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Autore: vivvinasme    07/01/2011    1 recensioni
Questa è la storia di tante vite diverse, unite da un solo, arduo destino: salvare l’umanità e distruggere ciò che la affligge.
[Seconda Classificata al contest "I Quattro Elementi" indetto da Silvar Tales e LegendaAka sul forum di EFP.]
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sai, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Disclaimer: Tutti i personaggi presenti in questa fanfiction non appartengono a me, bensì a Masashi Kishimoto. Questa storia non ha fini di lucro.


Sasuke inspirò profondamente, come per trattenere dentro di sé la purezza dell’aria.

La faticosa scarpinata che aveva fatto per arrivare sulla collina lo aveva quasi lasciato senza fiato, ma ne era valsa decisamente la pena. L’altura, ricoperta di un morbido velo di erba, si ergeva prepotentemente sulla distesa sulla quale si adagiava la foresta, lasciando interminati spazi alla vista. Le chiome degli alberi, che Sasuke aveva sempre dipinto del medesimo colore, erano invece formate da infinite sfumature di verde, tanto da spingerlo ad interrogarsi sulla quantità dei colori che la Natura avesse da offrire. Se aguzzava la vista, poteva scorgere il punto dove la nave spaziale era atterrata, e la grande radura in cui aveva passato gli ultimi due giorni. L’orizzonte si mostrava come una lunga linea retta che, nel porre dei limiti alla mente umana, spingeva allo stesso tempo quest’ultima ad immergersi nell’infinito.

L’aver scoperto che qualcuno vivesse ancora sulla Terra, e tutto ciò che ne era conseguito, aveva sconvolto Sasuke. All’improvviso si era trovato catapultato in una fitta rete d’intrighi, sentimentali, politici e sociali, di cui non aveva mai persino intuito l’esistenza.

Durante la sua permanenza nella “Tribù”, come Naruto soleva appellare se stesso ed i suoi amici, aveva conversato con gli altri, – O, più semplicemente, aveva partecipato silenziosamente ai dibattiti tra Naruto e Shikamaru – ottenendo sempre nuove informazioni sul nuovo mistero che andava, giorno dopo giorno, infittendosi. Solo qualche ora prima, infatti, aveva scoperto grazie a Naruto che le onde elettromagnetiche che avevano percepito al centro di controllo erano state trasmesse da egli stesso grazie ad un apposito congegno, uno dei pochi sopravvissuti al trasferimento. Naruto aveva affermato che, sperando in una qualche forma di contatto con la Stazione Spaziale, Sakura e Kiba si erano per anni presi cura del congegno, assicurandosi che le onde pervenissero continuamente. Da quanto risultava a Shikamaru e Neji, però, le stesse avevano cominciato ad apparire per la prima volta solo un mese prima.

“Bel panorama, eh?”

Sasuke si riscosse dai suoi profondi pensieri, voltandosi per notare Naruto, la spalla poggiata ad un tronco d’albero.

“Già.”

Naruto fece qualche passo, per sedersi accanto a lui.

“Come fate a vivere senza di questo?” Sembrava una cosa così ovvia, così naturale, detta da lui.

“Viviamo.” Sasuke trovò immensamente arduo rispondere a quella domanda.

“Abbiamo aspettato a lungo qualcuno, da lassù, e ora che ci siete voi, sento che le cose stiano peggio di quanto immaginassimo.”

“Mh.”

Naruto incatenò gli occhi limpidi in quelli scuri e pieni di monotonia di Sasuke. Un animo ribelle che si tuffava in uno sciapo e secco.

“Sasuke, io voglio aiutarti.”

Solo in quel momento Sasuke osservò realmente la sincerità nell’espressione del ragazzo di fronte a lui, che si era alzato in piedi, puntando un dito al cielo.

“Ehi, tu! Ascoltami! – Urlò. – Visti da lassù sembriamo solo dei minuscoli granelli di polvere, ma noi ci siamo, Esistiamo! E non permetteremo che questo abominio continui!” Naruto porse una mano a Sasuke, incitandolo ad alzarsi.

“Che cosa stai facendo?” Chiese il Guardiano, confuso.

Illuminato dalla luce del Sole, un sorriso che gli scaldava le gote e gli occhi blu che lampeggiavano d’orgoglio, Naruto sembrava più che mai simile a suo padre. Sasuke credette, per un attimo, di avere ancora otto anni, e di poter avvertire ancora la sensazione della mano di Mikoto che teneva stretta la sua.

Spinto da una forza esterna, permise a Naruto di fare lo stesso, ponendosi accanto a lui. Si sentì quasi inappropriato e sporco, accanto a tanta purezza d’animo.

“Non possiamo fare nulla per fermarlo…”

“E invece sì! Io, Sakura e Kiba siamo disposti a partire con voi, se necessario. Organizzeremo una rivolta, gli faremo capire chi comanda!” Sasuke si stupì di come Naruto non si curò di imprimere enfasi nel riferirsi ad Omega31, come faceva il resto della popolazione umana.

Rimase in silenzio, mentre il vento continuava ad infilarsi, giocoso, tra le sue ciocche scure, mostrandole al Sole.

“Ragazzi, venite con me. E’ importante!”

I due si voltarono contemporaneamente, spezzando quel magico momento che era venuto creandosi, e fissando insistentemente la figura di Shikamaru che li osservava di rimando con un’espressione seria in volto.

Non fecero domande, sebbene queste premessero per uscire dalle loro labbra, e si limitarono a seguire il compagno, che li guidò alla radura. Il resto del gruppo era riunito attorno a Neji, che teneva in mano un Olofono. In quel momento, Sasuke si rese conto di aver completamente dimenticato l’importante parte dei contatti con la Stazione Spaziale. E non doveva essere l’unico, a giudicare dal volto di Shikamaru, seriamente preoccupato.

Una figura scura, avvolta dall’ombra, si affacciava dalla nebbiolina dell’Olofono. Sasuke riconobbe subito Omega31, che utilizzava quel metodo per mettersi in contatto con le missioni spaziali.

“Guardiano Scelto Uchiha Sasuke, Ricercatori. Mi rallegra che l’atterraggio sia andato a buon fine. – Sasuke ed i suoi compagni non avevano mai parlato direttamente con O31, e udire la sua voce provocava una strana sensazione nei loro animi. – Vorrei sapere come procedono le ricerche.”

Naruto assunse un’espressione irata, nello scorgere l’assassino di suo padre. I profondi occhi blu sembrarono tingersi di rosso, mentre accennava una posizione felina, prima di urlare all’Olofono: “Tu! Hai anche la faccia tosta di ignorarci! Chiunque tu sia, devi smetterla di reprimere la libertà delle persone in questo modo!” Tutti si voltarono alle parole del ragazzo, nei visi la paura allo stato puro. Nessuno aveva mai osato rivolgersi così ad Omega31.

“Tu devi essere il piccolo Naruto, vero? Sei cresciuto… Oh, ci sono anche Kiba e Sakura. Provo felicità nel vedervi ancora vivi.” Sasuke inorridì silenziosamente. Le parole di O31 erano intrise di falsità ed ipocrisia. Improvvisamente tutti riuscirono a scorgere la verità.

Omega31 era un dominatore, un tiranno, che non si faceva scrupolo a minare la libertà e la felicità delle persone, come dimostrava la presenza dei tre ragazzi sulla Terra, costretti ad un’esistenza allo stato selvaggio, per sopravvivere.

“Smettila! – Naruto vomitò tutto il suo rancore verso la figura appena accennata di O31. – Hai ucciso mio padre, ci hai costretti ad una vita di stenti, qui sulla Terra, e continui a rendere gli umani schiavi del tuo regno –”

La voce metallica di Omega31 interruppe il fiume di parole di Naruto. “Tutti vivono meglio, grazie a me. Non è vero, Sasuke? Tu lo sai bene, quando hai incontrato Itachi ti avrà sicuramente raccontato di quanto si sia impegnato per arrivare dove è ora.”

Sasuke inorridì.

L’odio e la rabbia avevano cominciato a salire dentro di lui, rendendolo incapace di muovere qualsiasi muscolo. Shikamaru, Sai, Neji e Ino sembravano nella stessa condizione, gli sguardi pieni di rancore.

“Ora che siamo tutti qui, finalmente posso fare un annuncio. – Continuò Omega31, incurante del conflitto di emozioni che affliggeva chiaramente il nero Sasuke. – Da ciò che è emerso, voi potreste essere un potenziale pericolo per la pace della Stazione Spaziale, e soprattutto per il mio governo. E’ stata approvata la vostra eliminazione.”

Eliminazione?
Fu l’aspro interrogativo scolpito nelle menti dei presenti.
Omega31, in poco tempo, si era finalmente scoperto; ciò che tutti, Sasuke compreso, tentavano di immaginare era pura e solida realtà. Come aveva affermato lui stesso, il suo governo avrebbe potuto essere minato dalle poche menti libere rimaste sulla Stazione, cioè quelle di Sasuke, Sai, Neji e Ino.

