Quando? Quando sarebbe finita quella inutile
guerra?? Narcissa Black in Malfoy si aggirava per il manor e se lo domandava in
continuazione… gli attacchi e le perdite erano diventate insostenibili, le
fazioni erano sguarnite su entrambi i fronti, ma
Voldemort non demordeva! E nemmeno quello spocchioso di Potter pareva
intenzionato a darsi per vinto… era disposto a tutto pur di vincere, sembrava
che dopo la consapevolezza di essere solo al mondo non
gli importasse un bel niente di infliggere quella stessa atroce punizione anche
al resto delle persone. … Va bene!! Va bene!! Potter non poteva certo definirsi un ragazzo agiato,
viziato e coccolato dai suoi genitori, ma ora stava imponendo il proprio destino ponendo una spada di Damocle su ogni
singolo abitante del mondo magico!! O da una parte o
dall’altra della riga. Non c’erano più sfumature nel suo mondo! O era verde o era rosso. Non esisteva più l’azzuro o il
marrone o il grigio… “O con me o con Voldemort!” ripeteva a tutti. E forse nulla ormai lo distingueva da quell’essere abbietto
che si trascinava facendo la muta proprio come un serpente. Era spietato il
giovane Potter: era quello che con più furore uccideva Deatheater nei
combattimenti e se faceva prgionieri non si faceva scrupoli a torturali a morte. Dopo la morte del vecchio decrepito di
Silente al sesto anno di scuola era cambiato: irrimediabilmente cambiato. In peggio secondo alcuni,
in meglio secondo altri. Voldemort si compiaceva di quanto quel ragazzo ormai
uomo gli assomigliasse ogni giorno di più. Gli sarebbe forse stato simpatico se
non fosse stato per quel piccolo particolare della “morte” che aleggiava fra e
attorno ai due…
Dio…
erano sei anni che non rivedeva suo figlio.
Le
mancava. Le mancava da morire alle volte. Si svegliava di notte con l’ansia che
potesse essergli successo qualcosa e il suo terrore aumentava
ancora di più quando rischiava di svegliare il suo consorte per quelle sue
ansie. Se lui avesse saputo cosa realmente sentiva lei per il suo unico figlio,
probabilmente non avrebbe vissuto a lungo per
raccontarlo.
Forse…
forse anche lei avrebbe dovuto essere sincera con se
stessa. Avrebbe dovuto seguire suo figlio sei anni prima. Non sarebbe dovuta
rimanere indietro ad osservare la schiena di quel bambino fatto uomo
allontanarsi sempre di più da lei. Non aveva più avuto sue notizie. Mai. Era
peggio non sapere dove fosse e come stesse che saperlo
morto o in battaglia. La sospensione tra la vita e la morte è
l’equilibrio più precario e instabile che ci sia e la mente umana è facile allo
sbilanciamento dall’una o dall’altra parte.
Inoltre
un pessimo presentimento aleggiava nell’aria: sapeva che una delle battaglie
più feroci sarebbe stata combattuta di lì a pochi giorni e mai come prima di
allora si era sentita sperduta e sconsolata all’idea della lontananza del suo
primigenito…
Lo
stesso giorno seguente ogni sua congettura aveva preso forma: il Lord aveva detto che avrebbero attaccato la sede di Potter e
l’avrebbero espugnata! Le stime dei mangiamorte e degli auror erano state prese
e i maghi oscuri avevano un vantaggio di 3:1.. una
passeggiata insomma.
Tutto
si era svolto da copione: al calar delle tenebre i mangiamorte erano comparsi
attorno all’edificio che da fuori appariva fatiscente, ma che era la sede
dell’ordine della fenice. La tenebra era stata squarciata dall’innaturale luce
acida del Morsmordre che aveva gettato riflessi grotteschi sulle maschere
d’argento e sui mantelli color pece degli adepti del Lord. Voldemort marciava
in testa ai suoi fedeli distinguendosi da quel mare di nera morte con il suo
mantello rosso vermiglio e la faccia sgombra di
qualunque maschera: era lui la faccia del male, lui l’ultima immagine prima
della morte che li attendeva. Non aveva bisogno di nascondersi, non doveva
nascondersi!!
Uno
ad uno entrarono nel quartier generale da un passaggio
che un infiltrato aveva preparato per loro. Il silenzio era assoluto. Il lieve
fruscio dei mantelli roboava come una carica di rinoceronti. Il cadenzato ritmo
dei tacchi rimbombava in modo indegno. Ogni respiro pareva l’ultimo. Ogni
occhiata
Non
uno, nemmeno uno schifosissimo auror pareva essere in
quell’edificio.
Eppure…
eppure il lord ghignava, guardava davanti a sé sicuro e fiero come sempre e
ghignava… sferzò l’aria con la bacchetta e come per incanto, come un mastro
burattinaio che recide i propri fili dell’illusione della scena, come un
machinista al teatro che scambia la sceneggiatura,
apparvero davanti ai mangiamorte gli esuli auror. Davanti a tutti c’era Potter
e poco dietro di lui i suoi più fedeli e “più duri a morire” amici di scuola.
