Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Nisi    14/01/2011    1 recensioni
Ayumi non ha più scelta: se non vuole perdere con Maya dovrà evolversi anche come persona e fare i conti con se stessa. I susini come contorno di questa storia e la Dea Scarlatta a far ripercorrere le sue vicende ad altre due anime gemelle. Ayumi capirà, crescerà grazie anche a coloro che incontrerà sul suo cammino. Ayumi Himekawa/Peter Hamil
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ayumi Himekawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I tre volti della Dea'
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Era giunto a una decisione: sarebbe andato a invitarla ancora per la cena. Tanto, aveva fatto decine e decine di foto del tempio, alcune di esse molto belle, ma non era venuto a Nagano per fotografare.
Entrò nel cortile e andò a cercarla. Chiese a un monaco dove fosse, ma rispose di non averla vista.
“Chieda a Sayaka-san, è in quella stanza con dei pellegrini.”
”Non disturbo?”
“No, non credo, non è un incontro formale. Vada, vada pure.”
Hamil fece scorrere la porta ed entrò nella stanza. Sayaka-san stava parlando con delle persone.
“Buon pomeriggio.”
“Ah, Hamil-san. Cosa posso fare per lei?”
“Ha visto Ayumi?”
“È nel bosco a meditare.”
“Sta scherzando, spero.”
“Perché?”
”Non ha visto il cielo? Potrebbe arrivare un temporale da un momento all’altro!”
Sayaka-san balzò in piedi: “La devo andare a prendere, subito!”
Hamil la trattenne per un braccio. “Mi scusi, non intendevo essere scortese. Lei ha delle persone, qui… posso andare io?” Sayaka-san lo guardò in viso e gli vide dipinta in volto la preoccupazione, l’ansia e molto altro. “La prego, vorrei andare io.” ripeté l’uomo.
Era la scelta più sensata. “Ma certo.” Uscì sulla veranda e indicò un punto dietro il tempio. “Laggiù parte il sentiero. Ha buone gambe e buone scarpe?”
Hamil annuì.
“E allora vada e cerchi di far presto. Nel caso vi sorprendesse il temporale, andate a ripararvi nel vecchio santuario, dove ci sono i susini, poco più avanti. Con la pioggia il sentiero diventa molto scivoloso e non è il caso di rischiare.”
“Va bene, vado.” Hamil alzò il braccio in un gesto di saluto e corse via.
Il cielo si stava facendo più scuro di minuto in minuto. Hamil non era religioso, ma chiese a colui che stava da qualche parte lassù nel cielo di far sì che non accadesse niente ad Ayumi.
* * *
Ayumi sussultò nel sentire un tuono in lontananza. Non aveva ancora terminato la meditazione, ma quel fragore l’aveva riscossa. Cominciava a sollevarsi il vento e sentì freddo, ma non riuscì a trovare la felpa. Si strinse le braccia attorno al corpo, dicendosi che Sayaka sarebbe arrivata a presto.
* * *
Quando Hamil sentì le prime gocce di pioggia cadere, soffocò un’imprecazione. Cercò di camminare ancora più velocemente, ma il sentiero era ripido e sassoso e non voleva correre rischi. Si fermò un secondo a riprendere fiato, ma quando udì il temporale avvicinarsi, riprese il cammino con ancora più foga di prima.
* * *
Stava cominciando a piovere e Sayaka non c’era ancora. Senza di lei non poteva muoversi e non sapeva dove andare. Calma, doveva stare calma.
* * *
La pioggia cadeva scrosciando e Hamil era ancora sul sentiero. Maledisse Sayaka e la sua idea di portare Ayumi nel bosco. Cercò di aumentare l’andatura, ma era già al massimo ed era stravolto dalla preoccupazione.
*  * *
Ormai era bagnata fino alle ossa e aveva paura. Ma dov’era Peter? Si rannicchiò sul masso, tirò le ginocchia al petto e vi nascose il viso.
* * *
Il sentiero sembrava essere giunto al termine, ma con quella pioggia non si vedeva praticamente niente. Si guardò in giro e finalmente vide una figuretta rannicchiata su un masso. Si sentì quasi svenire dal sollievo. “Ayumi! Ayumi!”
La ragazza sollevò il viso, cercando di capire chi la stesse chiamando. “Ayumi, sono qui!”
“Peter!”
