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Autore: Harry Potter Return    10/01/2011    1 recensioni
Un gruppo di accaniti fan non si è arreso alla parola fine posta da J.K. Rowling e ha deciso di continuare a raccontare le avventure di Harry, Ron ed Hermione. Una serie di racconti che narrano ciò che succede dalla fine della Battaglia di Hogwarts al capitolo "19 anni dopo".
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Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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La partenza di Hermione riscosse tutti dall'immobilismo nel quale erano piombati.
   La signora Weasley fu la prima a tornare verso casa, sorreggendo il marito che ancora risentiva dell'incantesimo pietrificante della figlia. Gli altri membri della famiglia la seguirono pochi secondi dopo, mentre Ron rimase fermo al suo posto, come paralizzato.
   « Perché si comporta così? » chiese a Harry mentre, ancora immobile, rivolgeva il viso verso la staccionata. 
   « Ne ha passate tante, ultimamente... » cercò di giustificarla Harry.
   « Noi, invece, no? » ribatté prontamente Ron.
   « Mio fratello è morto due mesi fa! Lei ha dovuto soltanto andare a riprendere i suoi genitori per vivere di nuovo felice e contenta! »
   « Probabilmente ha vissuto questi ultimi mesi in un modo diverso da noi. Non facciamogliene una colpa » disse Harry dopo qualche istante di esitazione, nonostante ritenesse che l'amico avesse chiaramente ragione,
   A quelle parole, Ron gli rivolse uno sguardo tagliente e, senza proferire parola, s'incamminò dietro ai suoi familiari, alcuni dei quali avevano ormai già raggiunto la Tana.
   All'interno del salotto, Ron si sedette sul divano di fianco a Ginny, lasciando libero il posto al centro su cui pochi minuti prima era seduta Hermione. Nessuno osava proferire parola; solo dopo parecchi minuti si sentì la signora Weasley offrire l'ennesima tazza di the, con voce flebile.
   Ad un certo punto, però, il silenzio glaciale che gravava sulla stanza venne rotto da una voce profonda e tranquilla, che proveniva dall'ingresso principale della Tana.
   « Arthur... Molly... Posso entrare? » 
   Harry si voltò di scatto e vide Kingsley Shacklebolt in piedi sulla porta del salotto, con l'aria di chi ha lasciato la sua scrivania per la prima volta dopo parecchie settimane.
   « Scusate il ritardo, ma siamo pieni di lavoro, al Ministero » riprese lui, accennando con la testa prima ad uno poi all'altro dei presenti, per poi sedersi sul divano tra Ginny e Ron.
   « E' un brutto momént come alla Gringòtt? » chiese subito Fleur.  
   « Molto di più, temo » fu la risposta di Kingsley « In questo periodo dedico anima e corpo ai rapporti internazionali, ma i vari Uffici » e accennò con la testa al signor Weasley « continuano ad interrompermi per ogni minima cosa »
   « Ed è alquanto fastidioso » concluse Percy al posto suo, con la solita aria saccente.
   « Per esempio » continuò Kingsley, accettando un biscotto offertogli prontamente dalla signora Weasley « sono settimane che il buon vecchio Ludo Bagman mi assilla con la questione del Campionato del Mondo di Quidditch. Come se non avessi altro a cui pensare! »
   « Ci sarà la Coppa del Mondo? » chiese immediatamente Ron, come svegliatosi da una momentanea trance. 
Kingsley rivolse gli occhi al cielo per un istante, ma poi rispose.
   « L'Associazione per la Cooperazione Magica Internazionale ha deciso di posticipare il Campionato Mondiale da quest'estate al nuovo anno. Questo per permettere a tutti i Ministeri di riprendersi dalla comune crisi dovuta a Voldemort e a tutto ciò che ha causato. E finora non hanno ancora deciso nulla. Sono settimane che litigano furiosamente! » 
   « Ma sei sicuro che sia una buona idea? Ci stiamo riprendendo da un brutto periodo, forse il più triste della nostra storia, non pensi che la Coppa del Mondo richieda un po’ più di stabilità e organizzazione? » s'intromise immediatamente Bill.
   « E’ proprio quello che stiamo valutando » ribatté subito il Ministro « Non penso che il Ministero sia pronto per impegnarsi seriamente in un progetto così grande. Stavo pensando di mandare un gufo ai Primi Ministri esteri per informarli che non avremmo partecipato... » s’interruppe per un istante, vedendo la faccia sconvolta di Ron, ma aggiunse subito « Nonostante ciò, non saremo noi a ospitare l’evento, quindi il nostro apporto sarebbe minimo »
   « Sono sicura che troverete un'ottima soluzione » s'intromise allora la signora Weasley, porgendogli una tazza di the.
   Mentre sorseggiava la bevanda, Kingsley si osservò velocemente intorno, ponendo infine gli occhi su Ginny, seduta alla sua destra.
   « Santi numi! » esclamò, subito dopo « Ho dimenticato che sono qui per il compleanno di qualcuno! Tanti auguri, cara! »
Ginny lo ringraziò, abbracciandolo, prima di ricevere l'ennesimo regalo di compleanno, che si rivelò essere un tomo nuovo di zecca intitolato "Le Mille Strategie per Vincere una Partita di Quidditch".
