A
Jump in the past
«
Io ti amo, Eliza», sussurrò Gilbert con voce dolce. Accarezzò i capelli castani
della ragazza, di fronte a lui.
«
Tornerai, vero?», alzò lo sguardo e guardò i due rubini che il tedesco aveva per
occhi. La sua voce era spezzata dalla minaccia dell’imminente allontanamento
del ragazzo che le aveva rapito il cuore.
«
Sai che tornerò, io tornerò sempre per te!», le assicurò il ragazzo.
Bugiardo.
Non era tornato.
Era rimasto a Berlino.
L’aveva lasciata ad
aspettare a Vienna, mentre nevicava.
Con il suo regalo di
Natale, una sciarpa di candida lana bianca, che lei stessa aveva fatto.
L’aveva aspettato, a
lungo, finché non era svenuta. Per fortuna un ragazzo la soccorse, un giovane
distinto, che ricordava di aver incontrato prima, all’accademia.
Roderich Edelstein,
figlio di nobili, uno snob scorbutico e insofferente a chiunque, solo lui si
era presentato quella notte, davanti a lei, l’aveva portata a casa, l’aveva
vegliata tutta la notte, aveva suonato il pianoforte per lei, l’aveva
consolata, aveva asciugato le sue lacrime.
In seguito apprese che
era stato Gilbert a mandare l’austriaco ad incontrarla. L’unica spiegazione che
gli aveva dato era che non riuscì a muoversi da Berlino, che i suoi genitori ed
suo fratello avevano bisogno di lui per Natale.
Se era vero, perché le
aveva promesso che l’avrebbe passato con lei? Perché mentire? Se lui glielo
avesse detto chiaramente, lei avrebbe capito. Non l’avrebbe accusato di
trascurarla. Lei non era quel tipo di ragazza, lei era altruista, lo era sempre
stata.
Dopo quell’episodio
aveva tagliato tutti i contatti con lui.
Non voleva più vederlo
né sentirlo, anche se era difficile visto che ogni santo giorno quell’albino
era in televisione per una delle sue solite bravate infantili.
Più cercava di evitare
di pensare a lui e meno le riusciva.
Lo aveva amato, Dio se
non l’aveva amato! Con tutto il cuore, capiva le differenze sociali tra loro,
eppure non demordeva, da perfetta stupida aveva creduto che il loro amore fosse
in grado di passare sopra a tutto e di unirli per sempre.
Non era stato così. Il
suo cuore era andato in frantumi. Un cuore di cristallo caduto a terra, a causa
del suo poco attento proprietario, Gilbert.
Si era ripresa a
fatica, con l’aiuto di Roderich, con il quale era uscita insieme per qualche
mese.
Erano stato un anno
buio, quello dopo Gilbert, la sua depressione era altalenante, ed il suo umore
sempre imprevedibile. Pianti dirotti e rabbia ceca.
Il suo ultimo anno
delle superiori era stato il peggiore della sua vita.
Dopo, però, era
finalmente arrivato un raggio di sole ad illuminare la sua vita.
Feliciano Vargas.
Italiano, bellissimo,
cortese, galante, adorabile.
L’aveva incontrato
durante il carnevale a Venezia. Era andata nella città degli innamorati per
trascorrere un week-end con la sua migliore amica, si erano fermati in un hotel
su piazzale Roma. Elizaveta aveva amato da subito quella città magica costruita
di sogni e sul mare.
Adorava perdersi per le strette calli per poi
spuntare in piccole piazzette inesplorate dalla normale marmaglia di turisti
americani e cinesi.
Era stato così che
aveva incontrato Feliciano, quando lei si era persa, lui l’aveva trovata. Era
uscito da un grande palazzo, decorato in stile orientale e con accenni di
Liberty.
Indossava un cappello
con una grande piuma, era vestito di un’elegante verde smeraldo, da nobile, con
una maschera argentata in volto che gli lasciva la parte bassa del viso
scoperta.
I loro sguardi si incrociarono e rimasero
incatenati per qualche minuto, inconsapevolmente si erano avvicinati, lui si
era inginocchiato davanti a lei, le aveva preso la mano nella sua ed aveva
fatto il gesto del baciamano.
Elizaveta era
arrossita, e l’italiano aveva sorriso, presentandosi e pregandola di
concedergli una giornata insieme. Senza dubbio era stato il giorno migliore
della sua vita, Feliciano era un vero gentiluomo, e quando quel giorno finì,
lei se ne era già innamorata.
