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Autore: MaxT    14/01/2011    4 recensioni
Una Elyon esuberante e sorprendente torna a cercare le sue vecchie amiche, che si troveranno presto coinvolte in avvenimenti più grandi di loro. Che spaventosa profezia ha pronunciato la Luce di Meridian? Vera è…vera? Dove sono andate le gocce astrali delle W.I.T.C.H.? E’ una storia dove i personaggi assumono diversi ruoli contrastanti, si muovono nel segreto e nell’invisibilità, e le loro motivazioni autentiche si delineano a mano a mano che la storia si avvicina alla conclusione. Note: qualcuno potrebbe considerare OOC Elyon e le gocce astrali. Da parte mia, penso che siano una evoluzione plausibile dei personaggi visti nel fumetto. Aggiornamento: I primi sei capitoli sono stati riscritti nell'ottobre 2008.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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58- la città infinita  
Ad personam:
Cara Atlantis Lux, innanzitutto grazie per la tua bella recensione. Sisì, la battuta di Vera è da tipica capoufficio, e lei lo sa benissimo.
L'idea dei trenini sotterranei non è male, anche se risolve solo i modesti problemi dei pedoni, perchè questi mezzi non sarebbero in grado di trainare i carri di merce. A mio parere, un grosso montacarichi da affiancare alla strada in salita verso l'altopiano potrebbe essere più utile, così porterebbe su e giù i carri di prodotti agricoli risparmiando al groppone dei poveri buoi un dislivello di 80 metri. Però, dal punto di vista della trama futura, mi serviva una descrizione dei sotterranei e degli incarichi di Terry, per cui temo che i buoi dovranno aspettare la prossima amministrazione.
Un grande grazie anche a Kuruccha per le numerose recensioni lasciate di recente ai primi capitoli. Mi fa immensamente piacere sapere che c'è ancora chi ha preso a seguire la storia a quattro anni dall'inizio, ed è così gentile da farmi sapere con costanza cosa ne pensa.

Qualche parola sul presente capitolo, che segue il precedente di pochi minuti. Le nostre quattro esploratrici, di cui una molto riluttante, ci daranno un'idea più precisa dei sotterranei, così vasti da essere chiamati 'la città infinita', e del perchè della loro esistenza. Nel fumetto, il nome 'Città infinita'  è utilizzato solo una volta da Galgheita nel n.4, mentre viene frequentemente ripreso nel cartone animato.
Vedremo anche una spiegazione delle azioni di Vera e Irenior di qualche capitolo prima, che potrebbero generare l'interpretazione di una dicotomia buone-cattive nel gruppo.
Nel finale, scopriremo come i meridiani vedano le nostre anti-eroine, e i sentimenti che provano per le Guardiane.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Vera affida a Theresion, che gode della sua massima fiducia ed ha già preso in mano gli incantesimi del sistema d'allarme del palazzo, anche l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, incarico che però le crea una resistenza psicologica dovuta alla sua aracnofobia. Così Vera, con la scusa di studiare il percorso possibile di un trenino, manda tutte le gocce ad accompagnarla nei sotterranei. 

Cap.58

La città infinita




Meridian, atrio alla base della torre est

Una volta aperta la porta del sotterraneo, le quattro gocce hanno un momento di esitazione: il contrasto tra ciò che si presenta ai loro occhi e il grande atrio alla base della torre est non potrebbe essere più netto.
Al di qua della soglia c’è il grande, rassicurante salone circolare dai lucidi graniti bianchi e grigiazzurri, ben illuminato dalle alte finestre che danno sul giardino rigoglioso; al di là, invece, l’oscurità della stretta galleria che discende nel cuore della rupe è mitigata solo da un’inquietante fosforescenza verdina.
A quella vista, si sente distintamente deglutire Theresion. Lei è l’unica fasciata in una sorta di tuta da speleologo di puro sacco, e stringe a sé una ramazza come se fosse un’arma con cui difendere la sua vita.
Anche il contrasto con l’espressione incuriosita e le vesti lunghe e colorate delle altre non potrebbe essere più stridente.

