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Autore: Joy Wyatt    13/01/2011    4 recensioni
Gilbert, Antonio e Francis, welcome to Oxford, Bad Friends Trio!
Gioco di passioni e potere, soldi, alcool e vita notturna inglese. Oxford sarà il palcoscenico dell'avventura più grande dei tre ragazzi.
Tra due gemelli italiani sadici e meschini, una Elizaveta alla ricerca della passione e del vero amore, un Antonio sognatore ed un Francis ai limiti dello snob, signore e signori:
Welcome to Oxford!
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Jump in the past

« Io ti amo, Eliza», sussurrò Gilbert con voce dolce. Accarezzò i capelli castani della ragazza, di fronte a lui.

« Tornerai, vero?», alzò lo sguardo e guardò i due rubini che il tedesco aveva per occhi. La sua voce era spezzata dalla minaccia dell’imminente allontanamento del ragazzo che le aveva rapito il cuore.

« Sai che tornerò, io tornerò sempre per te!», le assicurò il ragazzo.

 

Bugiardo.

Non era tornato.

Era rimasto a Berlino.

L’aveva lasciata ad aspettare a Vienna, mentre nevicava.

Con il suo regalo di Natale, una sciarpa di candida lana bianca, che lei stessa aveva fatto.

L’aveva aspettato, a lungo, finché non era svenuta. Per fortuna un ragazzo la soccorse, un giovane distinto, che ricordava di aver incontrato prima, all’accademia.

Roderich Edelstein, figlio di nobili, uno snob scorbutico e insofferente a chiunque, solo lui si era presentato quella notte, davanti a lei, l’aveva portata a casa, l’aveva vegliata tutta la notte, aveva suonato il pianoforte per lei, l’aveva consolata, aveva asciugato le sue lacrime.

In seguito apprese che era stato Gilbert a mandare l’austriaco ad incontrarla. L’unica spiegazione che gli aveva dato era che non riuscì a muoversi da Berlino, che i suoi genitori ed suo fratello avevano bisogno di lui per Natale.

Se era vero, perché le aveva promesso che l’avrebbe passato con lei? Perché mentire? Se lui glielo avesse detto chiaramente, lei avrebbe capito. Non l’avrebbe accusato di trascurarla. Lei non era quel tipo di ragazza, lei era altruista, lo era sempre stata.

Dopo quell’episodio aveva tagliato tutti i contatti con lui.

Non voleva più vederlo né sentirlo, anche se era difficile visto che ogni santo giorno quell’albino era in televisione per una delle sue solite bravate infantili.

Più cercava di evitare di pensare a lui e meno le riusciva.

Lo aveva amato, Dio se non l’aveva amato! Con tutto il cuore, capiva le differenze sociali tra loro, eppure non demordeva, da perfetta stupida aveva creduto che il loro amore fosse in grado di passare sopra a tutto e di unirli per sempre.

Non era stato così. Il suo cuore era andato in frantumi. Un cuore di cristallo caduto a terra, a causa del suo poco attento proprietario, Gilbert.

Si era ripresa a fatica, con l’aiuto di Roderich, con il quale era uscita insieme per qualche mese.

Erano stato un anno buio, quello dopo Gilbert, la sua depressione era altalenante, ed il suo umore sempre imprevedibile. Pianti dirotti e rabbia ceca.

Il suo ultimo anno delle superiori era stato il peggiore della sua vita.

Dopo, però, era finalmente arrivato un raggio di sole ad illuminare la sua vita.

Feliciano Vargas.

Italiano, bellissimo, cortese, galante, adorabile.

L’aveva incontrato durante il carnevale a Venezia. Era andata nella città degli innamorati per trascorrere un week-end con la sua migliore amica, si erano fermati in un hotel su piazzale Roma. Elizaveta aveva amato da subito quella città magica costruita di sogni e sul mare.

 Adorava perdersi per le strette calli per poi spuntare in piccole piazzette inesplorate dalla normale marmaglia di turisti americani e cinesi.

Era stato così che aveva incontrato Feliciano, quando lei si era persa, lui l’aveva trovata. Era uscito da un grande palazzo, decorato in stile orientale e con accenni di Liberty.

Indossava un cappello con una grande piuma, era vestito di un’elegante verde smeraldo, da nobile, con una maschera argentata in volto che gli lasciva la parte bassa del viso scoperta.