La strinse forte tra le braccia per un momento e lei, grata, gli si appoggiò contro: “Meno male…”. Per un attimo Hamil aveva dimenticato la pioggia, il temporale, il fango per stringerla ancora di più, ma sentì la ragazza tremare di freddo e il suo buon senso ebbe il sopravvento: “Non possiamo rimanere qui, andiamo!”
Ayumi impallidì: “Dobbiamo scendere per il sentiero?”
“No” rispose lui mentre se la trascinava dietro. “Sayaka mi ha detto che c’è un vecchio tempio in disuso qui vicino e che possiamo ripararci lì. Si trova dietro ai susini… Eccolo, è laggiù!”
Di corsa, raggiunsero il tempio e vi entrarono. Era minuscolo, ma pulito. C’era una piccola lampada e una stufa a legna. Hamil accese la lampada e il fuoco, poi si lasciò cadere sul pavimento e appoggiò la schiena contro al muro. Era esausto, non aveva più fiato e aveva bisogno di riprendersi dallo spavento.
Ayumi era rimasta in piedi e gli girava le spalle. Sembrava tesa, tremava dal freddo e cercava di scaldarsi frizionandosi le braccia.
“Come sta?” azzardò Hamil.
“Bene, credo. La ringrazio di essere venuto a cercarmi.” Ricadde seduta. “Io… ho avuto paura, non saprei cosa avrei fatto se lei…” Ayumi si girò verso di lui e Hamil impallidì. Si tolse la giacca e la tese alla ragazza.
“Tolga quella maglietta bagnata e si metta la mia giacca, vas-y.” La apostrofò bruscamente.
“Io sto benissimo e la sua giacca se la può tenere.” Fu la risposta piccata di Ayumi.
Hamil abbassò gli occhi e si morse il labbro. La mano appoggiata al ginocchio piegato si era serrata in un pugno.
“Se non vuole farlo per se stessa, lo faccia per me. La sua maglietta è diventata trasparente, lei non indossa il reggiseno e io non mi fido di me stesso. Tolga quella dannata maglietta, si metta la mia giacca, e per una volta non discuta!”
Ayumi, fattasi di brace, gli aveva di nuovo girato le spalle. Con voce tremante gli chiese: “Mi può passare la giacca, per favore?”
“Tenga. Faccia con comodo, non la guardo.” Fu la laconica risposta.
Dopo che si fu cambiata, si rannicchiò in un angolo. Hamil sembrava molto arrabbiato e per una volta non parlava. Era strano, lui parlava sempre, non era abituata a un Peter Hamil che non fosse ironico, scanzonato e un po’ gigione, e l’uomo che aveva davanti a sé era invece taciturno. Fuori continuava a piovere e la legna della stufa era quasi finita. Lo sentì sospirare e agitarsi, forse per cambiare posizione. Ayumi sentiva molto freddo, ma non osò fiatare.
“Lei ha freddo.”
“Sì, è vero.” dopo la sfuriata di qualche minuto prima, non osò contraddirlo.
“Ho freddo anche io, se stiamo vicini possiamo scaldarci. Ma se non vuole…”
La sentì avvicinarglisi: “Ho molto freddo e ho le mani gelate. F… forse è la cosa più sensata da fare.”
Lui rise. La logica, sempre la logica con quella ragazza. Si chiese se almeno una volta nella vita avesse agito d’impulso, di pancia. “Si accomodi, allora.” E le prese la mano.
Ayumi gli si inginocchiò davanti per poi, esitante, accostarglisi. Lui aprì le braccia, la fece appoggiare al suo petto e le scostò i capelli con una mano, facendo attenzione a non farli impigliare nei bottoni della sua camicia. “Comoda?”sussurrò con la voce calda venata da un tremito. Ayumi rimase stupita dalla dolcezza dei gesti e delle parole di Hamil, non pensava che lui potesse essere così delicato, sembrava quasi fosse un’altra persona.
“Sì, grazie” fu la risposta, tuttavia Ayumi era rigida e tesa tra le sue braccia.
“Mi sembra di abbracciare un tronco d’albero, non una donna. Si vuole rilassare, hein? Guardi che non mordo.”
“Non mi preoccupo, lei ha detto che sono una bambola, non una donna. Se lo ricorda?”
Hamil le afferrò il mento rudemente. “Senti, ma per quanto tempo ancora me la farai pagare per questa storia? Oppure è solo una tua reazione al fatto che siamo praticamente incollati l’una all’altro, tu sei poco vestita e stai cercando di non pensarci?” Arrabbiato, era passato automaticamente al “tu”.