Dietro figuravano i membri dell’ordine e infine tutti gli auror che erano
disposti a morire per sconfiggere il “male”. Ad un gesto del moro un corpo fu
gettato inmezzo alla sala: la posizione scomposta, il torace immobile… morto.
-La
tua spia Tom…- aveva detto
il-bambino-diventato-uomo-o-quasi-ma-che-non-si-decide-a-crepare!!
Voldemort
non prestò minimamente caso a quel corpo esanime, anzi lo calpestò per
avvicinarsi al giovane che lo sfidava con lo sguardo e poi… poi solo l’inferno.
Incantesimi
saettavano da tutte leparti. Maledizioni senza perdono venivano
scagliate e respinte; rimbalzavano e aggredivano alle spalle qualcuno che non
era nemmeno il bersaglio prefisso. Lampi di luce di ogni
genere illuminavano con effetti psichedelici la stanza che ben presto era la
rappresentazione in terra del caos primordiale. Fumo, polvere, calcinacci e
urla. Sangue, dolore, sofferenza e trionfo. Luce, paura, ombra e coraggio. Morte, fortuna, distruzione e affanno. I caduti creavano una
scomoda base d’appoggio per chi si ostentava a sopravvivere, gli auror
incespicavano, i mangiamorte si intrappavano nei
mantelli alle volte. Maledizioni e incantesimi offensivi spesso erano lanciati
alla cieca e più di una volta colpivano parti amiche anziché nemiche. Chiunque
lì dentro poteva essere la morte che ti guardava in faccia, ostentasse essa una maschera
d’argento o una “A” scarlatta. Non c’era pietà tra quelle mura. In realtà non
c’era spazio per altro sentimento che non fosse cieco
furore o rossa vendetta. Pareva che l’angelo della morte che mieteva vittime
sopra le loro teste, immune ad ogni colpo di
bacchetta, cantilenasse con snervante cinismo il “motto” di quei due capi
fazione… “o con me o con loro…” ripeteva… e sempre più vittime andavano ad
appesantire la barca di Caronte…
Narcissa
Black in Malfoy si districava in quel groviglio di
morte e salvezza alla disperata ricerca di una via di scampo! Cercava di
difendersi e basta, ma già da una spalla sgorgava sangue nobile ad imbrattare il terreno fertile su cui rigoglioso cresceva
l’odio. Manco a dirlo, ma la smaterializzazione non era nemmeno da prendere in considerazione.
Non c’erano vie di scampo. Il cervello lavorava alla velocità della luce per
difendersi dagli attacchi e contemporaneamente trovare uno stramaledeto modo
per salvarsi. Lesta afferrò un calcinaccio e lo strasformò in una passaporta.
Lo strappo all’ombellico non l’aveva mai sentito però. Tutto era diventato buio
poco prima…
Lontano
da tutto quello Ginevra Weasley si era svegliata di
soprassalto!!!
Poteva
sentire nelle orecchie il rumore assordante del proprio cuore che rimbombava
nella gabbia toracia e si divertiva a scombussolarle il respiro corto che
l’aveva assalita. Si era addormentata in studio… dannazione! Non era possibile!! Era
inconcepibile che LEI dovesse lavorare fino a quell’ora!!
Ma chi glielo faceva fare poi? Che
palle… accatastò progetti e schizzi e prese la giacchetta e le chiavi della
macchina. No.. un attimo! Quelle non erano
della macchina! Erano della seconda casa… e quelle della macchina dove cavolo erano finite ‘sta volta?? Perse un sacco di tempo, ma alla
fine riuscì a trovarle.. erano finite nella stanza di
uno degli apprendisti: si ripromise di strozzarlo il giorno seguente! Uscì e chiuse lo studio e si fermò davanti all’ascensore… le
caddero le… braccia. Era fuori servizio?!?!?! Ma porc…
e ora lei, alle 3 del mattino, doveva farsi ben 43 piani a piedi??? Cose da pazzi!! Avrebbe fatto causa alla compagnia
responsabile della manutenzione degli ascensori!!! Non
le passò nemmeno per l’anticamera del cervello che a quel punto avrebbe potuto
fermarsi a dormire nello studio, troppo accecata dall’ira… impiegò una vita a
raggiungere la macchina e sperò ardentemente che non gliene capitasse un’altra
o non avrebbe risposto delle proprie azioni! La macchina, per fortuna, si
accese al primo giro di chiave. Il custode era sveglio e la fece uscire dal
parcheggio sotterraneo e per strada non c’era nemmeno una macchina… sfidoio!! Alle 5
meno un quarto del mattino chi vuoi che ci sia a parte
gli sfigati e i ritardatari?!?!?! Mentre attraversava alcune strade del centro fu costrtta a rallentare per la coda che si snodava
davanti allo Studio 54… no… quella notte non le andava davvero… sarebbe stata
per un’altra volta magari. Tirò dritto sorpassando il locale ed entro breve
arrivò a casa sua: l’attico in centro a Londra.