 I loro sguardi si incrociarono e rimasero incatenati per qualche minuto, inconsapevolmente si erano avvicinati, lui si era inginocchiato davanti a lei, le aveva preso la mano nella sua ed aveva fatto il gesto del baciamano.

Elizaveta era arrossita, e l’italiano aveva sorriso, presentandosi e pregandola di concedergli una giornata insieme. Senza dubbio era stato il giorno migliore della sua vita, Feliciano era un vero gentiluomo, e quando quel giorno finì, lei se ne era già innamorata.

Aveva chiuso il ricordo del suo amore per Gilbert in uno scrigno e ne aveva gettato via la chiave, ripromettendosi di non aprirlo mai.

 

***

 

Una lieve pioggia bagnava le strade di Oxford, la pace regnava a quell’ora del giorno, pochissime persone si azzardavano a mettere il naso fuori al gelo dell’autunno inglese.

Quella città pullulava di studenti stranieri, alcuni abituati al caldo dei loro paesi natali, altri che come gli inglese erano abituati al freddo, ma non all’umidità di quella terra bretone.

Era normale vederli in giro, verso le nove e le dieci del mattino, sempre di fretta per le lezioni, ma nessuno si degnava di uscire prima delle nove.

Tuttavia c’era sempre uno studente, vestito di un lungo cappotto nero, chiaramente costoso, con al collo una sciarpa colorata e un’espressione di cortese indifferenza.

Al capo portava un basco nero, in stile francese, qualche capello gli invadeva gli occhi e si mostrava sempre infreddolito, chiaramente non abituato al clima. Era fuori sempre alla stessa ora, prima degli altri, per godere della pace mattutina, nel suo bar preferito, che apriva quasi solo per lui e per la sua silenziosa presenza.

Prendeva sempre un cappuccino ed una brioche alla marmellata, chiedeva sempre al suo cameriere, che ormai conosceva per nome, il suo giornale preferito: “Il Corriere della Sera”. Quel bar era l’unico di Oxford ad essere abbonato a quel giornale e lo studente mattutino e silenzioso era l’unico a leggerlo, insieme a pochi altri.

Quella mattina, tuttavia, non era solo, un altro giovane gli stava di fronte, deciso a sedersi allo stesso tavolo dello studente. Il ragazzo aveva lineamenti abbronzati, capelli corvini, l’espressione calda di chi arriva dal sud, ed è abituato a sorridere al sole ed ad un nuovo giorno sotto i suoi raggi.

« Si può sapere che diavolo vuoi, Bastardo?», disse la voce amichevole di Lovino, al giovane davanti a sé che lo guardava, era infreddolito tanto quanto l’italiano, ma non lo dette a vedere, una volta varcata la soglia del bar si tolse il giubbotto ed ora se lo trascinava dietro sotto un braccio.

Senza troppi complimenti Antonio si sedette al tavolo di Lovino Vargas e gli sorrise.

« Buongiorno, Vargas», disse con voce calda lo spagnolo, facendo segno al cameriere di portargli il menù.

Lovino appoggiò sul tavolo il suo giornale: « Cosa hai dimenticato qui?», mormorò con voce fredda.

Lo spagnolo si tolse anche i guanti in pelle eli posò sul tavolo, accavallò le gambe e lanciò uno sguardo al cameriere, che gli stava portando il menù.

Lovino attese pazientemente che il suo interlocutore rispondesse.

Non appena Antonio ebbe tra le mani il menù iniziò: « Hai già pubblicato le foto di Gilbert e Francis?», chiese con un sorriso sulle labbra.

Lovino lo guardò storto e girò la testa verso destra, « No, non ancora», gli aveva detto esattamente ciò che lui voleva sentire, Antonio socchiuse gli occhi, i quegli specchi verdi aleggiava una luce strana, pericolosa, calcolatrice.

« Hai intenzione di usarle come ricatto?».

« Non saprei, per il momento non avete nulla che mi possa interessare», disse Lovino puntando lo sguardo sullo spagnolo, si leccò le labbra, le aveva screpolate. Non si era ancora tolto il cappotto nero, ma a quel punto decise di disfarsene, si era scaldato abbastanza ed inoltre quel cappotto non lo faceva sentire a suo agio.