   « Non ho mai sentito parlare di questo libro » commentò Ron poco dopo, mentre lo sfogliava insieme alla sorella.
   « Si tratta dell'ultima pubblicazione del vecchio Ludo » sostenne lui « Verrà pubblicato prima dell'inizio dell'anno scolastico, ma io ne ho chiesto una copia in anteprima per un'occasione speciale: i diciassette anni di una ragazzina rossiccia di mia conoscenza » Fece l'occhiolino, che Ginny ricambiò con un ampio sorriso. «  E poi, credimi, ti sarà sicuramente d'aiuto! »
   In quel momento Harry capì che doveva approfittare dell'occasione. Il piano che aveva concordato con Ron poche ore prima non prevedeva una simile mossa, ma le circostanze parevano le migliori per un attacco collettivo che l'amico avrebbe sicuramente tradotto come tentativo di suicidio.
   « Vorrei parlarvi di una cosa che mi sta molto a cuore » iniziò, alzandosi in piedi e guardando direttamente la tazzina da the nelle mani di Kingsley. Poi, con un gesto automatico, fece un cenno a Ron, che lo guardava sbalordito. Poiché, però, l'amico non sembrava intenzionato a prendere la parola, continuò.
   « So che il Ministero sta cercando personale per catturare i fuggiaschi della Battaglia. Per questo Ron ed io abbiamo pensato di presentarci alla selezione del Corso per Auror. Anche noi vogliamo aiutare a catturare i Mangiamorte che sono fuggiti, e penso che non siano in tanti, ormai, ad avere la nostra esperienza per quanto riguarda il combattimento contro le Arti Oscure »
Dopo tali parole, i presenti rimasero momentaneamente incantati, mentre Kingsley sembrò non volerci riflettere nemmeno un secondo.
   « Non se ne parla » disse, guardando prima uno e poi l'altro « Sapete meglio di me quali sono i requisiti per diventare Auror e, anche se vi conosco bene e so di cosa siete capaci, non posso aggirare le regole solo perché sono vostro amico »
   Il suo tono era risoluto, ma i due ragazzi si aspettavano una risposta del genere, e Ron era già pronto per il contrattacco.
   « Non puoi dire che non abbiamo abbastanza esperienza! Ce la siamo cavata meglio di parecchi  Auror attualmente in servizio! »
   « Non essere sciocco, Ron » intervenne prontamente la signora Weasley, avvicinandosi alle poltrone del salotto « Non puoi dire una cosa del genere quando sai benissimo che tua sorella, Hermione e Luna non sono riuscite a fare un graffio a Bellatrix Lestrange combattendo tre contro una! »
   « Lo sappiamo, mamma, che poi sei stata tu ad ucciderla. Non c'è bisogno che ce lo ricordi » intervenne bruscamente Ron.
A quelle parole, le pupille della signorina Weasley si restrinsero come quelle della professoressa McGranitt, e la voce che uscì dalla sua bocca si tramutò ben presto in un urlo molto grave.
   « Credi che io mi sia divertita a ucciderla? » 
  Cadde il silenzio, rotto solamente dal respiro affannato della signora Weasley, mentre Fleur cercava invano di farla riprendere.
   « Non voglio perdere un altro figlio come è già successo! » sbraitò poco dopo la stessa signora Weasley « Non avete le capacità per questo! »
   « Però siamo stati noi a sfuggire ai Mangiamorte per diversi mesi » controbatté Harry, che cercava di rimanere impassibile « Abbiamo preso parte alla sconfitta di Voldemort. Siamo stati decisivi »
   « Harry, tu hai ucciso Voldemort solo perché eri il Prescelto » furono le parole di Bill, pronunciate con tono piatto « Ho visto che nemmeno la McGranitt, Lumacorno e Vitious sono riusciti a tenergli testa. Come avresti potuto farcela da solo? »
   « Essere il Prescelto non mi rendeva invincibile. E Silente lo sapeva meglio di tutti! »
   « Nel Corso per Auror ammettiamo solo i migliori, Harry. Ci sono persone diplomate con ottimi voti che non riescono ad essere ammessi, e il Ministero non può accettarvi, dato che non avete nemmeno terminato gli studi » disse allora Kingsley, cercando di riprendere le redini del discorso grazie al suo tono di voce calmo e profondo.
   « Sai benissimo che siamo più che in grado di farlo » s'intromise, allora, Ron, alzandosi in piedi e affiancandosi a Harry « E, poi, quanti potrebbero essere i maghi che vogliono seguire il vostro Corso? La gente è stanca di rischiare la vita… »
   « Già » commentò, accigliato, il Ministro «Tutti tranne voi, a quanto pare »
   « E' inutile stare qui a rivangare il passato » s'inserì tranquillamente il signor Weasley, che finora era rimasto in silenzio dal basso della sua poltrona « Tu hai bisogno di loro »
   Di fronte a quelle parole, Kingsley parve sconcertato, mentre la signora Weasley non disse più nulla, limitandosi ad osservare la scena con sguardo perforante.
