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Autore: Falling_Thalia    12/01/2011    1 recensioni
Josephine Lacroix ama il suo lavoro più di qualunque cosa. Dedica le sue giornate ai suoi scrittori e ai loro manoscritti. Giovane talento e punta di diamante della Casa Editrice, le viene affidato un progetto di un autore molto influente. Vorrebbe rifiutare ma le condizioni del lavoro glielo impediscono.
Una volta venuta a contatto con il suo nuovo Scrittore si pente amaramente di aver accettato ma, ormai intrappolata in quella enorme villa dai mille segreti, dovrà seguirlo in ogni passo.
Alec Sougrènt e i sui modi di fare metteranno la vita di Josephine in subbuglio, sopratutto nel momento in cui il suo più grande segreto verrà svelato.
Benvenuti a Villa Sougrènt, la Villa del Vampiro.
Genere: Commedia, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano le 19.35, il sole stava calando all’orizzonte e Josephine si trovava puntuale davanti al cancello d’ingresso della villa di Sougrént. Abbassò il finestrino e digitò sul tastierino il codice numerico che Matthew le aveva fornito. Un cigolio sordo e il cancello si aprì. Rimise in moto la sua Peugeot 107 e attraversò il lungo viale che portava all’abitazione.
 La prima cosa che attirò la sua attenzione fu la fitta vegetazione che faceva filtrare pochissima luce.Sulla porta d’ingresso un uomo aspettava pazientemente. Quando Josy gli si avvicinò lui sussultò.
- Oh mi dispiace. Non volevo spaventarla! –
Si scusò prontamente.
- Non si preoccupi Signorina Lacroix. Ero assorto nei miei pensieri. –
Josy lo guardò incuriosita…
- Mi stavate aspettando? –
L’uomo sconosciuto sorrise.
- Certamente. Ah, ma mi permetta di presentarmi! Sono Claude l’autista del Signorino Alec. –
Josephine sorrise tra se e se. 
“Signorino Alec”. Me l’aspettavo.
- Piacere di conoscerla Claude. Io sono Josephine Lacroix…anche se questo già lo sa… -
In quello stesso istante il grande portone di mogano si aprì e ne uscirono due donne: una doveva essere la cameriera visti gli abiti che indossava, l’altra sembrava essere una donna dell’alta società Parigina, tutta ingioiellata. Nel secondo in cui Josy rimase a fissarla non si lasciò sfuggire le sue condizioni fisiche. Era pallida e si reggeva a malapena in piedi.
Qualunque cosa fosse successa non era affare suo. Inarcò un sopracciglio e fece finta di niente.
Claude sollevò prontamente la donna e la fece accomodare nell’elegante Mercedes nera parcheggiata a fianco della sua piccola Peugeot verde.
- Mi dispiace non potermi trattenere oltre Signorina Lacroix. Chloe le mostrerà la sua stanza e il resto della casa mentre il Signorino si prepara a riceverla. –
Così si congedò salendo in macchina e sparendo per il vialetto “ombroso”.
Chloe la giudò all’interno della casa.
- Prego Signorina Lacroix, la sua stanza è da questa parte. –
Josy si irrigidì sulle scale.
- …Veramente io non mi sono presa la briga di preparare un bagaglio…pensavo di tornare a casa per la not-… -
La donna sorrise.
- Potrà discuterne con il Signorino più tardi. Per ora si accomodi nel salone, sarà da lei da un momento all’altro Signorina Lacroix. –
- Josephine. Chiamami solo così. –
- Certamente. –
Sorrise e l’accompagnò nell’enorme salone.
Josy notò subito che le finestre erano coperte da pesanti tende scarlatte e la luce serale penetrava a fatica.
Un divano ad angolo era posizionato al centro della stanza insieme a due poltrone. In un angolo spiccava un pianoforte a coda e nell’altro un camino. Le pareti erano spoglie fatta eccezione per un enorme ritratto “del Signorino” che troneggiava imperterrito sulla stanza.
Josephine ringraziò Chloe e si mise a sedere sul divano.
- Bhe, almeno è comodo. –
Disse pensando ad alta voce.