La prima a decidersi è  Carol: “Coraggio, di qua”, e fa per muoversi.
Inaspettatamente, è Irenior a entrare per prima nel passaggio, discendendo i primi scalini senza esitare. Come reagendo alla sua presenza, la fosforescenza verdolina si intensifica.
Ripresasi dalla sorpresa, Carol la segue; grazie alle sue lunghe gambe e ai suoi lunghi gomiti, si riporta rapidamente in testa al gruppo. “Aspetta, vi faccio da guida. Mi ricordo esattamente di questi passaggi”.
Irenior, retrocessa suo malgrado in seconda posizione, non può che punzecchiare: “Già. Mi stavo quasi dimenticando la tua parentela con un’altra signorina io-so-tutto”.
Carol ignora la battuta e continua a camminare sicura in testa al gruppo. “Che posto spettrale!”, commenta, ma la sua voce dimostra curiosità ed eccitazione.
Paochaion, dietro di loro, sta cercando ostinatamente di tenere aperta una grande pergamena. “Non c’è abbastanza lu… AH!”. D’improvviso scivola.
Theresion fa appena in tempo a sorreggerla, dandole peraltro il manico della scopa sulla testa. “Scusa… Fatta male?”
“Ehi, Pao!”, “Tutto bene?”, si preoccupano le altre.
“Ahi!”, geme lei tenendosi la sommità del capo dolente, indecisa se ringraziare la sua amica o arrabbiarsi. “Terry, cosa ne dici di far sparire questa roba?”. Senza aspettare risposta, le prende la scopa di mano e se la fa sparire nel palmo. Al suo posto, le porge un oggetto simile a uno specchietto. “Potresti farmi luce, piuttosto”.
“Va bene”, risponde Theresion, “Ma non guardare la mappa finché camminiamo sulle scale”.
Pao annuisce per farla contenta mentre  riprende il rotolo che Irenior le porge.  “Comunque è chiaro che un trenino non potrebbe salire di qua”.
“Consideralo come la scalinata del metrò”, le suggerisce Theresion, dirigendo il fascio di luce dello specchietto sulle volte e i pavimenti. Con sollievo, nota che il passaggio è abbastanza pulito e ben tenuto; evidentemente è ancora in uso.
“La luce!”, protesta Pao, che ha già riaperto la pergamena.
“Scusa”. Terry torna controvoglia a dirigere il fascio dello specchietto verso la mappa, ma rimane immersa nei suoi pensieri. Il fatto che in questo passaggio le fessure siano state stuccate non favorisce  il compito che Vera le ha assegnato: creare un sistema di controllo dei locali basato sui sensi della microfauna presente. Prima di accendere il suo specchietto, aveva notato che la bioluminescenza si intensifica al passaggio delle persone e si smorza dietro di loro. Questo è interessante: qualunque sia il sistema sensibile alle presenze, basterebbe collegarlo con un trasmettitore telepatico per ottenere un buon sistema d’allarme.

Dopo le scale, la galleria prosegue in leggera discesa. Le pareti, prima disadorne, ora cominciano a essere istoriate di bassorilievi di fiori e di visi. Strano luogo, per dei semplici ornamenti. Fanno certamente parte di un sistema di sorveglianza analogo a quello del palazzo: forme come queste si prestano bene a supportare incantesimi.

