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Autore: Many8    13/01/2011    7 recensioni
Bella afflitta da un trauma che ha segnato il suo presente e il suo passato,cercherà di dimenticare quest'ultimo, ma si sa dimenticare è difficile se quasi impossibile; un Edward umano, conoscerà la nostra protagonista e... Riuscirà il nostro invincibile supereroe a cambiare almeno il futuro della nostra piccola e dolce Bella? AH- OOC- raiting ARANCIONE.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Ringrazio coloro che hanno recensito, coloro che mi hanno mandato messaggi privati e alle ragazze del gruppo, grazie a tutti. Non di meno i lettori silenziosi, grazie anche a voi per la semplice lettura.

Ogni vostro dubbio si sceglierà, ve lo prometto. Ma non per questo voglio affrettare le cose, voglio gustarmi ogni attimo di questa FF, con voi. Il prossimo capitolo molto probabilmente sarà ancora POV Bella, ma non tarderà ada arrivare il punto di vista di Edward.

Mi scuso per eventuali ritardi ,e per questo, mi sto impegnando moltissimo per scrivere, e trovare del tempo per fare ciò è diventata una battaglia contro mia madre, la scuola e gli impegni... Esigo da voi un pò di pazienza, devo ritrovare un equilibrio, e spero al più presto.

Buon ascolto: 
Coldplay - The Scientist E buona lettura.