“Sì, forse hai ragione…” Ayumi abbassò gli occhi.
Hamil la attirò ancora più vicina a sé. “Dai, vieni qui, Princesse de glace!”
“Come mi hai chiamato?” la sentì ridere contro la sua spalla.
“Princesse de glace.” E rise anche lui.
“E perché…”
“Forse perché siamo incollati l’una all’altro, tu sei poco vestita e io ho bisogno di pensare a qualcosa di freddo.”
Era vero: Ayumi indossava la sua giacca, ancora calda di lui, e per quanto l’avesse abbottonata, non la copriva molto. Poteva sentire ogni respiro di Peter e dovette sforzarsi per non cedere al languore che si era impadronito di lei.
Dal canto suo, Peter avvertiva il morbido seno di Ayumi contro il petto e quello che era iniziato come una frizione energica per scaldarle le braccia si era presto tramutato in una carezza. Per quanto fosse romantico essere lì soli nel tempio quando fuori c’era il temporale, lei era ancora scossa e spaventata e una scena di seduzione su un pavimento gelido non era il massimo, anche se… anche se la sua vicinanza gli stava facendo perdere la testa.
Era calato il silenzio, e una strana tensione aleggiava nell’aria. Ayumi aveva il viso appoggiato al petto di Peter e ascoltava, quasi ipnotizzata, il battito forsennato del suo cuore. Lui aveva chiuso gli occhi, non sapeva bene se per godere meglio della vicinanza di lei oppure per cercare di mantenere una parvenza di controllo.
Non ce la fece. Era un uomo, dopotutto, e il suo sangue era caldo.
Improvvisamente scostò Ayumi da sé e si alzò.
“Cosa…”
“Devo uscire un attimo, non resisto ad averti così vicina. Ho… bisogno di darmi una calmata. Torno subito.” E uscì come una furia.
Ayumi rimase di stucco: “Peter, dove…” ma lui non poteva più sentirla.
Ma anche lei aveva bisogno di darsi una calmata. Lui era così vicino, così caldo e lei avrebbe voluto averlo ancora più vicino. Non aveva mai provato quella sensazione, quel calore, quel bisogno strano che aveva paura di chiamare col suo nome. Non avrebbe mai pensato di sentirsi così, non a causa di un uomo come Hamil e questa consapevolezza l’aveva lasciata confusa e sconvolta. Lei, così concreta e razionale, voleva con tutte le forze riaverlo lì con lei e in fretta, perché in quegli ultimi minuti tra di loro era successo qualcosa e Ayumi era per una volta ansiosa di scoprire dove tutto questo l’avrebbe portata.
La porta si riaprì improvvisamente, facendo entrare il freddo.
“Peter!”
“Sono tornato, sì.”
“Meno male, mi stavo preoccupando.” Si alzò e seguì la direzione della sua voce, tenendo in avanti le mani, che toccarono un petto solido e una camicia fradicia.
“Sei tutto bagnato! Togliti quella camicia, ti prenderai un malanno. E dire che dovresti essere un uomo maturo.” E senza pensarci, cominciò a slacciare i bottoni dalle asole sotto lo sguardo attonito dell’uomo.
Peter la bloccò: “Lascia, faccio io. È meglio per tutti e due”.
Gli prese la mano e lo portò a sedersi: “Ora tocca a me scaldarti.” disse con voce un po’ imbarazzata.
“Sei sicura che sia saggio?”
Ayumi scosse il capo: “No, ma tu hai freddo e se non ti scaldi subito ti ammalerai.” E lo fece appoggiare contro di sé.
Per una volta, Hamil benedisse il buon senso di Ayumi.
Nel giro di poco, entrambi ebbero il fiato corto: Peter aveva allacciato le braccia attorno alla vita di Ayumi, mentre lei aveva cominciato ad accarezzargli i capelli e moriva dalla voglia di sentirlo ancora più vicino, di sciogliersi in lui, quasi.
“Ayumi…” sussurrò lui con voce roca, mentre si chinava a posarle un bacio nell’incavo tra i seni e poi sollevava il viso a guardarla. “Lo vedi che non è saggio per niente?”
Si mise in ginocchio e appoggiò delicatamente una mano alla guancia di lei, avvicinandolesi piano, piano. Ayumi chiuse gli occhi e socchiuse le labbra, trattenendo il fiato.