Un solo passaggio non era del tutto chiaro ai ricercatori: cosa voleva intendere O31 con Eliminazione?

Era davvero deciso ad ucciderli, per il solo crimine di aver desiderato qualcosa di più?

“Omega31, o come ti chiami, sappi che non perdonerò mai le sofferenze che hai inferto a tutti noi!” Esplose Naruto, scalpitando. Purtroppo, si trovava perfettamente disarmato di fronte ad un semplice ologramma.

“Credo che il mio tempo, qui, sia finito. Sappiate solo che questa Missione non è stata casuale.” Detto questo, la sfocata ombra di O31 scomparve, lasciando posto a otto volti sconcertati.

Dopo qualche minuto di silenzio, Naruto si arrischiò a parlare, gli occhi blu intrisi di serietà: “Non lasciatevi spaventare dalle sue parole. Ci difenderemo, qualunque cosa succederà.”

“Non siamo armati, siamo otto contro un numero indefinito di nemici, sempre se nemici saranno.” Fece Shikamaru, sedendosi su di una panca e prendendosi il volto con la mano.

“Lotteremo con tutte le nostre forze! Non sappiamo cosa succederà, non sappiamo cosa farà O31, ma siamo insieme! E insieme possiamo farcela!” Sasuke osservò Naruto, che puntava lo sguardo in alto, nel cielo, esitare prima di terminare la frase. Neanche lui stesso credeva alle sue parole.

D’altronde, come era possibile sperare di vincere in una battaglia simile? Si sarebbe trattata, poi, di una battaglia?

Dalla loro non avevano nulla, se non un vago avvertimento da parte di un frettoloso Omega31, mentre al di là della Terra, si apriva una distesa infinita di probabili nemici.

Sasuke era sconvolto.

Solo qualche minuto prima, era rimasto stupito dalla bellezza della Natura attorno a lui, che ora si era fatta oppressiva ed inquietante, come a voler rivelare le sue più recondite e nascoste paure.

“Ragazzi… La faccenda si sta mettendo male, pensate sia il caso di iniziare le procedure per un eventuale viaggio di ritorno?” Domandò Ino, il volto pallido e la voce tremolante.

Neji prese la parola per la prima volta, facendo un passo avanti come a sancire la sua uscita. “E cosa dovremmo fare con loro? – Indicò Naruto, Kiba e Sakura con un rapido gesto della mano. – Non possiamo lasciarli qui, ma non credo che portarli con noi giovi a qualcosa.”

“Neji, il problema è che non possiamo tornare sulla Stazione Spaziale. – Disse Sai socchiudendo gli occhi. – Sarebbe troppo pericoloso, data la situazione.”

“Già…”

Otto sguardi preoccupati e seri volarono tra di loro, ben consci, tra la confusione che avevano in testa, di una cosa: si stavano lentamente avvicinando a svelare una verità infinitamente più complessa e grande di qualsiasi immaginazione.



Gaara incrociò le dita delle mani, pensieroso.

Le gambe cominciarono a formicolare, ignorate. Da quasi sei ore si trovava nella stessa posizione, seduto sulla sedia, di fronte allo schermo del computer, al centro di controllo.

Sin dall’inizio aveva pensato che la situazione in cui verteva il gruppo di Sasuke e l’intera Stazione Spaziale avesse qualcosa di strano. Ma non avrebbe mai immaginato che il mistero fosse tanto fitto. La scintilla che aveva fatto infiammare la sua mente era stato un semplice dato, che aveva trovato frugando nel computer centrale del laboratorio.

Gaara, abile programmatore, era riuscito ad entrare nel database della rete di computer, accedendo all’enorme mole di dati raccolti dai ricercatori. Insieme alle consuete radiazioni provenienti dalla Terra, ve ne era una di fondo, continua, che la Stazione Spaziale riceveva da oltre dieci anni; tuttavia, per qualche strano motivo, questa non era segnalata nei registri del laboratorio, quasi non fosse stata affatto ricevuta dai ricercatori.

Quando Gaara aveva controllato la frequenza, aveva scoperto che era la stessa delle onde che avevano causato la Missione di Shikamaru. C’era qualcosa che non quadrava, e quindi aveva deciso di andare più a fondo.

Dopo giorni di ricerche, aveva concluso che la causa per cui le onde non erano state registrate dai ricercatori era uno speciale scudo che impediva a quel tipo di frequenza di oltrepassare il campo magnetico della Stazione. La domanda su cui si stava crucciando da ore era: perché schermare quelle onde?

Era come se qualcuno non avesse voluto che il centro di controllo ricevesse tali frequenze, ma per quale motivo? Cosa c’era da nascondere?

Un rumore di passi annunciò l’entrata di Temari e Kankuro nell’ampia sala. Gaara fece un lieve cenno con il capo.

“Gaara. Shikamaru non mi ha ancora contattato…”

Quello era, inoltre, un altro mistero; grazie al computer, i tre fratelli sapevano che il viaggio era andato a buon fine, ma l’Olofono di Temari restava ancora tragicamente silenzioso. Che cosa ne era stato di Shikamaru e gli altri?

Temari non sapeva rispondere all’interrogativo, e diventava ogni giorno più cupa e triste, frustrata dall’estenuante attesa.

“Lo so.” Rispose freddamente Gaara. Non sopportava la vista di sua sorella in quello stato. Doveva assolutamente scoprire cosa c’era dietro l’improvvisa scomparsa di Shikamaru.

“Qualche novità?” Kankuro prese finalmente parola, mentre posava una mano sulla spalla di Temari.

“Nessuna.”

“Secondo te in tutto questo potrebbe esserci lo zampino di O31?”

Kankuro aveva esposto con precisione la piccola idea che frullava in testa a Gaara da qualche ora.

“Forse, sì.”

“Come possiamo fare per averne o no la certezza?”

Gaara tacque, mentre un minuscolo bagliore iniziava a rischiarare il buio nella sua intricata mente. Era chiaro a tutti che Omega31 non attuava mai personalmente le sue decisioni ed i suoi piani; di solito, infatti, si serviva dei Guardiani, come loro, tranne che per gli ordini più importanti, che riservava al Consigliere.

Proprio la tanto misteriosa persona che aveva incontrato Sasuke nel Windplace, e che aveva destato i dubbi di Gaara. Sino a quel momento, il Consigliere non si era mai mostrato in pubblico, così che nessuno conoscesse il suo vero volto, al pari di O31, ma la sua presenza si avvertiva all’interno degli ordini che ricevevano ogni giorno i diversi Guardiani.

Se neanche loro, Guardiani Scelti, avevano avuto alcuna disposizione dal Consigliere, ne scaturiva che fosse stato egli stesso o Omega31 a schermare le continue onde provenienti dalla Terra.

Quindi, per scoprirne l’arcano, era necessario innanzitutto avere più informazioni sulla sua persona.

Gaara si chiese perché non fosse arrivato prima a quell’ovvia conclusione.

“Seguitemi. Andiamo da Kisame.”

“… Kisame?” Sussurrarono i due, inorriditi al solo udire quel nome.

Kisame Hoshigaki era stato il più famoso criminale del Waterplace. Gaara ed i suoi fratelli avevano avuto l’occasione di conoscerlo durante una Missione che prevedeva la sua cattura. Kisame, però, aveva aiutato Gaara durante alcune spinose situazioni, dovute alla sua pessima fama nel Place, e Gaara si era sdebitato assicurandogli una casa ed una vita nel Windplace, dove non lo avrebbero perseguitato per le sue truffe.

Kisame, infatti, era il migliore ingannatore dei cinque Places, capace di infiltrarsi all’interno del sistema e scoprire qualsiasi cosa. Grazie a lui, Gaara aveva potuto rintracciare i suoi vecchi genitori, sebbene non avesse mai avuto il coraggio di contattarli.

In poco tempo, i tre fratelli arrivarono di fronte alla sua abitazione, perfettamente omologa alle altre.

Gaara sfiorò il simbolo del Windplace, per mostrare il suo volto allo scanner oculare posto sulla porta; sospirò nel tentare di indovinarne la provenienza.

Temari e Kankuro si scambiarono un’occhiata, prima di varcare la soglia della porta che si era aperta davanti a loro.

Gaara notò il colore bluastro delle pareti, che riprendeva perfettamente la pelle dell’uomo che gli si era appena parato di fronte. Kisame era una persona inquietante, tanto che a volte Temari si chiedeva se fosse davvero un uomo.

Alto e ben piazzato, vestito della lunga tunica nera propria degli abitanti, squadrava i tre ragazzi con i suoi occhi bronzei, mentre le sue magrissime labbra si aprivano a mostrare due lunghe file di denti aguzzi.

Temari rabbrividì. Non le era mai andato a genio quel Kisame.

“Sabaku! A cosa devo l’onore?” La sua voce alta e strascicata invase l’abitazione.

“Salve, Kisame. Avrei bisogno di un favore.”

Kisame guidò i tre verso una larga poltrona, circondata da due piccoli divanetti.

“Spara.”

“Ho bisogno di sapere tutto sull’attuale Consigliere di Omega31. Puoi farlo?”