Il
suo ascensore funzionava, per grazia di dio, ed arrivò all’ultimo piano in poco
più di un minuto, aprì la porta che aveva una modernissima serratura
elettronica, praticamente inespugnabile, e la richiuse
con un colpo deciso del tacco. Lasciò che la cartellina con i disegni si appoggiasse
con “grazia e cura” al pavimento lindo e tirato a lucido e mosse il primo passo
sul tappeto che occupava quasi tutto l’ingresso… un urlo disumano risuonò per
tutto il grattacielo! La “leggiadra e soave” voce della povera stilista era risuonata forse fino alla cintura di Orione perché la poveretta si era appena pianata un volo
carpiato all’indietro con ovvio atterraggio della sua nuca per terra… E NON ERA
STATO PIACEVOLE!! Maledicendo la donna delle pulizie che aveva di nuovo dato la
cera ovunque si rialzò a fatica facendo ben attenzione a non mettere più piede
sul tappeto… troppo ottimista! Il tacco a spillo perse aderenza come fosse stato appoggiato sul ghiaccio e lei si ritrovò di
nuovo col culo per terra.. le imprecazioni si sprecavano… si stava togliendo le
scarpe per camminare a piedi nudi quando un qualcosa di peloso e affettuoso le
si precipitò addosso facendola rovinosamente e definitivamente stendere a
terra!
-Ehi!!
Daiiiii… o miseria benedetta spostati da lì!!! No…
nooooo!! Ehehehehehehe mi fai il solleeheheheheheticoooooo…-
Un
botolino tutto pelo e linguaccia spatolosa continuava
a leccarle la faccia con fare affettuoso suscitando l’ilarità della giovane… il
cucciolo era un cagnolino bastardo che era stata costretta a raccattare perché aveva
per sbaglio investito ed ucciso la madre e aveva potuto salvare solo uno dei
tre piccoli che
Agguantò
la feroce belva e finì di togliersi quelle stramaledette scarpe! Si mise
comoda, con un bel pigiamone largo e cadente… doveva
essere da uomo forse… vabbhè! Prese in braccio il cucciolotto e si avviò nel
dedalo che era casa sua… fece tappa in cucina per mettere qualcosa sotto i
denti, dato che aveva saltato cena, e passò velocemente dal bagno. Il cucciolo
la guardò incuriosito sentendosi dire un “le signore vanno
al bagno senza cavalieri! Fai cuccia lì!” e ovviamente aveva subito iniziato a
raspare la porta per entrare, con sommo disappunto della rossa!! Odiava le porte graffiate!!
Sofratutto perché delle porte nere lasciavano intraverere il legno chiaro che
c’era sotto…
Che palle!
Aprì
la porta e lo lasciò entrare, lui per ringraziamento si mise a giocare con i
pantaloni del suo pigiama tirandoglielo a destra e sinistra come se lo volesse
sbrandellare.
-Cane
smettila!! Me no devasti se
fai così!! Gioca con sto schifo di tappeto che tanto
me l’ha regalato quel finocchio di Gerard e mi fa skifo…-
Oh,
detto fatto!! Il mostriciattolo tutto pelo si era
lanciato in una serie di finte ed agguati ai danni del tappetino rosa shoking.. faceva a dir poco vomitare… appena vide Ginny
allontanarsi si affrettò a starle dietro e non perderla di vista. Aveva uno
strano senso del territorio in effetti…
Finalmente
arrivarono nella stanza da letto, la ragazza prese il
cucciolo e lo buttò giocosamente sul letto per poi saltargli a fianco e farlo
fimbalzare sulle morbide coperte… giocarono ancora pochi minuti e poi rimasero
lì sdraiati, mentre lei gli grattava il panciotto esposto…
Fu
in quel momento di calma che prepotenti ed irritanti tornarono ad infastidirla
le immagini sconnesse che avevano tormentato il suo sonnellino a lavoro. Le
scacciò con forza e poco dopo le tornò in mente il
giorno in cui aveva lasciato La Tana… si girò contrariata prendendo il cucciolo
e stringendoselo addosso mentre scivolava lenta ed inesorabile nel mondo dove
non sei padrone di te stesso…
Non capiva dove potesse essere finita, ma le
pareva di riconoscere quella struttura di acciaio e
vetro. Si rivide come un anno prima: a camminare con
lo sguardo fisso di fronte a se ed entrare in una porta. Non c’erano
particolari.. tutto sembrava fumoso… Una voce ovattata
le chiedeva
–nome
d’arte?- e lei sentiva la sua voce rispondere sicura
–Red.-
Un
grazie a tutti quanti!! La storia si dipana e man mano
si spiega tutto sto gran casino… COMMENTATEEEEEEE!!!!
Un
grazie particolare a
Ginny88
Maharet
Aledra_xan
Romen
Evans
Lilyth
E
Angelroy
Prossimo
capitolo: Red