- É quello che dicono tutte. –
Una voce proveniente dal fondo della stanza le rispose.
Josy si alzò e osservò la figura emergere dal’oscurità.
Era alto. I suoi capelli corvini si confondevano con le pareti, l’unica cosa che risaltava erano i suoi occhi cobalto.
Il suo abbigliamento era semplice ed elegante: camicia bianca e jeans scuri.
Dopo un secondo d’esitazione Josephine si presentò.
- Non ne dubito. Comunque io sono Josephine Lacroix. Sei stato avvisato del mio arrivo no? –
Gli occhi di Alec scintillarono divertiti.
- Certo ma… -
Con aria pensierosa le si avvicinò e le si mise di fronte.
Era davvero alto! Doveva alzare la testa per guardarlo in faccia!
- Ma cosa? –
- Sinceramente mi aspettavo di meglio. –
Josephine incassò il colpo. Sapeva bene di non essere una bellezza ma sentirselo dire così direttamente era davvero brutto!
Sentirselo dire da un Cazzone Egocentrico lo era ancora di più.
- Bhe mi dispiace per te. Questo c’era e questo ti hanno mandato. –
Fece su e giù con la mano per il suo corpo per sottolineare la sua affermazione.
Ma Alec parve ignorarla.
- Sei sicura di essere maggiorenne? Sembri una studentessa delle medie! –
Ora si stava arrabbiando. Essere schernita da uno sconosciuto non era divertente! Ancora meno se era sulla sua altezza che scherzava!
Josy non era mai stata alta, con i tacchi arrivava giusto a un metro e sessantaquattro.
Lo guardò accigliata.
- Scusami se sono bassa… -
Se doveva lavorare insieme a quel tipo doveva almeno cercare di andarci d’accordo.
- Ok “Piccola J” ti perdono. –
…Ok Josy, stai calma…
- Senti…non sono qui per perdere tempo. Ho bisogno delle informazioni di base del tuo lavoro. E dobbiamo discutere della questione della stanza… -
Alec si mise a sedere sul divano e lei lo imitò posizionandosi sulla poltrona.
- Non ti è stata mostrata la tua stanza? –
- Sì però preferirei tornare a casa per la notte. –
- Non se ne parla. Non te ne puoi andare nel bel mezzo dell’orario lavorativo. –
Josephine sgranò gli occhi.
Se non aveva sentito male Alec aveva appena detto che doveva lavorare di notte.
- …Quale sarebbe l’orario? Illuminami…. –
- Dalle 12.30 alle 23.30 –
Lo disse seriamente. Come se fosse una cosa scontata.
- Stai scherzando, vero?! È una cosa assurda! –
- Non riesco a lavorare prima di mezzogiorno. La luce mi disturba parecchio. –
- ….Che diavolo sei? Un Vampiro? –
Uno scintillio attraversò gli occhi cobalto dell’uomo ma Josy non se ne accorse, troppo impegnata a maledire se stessa per aver accettato quell’incarico.
- …Probabile. –
Fu solo un sussurro ma lei lo colse al volo. Sospirò e fece finta di nulla, di nuovo.
- Ok, tanto ormai ho già accettato questo lavoro. E per quanto riguarda la stanza? –
- Non vedo altra scelta. Rimarrai qui. –
Sospirò amaramente.
Quindi le cose stavano così: doveva stargli dietro tutto il giorno.
- Sta sera me ne torno a casa. Non ho preso niente con me. Domani sarò qui per mezzogiorno e mezzo. Sarò puntuale. –
Si alzò dalla poltrona intenta a recuperare il cappotto e la borsa prima di andarsene. Alec la bloccò per un braccio prima che potesse passare oltre e la strattonò facendola cadere esattamente sopra di lui.
Stava quasi morendo dall’imbarazzo quando lui spezzò il silenzio con una fragorosa risata.
- Piccola J vista così mi verrebbe voglia di mangiarti! –
Alec rise di nuovo leccandosi le labbra per enfatizzare la sua affermazione.
Ma Josy non era lì per giocare, e nemmeno per flirtare: era lì per lavorare e basta.
Facendo forza con le gambe rimaste penzoloni oltre il bracciolo del divano si rialzò in piedi sistemandosi la gonna e la camicetta.
