsi organizzati da dei ragazzi delle Medie e delle Superiori con lo scopo di far passare a tutti un'estate insieme ai propri amici. Anche Timothy si iscrisse, precisamente andò ai corsi di pallamano e di calcio. Sapeva di non essere il top in questi campi ma lo sport gli piaceva e, sebbene non fosse di certo snello e slanciato, si impegnava molto. Sapeva anche che la maggior parte degli iscritti ai suoi stessi corsi praticava quelle discipline a livello agonistico, ma era comunque fiducioso.
Gli bastarono due partite per capire di non essere proprio al loro livello. Non solo, sembrava quasi che tutti facessero apposta ad ignorarlo e non passargli la palla. L'unica cosa che faceva era arrancare su e giù sperando che qualcuno si accorgesse della sua esistenza in campo.
Ma non fu quello ad abbatterlo, la sua prima delusione avvenne nei commenti del dopo partita. Si lamentò del fatto tutti sembravano ignorarlo e quello che era uno dei suoi più cari amici lo guardò stupito, aggiungendo candidamente che nessuno fingeva di non vederlo, sapevano benissimo che c'era anche lui e lo snobbavano di loro volontà. Ci rimase male certo, però non voleva di certo mollare e continuò a presentarsi all'Estate Ragazzi noncurante del fatto di essere invisibile per gli altri.
Il Sabato era il giorno dedicato allo svago: tutti si recavano in un locale vicino al parco in cui erano state preparati dei videogiochi e dei Calcio Balilla. Chi voleva poteva comunque recarsi al parco e giocare a calcio.

Timothy aveva fatto amicizia con alcuni ragazzi della sua età considerati dagli altri dei reietti e stava passando quella mattina insieme a loro quando notò che i compagni di classe non si trovavano più nella sala con i passatempi. Decise di andare verso il parco, dove li trovò tutti impegnati in una partita di calcio. Rimase deluso nel vedere che loro, le persone per cui nutriva tanta amicizia lo avevano abbandonato così, non era stato avvertito da nessuno.
Mentre restava fisso a guardare gli altri giocare, uno di loro gli venne incontro a grandi passi urlando che non sarebbe dovuto venire li e che ora tutti gli altri avrebbero chiesto di unirsi alla partita. L'aria sembrò fermarsi, gli animatori non erano presenti e si stava formando un cerchio di persone intorno ai due ragazzi. Timothy non cercò nemmeno di scusarsi, pensava che andandosene avrebbe risolto tutto ma evidentemente non era così... Appena si voltò uno dei suoi compagni di classe lo afferrò per la spalla e lo costrinse a girarsi verso di lui, dopodiché un diretto secco lo colpì in faccia, spezzandogli un dente.

Il povero ragazzo non disse niente, tenne bassa la testa e se ne andò. Fortunatamente non perdeva molto sangue quindi nessuno si sarebbe accorto di ciò che era successo. Meglio così, ai suoi genitori avrebbe raccontato di essere caduto sbattendo la faccia su dei sassi. Non voleva causare altro disturbo a quelli che aveva considerato i suoi amici, ne tanto meno ai ragazzi che avevano organizzato l'Estate Ragazzi.
Continuò a frequentare i corsi, ma con scarso entusiasmo: ormai non ci provava nemmeno più a giocare, si sedeva in disparte ed osservava gli altri.
Era possibile tanto odio? Per quale motivo poi? Non aveva il coraggio di chiederlo per paura della risposta. Poteva solo immaginarne i motivi: pensò che era a causa della sua diversità in termini di interessi oppure semplicemente perché avevano trovato un ragazzo debole e che non sapeva difendersi. Aveva avuto a che fare con diversi episodi di bullismo, ma erano cose di poco conto... Non erano mai arrivati a picchiarlo prima d'ora, non con tanta violenza e determinazione.
La cosa che lo feriva di più era l'assenza di un motivo valido. Lui si fidava di quelle persone, erano i suoi amici o almeno credeva che lo fossero. Erano sempre stati gentili con lui, quando organizzavano delle partite di calcio al parco lo chiamavano sempre. Cos'era successo? Ora non riusciva più a vederli come amici, diventarono dei semplici compagni di classe. Delle persone che, finito il periodo scolasti se ne sarebbero andate.
Per la prima volta da quando era nato un gelò gli penetrò nel petto. Si sentiva solo.