Ci incamminammo per imbarcarci, arrivati, una donna dai capelli rossicci, imponente ed occhialuta, con la sua voce roca, ci disse che dovevamo togliere di dosso tutti gli oggetti di metallo, per poi passare tra i metal detector.
Così facemmo, prima io, poi Jacob, mentre toglievo un bracciale, sbirciai l'entrata dell'aeroporto, non distante da dove mi trovavo, con la speranza di vedere ancora i miei genitori, ma fui delusa, erano andati via.
Successivamente, prendemmo posto nell'aereo, ormai, completamente, occupato. C'erano persone che parlavano, altre che muovevano freneticamente i piedi, ansiose di decollare, ed ancora altre intente a guardare un punto davanti a loro, erano fermi immobili come statue di ghiaccio.
"I nostri sono il 165 e 166", mi disse Jacob, all'orecchio, camminava dietro di me, nei stretti corridoi tra un sedile ed un altro.
"Sì", sussurrai, controllando i numeri di ogni poltrona."Ecco", dissi indicando due sedili a qualche metro da noi, gli unici liberi. Presi posto su quello a destra, vicino all'oblò, non sarei riuscita a dormire durante il viaggio, tanto valeva guardare fuori per distrarmi.
Delle hostess, sorridenti si avvicinarono ad ogni sedile sussurrando di allacciare le cinture di sicurezza e spegnere i cellulari, l'aereo si sarebbe innalzalto in aria in pochi minuti.
"Cosa ti ha fatto cambiare idea?", mi chiese Jake, improvvisamente.
Mi girai verso di lui, guardando nei suoi occhi scuri, presi un respiro profondo e decisi di mentire.
"Mi sentivo di seguirti, voglio un nuovo inizio, voglio ricominciare tutto d'accapo, fin in fondo, finché è possibile, e voglio farlo con te."
Mi sorrise, accarezzandomi una guancia dolcemente.
Chiusi gli occhi a quel tocco, respirando profondamente.
"Sei bellissima", mi disse.
Dischiusi gli occhi, e sorrisi.
"Mi piace tanto quando sorridi, i tuoi lineamenti si addolciscono rendendoti ancora più bella," continuò, sussurrando.
"Grazie, Jake".
Il carattere di Jacob, aveva tante sfaccettature, era dolce, romatico, protettivo, certe volte ed altre invece in cui diventava un uomo maschilista, autoritario, potente, in poche parole stupido.
Quando era dolce, sembrava una delle persone più amorevoli al mondo, amavo quel lato di lui, amavo le sue frasi romantiche, riuscivano a farmi sentire unica, speciale. D'altronde "amavo" tutti gli uomini in grado di far sentire una donna come tale, irripetibile. Il rapporto tra uomo e donna dovrebbe comprendere anche i complimenti, nei momenti e posti più appropriati, anche dopo il matrimonio, anche da anziani con le rughe e tutto il resto. Ed anche una donna deve fare lo stesso con gli uomini, più misurato, ma deve farlo, misurato per il semplice motivo che gli uomini si montano come la panna, troppo facilmente.
Sentimmo dei rumori, e l'aereo partì, correvamo sulla pista prima di innalzarci tra le nuvole. Tutti i passeggeri si mantenevano stretti ai propri sedili, sentivano essere risucchiati quando l'aereo decollò.
"Ti serve qualcosa?" mi chiese Jake, quando le hostess ci permisero di alzarci, andava al bar.
"No, grazie, sto bene così!"
"Io torno subito", disse.
Annuì, lasciandomi andare pesantemente e floscia contro lo schienale del sedile.
Jacob camminava guardando dritto davanti a sé, indossava dei Jeans larghi, con una semplice maglietta sopra, con le maniche risvoltate fino al gomito. Stava andando al bar, e la mia mente non fu in grado di non pensare a ciò che avrebbe assaggiato lì.
Ma aveva smesso, o così mi aveva detto, aveva smesso di bere qualunque cosa che contenesse alcol, me ne aveva parlato con ammirazione verso se stesso, con fierezza.
Si può dimenticare che il tuo compagno (non ancora in quel momento, le cose dovevano essere ancora messe in chiaro), era un alcolista? Dimenticare no, andare avanti e lasciarselo alle spalle, sì.
Come mi aveva insegnato una "persona".
Era incredibile a quante volte la mia testa ritornasse a pensare a lui, continuasse a vedere sempre la stessa immagine, nella realtà c'erano dei passeggeri, un ragazzo davanti a me che dormiva russando sonoramente, e accanto un'anzina signora che mangiava noccioline, ma non vedevo quello, ma due ragazzi uno rossiccio, l'altra bionda, troppo vicini, le loro bocche di toccavano quasi, il cuore per l'ennesima volta mi sembrò di spezzarsi, la voragine al petto ingrandirsi, e l'annidarsi di lacrime agli occhi fu inevitabile, dovevo smetterla di essere masochista.
Tornò dopo poco, sorridendo mentre prendeva posto, quando si fu sistemato, con tono di disinteresse gli chiesi cosa avesse preso al bar.
"Ho preso una coca, capisco la tua apprensione, Bella, ma davvero, ho smesso".
Disse, non si era offeso, fortunatamente, mi aveva parlato serenamente, come se fosse la cosa più semplice al mondo, e forse lo era, ed ero io quella a non accorgersene.
" Ora, non mi dire nulla, ma io mi riposo, non ho dormito tutta la notte e sono stanco", disse, abbassando il sediolino e (semi)stendendosi.
Sorrisi, girandomi a fissare il panorama fuori dall'oblò.
Un debole strato di nuvole bianche e candide coprivano leggermente la mia visuale, verde o grigio, natura o abitazioni. Mi incantavo a vedere ciò, era tutto molto piccolo, ma immenso, non si riuscivano a distinguere i palazzi, dalle strade, tutto uniformemente colorato di grigio, ma i campi erano tutt'altra cosa. Si riuscivano a vedere macchie giallognole, erano i campi di grano, oppure quelli verdissimi, dei fantastici prati.
Il respiro di Jacob si era appesantito e regolarizzato, segno che stava già dormendo, non riuscivo a capire come riuscisse ad addormentarsi così velocemente, forse, sicuramente, era davvero stanco.
Gli aggiustai una ciocca di capelli che gli si era spostata sul volto, la spinsi indietro, inevitabilmente toccai la sua pelle caldissima; iniziaia ad accarezzarlo teneramente, dolcemente.
Avevo scelto lui, e fu inevitabile non ripensare alla mia scelta.
Era stato giusto prendere una decisione così velocemente? E soprattutto seguendo il mio istinto?
Ero su quell'aereo, e non sarei potuta tornare indietro.
Stavo cercando un punto, un posto dove ricominciare la mia vita, ricominciare da zero, o quasi. Stavo cercando un nuovo inizio.Come avevo già ripetuto a mia madre, Chicago era un buon posto dove ricominciare, lì negli anni precedenti era stato tranquillo, anche se fosse una grande città era vivibile, e lo sarebbe stato anche dopo il mio spostamento.
Ma qualcosa era cambiato, negli anni precedenti avevo affrontato la cosa con occhi diversi, ero felice, motivata ed entusiasta dalla novità, e dall'amore. Quello che provavo per Jake.
Invece, in quegli istanti, stavo scappando da una relazione, restando il più possibile lontana da Seattle. Sarebbe stato lo stesso partire per Forks, sarei stato identicamente lontana dalla grande città, in cui avevo vissuto per anni, ma non era lo stesso...
Vedevo Jake come una sorta di vendetta contro Edward, stavo facendo lo stesso cghe lui aveva fatto alla sottoscritta, stavo tradendo, e mi sentivo soddisfatta.
Ma non stavo usando del tutto Jake, anche se mi ero promessa di non avere più rapporti con lui, le promesse potevano non essere rispettate, no?!
Ero decisa, Chicago, con Jake era stata una buona scelta, ero felice, appagata con me stessa se non ci fosse stata quella parte piccola di me, ma tanto importante che mi sussurrasse "Sei una stupida, imbecille!"
Malgrado ciò la vocina era tanto attenuata dal rancore che neanche la sentivo, me ne sarei accorta successivamente.