Aveva chiuso il ricordo
del suo amore per Gilbert in uno scrigno e ne aveva gettato via la chiave,
ripromettendosi di non aprirlo mai.
***
Una lieve pioggia
bagnava le strade di Oxford, la pace regnava a quell’ora del giorno, pochissime
persone si azzardavano a mettere il naso fuori al gelo dell’autunno inglese.
Quella città pullulava
di studenti stranieri, alcuni abituati al caldo dei loro paesi natali, altri
che come gli inglese erano abituati al freddo, ma non all’umidità di quella
terra bretone.
Era normale vederli in
giro, verso le nove e le dieci del mattino, sempre di fretta per le lezioni, ma
nessuno si degnava di uscire prima delle nove.
Tuttavia c’era sempre
uno studente, vestito di un lungo cappotto nero, chiaramente costoso, con al
collo una sciarpa colorata e un’espressione di cortese indifferenza.
Al capo portava un
basco nero, in stile francese, qualche capello gli invadeva gli occhi e si
mostrava sempre infreddolito, chiaramente non abituato al clima. Era fuori
sempre alla stessa ora, prima degli altri, per godere della pace mattutina, nel
suo bar preferito, che apriva quasi solo per lui e per la sua silenziosa
presenza.
Prendeva sempre un
cappuccino ed una brioche alla marmellata, chiedeva sempre al suo cameriere,
che ormai conosceva per nome, il suo giornale preferito: “Il Corriere della
Sera”. Quel bar era l’unico di Oxford ad essere abbonato a quel giornale e lo
studente mattutino e silenzioso era l’unico a leggerlo, insieme a pochi altri.
Quella mattina,
tuttavia, non era solo, un altro giovane gli stava di fronte, deciso a sedersi
allo stesso tavolo dello studente. Il ragazzo aveva lineamenti abbronzati,
capelli corvini, l’espressione calda di chi arriva dal sud, ed è abituato a
sorridere al sole ed ad un nuovo giorno sotto i suoi raggi.
« Si può sapere che
diavolo vuoi, Bastardo?», disse la
voce amichevole di Lovino, al giovane davanti a sé che lo guardava, era
infreddolito tanto quanto l’italiano, ma non lo dette a vedere, una volta
varcata la soglia del bar si tolse il giubbotto ed ora se lo trascinava dietro
sotto un braccio.
Senza troppi
complimenti Antonio si sedette al tavolo di Lovino Vargas e gli sorrise.
« Buongiorno, Vargas»,
disse con voce calda lo spagnolo, facendo segno al cameriere di portargli il
menù.
Lovino appoggiò sul
tavolo il suo giornale: « Cosa hai dimenticato qui?», mormorò con voce fredda.
Lo spagnolo si tolse
anche i guanti in pelle eli posò sul tavolo, accavallò le gambe e lanciò uno
sguardo al cameriere, che gli stava portando il menù.
Lovino attese
pazientemente che il suo interlocutore rispondesse.
Non appena Antonio ebbe
tra le mani il menù iniziò: « Hai già pubblicato le foto di Gilbert e
Francis?», chiese con un sorriso sulle labbra.
Lovino lo guardò storto
e girò la testa verso destra, « No, non ancora», gli aveva detto esattamente
ciò che lui voleva sentire, Antonio socchiuse gli occhi, i quegli specchi verdi
aleggiava una luce strana, pericolosa, calcolatrice.
« Hai intenzione di
usarle come ricatto?».
« Non saprei, per il
momento non avete nulla che mi possa interessare», disse Lovino puntando lo
sguardo sullo spagnolo, si leccò le labbra, le aveva screpolate. Non si era
ancora tolto il cappotto nero, ma a quel punto decise di disfarsene, si era
scaldato abbastanza ed inoltre quel cappotto non lo faceva sentire a suo agio.
Il cameriere arrivò con
un piccolo computer portatile apposta per le ordinazioni. Antonio gli chiese un
caffè americano ed una fetta di cheesecake. Lovino non smise mai di guardare i
movimenti dello spagnolo, pensò che assomigliasse molto ad un leone dagli occhi
verdi.
« Sei sicuro? Posso
darti quello che vuoi, basta che tu chieda», propose Antonio con voce pacata,
incrociò le dita e le posò sul ginocchio.