Gaara fissò con occhi di ghiaccio Kisame, che, per nulla intimorito, gli sorrise nuovamente in modo inquietante.

“Certo che sì! Per un vecchio amico questo ed altro…”

“Quando potrò iniziare a ricevere informazioni?” Chiese Gaara, visibilmente impaziente.

“Anche da subito, Sabaku. Aspettate un attimo qui.”

Kisame si alzò e sparì dietro una porta massiccia, provocando un leggero tremore in Temari. Kankuro rise leggermente, canzonandola per la sua assurda paura. Toccò a lei ridere quando Kisame entrò di soppiatto nella stanza con un plico di fogli e Kankuro sobbalzò.

“Non ci crederai, Gaara, ma il Consigliere di O31 in questo momento è Itachi Uchiha.”

Gaara rimase in silenzio, sconvolto da quell’improvvisa nuova e dalla rapidità con cui era venuta.

Aveva già udito quel nome, quando la città in cui viveva, sulla Terra, era stata sconvolta dalla notizia dell’omicidio dei coniugi Uchiha da parte del loro primogenito. Quando aveva incontrato Sasuke per la prima volta, infatti, aveva scorto attraverso la sua espressione fredda e monotona, l’immenso dolore che lo aveva accompagnato durante gli ultimi anni.

Un dolore simile a quello che provava egli stesso.

Itachi Uchiha era un assassino, un criminale, una persona senza cuore. Come poteva essere diventato il braccio destro di Omega31?

La sua domanda si era diffusa anche nelle espressioni confuse dei suoi fratelli, che scrutavano Kisame con aria interrogativa.

“Uchiha…?” Disse Gaara, dopo qualche secondo.

“Sì. E’ strano che proprio lui sia diventato Consigliere… E’ stato un mio vecchio amico, sulla Terra, sai? – Kisame continuava a sorridere, sebbene l’argomento trattato fosse tutt’altro che comico. – Era una persona calma e pacata. Quando ho sentito del suo assassinio, non sono riuscito a capacitarmene.”

Un attimo di silenzio, poi Kisame continuò.

“L’omicidio stesso è avvolto nel mistero; non credendo alla notizia, ho indagato un po’, scoprendo che le modalità con cui i suoi genitori sono stati uccisi e le prove stesse sono dubbie. In effetti, per quanto abbia potuto cercare, non ne ho trovata alcuna.”

“I giornalisti scrissero che avvenne di notte, in casa, mentre gli Uchiha dormivano.”

“Certo, ma non sono mai state trovate prove. O meglio, quelle schedate sono vaghe e distorte…”

“Cosa intendi dire?”

“E’ come se fossero state messe lì per caso, o per tappare qualche buco. – Kisame trafficò con un computer accanto a lui, concentrato. – Ma potrebbe essere solo un caso… Non ne sono certo.”

Gaara pensò che quel mistero ormai non fosse più circoscritto a poche persone, ma all’intera umanità. Era necessario fare chiarezza su Omega31 e il suo famigerato Consigliere.

Kisame irruppe nel silenzio. “Aspettate un secondo… Ho trovato qualcosa.”

“Cosa?”

“Riguarda una Missione affidata da poco ad un gruppo di ricercatori, fra cui vi è anche Sasuke…”

“… Uchiha, sì. Il fratello di Itachi.” Completò Temari.

“E’ un vecchio rapporto di O31, risalente ad almeno dieci anni fa. La Missione prevede un viaggio verso la Terra, alla ricerca della fonte delle onde che sarebbero state registrate nel Fireplace. Qui c’è scritta la data e l’ora in cui gli studiosi avrebbero iniziato a riceverle…”

Un pesante fardello crollò sopra di Gaara. Allora aveva ragione, quando aveva pensato che le onde fossero state schermate prima di allora. Invece di renderlo pieno di soddisfazione, le parole di Kisame abbatterono ulteriormente il suo morale; il complotto di Omega31 esisteva veramente. La squadra di Shikamaru e Sasuke era davvero in pericolo.

Temari lo squadrava, tentando di capire il motivo della sua improvvisa espressione crucciata.

“Ci sono persino le descrizioni dettagliate degli oggetti che sarebbero stati consegnati all’equipaggio prima della partenza… Qui, O31 si sofferma su un dispositivo presente nella borsa di Sasuke, che gli altri membri non avrebbero avuto.”

“Cioè?”

“Dalla foto sembra… Una scatola. Sì, una scatola di forma cubica.” Kisame s’interruppe all’improvviso. Se Gaara non l’avesse conosciuto, avrebbe detto che era impallidito.

“Gaara… Ma la Missione di Shikamaru, quindi, è stata… Programmata?” Chiese Temari, esitante.

“Sembra di sì.”

Temari stava perdendo a poco a poco l’espressione spavalda ed intraprendente che la caratterizzava, per assumerne una dubbiosa e quasi impaurita.

“Temari, non abbiamo idea di cosa Omega31 avesse in mente, quando ha deciso di programmare questa Missione, anni fa. Dobbiamo prepararci anche ad una brutta notizia.” La preparò Kankuro, pallido.

La sorella annuì.

“Sabaku.” Fece Kisame.

“Mh.”

“La cosa si fa ancora più complicata. In questo documento sono descritte delle procedure mediche del giorno in cui i coniugi Uchiha furono uccisi.”

“Quali procedure?”

“I medici al servizio di O31 in quel periodo, sotto assoluta riservatezza, hanno sequestrato Sasuke Uchiha, la notte dell’assassinio, per impiantare all’interno del suo cervello un microchip.”

Stranamente, Kisame era disgustato.

“Grazie al chip, Omega31 avrebbe avuto il pieno possesso sulla vita di Sasuke, per porne fine a suo completo piacimento.”

I volti di Temari e Kankuro erano spiazzati. Gaara, invece, assunse un’espressione consapevole.

“Ecco cos’erano le cicatrici sulla nuca.”

“Aveva delle cicatrici?”

“Sì, Kisame.”

“Allora è certo. O31 ha il completo controllo su Sasuke, e, sempre secondo questo rapporto, non solo sulla vita stessa. Grazie alle vibrazioni che il nostro cervello emana secondo il nostro umore, O31 può percepire i cambiamenti d’umore di Sasuke, e forse anche influenzarli.”

“Perché… Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?” Temari era allibita, disgustata.

“Per il potere, credo. Sicuramente c’è un altro fine sotto, ben nascosto. – Kisame continuò a leggere. – Ecco a cosa serve il dispositivo che Sasuke dovrebbe avere con sé sulla Terra… Se premuto, il tasto rosso sulla cima fa esplodere il chip, uccidendo Sasuke.”

“Ma allora perché affidargli uno strumento simile?”

“Non lo so, Sabaku. Non riesco a trovare altro, per ora.”

Gaara si alzò di scatto, facendo un lieve inchino a Kisame.

“Grazie mille. Ci sei stato molto d’aiuto. Se trovi qualcos’altro, contattami.”

“Di nulla… Questa faccenda m’interessa, e d’altronde conosci il mio odio per O31.”

“Sì.”

“Buona fortuna.”

Gaara accennò alla porta, che Kisame socchiuse, e procedette verso l’uscita, seguito dai fratelli.

Mentre procedeva verso il Fireplace, rifletté; se Sasuke aveva davvero quel chip impiantato nel cervello, non doveva assolutamente premere quel bottone. Doveva essere avvisato, in qualche modo. Una frazione di secondo dopo, però, arrivò all’atroce conclusione che non avrebbe potuto aiutarlo in alcun modo; vi era la probabilità che O31 potesse percepire i cambiamenti d’umore del ragazzo, ed il venire a conoscenza di una cosa del genere l’avrebbe sicuramente sconvolto, palesando ad Omega31 che qualcosa non andava, e mettendosi ancora più in pericolo.

Si trovavano in un vicolo cieco.

Shikamaru, Sasuke, Neji, Ino e Sai erano forse in pericolo, sebbene non lo sapessero, e loro non potevano fare nulla per salvarli.

Prima di lasciarli andare, Kisame aveva avvertito Gaara di aver notato un massiccio movimento di automi e micro – bombe all’interno della Stazione Spaziale. Pochi giorni prima, infatti, era stato fatto un grande ordine dei marchingegni, destinazione ignota.

Se quelle armi fossero state dirette verso la Terra, la faccenda si sarebbe fatta esponenzialmente più pericolosa.



“Sasuke…” La voce esuberante di Kiba aveva assunto un tono molto più debole, mentre disturbava la quiete della foresta.

Sasuke non rispose.

La sua figura scura, immersa nell’ombra, emanava una profonda aura d’instabilità e dubbio, che mise in difficoltà persino Kiba. Quando aveva chiesto a Naruto dove fosse il Guardiano, il suo amico lo aveva avvisato di non infastidirlo, ma lui aveva sorvolato, incamminandosi tra gli alti alberi, resi neri dalla notte.

“Che fai?” Ebbe il coraggio di chiedere, dopo qualche attimo.

“Penso.”