Il cameriere arrivò con un piccolo computer portatile apposta per le ordinazioni. Antonio gli chiese un caffè americano ed una fetta di cheesecake. Lovino non smise mai di guardare i movimenti dello spagnolo, pensò che assomigliasse molto ad un leone dagli occhi verdi.

« Sei sicuro? Posso darti quello che vuoi, basta che tu chieda», propose Antonio con voce pacata, incrociò le dita e le posò sul ginocchio.

« Qualsiasi cosa?», rise Lovino, finalmente lo spagnolo era riuscito a catturare tutta la sua attenzione, « sentiamo, cosa potrei volere, io?», gli chiese sarcastico, « possiedo già tutto ciò che desidero, non ho bisogno di altro».

« Tu hai bisogno di nuove sensazioni, Vargas, devi trovare qualcuno che non ti annoi, qualcuno all’altezza delle tue aspettative, che sia davvero degno di essere il tuo giocattolo preferito, perché tutto qui ti annoia, non è vero? Il tempo, le persone, persino la tua bella Fréd è tediante per te».

Lovino non rispose, si limitò a guardare gli occhi socchiusi di Antonio, avevano un colore smeraldo, la stessa pietra incastonata nei suoi gemelli preferiti. Si scoprì ad accarezzare le maniche della sua giacca gessata inconsapevolmente ed allora sorrise malizioso.

« E chi sarebbe all’altezza delle mie richieste?», chiese con voce suadente.

Antonio aveva notato il movimento delle mani di Lovino e capì di aver colto nel segno, era sempre stato bravo a capire le persone, ancora una volta se lo dimostrava. Poggiò il gomito sul tavolo e si sorresse la testa con la mano.

« Ti prometto che mai ti farà annoiare», gli assicurò Antonio, « ma c’è un prezzo da pagare».

« Essia, Vash ti porterà le foto questo pomeriggio», decise Lovino, abbassando lo sguardo sulla sua tazza.

« Ci vediamo domenica allora», sentenziò Antonio, « ti porterò a volare, sono un pilota provetto, in caso tu non sappia».

« Granada», disse Lovino.

« Essia, mio Signore, la porterò a Granada», fece un inchino e si allontanò con un mezzo sorriso sulle labbra.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per Francis e Gilbert, anche se comportava passare del tempo con Lovino Vargas.

Lovino guardò la figura dell’iberico allontanarsi, e d’un tratto perse del tutto l’appetito ed il desiderio di terminare il suo cappuccino.

 

***

 

Gilbert si alzò, per prima  cosa andò a controllare che lo spagnolo fosse in casa, bussò diverse volte alla porta della camera ma nessuno rispose, allora la spalancò e vide ciò che temeva, il letto era fatto e non c’era nessuno.

 L’iberico se l’era già svignata.

« Stupido Spagnolo», sbottò Gilbert paonazzo e con i pugni stretti, « aveva promesso di accompagnarmi a lezione».

Francis lo guardò storto: « Doveva pure tenerti per manina per caso?», sottolineò sarcastico il francese, mentre sorseggiava il proprio caffè con aria apparentemente pacifica.

Gilbert gli lanciò un’occhiata, il francese era seduto a tavola e stava consumando la sua colazione, omelette, brioche e un caffè fumante anche il tedesco aveva una discreta fame, ma preferiva non avvicinarsi a Francis per un po’, era andata bene finché era rimasto a letto, ma ora che era in piedi, il francese poteva anche decidere di tirare fuori il suo moschetto, ed  il tedesco era sempre stato una frana nelle sue lezioni di scherma, sarebbe finito infilzato dopo il secondo incrocio di spade se gli andava bene. Era deciso, avrebbe mangiato solo quando Francis fosse uscito di casa per le sue lezioni, fino ad allora doveva essere pronto ad essere schiaffeggiato con un guardo ed ad avere un francese offeso che pretendeva di combattere per l’orgoglio ferito.

Sciocchezze, si disse Gilbert ad un certo punto, in fin dei conti, Francis era uno dei suoi migliori amici, ed una sciocchezza come un bacio nel locale più famoso di Oxford non avrebbe spezzato la loro amicizia… Giusto?

Gilbert guardò il francese:

« Si può sapere per quanto ancora sarai arrabbiato?», domandò esasperato il tedesco, passandosi le dita tra i capelli bianchi e lisci. Francis incrociò gli occhi con quelli rubini del tedesco. Per un minuto considerò cosa dire, alla fine decise per:

« Fino a che non mi regalerai la tua Enzo Ferrari», rispose ,come se fosse la richiesta più semplice di questo mondo. Bevve un sorso dalla sua tazza ed abbassò lo sguardo sull’articolo che stava leggendo.