In fondo al corridoio, la luce aranciata di alcune lanterne a olio si sovrappone alla debole fosforescenza verdina.
Un robusto portone a due battenti, rinforzato di bronzo e ferro, chiude la via.  Su un lato si trovano finestrelle chiuse da robuste sbarre d’acciaio e da vetri specchianti. Una porticina di metallo chiude l’accesso a locali fortificati, scavati nella viva roccia.
Quando il gruppo si avvicina, le lanterne appese sotto la volta intensificano le loro luci.
“Alt! Abbassate le lampade e fatevi riconoscere!”, tuona una voce innaturalmente amplificata.
Carol si fa avanti. “Sono Lady…”, ma la voce dall’altoparlante  la interrompe: “Salve, Lady Irenior”, fa più cordiale, “Passate pure!”.
Davanti a loro, i pesanti battenti iniziano ad aprirsi lentamente.
Al di là, il passaggio è chiuso da un secondo portone.  Tra i due c’è un fossato lungo e profondo un paio di metri, dal quale si alza una robusta passerella di legno, una specie di ponte levatoio alla rovescia.
Interessante, pensa Theresion. Il fossato tra i portoni potrebbe essere un accorgimento contro l’attraversamento dei battenti: infatti è possibile smaterializzare  parte del proprio corpo per attraversare un portone chiuso, ma se dall’altra parte non si trova un appoggio per il piede, sono guai.
Quelle cinque pietre sfaccettate sulle spallette e gli stipiti sono i cosiddetti nodi di infrabarriera, i componenti fondamentali delle barriere contro il teletrasporto.
“Prego, andate avanti”, invita la voce dall’altoparlante.
Mentre salgono intimidite sulla passerella e il portone si chiude lentamente alle loro spalle, Theresion continua a osservare i dettagli di quell’ingegnoso sistema. Sulle pareti ci sono bassorilievi di mostri dalla cui bocca sporgono bocchette di bronzo di due fogge diverse. Un tipo potrebbe immettere nel vano dei gas anestetici, che hanno anche l’effetto di azzerare i poteri psichici. Buon trucco, ma contrastabile con un autorespiratore. E le altre… che siano lanciafiamme? Al chiuso avrebbero un effetto ancora più devastante, divorando l’ossigeno dell’aria. Nessuna meraviglia che porte e finestre delle guardiole sembrino ininfiammabili e a tenuta stagna.
Questi posti di blocco sono degni di una fortezza, considera Therese. Eppure, pensando all’interfaccia telepatica del sistema di allarme del palazzo che le stata affidata, è certa che non ci sia alcun collegamento a questo ingresso. Ciò andrebbe corretto, altrimenti…

“Finalmente!”, sbotta Carol spazientita, mentre il secondo portone si schiude con un debole cigolio. Dopo le luci calde delle lanterne, la fluorescenza verdina appare ancora più oscura e spettrale.
“Fiat Lux!”, scandisce. Anche nella sua mano appare uno specchietto, che subito proietta un forte fascio biancazzurro nel corridoio in leggera discesa davanti a loro.
Con lei nuovamente in testa, il gruppo riprende a camminare.
Theresion si volta indietro per un’occhiata ai portoni dall’esterno; alla luce del suo specchietto, osserva anche i bassorilievi di fiori e visi disposti sulle pareti come all’interno. Come sensori di allarme sembrano un po’ troppo prevedibili. O che siano solo specchietti per le allodole? Che i veri incantesimi difensivi siano impressi nelle nude pareti di calcare, irriconoscibili alla vista e al tatto?
“Qui un trenino ci passerebbe benissimo”, commenta Paochaion osservando il corridoio largo e ben tenuto. “Però non ho visto lo spazio per farlo voltare”. La mappa torna ad apparirle in mano. “Terry, per piacere, fammi ancora luce”.
Appena guadagnata un po’ di distanza dal portone, Carol dà un’occhiata di sbieco a Irenior. “Polpetta, mi spiegheresti come mai la guardia ti ha riconosciuta al volo?”.
L’altra risponde evasiva: “Sono le stesse che sorvegliano il palazzo. Perché non avrebbero dovuto riconoscermi?”.
“E come mai non hanno neppure salutato noialtre?”.
“Si vede che ho più fascino”, risponde lei con nervosa civetteria.
“Eppure, a Midgale hai sempre avuto buon gusto per i tuoi amanti!”.
Pao alza gli occhi dalla mappa, stupita. “Come? Hai dato confidenze a questi ceffi?”.
Né il colorito verdazzurro, né la penombra riescono a mascherare l’avvampare di Irenior. “Ma no! Come potete pensarlo?”.
“L’astinenza non è il tuo forte”, lascia cadere Carol con un’occhiata in tralice. “Ma tranquilla, non te..”.
“Astinenza un corno!” grida Irenior rossa di indignazione, pronta a metterle le mani addosso, “E’ che io lavoro per la nostra causa, mentre tu sputi  le tue battutine velenose! E ora che hai dovuto abbassare la cresta con Vera e le…”.