Pensare era l’unica cosa che Sasuke fosse riuscito a fare, durante le ultime ore. L’idea dell’imminente, e soprattutto ignoto, pericolo, lo disturbava, ponendolo nel più completo caos. Questo contrastava con il temperamento lucido e determinato che un Guardiano Scelto avrebbe in ogni momento dovuto tenere; ma l’ignoto era sempre stato ciò che più spaventava l’uomo, e allo stesso tempo lo tentava, trascinandolo con sé nel buio.

“Ad Omega31?”

“Anche.”

Kiba riprese un poco della sua intraprendenza, aprendosi in un piccolo sorriso strafottente.

“Troppo potente anche per te, eh?” Lo canzonò.

Non avrebbe mai immaginato che la reazione del ragazzo moro sarebbe stata tanto violenta. Sasuke, in preda all’ira, lo afferrò per il colletto della sudicia camicia che indossava e sbatté il suo corpo massiccio contro il tronco di un albero, spezzandogli il fiato.

“Ma sei pazzo?”

“Non osare mai più pronunciare quelle parole. Questa non è una questione di forza, e non può diventarlo. Siamo qui, disarmati, di fronte ad un destino che a malapena intuivamo prima, e che ora si pone di fronte a noi in tutta la sua maestosità, senza preavviso.”

Sasuke avvertì la gola pizzicargli. Era da troppo tempo che non parlava tanto, che non esprimeva i suoi sentimenti in modo così chiaro e preciso; e per di più si era confidato con una persona a malapena conosciuta. Quel Kiba, sorridente e pienamente soddisfatto, iniziava a piacergli.

Quasi senza accorgersene, mollò la presa sul logoro indumento del ragazzo, che non si preoccupò di rassettarlo.

“Hai ragione.”

“Mh.”

Kiba si voltò, incamminandosi nella nera foresta, cogliendo alla perfezione l’implicito congedo dietro quel mugugno.

Sasuke si rimise a sedere sulla dura e fredda terra, in attesa di qualcosa. In effetti, non sapeva esattamente di cosa.

Come risposta, il suo Olofono cominciò a vibrare, insistente.

Sasuke riconobbe la funzione dei Messaggi, quando una serie di lettere si materializzò di fronte a lui.


Sasuke Uchiha, Guardiano Scelto, Pianeta Terra.

Questo è un automatico Messaggio inviatoLe da Omega31.

Il suo kit per Missione comprende un dispositivo d’avviamento.

Premendo il bottone sulla superficie, sarà interrotta la procedura d’Eliminazione.

Allegato a questo Messaggio, Le è stato inviato un documento contenente tutti i dettagli dell’Operazione.


Non appena terminò di leggere, Sasuke premette alcuni tasti sull’Olofono, finché un insieme di linee luminose s’intrecciò nuovamente nell’aria. Era molto più intricato e lungo del precedente, ma a Sasuke bastò dare una rapida occhiata al testo per capire di cosa si trattasse.

Era un resoconto medico, di un fantomatico chip inserito all’interno del suo cervello. La data risaliva alla sua convalescenza, in seguito alla morte dei suoi genitori. Premendo il bottone che, secondo il Messaggio, avrebbe interrotto l’Eliminazione, anche il chip sarebbe esploso, provocando la sua morte.

La mente di Sasuke, già inasprita dalla tragica serie di notizie apprese durante le precedenti ore, sussultò.

Com’era possibile che lui fosse controllato?

Quella domanda chiarì tutto. Ecco cos’era quella continua sensazione di essere osservato, ecco spiegate le misteriose cicatrici che Gaara aveva menzionato quando si trovava in convalescenza all’ospedale per Guardiani, ecco spiegato il suo continuo prurito dietro la nuca.

Sto correndo troppo… Potrebbe essere tutto un caso.
Pensò Sasuke, tentando di calmarsi.
Ma ormai i suoi pensieri avevano preso il via, iniziando a percorrere l’intricata strada verso l’assurdo, che in quel caso stranamente coincideva con la verità.

Durante il percorso verso l’ampia radura dove si trovava il resto della Tribù, pianificò le più complesse strategie d’azione, ma non si chiese neanche una volta se, non appena giunto il momento, avrebbe premuto il tasto, oppure no.

“Sasuke, che brutta cera!” Esclamò Ino, appena lo vide spuntare dai cespugli. Sakura annuì veloce.

Con l’ausilio di poche e scarne parole, Sasuke riferì del suo messaggio, osservando i volti dei suoi compagni farsi sempre più scuri e preoccupati.

“Quindi, sei sotto osservazione da anni…” Riassunse Sai, la voce piatta come il mare calmo.

Shikamaru sgranò gli occhi, irato, al solo udire di un’ingiustizia del genere.

O31 si dimostrava ogni giorno più perfido e capace di crimini sempre più violenti, ma, apparentemente, senza un motivo. Per quanto riuscisse a sforzarsi, sorvolando il profondo senso di preoccupazione che il ricevere quella notizia aveva provocato in lui, non riusciva a scorgere una trama, un filo logico in quello che Omega31 aveva programmato di fare da numerosi anni.

Il suo pensiero volò alla Stazione Spaziale, ai suoi abitanti, ignari del conflitto che minacciava di uccidere i pochi abitanti terrestri; cosa stava facendo Temari in quel momento? Che cosa sarebbe successo se avesse scoperto in quali condizioni versava la sua Missione?

Shikamaru sorrise. Conoscendola, si sarebbe fiondata sulla Terra, in meno di un attimo.

“Già.”

“E cosa facciamo ora?”

“Non ci resta che –” La voce di Neji fu interrotta dall’ormai familiare vibrazione dell’Olofono di Shikamaru.

Sasuke sussultò.

A cosa porterà, stavolta, rispondere?
Il suo pensiero andò al marchingegno installato all’interno della sua testa, al misterioso e imminente processo di Eliminazione, e all’oggetto che pesava nella sua borsa. Immaginò che la Missione non sarebbe potuta andare peggio.
Quando vide il volto di Gaara, serio, sporgersi dall’ologramma, si sentì un poco sollevato.

Ma la reazione di Naruto fu la più esagerata di tutte, tanto che Sasuke si chiese cosa avesse quel ragazzo che non andava.

Non appena la folta chioma rossiccia prese vita, insieme agli occhi turchesi del Guardiano, Naruto s’immobilizzò, per poi cominciare ad urlare a pieni polmoni, con un sorriso che sfidava la larghezza del suo viso.

“Ga – Gaara! Non posso crederci, sei tu! Gaara!”

Sottili lacrime intrapresero il percorso dagli occhi lucidi al mento rotondo, brillando alla luce della Luna.

Gaara, per un attimo interdetto, spalancò visibilmente lo sguardo. Un’espressione malinconica prese possesso del suo viso, prepotentemente. Sebbene lo conoscesse da poco tempo, Sasuke non aveva mai visto Gaara esprimere emozioni di sorta.

“Naruto… Naruto, sei veramente tu?” Disse, il tono infinitamente lontano da quello freddo ed autoritario che sempre lo caratterizzava.

Naruto incredibilmente allargò il suo sorriso, mettendo in bella mostra i denti candidi e gli occhi scintillanti.

“Sì, Gaara! Credevo fossi morto!”

“Anch’io, per molto tempo. Quando ti ho visto, qui alla Stazione Spaziale, ho temuto di averti perso per sempre.”

“Gaara, O31 è riuscito a clonarmi, per dare l’impressione della mia redenzione… Fu un accordo che prese con mio padre.”

Alla leggera menzione di Minato, Gaara si aprì in un leggero sorriso. Shikamaru, che aveva passato molto tempo con il serio ragazzo, si stupì nel vedere una così insolita forma di giubilo sul suo viso.

“Mi sei mancato, Gaara. Mi piacerebbe poterti incontrare, un giorno.”

“Già, anche a me.”

Sasuke riuscì facilmente ad intuire il profondo legame tra i due ragazzi, che con poche parole avevano colmato un’assenza durata troppo tempo.

“Naruto, ora permettimi di parlare a tutti voi. – Riprese Gaara, il viso che si era fatto all’istante più serio. – Come sapete, in questo periodo lavoriamo al centro di controllo del pianeta Terra, e abbiamo delle notizie sulla vostra Missione, sempre se di tale si possa parlare.”

“E’ un complotto.” Disse Neji.

“Hai ragione. Abbiamo fatto delle ricerche, io Temari e Kankuro. Sasuke, tu…”

Ma Sasuke lo interruppe, non sopportando di dover sentire per due volte la medesima, terribile notizia.

“Sì, il mio chip. Mi è arrivato un Messaggio da O31.”

“O31… Evidentemente sa che non potrete fare nulla per salvarvi. Ragazzi, ascoltatemi, la faccenda è molto seria. – I presenti tesero le orecchie, pronti a ricevere maggiori informazioni su ciò che li aspettava. – Migliaia di automi e micro – bombe sono diretti verso di voi. Le bombe sono collegate al tuo interruttore, così che sacrificandoti, potresti salvare la vita ai tuoi amici.”