« Qualsiasi cosa?»,
rise Lovino, finalmente lo spagnolo era riuscito a catturare tutta la sua
attenzione, « sentiamo, cosa potrei volere, io?», gli chiese sarcastico, «
possiedo già tutto ciò che desidero, non ho bisogno di altro».
« Tu hai bisogno di
nuove sensazioni, Vargas, devi trovare qualcuno che non ti annoi, qualcuno
all’altezza delle tue aspettative, che sia davvero degno di essere il tuo
giocattolo preferito, perché tutto qui ti annoia, non è vero? Il tempo, le
persone, persino la tua bella Fréd è tediante per te».
Lovino non rispose, si
limitò a guardare gli occhi socchiusi di Antonio, avevano un colore smeraldo,
la stessa pietra incastonata nei suoi gemelli preferiti. Si scoprì ad
accarezzare le maniche della sua giacca gessata inconsapevolmente ed allora
sorrise malizioso.
« E chi sarebbe all’altezza
delle mie richieste?», chiese con voce suadente.
Antonio aveva notato il
movimento delle mani di Lovino e capì di aver colto nel segno, era sempre stato
bravo a capire le persone, ancora una volta se lo dimostrava. Poggiò il gomito
sul tavolo e si sorresse la testa con la mano.
« Ti prometto che mai
ti farà annoiare», gli assicurò Antonio, « ma c’è un prezzo da pagare».
« Essia, Vash ti
porterà le foto questo pomeriggio», decise Lovino, abbassando lo sguardo sulla
sua tazza.
« Ci vediamo domenica
allora», sentenziò Antonio, « ti porterò a volare, sono un pilota provetto, in
caso tu non sappia».
« Granada», disse
Lovino.
« Essia, mio Signore,
la porterò a Granada», fece un inchino e si allontanò con un mezzo sorriso
sulle labbra.
Avrebbe fatto qualsiasi
cosa per Francis e Gilbert, anche se comportava passare del tempo con Lovino
Vargas.
Lovino guardò la figura
dell’iberico allontanarsi, e d’un tratto perse del tutto l’appetito ed il
desiderio di terminare il suo cappuccino.
***
Gilbert si alzò, per
prima cosa andò a controllare che lo
spagnolo fosse in casa, bussò diverse volte alla porta della camera ma nessuno
rispose, allora la spalancò e vide ciò che temeva, il letto era fatto e non
c’era nessuno.
L’iberico se l’era già svignata.
« Stupido Spagnolo»,
sbottò Gilbert paonazzo e con i pugni stretti, « aveva promesso di
accompagnarmi a lezione».
Francis lo guardò
storto: « Doveva pure tenerti per manina per caso?», sottolineò sarcastico il
francese, mentre sorseggiava il proprio caffè con aria apparentemente pacifica.
Gilbert gli lanciò
un’occhiata, il francese era seduto a tavola e stava consumando la sua
colazione, omelette, brioche e un caffè fumante anche il tedesco aveva una
discreta fame, ma preferiva non avvicinarsi a Francis per un po’, era andata
bene finché era rimasto a letto, ma ora che era in piedi, il francese poteva
anche decidere di tirare fuori il suo moschetto, ed il tedesco era sempre stato una frana nelle
sue lezioni di scherma, sarebbe finito infilzato dopo il secondo incrocio di
spade se gli andava bene. Era deciso, avrebbe mangiato solo quando Francis
fosse uscito di casa per le sue lezioni, fino ad allora doveva essere pronto ad
essere schiaffeggiato con un guardo ed ad avere un francese offeso che
pretendeva di combattere per l’orgoglio ferito.
Sciocchezze, si disse
Gilbert ad un certo punto, in fin dei conti, Francis era uno dei suoi migliori
amici, ed una sciocchezza come un bacio nel locale più famoso di Oxford non
avrebbe spezzato la loro amicizia… Giusto?
Gilbert guardò il
francese:
« Si può sapere per
quanto ancora sarai arrabbiato?», domandò esasperato il tedesco, passandosi le
dita tra i capelli bianchi e lisci. Francis incrociò gli occhi con quelli
rubini del tedesco. Per un minuto considerò cosa dire, alla fine decise per:
« Fino a che non mi
regalerai la tua Enzo Ferrari»,
rispose ,come se fosse la richiesta più semplice di questo mondo. Bevve un
sorso dalla sua tazza ed abbassò lo sguardo sull’articolo che stava leggendo.