“State zitte!”. La voce imperiosa di una Nemesis le interrompe. E’ lì, accanto a loro, con la sua divisa scura e gli occhi fiammeggianti sotto la mascherina nera come dipinta sul viso.
Le altre sussultano: “Ah!”. “Ehi… ma…”. “Che spavento!”. Lo specchio di Theresion va a infrangersi sul pavimento, e si spegne con sfrigolii e scintille.
“Vi rendete conto di cosa state urlando?”, le rimprovera la nuova arrivata a mezza voce, ma con una grinta da far chinare gli occhi a qualunque sergente. “Non potete dare per scontato di essere sole, in questi sotterranei!”.
Theresion osserva con rimpianto, sul pavimento, i frammenti ormai inutili di uno dei suoi deboli baluardi contro la paura. “Ci stavi sorvegliando?”, chiede riprendendosi dalla sorpresa.
“Vi stavamo scortando”.
Irenior si guarda attorno. Al di là del chiarore della loro ormai unica lampada, si vede solo la semioscurità pervasa dal lucore verdino. “Ragazze, se vogliamo parlare con tranquillità, conosco un posto proprio qui vicino”.

Irenior prende la guida del gruppo, dirigendosi verso un ampio androne sulla destra. Di qui si aprono diversi ingressi come di abitazioni.
La ragazza striata di verde si avvicina alla seconda porta sulla sinistra; a un suo gesto, la serratura si apre con uno schiocco, e lei fa strada verso l’interno.
Diverse lanterne a olio si accendono da sole, inondando di luce calda un bel soggiorno pulito, non molto diverso da quello di una casa di superficie, se non per la completa mancanza di finestre.
“Entrate e accomodatevi. Siete mie ospiti”.
“Carino”, concede Carol osservando il tavolone circondato da sedie, i credenzoni coperti da suppellettili e un caminetto spento.
“Vi porto qualcosa da bere”, dice Irenior sparendo al di là di una porta.
Mentre lei è in cucina, le altre si siedono al tavolo.
Solo allora Carol si rende conto che le Nemesis in divisa sono due, non una. “Ehilà! Se non sbaglio, Dora…”.
“Giusto, brava”, risponde compiaciuta quella con la sottile treccina e la mascherina nera.
“E Katja”, fa rivolta verso l’altra, dal viso senza strisce.
Questa spalanca gli occhi, offesa. “Come, non mi riconosci più, dopo che abbiamo abitato assieme due anni? Io sono Wanda!”.
“Oops.. scusa…”.
“Fa niente”, risponde l’altra di malumore, rimuginando che forse non valeva la pena di interrompere il suo bel volo per venire a scortare in quel buco le sue vecchie amiche che neppure la riconoscono più.
Nel frattempo, Paochaion si sforza di tenere aperta la mappa sul tavolo. “Tienimi qui un dito”, chiede a Theresion.
“Te la blocco io”, si offre Wanda, appoggiandosi sopra con i gomiti, stanca e depressa.
Dopo pochi istanti, il volto intento di Pao si illumina di un sorriso trionfale. “Ho trovato! Siamo qui!”, dice indicando un punto sulla carta.