La porta si spalancò di scatto e Sayaka entrò come un turbine. Subito Ayumi, al colmo dell’imbarazzo, spinse via Peter che atterrò malamente sul pavimento.
Sayaka li guardò con curiosità, notando oziosamente che Hamil era a torso nudo e che Ayumi indossava una giacca che la copriva ben poco. “Andiamo, riprenderete quello che stavate facendo più tardi, ha smesso di piovere.”
Sayaka scendeva dal sentiero velocemente, al solito tirandosi dietro Ayumi che rischiò più volte di cadere. Chiudeva il gruppo Hamil, il quale si era sul serio dato una calmata: l’arrivo improvviso di Sayaka era stato peggio della pioggia gelata e Ayumi che lo aveva respinto come un sacco di patate gli aveva dato il colpo di grazia.
Finalmente riuscirono ad arrivare al tempio, in uno stato pietoso.
“Io… entro a cambiarmi” disse visibilmente imbarazzata e con gli occhi bassi, e se ne andò senza né salutare né guardare Peter, al quale non restò altro che tornarsene al ryokan.
Sayaka rimase ad osservare Ayumi che si dirigeva verso il bagno senza parlare. Tra quei due stava succedendo qualcosa e lei l’aveva interrotta. Si sentì in colpa e sperò di non aver rovinato tutto.
* * *
Pioveva, ancora.
Era tornato in albergo e si era lavato via tutto quel fango di dosso, poi era uscito a cena. Il ristorante nel quale aveva cenato con Ayumi era chiuso per riposo ed era finito in uno strano posto dove gli avevano servito una pietanza diversa da quella che aveva ordinato. Il conto poi si era rivelato più salato del previsto e, per finire, aveva ricominciato a piovere, per non parlare di quello che era successo nel pomeriggio. Si diede dell’idiota. Forse se non avesse detto ad Ayumi della maglietta…
Inutile ripensarci. Arrivò al ryokan sotto una pioggia battente. Curiosamente, davanti all’ingresso era ferma una persona di spalle che indossava un giubbetto impermeabile. Passando di fianco, ne riconobbe i capelli biondi.
“Ayumi!”
La ragazza si voltò: “Ciao, Peter.” Come gli piaceva sentirle dire il suo nome…
“Non hai preso abbastanza acqua per oggi?”
“Avevo bisogno di parlarti.”
“Andiamo a bere qualcosa o…” la bocca gli si seccò improvvisamente e la gola gli si chiuse. Lui, un uomo adulto emozionarsi a quel modo: “O vuoi salire un attimo da me?”
“Sì, facciamo così.” Ayumi aveva le mani in tasca, l’espressione seria.
“Vieni, allora” e la guidò verso la sua stanza. “Ecco, accomodati.”
Si sedette di fronte a lei sul tatami e con un asciugamano cominciò ad asciugarle vigorosamente le ciocche fradice: “Ahia, mi fai male!”
“Ti sto solo asciugando i capelli.”
“Con quelle manone che ti ritrovi! Fai piano.”
“Ecco fatto, ora va meglio.” La fissò intensamente, poi riprese, con voce bassa e dolce: “Cosa sei venuta qui a fare, Chérie?”
“Io… devo chiederti scusa per… Hai capito, vero?”
“No, non ho capito.”
Ayumi sospirò: “Per averti sbattuto sul pavimento come un sacco di patate.”
“Se non volevi, bastava dirlo. Sono un uomo adulto, posso sopportare un rifiuto. Oppure farti ammettere di desiderarmi è chiedere troppo?”
“Non è questo.” Ayumi era a disagio, era arrossita e aveva chinato il capo.
“Spiegami, Ayumi. Io vorrei capirti, ma certe volte non ci riesco proprio.” le prese una mano e cominciò a giocherellarci. Ayumi lo lasciò fare.
”Ero in imbarazzo.”
”A questo ci ero arrivato.”
Ayumi si batté la mano libera sul ginocchio per la frustrazione. “Dici tanto di me, ma anche tu sei uno zuccone! Perché non capisci? Io non volevo che… Volevo che… non mi vergogno di quello che stavamo… ma era una cosa solo nostra, privata. Tra me e te!”
Il peso che Peter sentiva sul cuore sparì all’improvviso, e sorrise.“Se non fosse arrivata Sayaka cosa avresti fatto?”