Gilbert diventò blu
dall’orrore: « Hai idea di quanto costa quella macchina?», disse con la voce
tremante, « gli esemplari sono contati!», fece segno di contare con le mani.
« Non occorre che me lo
dici, lo so benissimo», in quel momento finì il suo articolo e girò la pagina,
c’era la pubblicità dell’ultimo profumo creato dall’azienda del padre, guardò
con interesse la descrizione del prodotto, sorprendendosi di non averne mai
sentito parlare prima d’ora. Avrebbe dovuto essere più presente nella vita
economica della famiglia. Poteva essere una buona idea.
Il tedesco sbatté gli
occhioni, capendo di aver del tutto perso l’attenzione del suo interlocutore
francese.
Non c’era altro da
aggiungere comunque. Si accasciò sul divano, ed accese la televisione, a volume
moderato, e continuò a fare zapping fino a che non trovò un programma che fosse
vagamente interessante. Una giornalista stava intervistando un giovane e
Gilbert capì subito di chi si trattava.
« Guarda, Francis,
parlano di me!», disse fiero, il francese alzò lo sguardo verso la televisione
al plasma e storse il naso, stavano di nuovo facendo il programma preferito di
Gilbert, ovvero la sua biografia, da quando era un lattante ai vent’anni.
Cosa c’era da dire
della vita di Gilbert?
Era figlio di una delle
più celebri e potenti famiglie del paese, suo padre l’anno successivo si
sarebbe proposto come Cancelliere tedesco, la madre era molto attiva nella
Beneficenza, aveva persino creato una sua associazione che faceva concorrenza
al mondialmente noto “Lion’s club”.
Come se non bastasse
suo fratello minore era un genio dell’informatica e della meccanica,
sicuramente sarebbe andato a lui l’impero automobilistico del padre.
Mentre Gilbert… Gilbert
era la pecora nera della famiglia, era il casinista, il figlio che faceva
vergognare il padre, il figlio che finiva in prigione per aver aggredito
chiunque avesse osato guardarlo dall’alto al basso.
Il figlio umanista.
Gilbert amava la
storia, amava i racconti del passato, soprattutto i racconti greci e la storia
prussiana. Gilbert era il figlio passionale, che non aveva nulla a che fare con
la freddezza della professione del padre, Gilbert sarebbe stato un ottimo Re se
solo ne avesse avuto occasione, se solo fosse nato in un secolo diverso e con
una famiglia diversa.
Avrebbe reso grande il
paese che avrebbe governato.
Solo, in un’altra vita.
In questa Gilbert non
era altro che un ragazzo solo, in continua ricerca dell’affetto che i genitori
gli avevano negato quando era un bambino.
Gilbert era un’erede
dei Beilschmidt prima che un figlio.
Ma tutto questo non era
permesso saperlo alle persone all’esterno.
Gli spettatori ed i
media vedevano solo le stelle conquistate dall’albino. Una lunga scia di
attrici e cantanti, varie ereditiere e nient’altro.
Ricco, bello e single,
questo interessava alla massa.
Poter sognare il
partito ideale.
« Esibizionista»,
rispose Francis tornando al suo articolo, Gilbert aveva perso ciò che avrebbe
dovuto essere suo, l’amore. Senza l’amore, un uomo non poteva dirsi completo.
Non bastava avere rovinato l’infanzia ad un
bambino, la famiglia Beilschmidt aveva portato anche portato via l’Amore ad un
adolescente, lasciando, un uomo solo, in preda di sé stesso ed indirizzato
verso valori sbagliati.
Come
vorrei aiutarti amico mio…
« Non sono esibizionista»,
sussurrò Gilbert lusingato, « semplicemente amo che si parli di me!».
Ma
finché eviti i tuoi problemi e ripeti i tuoi errori, non posso.
****
Francis aveva trovato
il coraggio di uscire di casa solo due giorni dopo l’accaduto.
Aveva un esame di
inglese da fare, non aveva scelta, scelse il completo nero di Armani e uscì
dall’appartamento, a passo fiero.
Antonio aveva promesso
di accompagnarlo fino all’Università, in effetti aveva promesso di accompagnare
sia lui che Gilbert, i due avevano qualche problema a restare soli in pubblico,
diventavano paonazzi e il pensiero che la gente si faceva di loro era
inevitabile. Tutto andò in rovina, lo spagnolo traditore se l’era già svignata,
quando il francese si svegliò quella mattina.