Poco dopo, serviti succo di frutta e biscotti, anche Irene si siede al tavolo. “Ora possiamo parlare liberamente, vero?”.
Wanda scrolla le spalle. “Tanto lo faresti comunque… Ma non dare dettagli. Più cose sapete, più ci penserete, e non è impossibile che qualcun altro vi legga il pensiero”.
L’altra riprende: “A scanso di insinuazioni e viperaggini varie tanto in voga, voglio spiegare perché non sono nuova di questo luogo. Come sapete, la gente crede che molti notabili coinvolti in un complotto siano stati arrestati per ordine di Elyon e marciscano in qualche carcere sotterraneo.
In realtà, sono stati arrestati perché potevano capire che Elyon è stata sostituita”.
“E così, fate ancora marcire in prigione degli innocenti?”, si rabbuia Carol.
“No! Io ho aiutato Vera a mandarli tutti al confino sotto falsa identità, facendo credere loro che li facevamo evadere. Li portavamo proprio in questa stanza, prima di spedirli via”.
“E quindi, fate la figura delle salvatrici”, commenta Carol. “Ma se richiamerete queste persone in città dopo che lei sarà incoronata, non potrebbero capire egualmente cos’è successo?”.
“Forse”, risponde Dora giocando con la sua treccina, “Ma hanno già avuto un breve assaggio di quello che toccherebbe loro, se ne parlassero!”.
Le ragazze restano brevemente in silenzio, cercando di mettere a tacere il lontano brontolio della coscienza.
Dopo qualche istante, Pao si guarda attorno. “Ma perché esistono abitazioni nel sotterraneo?”.
“E perché sono inutilizzate?”, aggiunge Theresion.
“Dipende dai cicli climatici del metamondo”, risponde Carol, preparandosi a far sfoggio delle sue conoscenze.
“Oh, ecco, sentiamo la professoressa Hair”, ironizza Irenior con la voce più candida che riesce a fare.
Dopo un’occhiata stortissima alla padrona di casa, Carol inizia: “Al giorno d’oggi il clima di Meridian è ottimale, con minime escursioni stagionali. Non è sempre stato così, né lo sarà per sempre”.
“E tu come lo sai? Sempre dalle memorie dei dignitari, o ti diverti a menare jella?”.
“No, cara Irene. L’ho letto su un libro di storia di Meridian. Poi ti spiegherò cos’è un libro”.
“Dopo che te l’avrà spiegato Terry?”.
“Ma cosa c’entro io?”, protesta Theresion. “Lasciala continuare, per piacere!”.
Quando sente di nuovo l’attenzione, Carol riprende: “L’orbita del metamondo attorno al suo sole è un po’ eccentrica. Nell’emisfero Boreale dove si trova Meridian, d’inverno il sole è più basso all’orizzonte che d’estate, ma è più vicino, e le due cose più o meno si compensano. D’estate, invece, il sole è più alto ma più lontano, e così non fa molto caldo”.
Theresion interviene: “Ma allora l’emisfero australe sarà un inferno. Estati caldissime e inverni rigidissimi”.
“Brava Terry. Però non è sempre stato così. L’asse di rotazione di questo mondo cambia con un periodo di precessione di soli cinquecento anni. Il che significa che duecentocinquanta anni fa il clima estremo era a Meridian, e così pure settecentocinquanta, milleduecentocinquanta…”.
“Mentre nell’altro emisfero si stava da pacchia”, completa Irene. “Bene, ora sappiamo di avere tra noi un’esperta di geometria astrologica!”.
“Semmai sarà geografia astronomica, Polpetta. Perché non vai a farci una crostata, che almeno in quello sei brava?”
“Grazie per l’ ‘almeno’, superbionda. Ma cosa c’entra tutta questa tua bella lezioncina con questi sotterranei?”.
“Se mi lasciassi continuare, lo sapresti. Posso, sì? Bene. Se hai quattro mesi all’anno di neve e ghiacci, e quattro di caldo torrido e siccità, non desidereresti trasferire una parte della vita cittadina nei sotterranei?”.
L’altra le fa un grazioso gesto di stizza. “Per otto mesi all’anno? Piuttosto me ne andrei nell’altro emicoso… emisfero!”.
“Tu, non ne dubito. Ma a Meridian c’è una risorsa eccezionale: la sorgente di acqua magica. Inoltre c’erano moltissime grotte scavate dalle acque nel calcare di questo territorio carsico. Queste sono state gradualmente trasformate in un’estensione sotterranea della città. Sotto terra, la temperatura era quasi costante, un grado in meno della media annuale. Non nevicava, non si formava ghiaccio. Nei livelli profondi c’erano già canalizzazioni enormi in grado di convogliare le acque che si riversano dall’altopiano quando si scioglievano i ghiacci invernali. Alcune grotte sono state trasformate in cisterne immense in grado di far fronte a mesi di siccità. Sono stati ricavati passaggi pedonali e perfino carrabili, collegati con tutti gli edifici pubblici e a numerose case private. E poi, grandi sale sotterranee, dormitori, mense, perfino alloggi privati per i più benestanti”. Indica la stanza in cui si trovano. “Alloggi come questo, suppongo”.
“Brava, bella lezione”, applaude Irenior con una punta d’invidia. “Abbiamo tra di noi un’astronoma e una storica”.
“E un’esperta in vaccate… pardon, in zootecnia”, ribatte Carol con un ghigno di autocompiacimento.
Paochaion, tutta seria, riprende a studiarsi la mappa. “Scusa, puoi togliere il gomito?” chiede a Wanda, che ci si è quasi addormentata sopra. “E tu, Terry, mi fai più luce?”.
Mentre le sostiene pazientemente lo specchietto sopravvissuto, Theresion ascolta distrattamente lo scambio di frecciate che continua tra le due aspiranti primedonne. Sì, almeno sotto questo punto di vista le cose sono ritornate alla normalità. Per rientrare nel gruppo, Carol ha accettato di sottostare a continui e invasivi controlli della sua memoria: un compromesso umiliante a cui lei non avrebbe mai consentito. Da parte sua, Therese ha sempre fatto del suo meglio per essere all’altezza della fiducia datale.
Alzando gli occhi dalla mappa, Paochaion dice decisa: “Ragazze, adesso abbiamo qualcosa di più importante da fare, o sbaglio?”.
“E’ meglio proseguire”, conviene Nemesis Uno, alzandosi in piedi e svanendo alla vista.
Anche Wanda si scuote, e sparisce senza neppure alzarsi dalla sedia.