Atterrammo sei ore dopo, all'aeroporto di Chicago.
Camminavo di fianco a Jake, dovevamo recuperare le nostre valigie, dopo lo scalo, un taxi ci aspettava fuori, pronto a portarci alla nostra casa.
Ci avevo vissuto poco lì, ma lo stesso le strade erano familiari, riconobbi molti negozi, ristoranti, supermercati, ma molto era cambiato, incominciando dal nostro grande palazzo, in cui risiedevamo.
Gli interni erano diventati più lussuosi, c'erano piante ad ogni angolo, i corrimano color oro, le scale in marmo. La casa era dotata dal lavoro di Jake, anche se eravamo noi (ovviamente) a pagare l'affitto anche se ridottissimo, visto che ci trovavamo in una parte di Chicago abbastanza lussuosa.
"Siamo arrivati,"disse Jacob, all'ottavo piano, sul pianerottolo, davanti alla porta di legno chiaro. Prese le chiavi dal taschino della sua giacca, e aprì la porta.
" Bentornata," sussurrò mentre entravo.
L'appartamento era abbastanza grande per me e Jacob, era composta da un salotto, cucina, due camere da letto, due bagni ed uno studio, usufruito da Jake per terminare, nelle giornate più faticose, il suo lavoro.
Sorrisi alle parole di Jacob, entrando in salotto e sedendomi sul comodissimo divano verde al centro della camera. Sì, verde, poichè tutto in quella casa era verde, tende, moquette, rivestimenti, i mobili della cucina, e le pareti. Era la parte della casa che non mi piaceva. Ogni cosa era verde anche se di diverse tonalità, ma tutto estremamente
uguale, ma soprattutto monotono.
Presi il cellulare di Jake, componendo il numero di mia madre.

"Pronto?" rispose una voce cristallina, dopo vari squilli.
" Mamma, sono Bella."
"Oh, Bella.Sei arrivata?"
"Sì, sono arrivata da circa venti minuti, è andato tutto bene, il viaggio è stato tranquillo."
"Mi fa piacere, come stai?" chiese, comprensiva.
"Bene, voi invece, dove siete?"
"Siamo ancora a Seattle, stasera partiamo per Forks, e stiamo bene,"
"Ho capito, io adesso ti lascio, mi richiami tu quando puoi?" domandai.
"Sì, certo, un bacione, Bella."
"Ciao, mamma." dissi, dolcemente. " Salutami anche papà."
"Lo farò, a presto." E staccò.
"Tutto bene?" chiese Jacob, dietro di me, era in cucina, controllando la nostra dispensa.
"Sì, va tutto bene, dobbiamo andare a fare compere, mi sa, eh?" Dissi, avvicinandomi alla dispensa su cui era calato.
"Sì, disfiamo i bagagli e magari andiamo insieme, manca un pò di roba."
Annuì, dirigendomi in camera per disfare le valigie.

