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Autore: KikiWhiteFly    07/01/2011    9 recensioni
[AkitoSana; Sana centric principalmente]
«Ricordati che... Los Angeles è vicina. Vicina... vicina.»
Mi costrinsi a non piangere, strizzai gli occhi con tutta la forza che possedevo. L'aveva detto in modo incerto, trapelava un po' di insicurezza nella sua voce. Più ripeteva quella supplica sottovoce, tanto più sembrava crederci, così decisi di adottare quel metodo anch'io. E ci ritrovammo a parlare sottovoce, per infinitesimali secondi, forse quella era l'unica parola sensata da dire in quel momento.
«Se lo ripeto, funziona davvero.»
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II.



«Alla fine, albeggia.»










Il tempo scorre lentamente, senza sosta.

Ogni attimo passato a pensare può essere un attimo perso... siamo esseri umani e, di conseguenza, un mucchietto di ossa di vetro che si scalfisce continuamente.

La nostalgia si fa sentire già dopo un mese, sembra che queste lunghe notti di luna piena siano interminabili.

È risaputo: più si ragiona, tanto più è possibile farsi male.









Sospiro affranta, sono le quattro di mattina e non riesco a prender sonno.

Così mi ritrovo a pensare ed un po' ne risento; so bene che non devo darmi troppo tormento, il dottor Iwasaki me l'ha detto e tanto più la mia mammina. Però esistono quelle rare eccezioni in cui guardare il soffitto bianco, quasi immacolato, è necessario... giusto per fare i conti con la mia vita.

Stringo il lenzuolo tra le dita, cerco di non fiatare – altrimenti Rei e mia madre si preoccuperebbero troppo –, poi respiro; alla fine, respirare non mi è sembrato mai necessario come in questo momento.


Sapete cosa avrei voglia di fare in questi casi?


Fare la valigia, prendere un maledetto volo per Los Angeles e precipitarmi da Akito.

Poco dopo, mi rendo conto del fatto che la nostra promessa sarebbe vana in quel caso. Qualche secondo di incertezza, quasi mi alzo senza motivo, poi il peso della coscienza si fa più gravoso e precipito nuovamente sul materasso.

Il cielo, visto da qui, sembra fatto di cartapesta. Così, anche i pensieri paiono essere di una leggera carta velina... basterebbe accartocciare un vecchio foglio e gettarlo via, nel dimenticatoio.

Invece, so essere davvero masochista: compongo, decompongo e ricompongo lo stesso foglio, quasi a volerlo distruggere con tutte le mie forze.

E vivere, rivivere, percorrere in continuazione lo stesso sentiero, gli stessi ricordi, le medesime emozioni... Mi fa male, mi fa ricordare che sono un misero essere umano accartocciato su se stesso dalla nascita alla morte, un minuscolo frammento di un intero universo.

E penso che Akito, alla fine, faccia parte dell'intero universo.






Non riesco a prendere sonno, non più ormai. Il cielo si sta rischiarando pian piano, è uno spettacolo che voglio godermi fino in fondo; è leggero il mormorio del vento, l'accartocciarsi delle foglie, i rumori grandi e piccoli che giungono più e più volte nelle mie orecchie.

Il cellulare vibra, è a qualche centimetro da me. Mi volto stralunata, non mi aspettavo una chiamata alle cinque di mattina. Men che meno da Akito Hayama, famoso per la sua proverbiale pigrizia.

«Perché sei sveglio?»

Domando precipitosamente, impedendogli di darmi il buongiorno.

«Perché non riesci a smettere di pensare a me.»

A quel punto arrossisco, anche se lui non può vederlo il mio volto è di un colore improponibile. Annuisco esterrefatta, a volte penso proprio che Hayama abbia qualche potere di cui non sono a conoscenza: è umanamente impossibile penetrare in modo così reale nella mente di un'altra persona.

«Hayama, ti dai troppa importanza. Semplicemente... non ho molto sonno.»

Cerco di salvarmi in qualche modo, sarebbe imbarazzante ammettere che mi manca da morire, che vorrei che ogni alba lui la vedesse come la vedo io e, allo stesso modo, ogni tramonto. Ogni cosa resta uguale, è il nostro cuore a cambiare... così, egoisticamente, desidero che quello di Hayama resti accanto al mio.

«Mpf...», borbotta quasi divertito.

«Allora... Los Angeles di sera com'è?»

Incalzo il discorso, ben sapendo quanto mi stia trafiggendo in questo momento.

Akito biascica qualcosa che non riesco ad afferrare, mi tormenta in positivo ed in negativo una e soltanto una sola parola.

«Vuota.»

Non sarà una parola di troppa importanza per chiunque altro ma per me ha un grandissimo significato. Ridacchio sottovoce, forse una lacrima mi è appena rotolata dalle ciglia, tuttavia cerco di mantenere un tono fermo.

«E' quasi l'alba.»

Una distesa di colori si presenta davanti i miei occhi, sembra quasi una tavolozza; Akito annuisce seriamente, dopodiché mugugna: «E' quasi notte. Sana...», la voce è leggermente trascinata, strano da parte sua, «... Alla fine, albeggia. Sempre. »

Temo di esser rimasta qualche secondo inebetita; quando cerco di dibattere dall'altro capo del telefono si sente solo un fastidioso segnale.

«Alla fine, albeggia.»

Ripeto a me stessa, spalancando la finestra della mia camera.

Hai ragione Akito... siamo sempre sotto lo stesso cielo.







_________________________









Questo capitolo è molto breve, sì.

Più che altro, è un momento di sconforto di Sana... un'introspezione a cui ho voluto dedicare un capitolo. Volevo spiegare la frase di Akito, per chiarire: dunque, con quell'albeggia, Akito intende dire a Sana che domani sarà un altro giorno, un giorno in meno li separa.

Infatti, per quanto possano essere lontani “sono sempre sotto lo stesso cielo”.

Ringrazio tutti i lettori, in verità non mi aspettavo di ricevere così tante recensioni. Ragion per cui, sono molto felice. <3.

Il capitolo successivo sarà pubblicato la prossima settimana, il tempo di correggere ed organizzare le idee XD.



Kiki-chan.


   
 
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