   « Io non posso permettere una cosa del genere... Ci sono delle regole da seguire! »
   « Kingsley ha perfettamente ragione » intervenne allora Percy, con la solita aria risoluta « Il Ministero detta le regole della Comunità Magica da numerosi secoli, ormai, e non credo che si possano modificare se non per cause di gran lunga più importanti di queste »
   « Non dire cavolate! Cosa vuoi che ci sia di più grave della mancanza di Auror in questo momento? Se accadesse qualcosa di serio, saremmo tutti in pericolo! » ribatté Ron.
   « So che Alastor ti aveva già preannunciato questa possibilità » iniziò il signor Weasley, dopo un attimo di silenzio.
   « Dal suo quadro nell'Ufficio del Ministro, sapete » aggiunse subito dopo, di fronte agli sguardi confusi di alcuni presenti « Non potevi credere di riuscire ad evitare l'onda di coloro che hanno perso un anno scolastico per colpa di Voldemort. Soprattutto i ragazzi dell'età di Harry e Ron che hanno combattuto coraggiosamente nella Battaglia dovrebbero almeno avere la possibilità di... »
   « Arthur, ma cosa stai dicendo? » lo interruppe la signora Weasley, lasciando le mani di Fleur e avvicinandosi al marito « Loro non devono... Non possono... Sono solo dei ragazzi! »
   « Hanno tutti i requisiti per diventare Auror » aggiunse solo allora Bill, che sedeva ancora al suo posto « Non solo hanno l'età adatta, ma hanno vissuto e superato eventi di gran lunga più pericolosi di qualunque studente uscito da Hogwarts con il massimo dei voti ai M.A.G.O., me compreso. Credo che nessuna delle persone qui presenti possa dire di avere avuto la loro esperienza del pericolo, quando hanno terminato gli studi »
   « Per questo credo che tutti coloro che hanno combattuto dovrebbero avere questa possibilità » ripeté allora il signor Weasley, rinvigorito dalle parole del figlio maggiore. 
   « Io non posso promettervi niente » disse, quindi, Kingsley, con un tono ancora più basso « Però conosco molto bene il Capo dell'Ufficio degli Auror, dato che l'ho appena nominato » poi alzò lo sguardo su Harry e Ron e continuò « Cercherò di farvi sostenere almeno l'esame di ammissione. Però una volta che avrà accettato, se mai lo farà, dipenderà tutto da voi e dalle vostre capacità. Di più non posso fare » 
   I due ragazzi esultarono di gioia. Ciò che prometteva loro Kingsley non era molto, ma poteva aprire loro la strada per il futuro.
   « Non ci pensate nemmeno » li avvertì allora la signora Weasley, del tutto esasperata « Voi finirete gli studi! »
   « Non credo che tu possa parlare anche per Harry, mamma » le fece notare George, un sorriso ironico sul volto « Non è tuo figlio »
A quelle parole, la signora Weasley sbuffò e batté i piedi a terra. Le parole di George, per quanto vere, sembravano averla notevolmente infastidita, mentre non avevano fatto provare alcuna gioia all'interessato.
   « Per quanto mi riguarda, allora » riprese, quindi, la signora Weasley « Ron varcherà il portone di Hogwarts, il prossimo primo settembre! Che Harry faccia quello che vuole! »
   Detto questo, prese le scale che portavano ai piani superiori e sparì alla vista dei presenti, ma venne subito seguita da Fleur e da Ginny, che per tutto il tempo non aveva aperto bocca.
Probabilmente, pensò Harry, la ragazza non aveva avuto il coraggio di prendere parte al discorso; sicuramente non apprezzava fino in fondo le sue idee, ma un commento a favore della sua situazione le avrebbe causato l'odio della madre, e di certo questo non era l'obiettivo di nessuno dei figli Weasley.


   « Non badate a Molly » riprese subito dopo il signor Weasley « Pensa per prima cosa all'istruzione. Ma io non sono così fiducioso in Hogwarts, soprattutto dopo gli ultimi anni »
   « E comunque avete visto tutti che prendere i M.A.G.O. non è tutto. Io ne sono un esempio » disse allora George, cercando di ripristinare l'atmosfera iniziale della serata.
   « Tu non sei un esempio per nessuno » sbottò Percy per poi continuare, rivolto a Kingsley « Signor Ministro, io non credo che sia una buona idea permettere a ragazzi non dotati di tutte le caratteistiche richieste... »
   « Vattene a casa, Perce » sbottò di rimando George « Tu non saresti niente senza i tuoi M.A.G.O., ma per fortuna non tutti sono così »
   Evidentemente Percy si risentì parecchio per le parole del fratello, perché si sedette al suo posto e non disse più nulla, limitandosi ad osservare Kingsley con espressione contrita.
   « Non credo di avere il potere per fare tutto questo » ricominciò, poi, Kingsley, tenendosi la testa fra le mani
« Permettere l'iscrizione anche a chi non possiede i titoli adeguati è un grande passo »
   « Ma tu non dovrai fare nulla del genere » aggiunse Harry, come se vi fosse una soluzione semplice e ovvia « Basterà rendere questo provvedimento unico e irripetibile, deciso solamente a causa della mancanza di Auror del momento »
   « E in ogni caso saranno le prove a decidere chi è adatto e chi no, senza badare a diplomi o cose varie »
 aggiunse di rimando Ron.