Quella che doveva essere un'estate da ricordare divenne un incubo, ma passò e Timothy si ritrovò alle Medie. Erano degli anni di grande esaltazione per tutti, si sentivano già grandi e cominciavano ad organizzare i primi festini in cui iniziava a girare alcol. Sempre durante questo periodo cominciarono a fiorire i primi amori.
Una nuova speranza era nata nel cuore del ragazzo. Era stato messo in banco assieme ad una ragazza bellissima e soprattutto intelligente, per questo anche lei era stata emarginata dai loro compagni di classe. I due fecero subito amicizia e la portarono avanti anche all'infuori della scuola.
Ma tanta affinità non passò inosservata agli occhi dei loro compagni che iniziarono a schernirli raccontando in giro malignità su loro due. A loro non importava, si sentivano forti perché si davano forza a vicenda e avevano creato un loro piccolo mondo, in cui gli altri non esistevano.
Non aveva mai notato quella ragazza, Alyssa, perché dopo essere stata esclusa dal gruppo aveva deciso di evitare il più possibile altri atti di emarginazione e cercava sempre di fare il possibile per essere inosservata. A differenza di Timothy lei non voleva mischiarsi agli altri, non ci sarebbe mai riuscita e si sarebbe solo coperta di ridicolo. Questa filosofia piacque molto al ragazzo, al punto di adottarla lui stesso. Ora si sentiva di nuovo superiore, stavolta non era nemmeno da solo e poteva smettere di far finta di essere un altro per essere accettato. Aveva la sua amica e ciò gli bastava.


Il ragazzo adorava scrivere: trovava ogni scusa per comporre degli auguri particolari e farli leggere alla sua amica. Questa sua abilità nello scrivere gli dava l'opportunità di ottenere alti voti nei temi in classe, al punto che la sua professoressa di italiano gli propose di iscriversi ad un concorso di scrittura a livello provinciale.
Timothy era felicissimo di ciò. Dedicò anima e corpo alla stesura di un racconto in cui, ispirandosi ad una storia vera, un anziano signore ormai giunto alla fine dei suoi anni narrava ai giovani la sua vita, fatta di fatiche e stenti, allo scopo di insegnar loro cosa significasse vivere.
Dopo un mese di lavoro lo portò alla professoressa. Era pieno di fiducia, sapeva di aver scritto un racconto notevole, molto probabilmente il migliore che avesse mai fatto. Lo lesse in classe perché almeno per una volta voleva avere un motivo di vanto verso i suoi compagni decisamente non portati per la scrittura, voleva umiliarli così come loro avevano fatto con lui.
Ma fu uno sbaglio, aveva sottovalutato la loro malignità.
Non appena ebbe finito e ancor prima che la professoresse potesse parlare, una sua compagna di classe lo accusò di aver copiato. Mentiva ovviamente, lo stava facendo per dispetto e ripicca, ma era così sicura di se che tutti finirono per crederle e darle corda. Disse di aver letto una storia molto simile su un vecchio calendario, ne era certa perché il linguaggio usato dal ragazzo non era contemporaneo e non poteva di certo conoscere vocaboli usati decenni fa.

Timothy non riusciva a crederci, quel racconto l'aveva scritto lui! I vocaboli vecchi se li era andati a cercare sui libri vecchi anch'essi, lo aveva fatto per dare più realismo alla sua storia: un anziano che usasse un lessico attuale sarebbe stato molto improbabile. Ma il giudizio che contava veramente era quello dell'insegnante. Il ragazzo la fissò speranzoso ma nei suoi occhi vide solo rabbia. Gli fece una lunga ramanzina dicendogli di vergognarsi per aver pensato di vincere utilizzando un testo già scritto e che non gli avrebbe più proposto un concorso di scrittura.
Di nuovo quel gelo al petto, gli era stata tolta una delle cose a cui teneva di più. Ma non disse niente e abbassò la testa, ripromettendo a se stesso che non avrebbe più scritto niente all'infuori dei temi in classe. Distrusse quel racconto bruciandolo e mentre lo vide in mezzo alle fiamme scoppiò a piangere. Quello era più di una semplice storia: era un pezzo della sua anima, era il suo sogno di diventare uno scrittore di successo, era l'unica cosa buona che aveva fatto nella sua vita.