“Non lo so e ho un po’ paura a pensarci” ammise, “Di certo non ti avrei scrollato di dosso.” Arrossì.
Peter allungò la mano ad accarezzarle una guancia, tenero: “Ma quante volte sei arrossita, oggi?”
“Non lo so, ho perso il conto… tu mi fai questo effetto… e mi fai dire cose che non direi mai” E posò una mano su quella che le copriva la gota.
“Princesse!” le si avvicinò ancora di più e le prese il viso tra le mani. Le baciò le palpebre sotto le bende, la punta del naso, la fronte, le guance, godendo del fatto che lei aveva socchiuso le labbra e che aspettava, invano, un bacio che non arrivava. Quando le baciò la testa, la sentì mormorare: “Che uomo imposs…”Non fece in tempo a finire la frase che le labbra di Peter furono sulle sue. Ricaddero all’indietro, sul futon morbido e pulito, cominciando ad accarezzarsi febbrilmente e scoprendosi a vicenda, l’inesperienza di Ayumi che piano piano si scioglieva come neve al sole.
Ayumi era già stata baciata, ma per la prima volta capì cosa fosse la dolcezza di un uomo. Mentre la baciava e la toccava con una passione da mozzarle il fiato, Peter le diceva che era bella, le sorrideva, l’abbracciava, le accarezzava i capelli, e la invitava a fare lo stesso con lui, sospirando nel sentire le sue mani su di sé. Con lei, Hamil era a suo agio e le trasmise la sua tranquillità e naturalezza. Peter era anche un uomo incredibilmente affettuoso, e Ayumi per la prima volta si sentì davvero una principessa, anche se del ghiaccio non vi era più traccia.
Riprendendo fiato tra un bacio e l’altro, gli prese una mano e l’appoggiò alla sua. “Hai visto, te l’avevo detto che hai delle manone!”
“Per toccarti meglio, ma princesse!” e la baciò ancora, con calma, a lungo e profondamente. Ayumi rispose a quei baci con una sensualità che non sapeva di possedere e che eccitò entrambi ancora di più. Questa volta Ayumi non pensò alla recitazione, la sua attenzione era tutta concentrata sull’uomo che la teneva tra le braccia, il teatro non era mai stato più lontano dalla sua mente.
Improvvisamente, Peter si chinò amorosamente a baciarle il ventre, proprio sotto l’ombelico. “Ayumi, Chérie… tu… sei protetta?”
”Cosa? Ah, ecco… veramente...”
“Dovrei avere qualcosa nella borsa, aspettami solo un momento.”
Ayumi si fece di brace: non era abituata a quei discorsi e Peter non si imbarazzava di fronte a niente.
Veloce, Peter andò a recuperare quello che cercava e lo trovò. Si girò a guardare Ayumi e la vide sdraiata sul futon, l’espressione un po’ confusa e incerta. Non era proprio il momento di pensare alla signora Tsukikage,  ma si ricordò delle parole dell’anziana attrice, quelle sul fatto di avere pazienza.
Tornò da lei e le si sdraiò accanto: “Niente da fare, me li sono dimenticati, dommage!” le diede un bacio e giocherellò coi suoi capelli, arrotolandoseli poi attorno a un dito. “Non ci metterei molto a rimediare qualcosa, ma se vuoi aspettiamo fino a quando recupererai la vista… o quando vuoi tu.” Le carezzò una guancia col dorso della mano.
“Beh, forse, sì…”
“ Certo che sì, e poi mi piacerebbe anche che mi vedessi nudo: anche se ho un brutto naso, per il resto non sono fatto male, tu sais?” bacino tenero tenero che da lui non si sarebbe mai aspettata.
Ayumi non sapeva se ridere o sentirsi imbarazzata. Fece entrambe le cose. “Non ti posso vedere ancora, ma ho sentito che sei ben costruito.”
“Non fraintendermi, amore mio” bacio languido e appassionato sul collo con carezza malandrina che la fece gemere. “Non è che dobbiamo per forza rimanere casti. Ho un paio di idee per farci sentire bene entrambi”.
Gliele mostrò.
* * *
Che cos’era quello strano rumore? Sembrava quasi il suono di qualcosa che stesse grattando.
Ayumi emerse dal piumino in un groviglio di capelli. Dove si trovava?
“Bonjour, Chérie.”
Chi era? Oh! Diventò rossa nel ricordare che si trattava di Peter, di dove si trovasse e perché.
Ancora quel rumore. “Cos’è questo suono?”