   « Mio fratello ha ragione » commentò Bill « Se istituirete delle prove di ammissione selettive al punto giusto, non avrete problemi su chi potrebbe possedere le qualità per diventare Auror »
   Uno spiraglio di speranza si aprì nel cuore di Harry. L'idea che si era sviluppata nel salotto dei Weasley nel corso di pochi minuti non sembrava poi così negativa.
   « In questo modo si potrà evitare che alcuni studenti ripetano un anno scolastico » concluse il signor Weasley « Mentre il Ministero rattopperà i ruoli vacanti »
   « Anche Malocchio lo ha detto... » sussurrò allora Kingsley « Ha detto che facendo in questo modo il Ministero potrebbe risolvere uno dei suoi maggiori problemi »
   « Occorre muoversi, però » fece notare subito Bill « L'anno scolastico è alle porte, e  coloro che non vorranno fare ritorno a scuola devono essere avvertiti al più presto »
   « Ovviamente » rispose Kingsley, alzandosi in piedi « Mi avete convinto. Convocherò il Gran Consiglio degli Auror il prima possibile »
   « Io cercherò di convincere Molly entro domattina » aggiunse il signor Weasley « Spero di sopravvivere alla sua furia »
   « Sono sicuro che riuscirai nel tuo intento. Nel frattempo, ragazzi » aggiunse Kingsley, rivolto a Harry e Ron « io farò del mio meglio. Ma sappiate che quello che vi verrà richiesto sarà del livello adeguato al Corso per Auror. Dipenderà solamente dalle vostre capacità »
   Detto questo, salutò tutti i presenti e si diresse verso la porta della cucina, scortato a debita distanza da Percy, che lasciò la Tana insieme a lui.
   « Ora tocca a noi » disse il signor Weasley, non appena i due furono spariti nel buio del giardino « Bisognerà combattere »
Detto questo, si avviò a passo spedito verso le scale, ma si fermò poco prima di salire il primo gradino.
   « Non crederai che vada lassù da solo, vero, Ron? » aggiunse subito dopo, osservando il figlio con la coda dell'occhio.
Ron sbuffò rumorosamente e rivolse una veloce occhiata di malcontento ai fratelli e a Harry, per poi seguire il padre fino ai piani superiori.
 
***
 
   Il mattino dopo, a colazione, Harry si accorse che Ginny, nonostante cercasse di coprirsi il viso con i capelli, aveva gli occhi gonfi; probabilmente aveva pianto tutta la notte, mentre lui non era riuscito a dormire pensando al suo futuro.
L’aria che si respirava in cucina pesava come un macigno. Nessuno sembrava avere voglia di parlare. Dopo la partenza di Kingsley, la sera prima, Harry aveva cercato di non ascoltare la discussione che intercorreva tra i signori Weasley nella loro camera da letto, e una volta svegliatosi non aveva trovato il coraggio per chiedere quali conclusioni erano state raggiunte. Ron, d'altro canto, non si era ancora fatto vedere. Sicuramente cercava di rimandare il più possibile l'ennesimo confronto con la madre e tutto ciò che ne sarebbe conseguito. 
   « Oggi è una bella giornata; non si sarebbe detto, dopo il temporale di ieri » buttò lì Harry, intenzionato a rompere il ghiaccio « Credo che farò un giretto qui intorno con la moto. Non ho ancora avuto tempo di provarla dopo che il signor Weasley l’ha messa a posto »
Ginny gli rivolse uno sguardo interrogativo.
   « Che ne diresti di accompagnarmi, Ginny? »
   « Se per la mamma va bene, volentieri » fu la risposta della ragazza.
   La signora Weasley le rispose sovrappensiero con un mugolio di assenso, senza staccare gli occhi dal lavello.
Così, approfittando dello stato della madre, Ginny si alzò e si indirizzò verso il cortile, seguita a ruota da Harry. Ben presto i due raggiunsero il capanno sul retro della casa, dove il signor Weasley accumulava tutti gli apparecchi Babbani che trovava per poterli studiare da vicino.
Ginny lo aiutò a portare fuori la moto che era stata di Sirius. Il signor Weasley aveva fatto proprio un bel lavoro, pensò Harry; sembrava nuova di zecca.
Cercò il tasto di accensione, ma quando lo premette, la moto scomparve alla sua vista.
   « Ma cosa…? »
Harry era sicuro che la moto fosse ancora lì; ne sentiva il peso sulle braccia, ma non riusciva più a vederla.
   « Probabilmente papà l'ha dotata di un qualche aggeggio Disilludente, come per la Ford Anglia di qualche anno fa » disse, allora, Ginny, con tono insolitamente piatto.
Harry voltò lo sguardo su di lei. La ragazza aveva il viso rivolto verso il basso, con un’aria abbastanza depressa.