Timothy si ritrovò all'ultimo anno delle Scuole Medie. La sua amicizia con Alyssa andava avanti bene e non aveva paura di ritrovarsi solo durante il passaggio verso le Scuole Superiori. Era quasi contento, finalmente il prossimo anno se ne sarebbe andato e non avrebbe più avuto nulla a che fare con i suoi compagni di classe.
Ormai l'abuso di alcol alle feste era diventata una cosa comune. Molti coetanei del ragazzo si ispiravano a ciò che vedevano nei film americani e organizzavano delle mega feste in cui venivano invitati quasi tutti gli allievi della scuola, con tanto di invito ufficiale e gadget in ricordo della serata. Solitamente tutto ciò finiva in un'orgia collettiva a causa delle ragazze che perdevano i freni inibitori a causa dei troppi superalcolici.
Gli organizzatori, spesso ragazzi bocciati, sapevano di avere il potere in mano decidendo chi poteva partecipare e chi no. Spesso si divertivano a fare scherzi crudeli come preparare gli inviti anche per quelle persone considerate “ sfigate “ solo per incenerirli sotto i loro occhi e ridere delle loro reazioni.
Ovviamente Timothy era fra di esse, ma a lui non importava. Semplicemente aveva iniziato ad odiare le feste.

La tenera amicizia per Alyssa che coltivava con tanta cura era fiorita ed ora, per la prima volta, provava dell'amore per quella ragazza ma era troppo timido per confessarle tutto.
Voleva dirle che era l'unico filo che lo manteneva in vita, che la amava e che desiderava passare la vita con lei. Non l'aveva mai fatto per il timore della sua reazione, continuava ad adorarla in silenzio, senza che lei se ne accorgesse. D'altronde anche se fossero rimasti per sempre amici non avrebbe sofferto, era comunque l'unico motivo che lo faceva andare avanti. Anche in mezzo ai quei compagni di classe così spietati e crudeli sapeva di poter contare sempre su di lei.

Purtroppo negli ultimi tempi, grazie al Softball, la sua Alyssa aveva conosciuto un'amica nuova: Samantha. Erano subito diventate grandi amiche, anzi, diventò subito la sua migliore amica. Timothy venne completamente messo in disparte, ormai era trattato alla strenua di uno zerbino ma aveva un carattere troppo debole per dirle di smettere e continuò a subire a testa bassa.
Rimaneva immobile mentre la sua migliore amica, la sua sorella, il suo grande amore cambiava per colpa di quella sua nuova amicizia. Non si faceva più sentire, continuava ad inventare scuse per evitare di passare del tempo con lui, il suo cellulare non funzionava ma solamente quando doveva scrivergli e iniziò ad uscire insieme alle brutte compagnie che la sua nuova amica le aveva fatto conoscere.

In una di queste uscite, più precisamente ad un concerto di un gruppo in cui il cantante era un amico comune, Alyssa bevve molto. Samantha, che da mesi faceva di tutto per fare in modo che la sua amica si fidanzasse in modo da organizzare uscite a quattro, ne approfittò e la incoraggiò ad andare a parlare al vocalist. Fatto sta che quella sera non fu la ragazza a parlare, e non solo, ma l'alcol e Samantha trovò finalmente la quarta persona tanto cercata.
Quando glielo dissero, Timothy non la prese bene... Aveva perso ogni cosa, ogni passione. La sua vita si era svuotata di ogni senso e non aveva più uno scopo per andare avanti. Anche l'ultima persona che gli era rimasta fedele lo aveva tradito così. In quell'occasione il gelo penetrò più a fondo: quella era la sua amica e gliela avevano portata via così, in maniera improvvisa.
Non pianse, ormai aveva speso così tante lacrime quando la sua Alyssa lo ignorava da non averne più.

Ormai quella condizione era insostenibile, era tornato ad essere solo... Anzi, si rese conto di essere sempre stato solo. Ancora non capiva il motivo di tutti i comportamenti tenuti da quelle persone che lui considerava amiche, ma ora era arrivato ad una conclusione: il problema era lui. Gli altri si comportavano così perché avevano a che fare con un peso, una persona brutta e di cui vergognarsi. Cosa ci stava a fare lui in un mondo come questo? Non voleva essere più un peso, per nessuno...
Si alzò presto e salì fino in soffitta. Da qui raggiunse il tetto attraverso una botola. Si fermò a fissare di sotto: ironico, la sua vita era iniziata con la convinzione di essere superiore ed ora si trovava effettivamente sopra tutti gli altri. Allargò le braccia. Il vento gli scompigliava i capelli e il cielo era sgombro da nuvole. Il sole stava sorgendo e l'orizzonte lentamente stava assumendo un colorito dorato. Non sapeva per quanto tempo rimase li, forse era così vigliacco da non avere nemmeno il coraggio di uccidersi? Prese un profondo respiro, non poteva più tornare indietro a quella vita... Vita? Respirava certo, ma non viveva... Non più...

Aveva sempre cercato di scendere dalla sua superiorità e buttarsi da coloro che erano più in basso di lui, finendo sempre per schiantarsi contro di essi.
Dannata vita... “ pensò prima di toccare terra “ Sei riuscita a farmi morire come ho sempre vissuto... “

  
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