Appena uscite dall’androne, le ragazze tornano sul corridoio principale.
Illuminandolo con lo specchietto, Theresion si accorge con orrore che il prosieguo non è affatto pulito come quello che hanno percorso fino a ora: festoni di ragnatele e insetti volanti le vengono impietosamente rivelati dal fascio di luce. Un’ombra guizza veloce sul pavimento e sfugge alla sua vista, restando però ben impressa nella sua immaginazione.
Theresion viene strappata alle sue visioni da incubo dal sorrisino ironico di Carol che si è voltata indietro e  allunga la mano per riprendersi il suo specchio: “Sicura di farcela, Terry?”.
“S-sì. Sono sicura”, mente lei, consegnandole malvolentieri la fonte di luce.
“E qui viene il bello di farsi guidare da Carol”, interviene Irenior ammiccando, “Con la sua magnifica testolona bionda, spazza via tutte le ragnatele dal soffitto”.
Questa la squadra con il suo tipico sguardo dall’alto, poi accenna un gesto della mano verso la galleria.  Tenui aloni dalla luminosità azzurrina prendono a percorrere lentamente, in un silenzio assurdo, la volta e le pareti dell’ampio corridoio, cancellando ogni traccia di sporco, inanimato o vivente, per parecchi metri.
Therese, con rammarico, si costringe a dire: “No!”.
“Perché no?”, chiede l’altra stupita, mentre gli aloni svaniscono lentamente in distanza.
“Perché… perché non voglio che uccidi quelle bestiole per me”. Non è il caso di spiegare che, se vaporizza gli insetti, si può dire addio al sistema di allarme proposto da Vera. “Sono in grado di vincere queste paure”, afferma con coraggio.
L’altra la gratifica di un’alzata di spalle. “Veramente pensavo ai miei capelli”.
Mentre parlavano, Paochaion si è già spinta avanti di una decina di passi. “Allora?”, fa, tamburellando un piede con impazienza.
“So esattamente dove arriva questo corridoio”, afferma Carol riprendendo velocemente la posizione di testa. “Troveremo una grossa sala con molte diramazioni importanti sotto piazza Sottocastello”. Quasi a confermare le sue parole, poco più in là la galleria si incurva a sinistra in una specie di tornante che ricorda quelli della strada lungo la scarpata.

Alla fine della lunga discesa, ai loro occhi si presenta un grande salone colonnato e ben rifinito, ampio quanto una grande chiesa; su un lato vi è una specie di palco come quello di un teatro, mentre numerosi corridoi si diramano da tutti i lati.
“Le regine del passato hanno parlato numerose volte da lì, durante i periodi più inclementi”, spiega Carol, immersa nel suo nuovo ruolo di guida, proiettando il suo fascio luminoso sul palco.
A sorpresa, Irenior vi si porta sopra ed emette un lungo e melodioso La, che risuona nella sala.
“Bella acustica”, conclude soddisfatta ridiscendendo gli scalini.
Da una galleria laterale, un silenzioso svolazzo di pipistrelli sottolinea le sue parole.
Carol, stizzita dall’interruzione, riprende subito il controllo del gruppo: “Da quella parte si arriva sotto piazza Due Lune”, dice incamminandosi verso una galleria  di fronte.
Paochaion si rigira tra le mani la mappa. “Allora è sbagliata”, sbuffa con disappunto.