   « Cos'hai?  » la interrogò Harry « Sei così pensierosa… »
   « Ho riflettuto tutta la notte sulle cose che hai detto ieri sera... E su quali sono i miei sentimenti nei tuoi confronti » cercò di spiegare, lei, alzando solamente allora il suo sguardo « Sai che non ho dubbi su ciò che proviamo l’uno per l’altra,  ma devi capire il terrore che ho di perderti. Ho pensato tanto a Tonks e Lupin, al loro grandissimo amore, che però non ha potuto sconfiggere la morte »
A quelle parole, Harry si sentì quasi infastidito; era stanco di sentirsi ripetere i soliti discorsi a cui lui non avrebbe potuto dare una risposta valida. Nonostante ciò, però, le si avvicinò e la strinse tra le braccia.
   « Cosa posso dire per farti capire che non devi avere di queste paure? A noi non accadrà niente di così terribile.
Ginny si lasciò baciare, mentre Harry la sentì rilassarsi fra le sue braccia; poi, quasi bruscamente, si staccò da lei, rivolgendole un flebile sorriso.
   « Ora, facciamo questo giro di prova? »
Dopo che Harry ebbe premuto nuovamente il pulsante per la Disillusione, salirono tutti e due sulla moto. Harry sentì le braccia della ragazza avvinghiarsi a lui e il suo viso poggiato sulla nuca. Era bello sentirla così vicina.
Dopo aver acceso il motore, però, accelerò quasi senza riflettere. La moto partì di colpo e si diresse molto velocemente verso la porta della cucina della Tana.
   Harry sentiva un rumore alle sue spalle, ma non riusciva a capire cosa lo causasse. Poi, quando furono quasi a metà del tragitto che la portava alla Tana, capì. La moto non decollava. Cercò disperatamente un altro bottone di fianco a quello per la messa in moto, ma la sua mano sinistra premeva solamente sul tasto per la Disillusione. Colto da un'improvvisa agitazione, decise di premerlo nuovamente.
Subito dopo aver udito un sonoro "clac", la moto iniziò a prendere quota, e il suo cuore a diventare più leggero; in men che non si dica, lui e Ginny si trovarono a volare sopra il tetto della Tana.
   Harry guidò la moto in direzione del campetto da Quidditch.
Ci girò attorno per un po’, per poi puntare verso una collinetta che separava la proprietà dei Weasley dai terreni confinanti, diretto al fiumiciattolo che vi scorreva subito dietro.
Mentre voltava il manubrio verso sinistra, però, notò con la coda dell’occhio un movimento ai bordi del campo; ebbe l’impressione che qualcuno fosse nascosto all'ombra degli alberi. Aggrottò la fronte, pensando che, probabilmente, qualche giornalista non si era ancora arreso al fatto che lui non volesse rilasciare loro un’intervista sui fatti accaduti all’inizio dell’estate.
A questo proposito, poi, Harry sperò che l'impianto di Disillusione installato dal signor Weasley rendesse invisibili, oltre la moto, anche i passeggeri; sarebbe stato uno scoop giornalistico se qualcuno li avesse visti “svolazzare” sulle loro teste.
Ad un certo punto, quando ormai stavano volano da una decina di minuti, alla vista di Harry e Ginny si propose un edificio alquanto bizzarro: verde come i prati che la circondavano e alta almeno quindici metri. La nuova abitazione dei Lovegood assomigliava ad una catasta di piselli privi di bacello. Harry, che pure era abituato alla poca simmetria della Tana, si chiese come riusciva a non crollare.
Quando l'ebbero oltrepassata, poi, Ginny fece segno con la mano di voler scendere su un vasto campo verde.
   Harry obbedì, arrischiandosi alla sua prima fase di atterraggio del veicolo, che terminò senza grandi difficoltà.
   « Non mi hai sentito gridare, prima del decollo? » gli chiese la ragazza, che ora presentava una strana acconciatura.
   « Sentivo un rumore soffocato » si giustificò Harry « Non pensavo fossi tu! Hai visto la casa dei Lovegood? E' strabiliante! »
   « A me piace molto! Ha un non-so-che di moderno! » rispose Ginny, facendo apparire dal nulla una coperta e sedendosi sopra « Devo dire, però, che Sirius sapeva il fatto suo! » continuò, cambiando discorso e indicando con la mano un punto preciso sul plaid, vicino a se, dove desiderava si sedesse Harry.
   Harry si accomodò contento di vederla finalmente sorridere. Le sue parole, però, lo fecero riflettere. Si voltò a osservare la moto; come doveva averla amata Sirius. Chissà quante volte l'aveva cavalcata con il suo migliore amico James.
Il pensiero dei due Malandrini che si divertivano vagando nel cielo, però, lo rattristò. Sirius era stato il padre che non aveva conosciuto; purtroppo, però, aveva perso anche lui, troppo presto per dimostrargli quanto gli volesse bene. La sua morte lo aveva sconvolto e aveva pensato che non sarebbe più riuscito a riprendersi.
Sirius si era dedicato a lui con tanta intensità e devozione che gli aveva fatto dimenticare di non avere un padre. Ora anche lui era diventato padrino. Ma cosa aveva fatto fino a quel momento per il suo figlioccio?
Sirius. Padrino.
Un'idea gli si insinuò nella mente.
 
***
 
   Dopo neanche un'ora, Harry si trovò subito oltre la staccionata della Tana, cercando di immaginarsi mentalmente la meta che voleva raggiungere, nonostante i ricordi della sua unica visita fossero molto offuscati.