Il piano di O31 era esposto in modo così chiaro da Gaara, che anche Naruto, il quale di solito era sordo ai discorsi secondo il suo parere “troppo complicati”, si mosse sul posto, impaziente di conoscere il resto.

“Il problema è che le micro – bombe sono state manomesse da qualcuno, – di cui non conosciamo l’identità – che ne ha indirizzata una parte verso O31, potenziandole. Questo provoca due conseguenze.”

Ma fu Shikamaru a rispondere, tra lo sgomento generale.

“Se Sasuke premerà il bottone, O31 morirà, ma potremmo morire anche noi tutti.”

“Esatto.”

La scelta si era ampliata da un manipolo di comuni vite, a miliardi di altri volti oscuri.

Che cosa avrebbe fatto, arrivato il cruciale momento?

“Gaara, grazie dell’aiuto.” Fece Sasuke, mentre Shikamaru apriva la bocca per parlare.

“So che è inopportuno, ma potrei non avere più la possibilità di chiedertelo. Come sta Temari?”

“Temari è qui, accanto a me.” Detto questo, la figura di Gaara fu sostituita da quella bionda e pallida di Temari che, gli occhi lucidi, espresse in un sorriso il sollievo e la felicità nel vedere il suo amore vivo e vegeto.

Mentre Temari e Shikamaru si scambiavano le ultime notizie via Olofono, insieme a qualche parola dolce sussurrata dalla ragazza, Naruto si voltò verso Sasuke.

“Sasuke. Io vorrei che non premessi quel tasto, ma sarei egoista.”

“Lo sarei anch’io se non facessi nulla.”

Naruto si avvicinò alla figura alta di Sasuke, e tese la sua mano verso di lui.

“Troveremo un modo di sopravvivere. Devi, dobbiamo farlo, e sai perché? Perché devo dimostrarti che sono più bravo di te nel combattimento!” I suoi occhi blu sfavillarono, tinti di nuova determinazione. Sasuke si ritrovò a percepire il calore della mano di Naruto stretta nella sua, mentre il ragazzo si apriva in un largo sorriso d’incoraggiamento.

Non capì, in quel momento, in che modo attingesse a tutta quella forza d’animo.


La luce del Sole creava strani riflessi, sulla superficie lucida della scatola. Sembrava che la forma cubica non riuscisse a trovare un modo per sfuggire alla veloce onda.

Da quando la Tribù si era riunita per programmare un piano di battaglia, Sasuke era stato in un angolo, a rigirarsi tra le mani il bottone del suo destino. Non l’avrebbe mai ammesso, ma aveva una voglia matta di premerlo, in quel momento; sapeva, però, grazie ai ragionamenti logici di Shikamaru, che premerlo prima del necessario non avrebbe portato a nulla di buono, e non sarebbe neanche valsa la pena di provarci. Così, mentre Sai e Kiba discutevano animatamente delle strategie che avrebbero utilizzato, Sasuke preferì pensare ad altro, sebbene in quel momento il flusso dei suoi pensieri vertesse verso una figura oscura e maligna, di nome Omega31.

Non osò pensare a suo fratello, ad Itachi. Che ruolo aveva lui, in tutta quella storia?

Gaara, tra le tante indagini, aveva scoperto che il suo assassinio era ancora avvolto nel dubbio, ma Sasuke si rifiutava anche solo di ammettere un’ipotesi del genere. Semplicemente, Itachi aveva ucciso i loro genitori. Apparentemente senza motivo, sì, però il passato non poteva essere cambiato.

Un urlo più intenso degli altri distolse la sua attenzione verso il gruppetto che sedeva scomposto sulle panche.

Naruto, Shikamaru e Neji parlavano, chi serio, chi sorridente e con aria di sfida. Il resto era intento a scribacchiare su di un ampio foglio.

Sasuke notò subito la mancanza di Ino.

Non che fosse particolarmente altruista nei confronti della ragazza, ma dovette ammettere che il perderla lo avrebbe rattristato. Scosse il capo, scacciando via tali pensieri.

Proprio mentre l’aria veniva smossa dal suo gesto stizzito, in lontananza un gruppo di chiome d’albero si mosse, palesando la presenza di qualcosa.

Sasuke pensò subito ai giganteschi animali che lo avevano attaccato, ma il suo dubbio fu presto sciolto da una disordinata Ino che, gli occhi spenti e terrorizzati, emerse dalla foresta gridando: “Eccoli! Sono loro, gli automi di cui parlava Gaara!”

Immediatamente, sette teste si voltarono verso di lei, provocando un leggero rumore nel silenzio della foresta.

Sasuke ebbe appena il tempo per ringraziare mentalmente Gaara, prima di alzarsi di scatto ed incespicare insieme agli altri sul sentiero che portava alla radura sulla collina. Le panche furono abbandonate a terra, e furono afferrati in fretta e furia gli zaini contenenti i beni primari.

Mentre i membri della Tribù correvano, ignorando i tagli inferti loro dai rovi, Ino continuò la sua spiegazione, il fiato mozzo per la corsa e la paura.

“Ero sotto un albero a raccogliere bacche, quando ho sentito un rumore metallico. Mi sono voltata, e… E… Erano lì, lontani quasi duecento metri, centinaia di robot rossi che si muovevano verso di me… - S’interruppe un momento per prendere fiato, che scarseggiava. – Erano armati di lunghe e sottili pistole, e avevano coltelli dappertutto!”

“E’ iniziata…” Sussurrò Shikamaru, mentre percorreva l’ultimo, faticoso metro verso la collina, seguito dai suoi compagni.

Sasuke fu sollevato che il terreno fosse diventato nuovamente piano; i suoi muscoli cominciavano a chiedere pietà. Ancora una volta, nonostante le circostanze, si meravigliò del paesaggio offertogli dalla Natura: la foresta non sembrava essere cambiata, dall’ultima volta che era stato lì. L’unica differenza era una minuscola macchia rossa che riuscì a scorgere in lontananza, nella radura dove erano stati aggrediti. Con la mente piena delle numerose strategie di battaglia preparate da Naruto, Sasuke capì che i piani non sarebbero stati granché utili. Omega31 aveva pianificato tutto in modo che quel bottone fosse premuto, gli automi ne erano la prova.

“Ragazzi, non lasciamo che ci raggiungano, scendiamo da qui e andiamo a combatterli!” Esclamò Naruto, fissando prima Sasuke e poi Kiba, i quali non sembrarono prestargli ascolto. Iniziò a scalpitare, incapace di stare fermo; era l’unico a non essersi ancora misurato con il pericolo che li attendeva.

“Siamo abbastanza numerosi per combattere, possiamo farcela, possiamo ancora vincere! E allora non servirà a nulla quel bottone…” Naruto continuò il suo monologo, il tono di voce che si abbassava ad ogni parola pronunciata.

Shikamaru, stufo di essere fissato con tale insistenza, bruscamente rispose.

“Naruto. Non combatteremo. Non ne abbiamo le forze, sono troppi.” Quelle parole uscirono a difficoltà dalle sue labbra.

“Che cosa dici? Noi andremo lì e li affronteremo, uno ad uno!”

Shikamaru si limitò a puntare il dito verso il basso, dove l’intero esercito degli automi si era finalmente riunito.

Un’immensa distesa rossa macchiava il bosco, coprendo interamente la vasta radura. I congegni meccanici sembrarono disporsi per file, pronti all’avanzata nella foresta.

Immediata fu la consapevolezza: non avrebbero potuto combattere un esercito del genere rimanendo vivi. L’unica via d’uscita, per quanto cruenta e dolorosa, era il bottone, che avrebbe salvato l’intera umanità a caro prezzo.

Naruto continuò per qualche minuto a gridare, a tentare di convincere Sasuke che sì, avrebbero potuto ancora farcela, invano. La sua voce si spense in un flebile sussurro, mentre imitava gli altri, osservando l’avanzata degli automi.

Sasuke avvertì l’aria farsi elettrica. Quel momento era come la quiete, prima della tempesta; una calma temporanea e fallace, che avrebbe presto lasciato posto alla loro fine. Non seppe se rallegrarsi, rattristarsi o impaurirsi, a causa dell’enorme quantità di emozioni immagazzinate e compresse nel suo animo.

Che cosa bisognava pensare, durante un momento del genere? Che cosa, era più convenevole dire?

Sembrava che la strada che lui ed i suoi compagni avevano percorso per arrivare a quel punto fosse stata lunga chilometri e chilometri, quando la loro fine sarebbe durata meno di un secondo.

Non era giusto, non era corretto, ma d’altronde, la vita lo è mai?

I suoi pensieri vennero spostati altrove, come il vento sposta le nuvole, e mosse la mano per estrarre la scatola dalla sua borsa.

Quell’oggetto, che rappresentava la fine di qualche vita e la salvezza di milioni di altre, fu osservato quasi con venerazione dai membri della Tribù.

Gli automi avanzavano, causando un leggero tremore sulla terra della radura.

Naruto, distogliendo lo sguardo dal cielo che si apprestava ad imbrunirsi, parlò.