Mentre proseguono, la cinese nota le architetture disomogenee e non ripetitive che caratterizzano questi sotterranei, in cui si alternano tratti scavati nella viva roccia ad altri intonacati, o anche riquadrati in sassi o mattoni che rivelano le  modifiche che si sono succedute nei secoli; corridoi dalle alte volte a una sola campata vengono talvolta seguiti da slarghi costellati da archi e colonne; passerelle di legno distorto collegano passaggi posti in alto sulle pareti.
“Comunque, da qui fino ai portoni del palazzo è tutto carrabile”, si rallegra Paochaion.
Andando avanti ancora, in alcuni punti si riconoscono sul terreno residui di calcinacci, e l’intonaco appare corroso dall’umidità, che sta lasciando tracce sempre più evidenti a mano a mano che proseguono: agli aloni scuri sulle pareti inizia a far seguito, sempre più frequentemente, il luccichio del bagnato sul pavimento.
Quando si fermano per guardarsi attorno, il sommesso gocciolare dell’acqua riempie i silenzi.
“Di là usciremo in piazza Due Lune”, afferma Carol indicando una scalinata in una diramazione laterale.
 

Meridian, quartiere Trasclovkir

La vecchia Tagral procede zoppicando lungo lo stretto vicolo in salita, sopportando con rassegnazione le fitte alla gamba; da quando la sua vicina guaritrice è svanita, la sciatica non le dà tregua. Guarda con un sospiro la scalinata prima della sua casa, arrampicata sulla scarpata, e si fa forza per salire.
Lo scatto di una serratura e lo stridio di cardini rugginosi la fanno voltare: dalla cancellata del sotterraneo, aperta sul vicolo, escono quattro giovani donne dall’aspetto sorprendente, che si guardano attorno come perse.
“E questa sarebbe piazza Due Lune?”, chiede con un accento forestiero quella dalle iridi gialle, i cui aderenti cenci da spazzacamino stridono con le vesti delle altre, lunghe e colorate.
“Carol, mi sa che ci hai fatte allunare sulla luna sbagliata”, sfreccia quella dagli occhi verdi.
“Questo è Trasclovkir”, dice l’altra dalla pelle azzurrina e dagli occhi obliqui. “Ecco perché tutta quell’umidità nei sotterranei”.
Ma è la giovane altissima dalla pelle rosata che colpisce Tagral come un fantasma dal passato.
Altri passanti cominciano a scambiarsi gomitate e mormorare: “Ma quella non è la guardiana di Kandrakar?”.

La diceria passa di bocca in bocca, finché una voce decisa la interrompe: “No! Siamo noi, le guardiane di Kandrakar!”.
Dalla galleria escono due aliene dai costumi variopinti con scostumati ombelichi in vista, alette iridescenti e sguardi sprezzanti.
Dalla parte opposta, passi pesanti di scarponi chiodati risalgono il vicolo. Due tozzi soldati dalla pelle marrone e i canini sporgenti si arrestano, ostili, davanti alle nuove arrivate.
La guardiana dagli occhi verdi li affronta, impettita: “Le signorine sono autorizzate a esplorare i sotterranei dalla Luce di Meridian!”.
“Qualcosa in contrario?”, chiede con sfida, pugni sui fianchi, quella dai lunghi capelli biondi.
“Non osate ostacolarle, bestioni!”, incalza l'altra minacciosa, puntando loro addosso un dito come fosse un'arma mortale.
Per un lungo momento si sente la tensione farsi palpabile, poi i due armigeri si ritirano con sguardi risentiti, senza proferir parola.