Lo sentì avvicinarsi: “Non si saluta?” si chinò su di lei e la baciò teneramente.
Ayumi non era del tutto sveglia, per cui non ricambiò il bacio. Ma era arrossita ancora e sentì Peter ridere. “Se arrossisci solo per un bacio, allora cosa succederà quando ti sedurrò sul serio?”
“Non mi prendere in giro!” sembrava un uccellino che arruffava le piume.
“Comunque, quel rumore ero io che mi facevo la barba.”
“Ma che ore sono?”
“Le nove e mezza passate, pourquoi?”
“Ho saltato la celebrazione mattutina! Sayaka sarà in ansia.”
Peter si mise a ridere: “Non credo, sono già passato ad avvertirla che eri qui con me. Mi ha detto che non era nemmeno preoccupata, tanto sapeva che non saresti tornata a dormire.”
“Ohhh!” esclamò Ayumi contrariata e si tirò le coperte sulla testa per nascondere l’ennesimo rossore, mentre Peter continuò a ridere di gusto. Si inginocchiò davanti a lei e le tolse il piumino da sopra il capo. “Chérie, sono anche passato a comprarti qualche dolcino per colazione e ti ho preparato il tè.”
“Grazie.” Ayumi era stupita della sua gentilezza.
Le sventolò davanti un pacchettino dal profumo delizioso: “Vedi come mi so prendere cura di te? Sono come la tua tata Umeno, solo più sexy.”
Ayumi scoppiò a ridere mentre si immaginava Peter vestito col grembiulino, nel frattempo lui le versò il tè e le mise in mano la tazza. “Tieni, amore.” Che strano, sentirsi chiamare a quel modo…
“Grazie, ne prendi una tazza anche tu?”
“No, no. Io bevo solo caffè, il vostro tè non riesco a farmelo piacere. Dolcetto?”
“Uhmmm. Sì.” A tentoni Ayumi cercò di capire il contenuto del sacchetto. Non ci riuscì, ma era pesante e conteneva parecchia roba.
“Hai preso cibo per un esercito!”
“Mais non, ho solo pensato che dopo ieri notte avessi un po’ appetito.”
“Peter!”
“Io ho una fame da lupi e sono in piedi dalle sette, sono un mattiniero. Mentre tu dormivi, sono andato da Sayaka, a prendere da mangiare, ho fatto un bel bagno bollente che mi ha messo la pressione sotto i tacchi, poi mi sono fatto la barba.”
“Perché non mi hai svegliata? Sarei andata io da Sayaka.”
”Uno, perché ieri ti ho fatto stancare parecchio… ti ho visto, sei ancora diventata rossa… e, due, non volevo perdermi la sua faccia.”
“Cioè?”
“Cercava di rimanere seria, ma non ce la faceva. Mai vista una monaca così. Mia madre avrebbe detto che le rideva anche il didietro (questa è una frase tipica di mia madre, ma detta in milanese NdA).”
Quando la ragazza ebbe finito di ridere, obiettò: “E io come faccio a ritornare al tempio? Come minimo, mi farà il terzo grado.”
“Non ti preoccupare, ti difendo io.”
Ayumi finse un cipiglio che le riuscì male. Pessima interpretazione, Chérie!
“Hai finito?” le chiese togliendole di mano la tazza ancora mezza piena.
“Io veramente…” si ritrovò ancora lunga distesa sul futon mentre Peter la baciava appassionatamente e la carezzava con ardore, il muffin dimenticato sul tatami. “Mmm, adoro toccarti, sei così…” e tra un bacio e l’altro Ayumi gli chiese:  ”Non avevi una fame da lupi?”
“Sì, ma tu sei meglio del cibo, Chérie” ridacchiò Peter, malizioso. “molto più appetitosa.”
“Ti diverti a mettermi in imbarazzo?” alitò senza fiato.
Peter si limitò a ridere ancora più forte e ad attaccare il suo collo, aggiungendo brividi ai brividi che già stava provando e facendole dimenticare tutto… tranne il cellulare che aveva preso a squillare.
Peter si rialzò e si passò tra i capelli una mano tremante: “Merde… toujours en blanc…” sussurrò e tese il telefono  alla ragazza.
“Pronto?”

“Ciao, sì. Bene.” – fino a un minuto fa.

“Davvero? Va bene, grazie.”

“Sì, ci vediamo, ciao.”