Subito dopo aver sentito il solito strappo a livello dell'ombelico spalancò gli occhi, sorpreso di ritrovarli al loro posto; l’aria riprese velocemente a pompare nei suoi polmoni. Non si sarebbe mai abituato a quella sgradevole pressione che lo colpiva ogni volta che si Materializzava. 
   A pochi passi da lui si estendeva il piccolo stagno fangoso nel quale era precipitato poco meno di un anno prima con Hagrid mentre fuggivano dai Mangiamorte durante l'operazione dei Sette Potter.
Girò su se stesso cercando di scorgere qualcosa che gli facesse capire di essere giunto a destinazione. Poi la vide. Una piccola casetta dall'aspetto alquanto trasandato si ergeva poco lontano dal punto in cui si trovava.
Piante rampicanti ricoprivano parte della facciata principale, mentre erbacce alte parecchi centimetri la circondavano. Era come se la vita avesse abbandonato quel luogo.
   Harry, mentre si avviava verso la casa, pensò di avere sbagliato a focalizzare la sua destinazione.
Dopo aver percorso velocemente un piccolo vialetto in pietra, poi, salì i due scalini di legno scuro che lo dividevano dall'alta porta d’ingresso.
Giunto sul pianerottolo, si fermò un attimo. Una strana angoscia lo aveva assalito; non sapeva perché avesse voluto recarsi lì da solo, ma era certo che con Ron o Hermione al suo fianco sarebbe stato tutto più semplice.
   Chiuse gli occhi per un istante e, dopo aver trovato il coraggio di cui aveva bisogno, alzò la mano chiusa a pugno per bussare alla porta. Aspettò un paio di secondi e, proprio quando ormai si era rassegnato a tornare alla Tana, si sentì due grandi occhi addosso.
Rimase immobile, mentre Andromeda Tonks lo fissava da dietro la porta di casa; la sua somiglianza con la defunta sorella Bellatrix lo sconvolse esattamente come la prima volta in cui l'aveva vista. Tutto in lei gli ricordava la più fedele serva del Signore Oscuro: i capelli neri e ricci, la pelle pallida e le palpebre più pesanti del solito.
   « Harry » esclamò, stupita, dopo qualche secondo di esitazione « Entra pure! » 
A Harry sembrò che le sue parole fossero mascherate da una finta cortesia, così si limitò ad accennare un sorriso di ringraziamento e oltrepassò la soglia di casa senza dire nulla.
   Riconobbe subito il salotto nel quale, un anno prima, era stato soccorso da Ted Tonks mentre Andromeda aiutava Hagrid a riprendere i sensi. La stanza questa volta era, però, immersa nella più completa oscurità.
La grande finestra che troneggiava sulla parete di fondo era, infatti, coperta da un’impolverata tenda rossa, e l’unica fonte di luce proveniva dalla porta semiaperta che dava sulla cucina.
   Harry avanzò qualche passo, per poi fermarsi all'improvviso; la sua attenzione era stata catturata da una palla di gomma gialla che aveva iniziato a rotolare intorno alla sua caviglia, per poi cambiare lentamente colore e diventare verde.
Un forte fruscio risuonò, poi, nell'aria, e una luce accecante si fece spazio nel salotto, mentre il magico giocattolo si nascondeva, come spaventato, dietro una poltrona. Harry girò lo sguardo, e con la coda dell'occhio notò che Andromeda aveva spalancato la finestra.
Così, grazie alla luce che arrivava dall'esterno, Harry si accorse di un centinaio di fotografie appese ad ogni centimetro delle pareti. Raffiguravano tutte Ted, il marito di Andromeda, e Ninfadora Tonks, sua figlia, entrambi assassinati da pochi mesi, che dall’alto delle loro postazioni sorridevano e salutavano i presenti.
   Harry non poté trattenersi dal sorridere, mentre da una grossa cornice dorata un piccola Tonks trasformava con disinvoltura le proprie orecchie in quelle di un asino, saltellando sulle gambe del padre panciuto. Invece, poco più sotto, in una fotografia nettamente più piccola della prima, una neonata dai capelli viola cercava di strappare una copertina con sopra ricamato “Ninfadora”.
   « Scusa per il disordine! » disse ad un tratto Andromeda, che era rientrata di corsa nella stanza e si stava dirigendo verso la finestra con il chiaro intento di spolverarla « Con tutto quello che è successo nelle ultime settimane, le pulizie non sono state la mia più grande preoccupazione... »
   « Sono solo venuto per vedere come state » buttò lì Harry, nel tentativo di sembrare quanto mai indifferente alla situazione. 
   « Noi stiamo bene! Il dolore è grande, ma c’è il piccolo Teddy. Ci pensa lui a riempire la mia giornata! »
Harry sentì come la necessità di doversi scusare. Era colpa sua se ora Andromeda non aveva più una famiglia. Tonks e Lupin stavano combattendo per lui al momento della loro morte, ed era certo che lo stesse pensando anche Andromeda, ora che se lo trovava di fronte; era questo il messaggio che traspariva attraverso il suo sguardo, dal momento in cui Harry aveva varcato la soglia di casa.