- Senti Alec. Io non sono qui per giocare con te. Sei e quando vuoi lavorare seriamente sai dove trovarmi. –
Prese le sue cose che erano cadute e fece per uscire dalla casa.
- No, veramente no. –
Josy si fermò davanti alla porta.
- No, cosa? –
- No, non so dove trovarti. –
- …Chiama in ufficio e fatti dare il mio numero personale. –
Alec la guardò curioso.
- Non puoi darmelo tu? –
Josephine sorrise, compiaciuta.
- Non ci penso nemmeno. –
Aprì la porta e uscì.
Quando salì in macchina si accorse che qualcosa non andava. Non voleva partire.
Ci provò più volte ma niente, era inutile.
Josy cominciò a sbattere la testa contro il volante facendo suonare ripetutamente il clacson.
Dopo due minuti di testate a suon di clacson la porta principale si aprì.
Alec si avvicinò alla macchina e picchiò due colpi al finestrino. Josy se ne accorse e lo abbassò.
- Che diavolo stai combinando? –
- Non parte. Non vuole partire. –
Lui sorrise, compiaciuto.
- Ho il presentimento che questa notte la passerai qui. –
- …Già…lo penso anche io…. –
Scese dalla macchina rassegnata dalla macchina e la chiuse mettendo le chiavi nella borsa.
Alec la fece entrare in casa e la portò nella sua stanza.
Per tutto il tempo aveva mantenuto la stessa espressione: quel ghigno sulle labbra non lo abbandonava mai.
La stanza da letto era notevole: quadri antichi su tutte le pareti scarlatte, il letto a baldacchino era enorme e maestoso, un bellissimo segreter in mogano era posizionato davanti al letto mentre sull’altro lato della stanza c’era una cassettiera enorme, avrebbe potuto metterci dentro tutti i cai del suo armadio!
In poche era davvero splendida.
- …È bellissima… -
- Sono contento che ti piaccia. È la camera delle amanti. –
Josy lo fulminò con lo sguardo. Non era divertente.
Guardò l’ora: aveva perso abbastanza tempo, erano già le dieci.
Non aveva appetito per cui cacciò Alec e si mise comoda. Era maggio e il caldo cominciava a farsi sentire.
Si tolse la gonna e la camicetta e li sistemò sulla cassettiera. Rimase in mutande e canottiera.
Prese la bora e ne tirò fuori un manoscritto: aveva insistito affinché Matthew le facesse terminare almeno il lavoro che aveva iniziato.
Si mise a leggere e le ore passarono. Prima una, poi due…
Era mezzanotte quando si decise ad andare a letto.
Mentre risistemava i fogli si tagliò il palmo della mano.
Corse in bagno e tamponò la ferita con l’asciugamano. Non c’erano cerotti quindi si sciacquò la mano e ci mise sopra una benda: l’unica cosa che era riuscita a raccattare.
Se la legò intorno alla mano e si infilò sotto le coperte leggere attenta a non sporcarle.
 
----------------------------------------------------------------------Alec Pov-----------------------------------------------
Era appena passata la mezzanotte quando Alec sentì l’odore del sangue.
A quell’odore sentì fremere ogni cellula del suo corpo.
Aveva Fame.
Durante “l’incontro” con Marie – Anne non si era saziato per nulla.
Si alzò dalla scrivania e seguì quella piacevole fragranza.
Si rese conto che proveniva dalla stanza di Josephine solo quando ci fu dentro.
L’aria era piacevolmente impregnata del dolce odore del sangue.
Solo annusando l’aria poteva capire che doveva essere davvero delizioso.
Si avvicinò a letto e notò la mano bendata ora mai impregnata di rosso.
Lentamente alzò la mano, tolse la benda e leccò la ferita.
Il corpo di Josy ebbe un fremito inconsapevole.
Ma Alec non si fermò, era affamato.
Cominciò a bere il sangue che sgorgava dalla ferita che si era riaperta a contatto con la sua saliva.
Il sangue di Josephine era squisito. Prelibato.
Ci sarebbe voluta molta forza di volontà per rinunciarvi.  
   
 
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