“Sasuke… – Il Guardiano non rispose, ma mosse appena il capo, per far intendere che era in ascolto. – Voglio premerlo io.”

Sasuke sgranò gli occhi, credendo che l’amico fosse impazzito.

“Cosa?”

“Il bottone, voglio farlo io. Se non posso combattere, almeno posso fare qualcosa per salvare gli uomini.”

Sebbene avesse ne avesse già dato ampia prova, la determinazione di Naruto non finiva mai di stupirlo. Nonostante avesse le circostanze avverse, trovava sempre un modo per risollevare il suo animo, dimostrando una maturità impressionante.

Una scossa più accentuata nel terreno avvertì i presenti che gli automi avevano percorso, ad un’elevata velocità un lungo tratto attraverso la foresta, portandosi sempre più vicini a loro. I cuori presero a battere sempre più forte, le mani si sfiorarono, per poi stringersi convulsamente.

Sasuke, Naruto, Shikamaru, Neji, Kiba, Sai, Ino e Sakura erano lì, uniti da qualche sottile brandello di carne, su quella landa verde puntellata da macchie floreali, in attesa del destino deciso per loro.


I membri della Tribù osservarono gli alti alberi, mossi dall’incedere dei nemici.

Erano giunti alla fine.

Il silenzio sembrò opprimerli, mentre l’infinita macchia rossa degli automi si espandeva verso la loro direzione.

Otto paia di occhi si ritrovarono a fissare la liscia superficie cubica, da cui sporgeva un esile bottone, che chiedeva solo di essere premuto con forza.

“Avanti, – La rauca voce di Sasuke s’insinuò tra i loro corpi. – Fallo.”

Quelle due semplici parole precipitarono nei loro cuori come mattoni.

Era dunque così semplice prendere una decisione del genere?

Era così semplice parlare?

In quel momento, circondati dal luogo che li aveva accolti quando avevano perso le speranze, i ragazzi si sentirono persi.

Tutto quello che erano riusciti a costruire sino a quel momento, rischiava di sparire in una frazione di secondo.

Sarebbe bastata una parola, un solo, semplice, cenno del capo, e tutto sarebbe terminato.

Le loro vite, i loro sogni, i loro sentimenti.

A cosa serve avere dei sentimenti, un cuore, se si ha la facoltà di vivere per sempre?

Questo era l’interrogativo che O31 poneva agli adepti che cominciavano a farsi domande sulla loro esistenza.

Domande soffocate con altrettante domande. Così era riuscito a tenere a freno la natura della specie umana.

Un solo gesto aveva il potere di cambiare radicalmente la loro vita, e allo stesso tempo di salvare miliardi di volti oscuri e sconosciuti, piegati al suo volere.

Un’infinità di persone avrebbe gioito.

Un manipolo di ragazzini avrebbe sofferto.

La decisione aveva dall’inizio piantato le radici nel loro cuore, ma solo in quel momento si resero conto di quanta forza di volontà era necessaria per mettere in atto quel semplice, quasi involontario, movimento.

Gli arti non volevano saperne di muoversi.

La mente era ancora concentrata sulle fredde parole che avevano da poco sancito l’unanime decisione.

“Non farò discorsi di addio, non ne abbiamo bisogno.” Naruto parlò per tutti, mentre tentava di muovere i piedi, sordi ad ogni comando.

Sguardi lucidi ma decisi volarono tra loro.

“Ragazzi, vi voglio bene.” Furono le parole appena sussurrate, ma percepite chiaramente da tutti. Sakura si aggrappò forte al braccio di Ino, posando la testa sulla sua spalla.

La gravità sembrava essere decuplicata. I passi suonavano quasi come tonfi, mentre, troppo lentamente, si dirigevano verso la scatola.

Furono i trenta secondi più lunghi e dolorosi della loro vita.

Mentre Naruto si avvicinava al cubo, ripresa la facoltà del movimento, in lontananza gli automi rossi avevano cominciato a scalare il pendio che li avrebbe condotti al loro obiettivo. Ma sarebbero scomparsi senza neanche rendersene conto.

Un dito sfiorò la rossa sporgenza che avrebbe segnato la loro fine.

Prima di imprimere tutta la propria forza nel premere la loro morte, un particolare attirò la sua attenzione.

Era un fiore azzurro, una magnifica testimonianza del naturale processo della vita.

Quel fiore non aveva nessuna colpa, se non quella di essere sbocciato sulla Terra.

Perché, allora, avrebbero dovuto porre fine anche alla sua esistenza?

Perché avrebbero dovuto impedire la nascita di altri suoi simili?

Mentre le terminazioni nervose trasmettevano alle mani il chiaro messaggio, tutti gettarono un ultimo sguardo alla creatura inerme ed innocente che stavano per uccidere.

Quel fiore azzurro non avrebbe mai più visto la luce, soffocato dalle esplosioni delle bombe preannunciate da Gaara.

Bastò una frazione di secondo.

Il dito premette il liscio bottone, che s’immerse nella scatola senza emettere alcun rumore.

Silenzio.

Per un attimo, tutti sperarono che non sarebbe successo nulla, che si sarebbero salvati.

Speranza era impressa nello sguardo che Sasuke lanciò a Naruto.

Ma, subito dopo, fu la fine.


Il bianco invase il campo visivo di Sasuke. Miliardi di microesplosioni si diffusero nell’aria, emettendo acuti ma poco intensi suoni continui.

Dopo un periodo che a Sasuke parve un secolo, le esplosioni terminarono, ma lui rimase immerso nel bianco. Quel colore, che per lui aveva sempre rappresentato la costrizione e l’inganno, continuava a cingerlo nel suo abbraccio mortale.

Dopo qualche attimo, scoprì di potersi muovere.

Alzatosi in piedi sulla superficie bianca, pensò di poter volare.

Non aveva ali, ma riuscì comunque, con un agile balzo, a librarsi in aria, procedendo velocemente attraverso la grande area bianca.

Dopo qualche minuto di volo, durante il quale sperimentò le sue abilità, i suoi occhi acuti cominciarono ad intravedere una macchiolina scura in lontananza. Sembrava un sassolino fluttuante.

Quando si sentì attratto da quel piccolo particolare, capì di poter provare sentimenti, come la curiosità, che cominciò ad assalirlo a mano a mano che si avvicinava.

Il piccolo particolare s’ingrandì a sufficienza da essere riconosciuto. Era una porta. Sasuke si chiese come mai quella conoscenza fosse innata in lui. Non sapeva descrivere con precisione cosa fosse realmente una porta, ma fu cosciente di averne una di fronte a lui.

I suoi piedi decisero di toccare il suolo, interrompendo il volo, e le sue mani si chiusero sulla maniglia dorata, premendola verso il basso.

La porta si aprì autonomamente, lasciando a Sasuke sufficiente spazio per varcarne la soglia.

Un passo, due. Poi il bianco mutò in nero pece.

Gli occhi gli furono sottratti, il naso colmato di un familiare profumo. Era dolce, ma allo stesso tempo deciso; forte e determinato.

Somigliava a quello delle mele caramellate, che Mikoto gli offriva sempre, quando era solo un bambino.

Oppure a quello del mare, della sabbia che gli s’infilava tra le dita dei piedi, quando correva sulla spiaggia seguito attentamente dallo scuro sguardo della madre.

Allungò le braccia, per aggrapparsi a qualcosa di morbido davanti a lui, che si mosse.

Un paio di mani sottili si allacciò alla sua schiena, che improvvisamente era rimpicciolita, come il resto del suo corpo.

Sasuke aprì gli occhi.

Si trovava all’interno della sua vecchia casa, il piccolo peso che affondava nel materasso morbido.

Le punte nere dei capelli di Mikoto lo accarezzavano, solleticandogli giocosamente il mento.

Ecco cos’era quel profumo inebriante; quello di sua madre, che amava respirare quando lo abbracciava.

Il fiato della donna sfiorò la sua guancia.

Sasuke… Vivi, ama, ridi per noi.” La sua voce era morbida e vellutata, proprio come ricordava. L’unica donna che avesse mai amato.

Sasuke sollevò una mano, per asciugare il filamento lucente che era appena apparso sul volto di Mikoto, ma non appena sfiorò la tiepida pelle, le lacrime si tinsero di rosso, iniziando a sgorgare copiosamente dagli occhi scuri.

Mikoto era immersa in un lago di sangue insieme a suo padre. Due anime pure, perse per sempre.

Sasuke soffocò nuovamente nel buio, ma non era solo. Una figura lo accompagnava, procedendo accanto a lui. Grazie a lui, Sasuke riusciva a scorgere il suo cammino.

Itachi posò la mano sulla sua schiena, delicatamente.

Insieme, camminarono verso il buio.




Fine.






Epilogo.



Non avrei mai potuto ricordare la Natura in modo così perfetto e dettagliato.
Pensò Itachi, mentre osservava i petali floreali, fatti fluttuare giocosamente dal vento.
Quando della Terra si ha un ricordo cruento e sanguinoso, è difficile lasciare spazio a tanta semplice bellezza, nella propria mente.