In fondo, era proprio quello il motivo che aveva spinto Harry a farsi viso in casa del suo figlioccio. Teddy era rimasto senza genitori e senza nonno per colpa sua, e non voleva costringere Andromeda a sobbarcarsi tutto il lavoro facendole crescere il piccolo da sola: a differenza di Sirius, Harry sarebbe stato un padrino presente. Lo doveva sia a Teddy che ad Andromeda, ma anche a Tonks e Lupin.
    « Posso…? »
Harry esitò un attimo prima di porre la domanda, ma Andromeda capì immediatamente a cosa si riferiva.
    « Oh, certo. E’ di là in cucina! » disse, abbozzando un sorriso, per poi attraversare nuovamente la stanza e  aprire la porta posta di fronte al salotto. Harry avanzò lentamente, ed entrò subito dopo di lei.
   Un grosso tavolo di legno occupava il centro della cucina; sopra di esso svolazzavano pezze incantate, che con delicatezza lo ripulivano da varie macchie, segni inconfondibili della presenza di un neonato.
A capotavola troneggiava un seggiolone colorato, occupato da un paffuto bambino dai capelli turchini. Le sue manine ondeggiavano in aria, seguendo il movimento degli stracci che svolazzavano ancora per la stanza, che ogni tanto si avvicinavano al lavandino aperto per inumidirsi. Il loro movimento ondulatorio sembrava divertirlo e affascinarlo.
Harry lo fissò per qualche istante. Non sapeva cosa fare, non era abituato ad avere a che fare con un bambino.
   « Non credo siate stati presentati come si deve, voi due! » iniziò ad un tratto Andromeda, che con passo svelto prese in braccio il piccolo e lo portò proprio di fronte a Harry « Lui è Teddy! » 
Alla vista di Harry, che per lui era ovviamente uno sconosciuto, il bambino rimase immobile, aggrappato saldamente alle braccia della nonna. Sembrava che lo stesse analizzando, scrutando ogni angolo del suo volto con espressione leggermente confusa, ma con occhi molto vispi e sicuramente intelligenti.
   Harry ricambiò il suo sguardo, e solo allora uno strano senso di colpa gli crollò addosso. Teddy era troppo piccolo per comprendere la tragedia che gli era capitata, ma un giorno avrebbe voluto avere delle spiegazioni sulla scomparsa dei genitori e Harry temeva che, come aveva continuato a fare lui dal giorno della Battaglia contro Voldemort, lo avrebbe ritenuto responsabile. 
   Preso dai suoi pensieri e intenzionato a non incrociare lo sguardo di Andromeda, poi, Harry alzò gli occhi verso la parete di fronte, e vi notò una cornice a forma di cuore, accanto ad una graziosa credenza di legno. Al suo interno, una panciuta Tonks abbracciava amorevolmente il marito che, con lo sguardo cupo tipico di Remus Lupin, ricambiava l’abbraccio appoggiando la propria mano sulla pancia della moglie visibilmente incinta.
Harry non li aveva mai visti così. Erano la prova concreta che Voldemort, anche se aveva preso possesso del mondo magico, non era riuscito a distruggere i sogni di una coppia che, malgrado i loro problemi, era riuscita a restare unita e a crearsi una famiglia.
Provò un grande sollievo quando, poi, constatò che, anche se Lupin e Tonks non c’erano più, un pezzo di loro sarebbe rimasto per sempre dentro il piccolo Teddy. 
   « Non è venuta molto bene, non sono una brava fotografa, ma è l’unica foto di loro due insieme che mi è   rimasta » riprese Andromeda con voce stranamente piatta, notando che l’attenzione di Harry era rivolta verso quella fotografia.
   « In questa stanza io e Teddy passiamo gran parte della giornata. Mi piacerebbe che si ricordasse così dei suoi genitori... » continuò subito dopo, e Harry notò una vena di tristezza nei suoi occhi, mentre il piccolo Teddy Lupin continuava a fissarlo, succhiandosi il pollice della mano sinistra.
   A Harry venne subito in mente l’album all’interno del quale erano raccolte le fotografie dei suoi genitori che Hagrid gli aveva regalato al termine del suo primo anno a Hogwarts. Grazie a quell’album era riuscito a crearsi un’immagine della sua famiglia e, soprattutto, aveva avuto una prova concreta della sua esistenza. I Dursley non gli avevano mai parlato dei suoi genitori, e quelle poche informazioni che gli avevano fornito si erano rivelate menzogne.
Era proprio questo quello che lo differenziava da Teddy. Lui infatti, al contrario di Harry, aveva accanto una persona che lo amava realmente e che avrebbe reso Tonks e Lupin parte integrante della sua vita.
   Solo un’improvvisa smorfia del bambino lo fece tornare alla normalità. I suoi capelli cambiarono velocemente colore, diventando blu notte, e in men che non si dica urla strazianti ruppero la tranquillità della casa.
   « Deve essere affamato! » si scusò immediatamente Andromeda, la cui voce si sentiva appena al di sopra delle urla del nipote.
Poi, lo adagiò nel seggiolone; Harry notò le grosse lacrime che cadevano prepotentemente dagli occhi del bambino, rigandogli le guance paffute.