Antonio avrebbe dovuto
andare con lo loro, giusto per salvare le apparenze.
In teoria Sesel non
l’aveva visto. Almeno quello.
Era riuscito a farsi
promettere un appuntamento subito dopo l’esame di Inglese, Francis era sicuro
che l’esame non sarebbe stato difficile, visto il professore che insegnava la
materia. Un certo americano con un esagerato patriottismo verso il proprio
paese.
Uscì dall’appartamento,
Gilbert aveva un po’ di febbre, gli aveva lasciato il pranzo pronto, così che
non si sforzasse, nonostante l’accaduto e la loro brutta figura in pubblico,
restavano ottimi amici.
Francis, a dispetto delle apparenze, era una persona
responsabile e si curava dei propri amici. La sua unica pecca, era il troppo attaccamento
al proprio guardaroba e la cura fino all’esasperazione della sua immagine. Lui
doveva essere sempre perfetto. Anche se doveva semplicemente uscire a buttare
la spazzatura, doveva apparire come se andasse ad una sfilata di moda d’alta
classe.
In Francia era uno dei
partiti migliori dello Stato, se non il migliore, le ragazza cadevano a
valanghe davanti ai suoi piedi, che calzavano sempre l’ultimo modello ed il più
elegante di Gucci.
Per lui era prima
apparire, poi essere.
***
Gilbert poltrì sul
divano tutta la mattina, non aveva nessun desiderio di mettere il naso fuori,
stava piovendo e probabilmente faceva un freddo cane e lui non era così
masochista, o almeno non lo era quel giorno.
Guardò la televisione,
lesse qualche libro, che ovviamente non aveva nulla a che fare con il programma
che doveva studiare, una pagina dopo l’altra, nessun pensiero, si lasciò
cullare dalle parole, scritte nella sua lingua madre, il tedesco.
Francis se n’era andato
verso le dieci e mezza, ma non senza avergli fatto una predica sull’accaduto e
sul fatto che non era consigliabile per lui saltare le lezioni. Gilbert non
l’aveva ascoltato.
Sentiva addosso
malinconia e basta, fuori pioveva, e piangeva anche il suo cuore. Era incapace
di amare, l’aveva capito da tempo. Era tutto molto semplice: non era degno di
amare ed essere riamato.
Perché amare poi?
L’amore portava solo dolore e tristezza. Eliza gli aveva spezzato il cuore. Lui
aveva provato a spiegarle mille, no duemila volta che non l’aveva lasciata per
sua volontà, ma lei era irremovibile, ferma sulle sue idee, senza alcun accenno
a cambiare opinione.
Posò il libro che stava
leggendo sul tavolino di vetro, davanti a lui, ascoltò il rumore delle gocce di
pioggia sul tetto, vivevano all’ultimo piano, e la notte, quando pioveva, il
rumore della pioggia li cullava e li conduceva verso un lieto sonno. Ma Gilbert
aveva da tempo smesso di sognare. Tutto ciò che gli era rimasto erano gli
incubi, che ogni notte disturbavano il suo riposo. Ogni notte sognava ciò che aveva
perso, viveva senza Elizaveta, ogni notte sognava la vecchiaia senza di lei, in
solitudine, oppure lei insieme a quell’italiano. Sognava le loro nozze, in cui
lui era solo uno dei tanti invitati, sognava lo sguardo di lei, pieno di
rancore e disprezzo, quegli occhi dolci trasformati in strumenti per ferirlo.
Non voleva dormire, ogni notte cercava di non addormentarsi, ogni notte era
sopraffatto dal sonno e dalla stanchezza, ogni notte i suoi incubi lo
rincorrevano.
Almeno Francis ed
Antonio non lo sapevano, si consolava Gilbert. Non avrebbe sopportato i loro
sguardi.
Arthur aveva promesso
di passare verso le undici, e Gilbert sapeva che l’inglese solitamente era
puntuale. Mancavano circa cinque minuti all’orario, Gilbert decise che era ora
di alzarsi dal divano, preparò un thè nero, Antonio aveva comprato una torta al
cioccolato e quella era senz’altro l’occasione migliore per iniziarla.
Suonarono alla porta
alle undici precise, Gilbert finì di preparare la tavola ed andò ad aprire.