Itachi non aveva aperto neanche uno spiraglio al ricordo sbiadito degli alberi, che bussava insistentemente da anni alla porta dei suoi pensieri.

Dei passi calpestarono l’erba morbida dietro di lui.

Se non fosse stato colmo di pace e tranquillità, sarebbe immediatamente scattato sull’attenti, in cerca della possibile fonte del rumore. Ma non si trovava più sulla Stazione Spaziale, e il peggior nemico che avrebbe potuto incontrare in quel momento sarebbe stato un po’ di sano maltempo.

“Itachi, dobbiamo partire.”

Itachi era preparato alla fredda voce di Gaara; le loro infinite conversazioni sul suo passato gli avevano permesso di registrarne perfettamente il timbro e l’intonazione, nella sua intricata mente.

“Mh.” Asserì, immaginando che Sasuke doveva essersi svegliato, se Gaara era venuto a chiamarlo.

Provava quasi paura, all’idea di rivedere il suo fratello minore, completamente cambiato.

Cosa gli avrebbe detto? L’avrebbe davvero guardato come un estraneo?

Non seppe se sarebbe stato meglio essere scrutato con odio oppure con semplice curiosità.

Mentre seguiva Gaara attraverso l’intricato sentiero costeggiato dagli alti alberi, pensò a quante volte aveva raccontato la sua storia, durante le ultime ore.

Quante immagini erano balenate nella sua mente, quando le parole uscirono dalle sue labbra, una dopo l’altra, sempre più veloci. Non parlava con qualcuno in quel modo da troppo tempo.

Quel ragazzo, Naruto, al termine del suo racconto lo aveva abbracciato, ringraziandolo di aver salvato Sasuke. Erano seguite numerose strette di mano e sorrisi di congratulazione; gesti estranei per Itachi. Nessuno si rivolgeva mai a lui, se non per ordinargli qualcosa o minacciarlo di morte. L’aver ricevuto tanti segni di giubilo e rispetto lo aveva lasciato con una strana sensazione. Felicità?

Non avrebbe potuto dirlo, finché non avrebbe visto Sasuke.

Ricordava ancora quando era stato costretto a mentirgli, tradendo la sua fiducia e uccidendo i loro genitori. Omega31, colui che avrebbe governato l’umanità, aveva programmato tutto, affinché i coniugi Uchiha, al vertice di un’importante movimento contro il viaggio verso la Stazione Spaziale, fossero uccisi dal loro stesso primogenito.

Itachi si era opposto alla proposta di O31, negando qualsiasi ausilio. Ma non aveva ancora fatto i conti con i suoi piani; Omega31 lo aveva costretto ad assassinare i suoi stessi genitori, ponendo il suo fratello minore, Sasuke, sotto minaccia di morte. Itachi aveva dovuto scegliere tra Mikoto e Fugaku, e Sasuke.

Dopo l’omicidio, Itachi era stato posto sotto custodia di O31, che aveva installato un chip all’interno del cervello di suo fratello, potendone così controllare la vita.

Omega31 lo aveva assunto come Consigliere, celando la sua identità all’intera Stazione Spaziale, così che Sasuke non avrebbe mai potuto trovarlo, ma sarebbe vissuto nell’odio e nella disperazione, alla ricerca di vendetta, sino a che non avrebbe ricevuto una Missione al centro di controllo del pianeta Terra.

Itachi non era riuscito a ribellarsi.

Non ne aveva la facoltà, né la forza.

Uccidere i suoi genitori l’aveva devastato, come d’altronde il dover scegliere tra loro e suo fratello.

Aveva vissuto a lungo sotto il diretto potere di O31, senza mai sapere chi fosse in realtà.

Ma quando un giorno, per caso, era entrato nel suo laboratorio e aveva scoperto un enorme computer dal nome di “Omega31”, la determinazione e l’astio si erano risvegliati in lui, permettendogli di elaborare un piano, basato proprio su quelli del governatore stesso.

Avrebbe sfruttato il suo futuro incontro con Sasuke, che si sarebbe recato nel Windplace per chiedere il permesso di organizzare una spedizione sulla Terra, per modificare il suo chip, in modo che non provocasse la sua morte, ma una perdita di memoria. Sebbene le sue nozioni di medicina fossero molto vaste, non aveva saputo fare di meglio. Era impossibile rimuovere il chip senza uccidere Sasuke, quindi l’unico modo era modificarlo dall’esterno.

Inoltre, avrebbe contattato un suo vecchio amico, Deidara, per chiedergli di modificare le micro – bombe in modo che una parte, potenziata, si dirigesse verso O31 a sua insaputa, ponendo così, grazie ad un semplice tasto, fine alla sua meccanica esistenza.

Nonostante le sue iniziali indecisioni e paure, era riuscito a non farsi scoprire da Omega31.

Aveva provato una punta di rammarico quando era partito, qualche giorno prima, per la Terra, dopo aver raccontato la sua storia a Gaara ed i suoi due fratelli, e non aveva potuto osservare da vicino la predetta esplosione di O31.

Ma aveva ricevuto un eloquente messaggio da Deidara, soddisfatto per il lavoro da lui svolto.

Quando la nave spaziale era atterrata sulla Terra, anche gli automi erano distrutti, lasciando solo qualche frammento metallico come traccia. Itachi aveva pensato che Sasori, loro creatore, sarebbe andato su tutte le furie se avesse visto quel macabro spettacolo.

Itachi e Gaara avevano incontrato presto Shikamaru e gli altri, che, miracolosamente illesi, avevano trasportato Sasuke tra le braccia. Dopo aver spiegato la sua storia anche a loro, aveva percorso il sentiero che portava alla radura sulla collina, e goduto della bellezza della Natura sino a quando il ragazzo che in quel momento camminava di fronte a lui, non lo era venuto a chiamare.

Gaara rallentò il passo, stavano per arrivare.

Dietro un gruppo di alti e versi alberi, stava la nave spaziale, il portellone spalancato, in loro attesa.

Gaara si voltò verso di lui, sorridendo e indicando una figura in piedi davanti all’astronave, il braccio posato sulla spalla di Naruto.

Sasuke aveva un’espressione meravigliata e, finalmente, serena.

Per un attimo, Itachi non riuscì a credere di poter rivedere suo fratello, il piccolo Sasuke, che in quel momento sorrideva in sua direzione.

Non appena lo raggiunse, Sasuke tese la mano soddisfatto; Itachi immaginò che Naruto gli avesse appena spiegato come fare.

Itachi la strinse, sorridendo.

“Ciao, io sono Sasuke!” La sua voce era limpida e intensa, diversa da quella che aveva sentito al palazzo di O31. Tutto era diverso.

“Io mi chiamo Itachi.”

Sasuke sgranò gli occhi, stupito.

“Piacere di conoscerti, Itachi!”

Naruto sospirò e gli sorrise. Sasuke aveva completamente perso la memoria, come Itachi aveva previsto. Aveva bisogno in ogni momento di qualcuno accanto a lui, e stavolta Itachi ci sarebbe stato, non lo avrebbe lasciato solo.

“Ragazzi, salite. Partiamo.” Annunciò Shikamaru, dall’interno.

Naruto fece per trasportare Sasuke nella nave spaziale, ma Itachi gli fece cenno di lasciarlo a lui.

Con il braccio di Sasuke fermo sulla sua spalla, Itachi mosse qualche passo verso l’entrata.

“Dove andiamo?” Chiese, con la curiosità di un bambino, Sasuke.

“A casa, Sasuke… A casa. Vedrai, ti piacerà.”

“Allora non vedo l’ora!”

Entrambi sorridenti per diversi motivi, i due fratelli s’incamminarono, l’uno accanto all’altro, verso il loro futuro. Insieme e finalmente liberi.



Spazio dell'autrice:

Ed eccoci finalmente all'ultimo capitolo!
E' stato bellissimo vedere la mia storia pubblicata, dopo averci lavorato così tanto giorno e notte. E' stato un vero impegno, e sono soddisfatta del risultato raggiunto ^^
Postando i bellissimi giudizi delle due giudici, ringrazio profondamente la dolcissima Charty, che mi ha supportato e seguito con le sue bellissime parole (oh, mi sto commuovendo T.T) quando l'ho pubblicata.
Ringrazio anche tutti coloro che hanno letto la storia, un bacione a tutti! <3

Giudizi:



Ortografia / Sintassi / Stile: 10/10

La tua storia, sotto questo punto di vista, non ha presentato errori grammaticali o frasi elaborate male. Le uniche imprecisioni per le quali avrei potuto abbassarti il punteggio sono state diverse ripetizioni che appaiono più volte nella fan fiction, ma vista la sua portata (diciamo pure mastodontica) mi è sembrato eccessivo toglierti un mezzo punto, anche perché sono solo imprecisioni e non si possono nemmeno chiamare errori, solamente a volte intralciano la fluidità perfetta del tuo narrare. Sono, ad esempio, il ripetere troppe volte di fila “Sasuke” come soggetto, non usando sinonimi; oppure frasi come questa: “Alla leggera menzione di Minato, Gaara si aprì in un leggero sorriso” dove hai ripetuto l'aggettivo leggero, oppure l'uso un po' troppo frequente di alcune espressioni, o ancora qualche scena che ritorna, simile ad una precedente.
Passiamo a parlare del tuo stile. è saldo e ben formato, lo padroneggi infatti in modo eccellente ed estremamente efficace. Ho apprezzato molto il linguaggio che usi, soprattutto nelle varie parti descrittive che, per la loro originalità e ricchezza dei contenuti, ti hanno portato a vincere il premio quadretto. Sono davvero ben impostate e ben articolate fra aggettivi ed espressioni nuovi, che rendono benissimo l'idea del paesaggio che circonda i protagonisti, dello scenario che hai voluto creare attorno a loro. Solo devo segnalarti un'incoerenza temporale nel paragrafo dove metti in scena l'aggressione della lucertola gigante; infatti, a meno che non fosse sorto il sole nel frattempo (cosa che mi sembra alquanto improbabile, o quantomeno non l'hai fatto capire) nella medesima unità d'azione inserisci due indicazioni temporali opposte, ovvero prima “immobile e immerso nella luce lunare” e successivamente “brillò alla luce del sole”.