Gilbert diventò blu dall’orrore: « Hai idea di quanto costa quella macchina?», disse con la voce tremante, « gli esemplari sono contati!», fece segno di contare con le mani.

« Non occorre che me lo dici, lo so benissimo», in quel momento finì il suo articolo e girò la pagina, c’era la pubblicità dell’ultimo profumo creato dall’azienda del padre, guardò con interesse la descrizione del prodotto, sorprendendosi di non averne mai sentito parlare prima d’ora. Avrebbe dovuto essere più presente nella vita economica della famiglia. Poteva essere una buona idea.

 

Il tedesco sbatté gli occhioni, capendo di aver del tutto perso l’attenzione del suo interlocutore francese.

Non c’era altro da aggiungere comunque. Si accasciò sul divano, ed accese la televisione, a volume moderato, e continuò a fare zapping fino a che non trovò un programma che fosse vagamente interessante. Una giornalista stava intervistando un giovane e Gilbert capì subito di chi si trattava.

« Guarda, Francis, parlano di me!», disse fiero, il francese alzò lo sguardo verso la televisione al plasma e storse il naso, stavano di nuovo facendo il programma preferito di Gilbert, ovvero la sua biografia, da quando era un lattante ai vent’anni.

Cosa c’era da dire della vita di Gilbert?

Era figlio di una delle più celebri e potenti famiglie del paese, suo padre l’anno successivo si sarebbe proposto come Cancelliere tedesco, la madre era molto attiva nella Beneficenza, aveva persino creato una sua associazione che faceva concorrenza al mondialmente noto “Lion’s club”.

Come se non bastasse suo fratello minore era un genio dell’informatica e della meccanica, sicuramente sarebbe andato a lui l’impero automobilistico del padre.

Mentre Gilbert… Gilbert era la pecora nera della famiglia, era il casinista, il figlio che faceva vergognare il padre, il figlio che finiva in prigione per aver aggredito chiunque avesse osato guardarlo dall’alto al basso.

Il figlio umanista.

Gilbert amava la storia, amava i racconti del passato, soprattutto i racconti greci e la storia prussiana. Gilbert era il figlio passionale, che non aveva nulla a che fare con la freddezza della professione del padre, Gilbert sarebbe stato un ottimo Re se solo ne avesse avuto occasione, se solo fosse nato in un secolo diverso e con una famiglia diversa.

Avrebbe reso grande il paese che avrebbe governato.

Solo, in un’altra vita.

In questa Gilbert non era altro che un ragazzo solo, in continua ricerca dell’affetto che i genitori gli avevano negato quando era un bambino.

Gilbert era un’erede dei Beilschmidt prima che un figlio.

Ma tutto questo non era permesso saperlo alle persone all’esterno.

Gli spettatori ed i media vedevano solo le stelle conquistate dall’albino. Una lunga scia di attrici e cantanti, varie ereditiere e nient’altro.

Ricco, bello e single, questo interessava alla massa.

Poter sognare il partito ideale.

« Esibizionista», rispose Francis tornando al suo articolo, Gilbert aveva perso ciò che avrebbe dovuto essere suo, l’amore. Senza l’amore, un uomo non poteva dirsi completo.

Non  bastava avere rovinato l’infanzia ad un bambino, la famiglia Beilschmidt aveva portato anche portato via l’Amore ad un adolescente, lasciando, un uomo solo, in preda di sé stesso ed indirizzato verso valori sbagliati.

Come vorrei aiutarti amico mio…

« Non sono esibizionista», sussurrò Gilbert lusingato, « semplicemente amo che si parli di me!».

Ma finché eviti i tuoi problemi e ripeti i tuoi errori, non posso.

 

****

 

Francis aveva trovato il coraggio di uscire di casa solo due giorni dopo l’accaduto.

Aveva un esame di inglese da fare, non aveva scelta, scelse il completo nero di Armani e uscì dall’appartamento, a passo fiero.