I primi giorni a Chicago passarono tranquilli, lo stesso giorno del nostro arrivo comperammo tutto ciò che ci sarebbe servito per le successive settimane, il telefono di casa continuava a suonare, colleghi di Jacob che chiamavano per dargli il (ri)benvenuto, gli volevano bene tutti, un'altra capacità di Jacob, riuscirsi a farsi amare da tutti, nessuno lo odiava, esclusi i rivali in amore.
No volli più rispondere al telefono dopo la quarta telefonata, dopo che la quarta voce mi disse gentilmente e con una certa impazienza se ci fosse in casa Jake, senza nemmeno salutarmi, come se fossi un'addetta alle pulizie.
I giorni successivi furono decisamente meno movimentati, il telefono squillava decisamente meno, se non mai, quando Jake stava al lavoro, in quei momenti o provvedevo alle pulizie della casa, oppure mi rilassavo con un buon libro tra le mani, ed un drink(analcolico) appoggiato su un sottobicchiere, alla mia destra, sul tavolino.
Jacob usciva presto la mattina, senza svegliarmi, lasciando sul suo cuscino un bigliettino con scritto sopra "buon risveglio, amore.", sempre la stessa scritta, non se ne dimenticava mai.
Purtroppo ben presto ritornarono anche gli incubi, mi svegliavo ansante e timorosa, nel cuore della notte, Jake se ne accorgeva sempre, e mi tranquillizzava, con tanti baci sulla spalla, sussurrandomi parole dolci all'orecchio.
Il più delle volte riuscivo a riaddormentarmi e a dormire per il resto della notte,tranquillamente.
Il rapporto con Jacob era migliorato molto, certo non era tornato alla normalità, come eravamo stati uniti prima, ma eravamo una coppia affiatata. Anche i contatti stavano sempre di più,aumentandoli di volta in volta, anche se quando mi abbracciava da dietro sussultavo per la maggior parte delle volte, sorpresa dal tocco e dalla vicinanza. Non fui in grado di non confrontare, quando sul divano verde del salotto, la sera stessa del nostro arrivo, mentre guardavamo un film romantico, il bacio di Jacob, da quello di Edward. Era una cosa involontaria, la mia mente tornava indietro nel tempo, nella piccola radura nel parco dell'ospedale. Fu difficile costatare che le labbra di Jacob non erano lisce e morbide come quelle di Edward; i baci erano più trasportanti, più lenti, ma più passionali, quasi una contraddizione, ma era così.
Era passata una settimana ormai dal nostro arrivo, a Chicago, la vita sembrava più monotona, e fui felice di poter passarla in quel modo.
Quando mi ritrovai con il mio quaderno delle "esercitazioni" tra le mani, guardando le cifre scritte su un margine di una pagina, decisi di telefonare ad Alice, quei numeri corrispondevano al suo numero di cellulare. Dovevamo telefonarla, era passato abbastanza tempo, e mi sarebbe piaciuto risentirla.
Presi la cornetta del telefono sul comodino della stanza da letto, sedendomi su quest'ultimo a gambe incrociate composi il numero.
Uno, due, tre squilli, e rispose. La sua voce anche al telefono era entusiasta, sempre felice.
" Pronto?"
"Alice? Sono Bella..." dissi, non finì di dirlo che iniziò a parlare lei.
"Oh, Bella, non sai quanto sia contenta di risentirti! Come va? Dove sei? Ho saputo da Emmett che sei andata via, e che mi salutavi, ma mi sarebbe piaciuto salutarti di persona!" continuò.
"Oh, Alice. Anche io sono molto contenta di risentirti, sto benissimo, e sono a Chicago... scusami se me ne sono andata così, ma il giorno dopo sono dovuta partire, ed ora eccomi qui, a Chicago! Ho seguito Jacob, il mio fidanzato."
"Ma non eri single?" chiese.
"Sì... " cosa avrei dovuto raccontarle?"Sono tornata con lui..."
"Capisco." disse, prese aria e poi ricominciò a parlare. "Ti voglio aggiornare su ciò che è successo tra me e Jasper, ti annoio, sei occupata?"
"No, voglio sapere e poi sono libera, quindi..."
"Sta andando tutto per il meglio, non potrebbe andare meglio di così, sono felicissima, ci siamo fidanzati, ufficialmente!" trillò.
"Sono sorpresa, ma me lo aspettavo, non così presto, ma sì!" riuscì a farfugliare in fine.
"Ho conosciuto i suoi genitori, e lui i miei, già pensiamo al matrimonio, pensiamo di farlo tra qualche mese, massimo un anno... Non sto più nella pelle, e sei la prima a saperlo!"
"Davvero?! Tanti auguri allora, Alice, tanti auguri di cuore!" le dissi, sincera.
"Grazie mille... E tu invece, qualche novità?"
"No, nessuna... dove sei?" domandai, cambiando discorso, poteva finire su un unico discorso: Edward.
" Sono per strada, stavo andando a fare la spesa, ora sono seduta su una panchina in un parco, ci sono bambini e tanti adulti che passeggiano, tu invece, dove sei?"
" Sono a casa, sul mio letto, e parlando con te..." dissi, ridacchiando.
" In reparto si sente davvero la tua mancanza...sai..." sbottò improvvisamente. "Edward sta lì solo per i turni andando via il prima possibile, e arrivando pochi minuti prima del suo turno, non è lui, è diverso, è un altro..." continuò.
Non riuscivo a parlare un nodo in gola mi si era formato, grande ed ingombrante, volevo fermarla, dirle che non mi interessava anche se dentro di me rodevo dalla voglia di
conoscere.