   A peggiorare la situazione, un barattolo di biscotti cadde improvvisamente dallo scaffale su cui era appoggiato, rompendosi in mille pezzi. Immediatamente, però, i cocci cominciarono a levitare da terra, ricomponendo l'oggetto che, come se nulla fosse, si andò a riposizionare sulla sua postazione, mentre una scopa, appoggiata ad un angolo della stanza, si animò magicamente raccogliendo le briciole dei biscotti che vi erano contenuti.
   « Bisogna prendere le giuste precauzioni quando si ha in casa un piccolo mago che non sa ancora controllare i propri poteri! » scherzò Andromeda, cercando di far mangiare a Teddy una pappetta incolore che sembrava non essere molto gradita dal bambino.  
   « Lo pensa anche lei, non è vero? » 
Harry non aveva più saputo resistere; le parole gli erano uscite dalla bocca come contro la sua volontà.
Il suo tono era basso, ma non tanto da non farsi udire da Andromeda, che lentamente si voltò verso di lui con sguardo interrogativo.
   « Mi ritiene colpevole di quello che è successo a Tonks e a Lupin, non è vero? » continuò Harry, che ora la guardava negli occhi, ma senza vederla.
Improvvisamente, anche il piccolo Teddy tacque, e ricominciò ad osservare Harry con i suoi occhi vispi, mentre le ciocche dei suoi capelli diventavano di un colore grigio topo.
Andromeda approfittò del silenzio del nipote per avvicinarsi a Harry, con il cucchiaio per la pappa ancora a mezz'aria. Il suo sguardo era più stupito di prima.
   « Cosa ti fa pensare una cosa simile? » chiese, gurdandolo in volto.
   « Sono il primo a crederlo, e voglio che lei sappia che non sono venuto qui per farle cambiare idea! »
Si era finalmente liberato da quel peso che si portava dietro da quando aveva visto Andromeda piangere sui corpi di figlia e genero, due mesi prima; non sapeva cosa lo avesse spinto a farlo, ma ci era riuscito.
Fu allora che gli occhi della donna si riempirono di calde lacrime, manifestando come una sorta di affetto nei confronti di Harry.
   « Non ho bisogno di cambiare idea » disse, con voce tremante.
   Harry trattenne il fiato. 
   « Il colpevole della morte di Ted, di Dora e di Remus e di chissà quante altre persone per me è e sarà sempre Voldemort! » poi si fermò un attimo, come per bloccare le lacrime che ormai erano quasi sul punto di cadere dai suoi occhi, e, dopo aver preso un piccolo sospiro, continuò « Ha pagato per quello che ha fatto ed è questo quello che mi aiuta a continuare la mia vita giorno dopo giorno. E, credimi, so per certo che anche loro lo sanno. Se non fosse stato per te, Voldemort starebbe distruggendo qualche altra famiglia così come ha fatto con la mia, quindi come potrei ritenerti responsabile? »
Su quest’ultima frase Andromeda non poté più trattenersi. Una sola, abbondante e dolorosa lacrima rigò la sua guancia per poi disperdersi sul pavimento.
   Harry la fissò. Sapeva che qualunque cosa avesse detto in quell'istante non avrebbe reso al meglio ciò che in realtà pensava, così restò in silenzio. I suoi occhi verdi rimasero puntati sulla donna, come per farle capire che le era vicino e soprattutto che le era riconoscente per la sua inaspettata fiducia.
Andromeda appoggiò la sua mano sulla spalla di Harry.
   « Ora promettimi che non ti colpevolizzerai più per quello che è successo. Dora teneva molto a te, e non avrebbe voluto sentirti dire quelle parole » disse, poi, staccandosi lentamente da lui.
Harry annuì velocemente, accennando un piccolo sorriso tra le sue labbra.
   In quel momento, il piccolo Teddy, forse perché era riuscito ad evitare la strana pappetta che Andromeda aveva preparato per lui, cominciò a ridere gioiosamente guardando la nonna e Harry, mentre i suoi capelli cambiavano nuovamente colore, tornando ad essere turchini.
   « Le dispiace se tornerò a trovarvi qualche volta? » chiese, poi, Harry, ormai sollevato.
   « Ci farebbe molto piacere, invece! » fu la sua risposta, mentre il bambino alle sue spalle ricominciava a giocare con le pezze per la pulizia del tavolo « Ora perdonami, figliolo, ma devo dare da mangiare a questo piccolo birbante che di fronte ad altre persone si rifiuta categoricamente di aprire la bocca! »
Harry annuì col capo, pensando che il bambino non mangiasse per la natura del suo pasto più che per la sua presenza, ma si avviò verso la porta senza dire altro.
   « A presto! » lo salutò infine Andromeda, in piedi appena oltre l'ingresso della casa, scuotendo il braccio destro di Teddy come se lo stesse salutando.
   A quelle parole, Harry, ormai giunto nel punto in cui si era Materializzato poco prima, si voltò indietro e, di fronte a quella scena, rivolse a entrambi un largo sorriso, per poi provare nuovamente quella sensazione di strappo all'ombelico che lo avrebbe riportato quasi istantaneamente alla Tana.
 
  
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