Uso degli elementi: 6.5/10
Radura: 1.5/5
Fiore: 3.5/5
Foresta: 5/5
Totale:
10/15 = 6.5/10

Mi dispiace che questo sia stato proprio il punto che ti ha penalizzato. Gli elementi, infatti, non sono stati elaborati in modo da farti arrivare al punteggio pieno, o quantomeno, ad un punteggio superiore. Purtroppo, il fatto che gli elementi da te scelti non fossero in numero eccessivo, ti penalizza un poco perché anche solo uno sbagliato abbassa di molto il punteggio nella media complessiva; poi la tua fan fiction, essendo al contrario di portata (di lunghezza, intendo) nettamente maggiore delle altre, ti avrebbe dato più oppurtunità di elaborarli al massimo delle tue capacità. L'elemento su devo farti maggiori puntualizzazioni è
radura. Nella storia, infatti, viene praticamente solo citata o usata solamente come indicazione spaziale. Non l'hai nemmeno descritta in modo accurato, come invece hai fatto per altre parti del tuo scenario; già una descrizione maggiore infatti ti avrebbe donato qualche punto in più.
Passiamo a fiore. I punti sottratti sono dovuti principalmente a una carenza di originalità nell'usare questo elemento, più il contesto non del tutto adeguato dove l'hai inserito. Soprattutto quando compare come simbolo dell'innocenza e della vita, dove fa esitare Sasuke nel spingere il bottone; mi sembra inserito un po' a caso, e soprattutto non riesce ad integrarsi con il contesto. Forse potevi riprenderlo in altri punti precedenti, prima di farlo comparire in quella scena con cui ha poco a che fare. Hai ripreso poi questo elemento nella descrizione del paesaggio naturale, ma qui si limita quasi alla citazione, anche se comunque ho apprezzato le distese floreali che danno un che di esotico alla foresta, e questo lascia da pensare che l'equilibrio climatico del pianeta sia andato in subbuglio, visto che stiamo parlando di una distesa boschifera del Canada. E passiamo quindi a foresta. Non ho esitato un attimo a darti punteggio pieno circa la trattazione di questo elemento. La foresta circonda costantemente i naufraghi sul pianeta Terra, è simbolo dell'ultima vita naturale della quale possono godere gli uomini, della speranza e delle loro volontà di rimanere vicini alla loro madre. Rappresenta quindi l'intero pianeta, anche se è stata irrimediabilmente mutata, e, anzi, sopravvive a stenti. Come sopravvivono a stenti i componenti della tribù, Kiba, Naruto e Sakura, in perfetta sintonia e complicità con l'ambiente selvaggio che li circonda. Quella stessa sintonia e complicità che il paesaggio naturale offre di nuovo ai ragazzi provenienti dalla stazione spaziale, in particolare a Sasuke; è proprio attraverso i suoi occhi, infatti, che hai colto l'occasione di inserire magnifiche sequenze descrittive dell'ambiente e delle emozioni (anche nostalgiche) suscitate da esso sul ragazzo, e di conseguenza sul lettore.

Originalità:
10/10

Niente da replicare, la tua storia eccella in fatto di originalità, soprattutto per la complessità della trama che hai costruito, dell'intreccio degli eventi che si susseguono con le vite dei singoli personaggi, dei luoghi estremamente difficoltosi da gestire perché ideati totalmente da te. Hai messo in scena svariati elementi e svariati personaggi (ognuno con il suo corredo di passato), articolandoli in uno scenario a mio parere molto impegnativo da impostare. Verso l'epilogo, tutti i pezzi del puzzle che avevi sparso in modo apparentemente casuale, si ricompongono, e rivelano un disegno ben preciso. Tra le tante cose che mi hanno stupito, mi ha impressionata moltissimo la genialità del piano arguito per incastrare Sasuke, e con lui i ribelli. Per gettarlo nel limbo, in un vicolo cieco. Hai spiegato accuratamente ogni cosa, hai riafferrato ogni filo non lasciandone nessuno in sospeso (ad eccezione della visione della vecchia, che non ho capito bene cosa c'entrasse con il resto e se ritrovasse più avanti una spiegazione), insomma, alla fine “tutto torna”, e la scoperta di quel complotto già progettato da anni dà un filo logico di collegamento a tutto il disordine e alla -apparente- casualità degli eventi creatisi prima. Non è inoltre per niente inverosimile, anzi, direi esattamente il contrario. Tutto si spiega, niente è messo a caso. Si spiega ad esempio in che modo, in che occasione e quando è stato impiantato il microchip nel cervello di Sasuke, e quando Itachi è riuscito a manometterlo. Si rivela la perfezione del piano dell'Uchiha maggiore, il suo complotto interno per distruggere Omega31 in alleanza con Deidara e Sasori.

Un altro particolare estremamente originale è la trasposizione che hai fatto dei cinque paesi ninja, presenti nella storia originale, che tu hai utilizzato per strutturare la città spaziale. Inoltre il ruolo di Sasuke di guardiano ricorda un po' la posizione storica degli Uchiha all'interno del corpo di polizia.
È innovativa e per niente scontata la battaglia e l'organizzazione della Earthless, come i principi portati avanti da essa. Hai introdotto quindi elementi nuovi, nati di getto dalla tua fantasia ma non solo, sei riuscita a presentarli, a giustificarli e a imporli in modo del tutto saldo e verosimile. Non posso infine che ribadirti i miei complimenti.

Caratterizzazione dei personaggi:
10/10

I personaggi messi in scena sono certamente molti, e ognuno con il suo accurato corredo psicologico, anche se, naturalmente, quelli principali vengono trattati meglio di quelli secondari. Nonostante ciò, non sfoci mai nell'OOC con nessuno di questi. È chiaro che alcuni, esempio Sakura, Ino o Kiba, risultino leggermente stereotipati , cioè con un'evoluzione e una psicologia molto simili a quelle del manga, ma questo tipo di scelta si adatta bene al ruolo che svolgono nella storia, ovvero “di contorno” alla vicenda principale che a me pare essere quella di Sasuke.

A proposito di Sasuke, che io chiamerei piuttosto -scusami se mi sbaglio- il protagonista, ho trovato molto interessante la sua “trasformazione” finale. Hai presentato, rischiando molto, un Sasuke risalito dalle tenebre, un Sasuke che ha recuperato la speranza e la serenità dell'infanzia, e vuole ricominciare a camminare nella luce. Ho definito questa soluzione “rischiosa” da intraprendere perché effettivamente per mettere in scena un Sasuke cambiato e finalmente libero dall'oppressione della vendetta (un Sasuke che nella storia di Kishimoto, credo vorremmo vedere tutti), capace nuovamente di sorridere, poteva inevitabilmente essere un rischio. Invece tu mi sembri essere riuscita benissimo in quest'ultima trattazione difficoltosa che ti ponevi di affrontare. Hai mantenuto un IC impeccabile anche in situazioni in cui era difficile farlo, e questo ti ha fatto guadagnare senza problemi il punteggio pieno.

Totale:
36.5/40



Note finali:


Non posso far altro che ringraziare moltissimo Silvar Tales (sul forum Deidaranna93) e LegendaAka, per avermi permesso di scrivere questa storia.

Spero che chi abbia letto sia riuscito a carpire il profondo legame che c'è tra la Narura e L'uomo, non sempre di rispetto reciproco. Ho voluto insistere su questo legame perché è un argomento che mi è molto a cuore.
Dato che ormai sono entrata nel mondo che ho creato io stessa, non escludo che possano esserci spin-off o addirittura un seguito di questa storia, come d'altronde degli approfondimenti su alcuni personaggi che ho (volutamente) lasciato incompleti. Grazie ancora a Chartraux e a tutti quelli che hanno letto e inserito la storia tra le seguite e preferite... Vi voglio bene T.T

Un bacione,


Vivvi.




   
 
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