Ayumi spense il telefono con un gesto rabbioso, lo gettò sul futon e si lasciò cadere all’indietro, sulle coperte. Si coprì gli occhi con le mani  e rimase senza parlare.
Peter si sdraiò accanto a lei e aspettò con pazienza.
“Era mia madre. Sono arrivati gli esiti dei miei esami.” Sospirò. “Devo tornare a Tokyo” disse a bruciapelo.
“Dovresti essere contenta. Fra poco riavrai la vista e potrai riprendere le tue prove della Dea Scarlatta.”
“Sì, certo.” ma la sua faccia diceva esattamente il contrario. A tentoni, cercò i suoi vestiti. Non fece in tempo a indossarli, perché Peter la intrappolò con braccia e gambe contro di sé.
“Cosa fai? Non lo vedi che sono mezza nuda?”
“Non mi dà fastidio.”
Ayumi se l’aspettava una risposta del genere e sorrise.
“Sono riuscito a farti sorridere, bien. Alors, Chérie, che succede? Non mi sembri molto felice.” Peter era un uomo paziente e aveva già capito da tempo che ad Ayumi bisognava strappare le cose con le tenaglie.
“Io… sto bene, qui. Ci sono Sayaka, Hotaru, Shinji e la vita che faccio qui mi piace, anche il cibo sembra più buono, qui. E poi ci sei tu…” mormorò timida, chinandosi a baciarlo sul petto. “Forse non sono adatta a fare l’attrice, non mi rende così serena come la vita semplice di qui.”
“Forse hai solo bisogno di essere te stessa e il tuo lavoro non c’entra…”
“Io sono sempre me stessa!” Ayumi si agitò tra le sue braccia.
“Calmati! Voglio dire che hai sempre pensato solo al teatro. Non ti sei mai presa del tempo per te e per fare le cose che ti fanno sentire bene. È normale che ora che devi lasciare questo posto, tu non sia felice. Però Nagano non è lontano da Tokyo, puoi sempre venire a trovare i tuoi amici e rallentare un po’ i tuoi ritmi che ucciderebbero anche un toro. E per quanto mi riguarda, tutte le volte che vorrai imboscarti con me da qualche parte, basta solo che me lo chieda.”
La conoscenza che aveva Ayumi dell’inglese era molto buona, ma quel termine non lo conosceva: “Cosa vuol dire imboscarsi?”
”Te lo spiegherò più avanti.”
“Va bene, ma non ho voglia di rientrare oggi.”
”Perché non dici a tua madre che torni domani e oggi non passi del tempo con Sayaka e gli altri? Non cambierebbe molto.”
“E tu?”
 Peter fece spallucce, come solo un francese sapeva fare: “Bof! Io ci sono sempre. Oggi posso andare a Matsumoto a vedere il castello, col treno è comodo. Sto preparando un libro illustrato sulle bellezze del Giappone, ma non posso metterci solamente le tue foto.”
* * *
o-hayou! Come state? Io non benissimo, sono a casa con l’influenza. Non ho più febbre, ma sono ancora ridotta a una larva.
Come avete potuto vedere, in questo capitolo c’è una brusca evoluzione nel rapporto di Ayumi e Peter, non solo a un livello prettamente fisico, ma anche nella loro interazione personale. Spero vi sia piaciuto, anche perché non resisto ad alleggerire le scene con qualcuna delle mie uscite demenziali. Proprio non ce la faccio a trattenermi, non me ne vogliate. Sono in primo luogo un’autrice di commedie e di storie brillanti, ce l’ho nel DNA. Me lo dice anche mio marito da quando mi ha conosciuta che non sono seria, quindi fidatevi.
Avrete notato sicuramente che la scena del tempio ricalca moltissimo quella tra Masumi e Maya. Mi piace pensare che la Dea Scarlatta abbia questo “modus operandi” per unire due anime gemelle che da sole non si sono ancora trovate, usando templi e susini e temporali improvvisi.
In tutta onestà, non ho idea se in francese “andare in bianco” sia reso in questo modo, l’ho cercato sul vocabolario e prevedibilmente non l’ho trovato. Ma sono certa che voi, Italiche lettrici, abbiate compreso perfettamente il senso.
Infine (at last but not at least!) grazie come sempre a Tetide per la sua puntuale recensione.
Mancano solamente un paio di capitoli e abbiamo finito.
Un bacio dalla Nisi e buon fine settimana.
 
 
   
 
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