Antonio aveva promesso di accompagnarlo fino all’Università, in effetti aveva promesso di accompagnare sia lui che Gilbert, i due avevano qualche problema a restare soli in pubblico, diventavano paonazzi e il pensiero che la gente si faceva di loro era inevitabile. Tutto andò in rovina, lo spagnolo traditore se l’era già svignata, quando il francese si svegliò quella mattina.

Antonio avrebbe dovuto andare con lo loro, giusto per salvare le apparenze.

In teoria Sesel non l’aveva visto. Almeno quello.

Era riuscito a farsi promettere un appuntamento subito dopo l’esame di Inglese, Francis era sicuro che l’esame non sarebbe stato difficile, visto il professore che insegnava la materia. Un certo americano con un esagerato patriottismo verso il proprio paese.

Uscì dall’appartamento, Gilbert aveva un po’ di febbre, gli aveva lasciato il pranzo pronto, così che non si sforzasse, nonostante l’accaduto e la loro brutta figura in pubblico, restavano ottimi amici.

Francis,  a dispetto delle apparenze, era una persona responsabile e si curava dei propri amici. La sua unica pecca, era il troppo attaccamento al proprio guardaroba e la cura fino all’esasperazione della sua immagine. Lui doveva essere sempre perfetto. Anche se doveva semplicemente uscire a buttare la spazzatura, doveva apparire come se andasse ad una sfilata di moda d’alta classe.

In Francia era uno dei partiti migliori dello Stato, se non il migliore, le ragazza cadevano a valanghe davanti ai suoi piedi, che calzavano sempre l’ultimo modello ed il più elegante di Gucci.

Per lui era prima apparire, poi essere.

 

***

 

Gilbert poltrì sul divano tutta la mattina, non aveva nessun desiderio di mettere il naso fuori, stava piovendo e probabilmente faceva un freddo cane e lui non era così masochista, o almeno non lo era quel giorno.

Guardò la televisione, lesse qualche libro, che ovviamente non aveva nulla a che fare con il programma che doveva studiare, una pagina dopo l’altra, nessun pensiero, si lasciò cullare dalle parole, scritte nella sua lingua madre, il tedesco.

Francis se n’era andato verso le dieci e mezza, ma non senza avergli fatto una predica sull’accaduto e sul fatto che non era consigliabile per lui saltare le lezioni. Gilbert non l’aveva ascoltato.

Sentiva addosso malinconia e basta, fuori pioveva, e piangeva anche il suo cuore. Era incapace di amare, l’aveva capito da tempo. Era tutto molto semplice: non era degno di amare ed essere riamato. 

Perché amare poi? L’amore portava solo dolore e tristezza. Eliza gli aveva spezzato il cuore. Lui aveva provato a spiegarle mille, no duemila volta che non l’aveva lasciata per sua volontà, ma lei era irremovibile, ferma sulle sue idee, senza alcun accenno a cambiare opinione.

Posò il libro che stava leggendo sul tavolino di vetro, davanti a lui, ascoltò il rumore delle gocce di pioggia sul tetto, vivevano all’ultimo piano, e la notte, quando pioveva, il rumore della pioggia li cullava e li conduceva verso un lieto sonno. Ma Gilbert aveva da tempo smesso di sognare. Tutto ciò che gli era rimasto erano gli incubi, che ogni notte disturbavano il suo riposo. Ogni notte sognava ciò che aveva perso, viveva senza Elizaveta, ogni notte sognava la vecchiaia senza di lei, in solitudine, oppure lei insieme a quell’italiano. Sognava le loro nozze, in cui lui era solo uno dei tanti invitati, sognava lo sguardo di lei, pieno di rancore e disprezzo, quegli occhi dolci trasformati in strumenti per ferirlo. Non voleva dormire, ogni notte cercava di non addormentarsi, ogni notte era sopraffatto dal sonno e dalla stanchezza, ogni notte i suoi incubi lo rincorrevano.

Almeno Francis ed Antonio non lo sapevano, si consolava Gilbert. Non avrebbe sopportato i loro sguardi.

Arthur aveva promesso di passare verso le undici, e Gilbert sapeva che l’inglese solitamente era puntuale. Mancavano circa cinque minuti all’orario, Gilbert decise che era ora di alzarsi dal divano, preparò un thè nero, Antonio aveva comprato una torta al cioccolato e quella era senz’altro l’occasione migliore per iniziarla.

Suonarono alla porta alle undici precise, Gilbert finì di preparare la tavola ed andò ad aprire.