La vecchia Tagral alza il suo sguardo opaco sulla giovane altissima dalla pelle rosata. “Ma è la principessa Vera?”, chiede fra sé.
Carol l’ha sentita. “Io Vera?”, si stupisce.
“Di che farnetichi, vecchia?”, l'apostrofa la guardiana dagli occhi verdi, “Non l’hai mai vista, la tua principessa? Ce n’è solo una!”.
Tagral china il capo. “Scusatemi… i miei occhi non mi permettono di vedere lontano. Ma mi ricordo bene di com’era il principe Phobos, prima che si isolasse nel palazzo, e la signorina gli somiglia tanto… Così ho creduto che avesse lo stesso sangue”.
La guardiana la squadra per un attimo quasi con compassione, subito cancellata da un ghigno di disprezzo. “Secondo te, vecchia, tutti quelli con la pelle rosata e i capelli biondi sono della famiglia reale?”.
“Guardami!”, incalza l’altra guardiana dai lunghi capelli biondi. “Sono una Escanor, io?”.
Tagral abbassa il capo umiliata e si avvia verso casa sua.
Mentre sale la ripida scalinata intuisce, più che vedere, le strane dame che rientrano imbarazzate nel sotterraneo, seguite dalla loro sinistra scorta e dal clangore rugginoso del cancello che si chiude dietro a loro.
 

Meridian, sotterraneo

Nel sotterraneo, appena dopo la prima svolta, la guardiana Irma afferra Carol per un braccio. “La sorella di Phobos, nientedimeno! Ti sei resa conto, finalmente, dei problemi che hai creato con il tuo rifiuto di cambiare aspetto?!?”.
Cornelia rincara: “Se non mi fossi mostrata così, ora ci sarebbe gente che blatera che Cornelia sei tu! Di qui a dedurre chi sono quelle con te, il passo è breve!”.
“E ci hai costrette a maltrattare la gente per stroncare le voci sul nascere.  Credi che ci divertiamo a fare questo?”.
Detto ciò, entrambe le guardiane svaniscono alla vista.
Carol rimane silenziosa, turbata dall’accaduto, mentre Paochaion, impossessatasi dello specchietto, guida il gruppo lungo i corridoi.
“C’è una buona notizia”, dice la cinesina volgendosi con un sorriso verso le amiche: “La mappa è giusta!”.
 

Meridian, quartiere Trasclovkir

Mentre riprendono il loro pattugliamento per le vie umide e tristi di Trasclovkir, i due tozzi soldati restano chiusi nei loro cupi pensieri per un po’.
Uno dei due butta lì: “Sei silenzioso, Torlor. Stai ancora pensando all’ombelico delle guardiane?”. Ridacchia sguaiato alla sua stessa battuta. “Oscene! Peccato che abbiano quel fisico esile e sgraziato a forma di clessidra! A prova di tentazione!”. Si guarda attorno, e i passanti abbassano il capo intimiditi. “Almeno, la gente orribile di questa città ha il pudore di nascondersi sotto i pastrani, ma…”.
L’altro lo zittisce con una gomitata. “Attento a come parli, Athisok!” gli bisbiglia , “Anzi, attento anche a come pensi! Lo sai bene che il razzismo è vietato quanto bestemmiare il nome della Regina! Vuoi finire ai lavori forzati, così rimbambito da ricordarti a fatica il tuo nome?”.
Il soldato tace, spaventato dalla prospettiva, e distoglie lo sguardo da un passante dal cui saio sporge una vistosa coda da rettile.
Dopo un lungo silenzio, chiede: “E tu, Torlor, a cosa stai pensando?”.
“Alla guardiana, quella tettona. Ritrovarmela davanti così! Non so se mi ha riconosciuto”.
“Avrebbe dovuto?”.
“Durante la rivolta contro Phobos, nella mischia mi trovai faccia a faccia con lei. Sparava raggi contro di noi dai palmi delle mani. Ero a un solo passo. Stavo per trapassarla con la spada, ma qualcosa mi colpì prima che potessi farlo. Non so neanche cosa”. Il soldato tace, mentre la sua grossa mano corre sovrappensiero all’elsa. Ricorda l’umiliazione della cattura, di essere minacciato dai ribelli con la sua stessa spada, dei suoi polsi legati da ruvide corde di canapa. Questa gente gli fece mordere la polvere.
E oggi lo sguardo arrogante della guardiana, risvegliando questi ricordi amari, gli ha fatto rimpiangere più che mai di non aver potuto allungare il suo braccio in quel giorno lontano.
 

  
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