" Il suo sguardo è sempre basso e triste, gli parlo e mi risponde a malapena, ha il quaderno giallo, l'ho visto una settimana fa nelle sue mani, quello che ti ho regalato io, lo guarda continuamente in sala dottori, fissa il disegno che gli hai fatto, sempre, chiudendolo appena ci sente entrare, ma lo so che è l'unico modo per tenerti vicina, non so cosa sia successo, Bella, ma credo che stare lontani non faccia bene nè a te nè, tantomeno, a lui. Sento la tua voce, non è come la ricordo, è bassa e cupa, non elettrizzata come quando venivo in camera tua e trovavo Edward..." La interruppi.
"Alice, basta, per favore, non continuare." La mia voce era meno che un sussurro, riuscì a sentirla a malapena, nei miei occhi si erano annidate delle lacrime.
Avevo lasciato il mio quaderno giallo all'ospedale, c'era lui in quel quaderno, i nostri discorsi, le nostre chiacchierate, e non volevo portare, con me, una testimonianza del nostro rapporto, l'avevo lasciato a lui, o a chiunque lo avesse preso e gettato via. Un quaderno di una paziente falsamente innamorata del suo medico.
"Scusami, non volevo... adesso devo andare, Bella. E scusami se ti ho turbata, ma pensaci, pensa alle parole che ti ho appena detto, ti serviranno, te lo garantisco... Un bacio e a presto..." disse staccando.
Ci avrei pensato, per molto tempo, a quelle parole, non era facile dimenticare simili parole che ti arrivavano come uragani nella mente.

Dopo quella telefonata, turbata presi le chiavi di casa, e varcai la soglia della porta uscendo dal lussuoso palazzone, per prendere un pò d'aria.
Camminavo per le grandissime e affollatissime strade della grossa città, fermandomi di tanto in tanto per osservare qualche vetrina, anche se ero distratta dai pensieri che esuberanti mi vorticavano nella mente.
Focalizzai i miei pensieri su altro, e si soffermarono sugli incubi, dovevo fare qualcosa per smettere di tormentarmi, entrai nella prima farmacia che vidi, chiedendo ad un gentile medico di poter avere dei tranquillanti, per indurti con maggiore facilità nel sonno più prondo quello in cui non si sogna, che non ti permette di sognare, e di fare incubi.
Mi consigliò delle gocce da prendere prima di andare a letto, mi disse di non abusarne, e di essere accorta, commentando che avrebbero fatto velocemente effetto.
Pagai, lo ringraziai e salutando uscì di nuovo al sole caldo e piacevole di quasi inizio estate.
Camminavo senza meta, era impossibile quanta gente trafficasse quella città turisti, che parlavano svariate lingue, gente del posto che sorrideva in compagnia di un uomo.
Era la prima volta che mi capitava di camminare, vagare per strada senza davvero una meta, come se il mondo non mi appartenesse ero isolata nei miei pensieri, distratta da essi, e assopita completamente. Come se qualcun'altro che non fossi io guidasse il mio corpo, verso qualcosa.
Quel qualcosa lo trovai molto presto. Quando i miei piedi si arrestarono davanti una possente struttura, con grandi scalinate, che portavano ad un'unica entrata, ai lati di quest'ultima due grosse colonne.
Quella era la biblioteca di cui mi aveva parlato Edward, quella in cui da bambino andava, non solo per leggere, ma per ammirare il panorama dal terrazzo.
Salì le scalinate, lentamente, non sapevo se quella fosse davvero la scelta giusto, pensai fosse solamente una biblioteca, avrei preso qualche libro da leggere, male che andasse.
Varcai la soglia della biblioteca, era grandissima, spaziosissima, piena di libri e scaffali da ogni parte (ovviamente).
Immaginai, con gli occhi di un bambino quella biblioteca, un mondo per lui, in cui rifugiarsi e pensare al suo passato, ai suoi genitori, che non ricordava, ai suoi nuovi genitori, alla verità che pesava fin troppo sulle tenere spalle di un bambino, che cercava in tutti i modi di tenersi impiedi, cercava di continuare la sua vita.
Da grande quel bambino sarebbe diventato un uomo, il quale passato avrebbe pesato ancora, ma in misura minore.

E voi, qual è la caratteristica più importante caratteriale che deve avere il vostro compagno/a?

   
 
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