« Good Morning Gilbert!», esclamò Arthur Kirkland con voce gentile.  Gilbert lo invitò ad entrare ed insieme si diressero verso la tavola apparecchiata per una tarda e leggera colazione.

« Ci hai messo molto a trovare la casa?», chiese Gilbert all’inglese.

Arthur fece ‘no’ con la testa e gli sorrise: « ho cercato il palazzo più bello ed ho capito che l’F3 poteva abitare solo che lì», ammise Arthur.

Gilbert rise di gusto, « siamo così prevedibili?», chiese scortando Arthur alla tavola. Gli offrì il thè che aveva appena preparato. Arthur si sedette ed attese che il tedesco si sedette con lui.

« Non sempre», rispose alla fine, « ciò che tu e Francis avete fatto al River era davvero imprevedibile ed impulsivo!».

Gilbert si passò una mano tra i capelli, spettinandoli, « A quest’ora tutta la scuola lo sa, vero?».

Arthur lo guardò stranito, « Oggi sono stato all’Università ed a dire il vero non ho sentito nemmeno una parola sull’accaduto».

Gilbert lo guardò come si guarderebbe un alieno, appena arrivato intento a scendere dalla sua astronave. Oxford di secondo nome faceva “People” come la famosa rivista scandalistica inglese, ma se la rivista usciva settimanalmente, Oxford faceva girare gli scoop sette volte più veloce, se un fatto era accaduto la sera prima, entro il tramonto del giorno dopo, tutti quanti avrebbero saputo.  Proprio per      questo Gilbert era sorpreso della notizia dall’inglese.

« Nessuno sa nulla», ripeté Arthur.

« Non capisco, a quest’ora persino i professori avrebbero dovuto apprendere del mio bacio con Francis», mormorò Gilbert. Si prese il mento tra l’indice ed il pollice e se lo massaggiò.

« Sembra quasi che ci sia lo zampino dei Gemelli del Malaugurio», disse Arthur, « solo loro avrebbero il potere di arrestare una fuga di notizie di questo calibro».

« I gemelli? Vorrai dire Lovino Vargas», precisò Gilbert, « a che diavolo gli serve fermare le chiacchere maligne sull’F3? Al contrario, quello non vede l’ora di buttare fango su di noi».

« Qualcosa senz’altro gli sarà interessato a questo punto», Arthur bevve un po’ del suo thè nero, non aveva il gusto di un thè fatto dalle esperte mani di un inglese, ma era comunque di gusto piacevole.

« Oggi lei c’era?», chiese Gilbert ad un tratto.

Arthur lo guardò negli occhi, lesse il nome di quella lei nella malinconia degli occhi del giovane tedesco.

« Sì, era alla lezione di Storia, insieme all’italiano», rispose Arthur calmo, « non sembravano in buoni rapporti, non si sono toccati per tutta la lezione, ed è strano, di solito sono piuttosto appiccicosi in qualsiasi situazione».

Quella notizia rincuorò il tedesco, se il Cielo voleva, l’ungherese era diventata d’un tratto più intelligente ed aveva deciso di mollare l’italiano. Gilbert doveva solo sfruttare la situazione, perché lui si muoveva così, come un serpente, un sinuoso e viscido serpente approfittatore.

 

***

AUTHORS’ comment:

Eccoci con il quarto capitolo, visto che vi ho fatto aspettare un botto, ve l’ho fatto più lungo! XD

Vorrei ringraziare le mie adorate che mi commentano ogni volta, leggere i vostri commenti mi scalda il cuore, davvero! XD

Chibi_: Spero ti sia piaciuto! XD LOL è arrivato Alfred alla fine, ed è un proffe! XD LOL

Veralya: Sono davvero lieta che ti piaccia! XD d’ora in poi però si farà più seria! J

Claws: YAY un commento nuovo, LOL! XD I gemelli italiani sono OOC di proposito, chissà che riesca a scacciare questa opinione sul fatto che sti italiani di hetalia siano solo dei pagliacci che escono ogni tanto… XD LOL Per quanto riguarda Feliciano ed Eliza, nell’anime sono stati a lungo insieme, quindi dopotutto non sono così OOC. Lovi e la belga invece sono canon, secondo l’anime ed il manga Lovi è innamorato di lei! XD Confido di non averti annoiata con questo capitolo, LOL! XD

  
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