« Good Morning Gilbert!», esclamò Arthur Kirkland con voce gentile. Gilbert lo invitò ad
entrare ed insieme si diressero verso la tavola apparecchiata per una tarda e
leggera colazione.
« Ci hai messo molto a
trovare la casa?», chiese Gilbert all’inglese.
Arthur fece ‘no’ con la
testa e gli sorrise: « ho cercato il palazzo più bello ed ho capito che l’F3
poteva abitare solo che lì», ammise Arthur.
Gilbert rise di gusto,
« siamo così prevedibili?», chiese scortando Arthur alla tavola. Gli offrì il
thè che aveva appena preparato. Arthur si sedette ed attese che il tedesco si
sedette con lui.
« Non sempre», rispose
alla fine, « ciò che tu e Francis avete fatto al River era davvero
imprevedibile ed impulsivo!».
Gilbert si passò una
mano tra i capelli, spettinandoli, « A quest’ora tutta la scuola lo sa, vero?».
Arthur lo guardò
stranito, « Oggi sono stato all’Università ed a dire il vero non ho sentito
nemmeno una parola sull’accaduto».
Gilbert lo guardò come
si guarderebbe un alieno, appena arrivato intento a scendere dalla sua
astronave. Oxford di secondo nome faceva “People” come la famosa rivista
scandalistica inglese, ma se la rivista usciva settimanalmente, Oxford faceva
girare gli scoop sette volte più veloce, se un fatto era accaduto la sera
prima, entro il tramonto del giorno dopo, tutti quanti avrebbero saputo. Proprio per questo
Gilbert era sorpreso della notizia dall’inglese.
« Nessuno sa nulla»,
ripeté Arthur.
« Non capisco, a
quest’ora persino i professori avrebbero dovuto apprendere del mio bacio con
Francis», mormorò Gilbert. Si prese il mento tra l’indice ed il pollice e se lo
massaggiò.
« Sembra quasi che ci
sia lo zampino dei Gemelli del Malaugurio», disse Arthur, « solo loro avrebbero
il potere di arrestare una fuga di notizie di questo calibro».
« I gemelli? Vorrai
dire Lovino Vargas», precisò Gilbert, « a che diavolo gli serve fermare le
chiacchere maligne sull’F3? Al contrario, quello non vede l’ora di buttare
fango su di noi».
« Qualcosa senz’altro
gli sarà interessato a questo punto», Arthur bevve un po’ del suo thè nero, non
aveva il gusto di un thè fatto dalle esperte mani di un inglese, ma era
comunque di gusto piacevole.
« Oggi lei c’era?», chiese Gilbert ad un
tratto.
Arthur lo guardò negli
occhi, lesse il nome di quella lei nella
malinconia degli occhi del giovane tedesco.
« Sì, era alla lezione
di Storia, insieme all’italiano», rispose Arthur calmo, « non sembravano in
buoni rapporti, non si sono toccati per tutta la lezione, ed è strano, di
solito sono piuttosto appiccicosi in qualsiasi situazione».
Quella notizia rincuorò
il tedesco, se il Cielo voleva, l’ungherese era diventata d’un tratto più
intelligente ed aveva deciso di mollare l’italiano. Gilbert doveva solo
sfruttare la situazione, perché lui si muoveva così, come un serpente, un
sinuoso e viscido serpente approfittatore.
***
AUTHORS’ comment:
Eccoci con il quarto capitolo, visto che vi ho fatto
aspettare un botto, ve l’ho fatto più lungo! XD
Vorrei ringraziare le mie adorate che mi commentano
ogni volta, leggere i vostri commenti mi scalda il cuore, davvero! XD
Chibi_: Spero ti sia piaciuto! XD LOL è
arrivato Alfred alla fine, ed è un proffe! XD LOL
Veralya: Sono davvero lieta che ti piaccia! XD
d’ora in poi però si farà più seria! J
Claws: YAY un commento nuovo, LOL! XD I
gemelli italiani sono OOC di proposito, chissà che riesca a scacciare questa
opinione sul fatto che sti italiani di hetalia siano
solo dei pagliacci che escono ogni tanto… XD LOL Per quanto riguarda Feliciano
ed Eliza, nell’anime sono stati a lungo insieme, quindi dopotutto non sono così
OOC. Lovi e la belga invece sono canon,
secondo l’anime ed il manga Lovi
è innamorato di lei! XD Confido di non averti annoiata con questo capitolo,
LOL! XD