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Autore: Wild Dragon    14/01/2011    2 recensioni
Questa è una Fan Fiction ambientata nel periodo di massimo splendore dei Cavalieri. Tratta della storia di Brom e Morzan: come si sono incontrati, voluti bene, separati e scontrati.
Oromis disfece il fagotto rivelando due rilucenti uova di drago. Le uova catturarono all'istante i riflessi del sole, brillando come pietre preziose. Una era blu oltremare, mentre l'altra rosso sangue.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Brom, Galbatorix, Selena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Scelta

Morzan si fermò davanti all'uscio di casa. Era scappato via il giorno prima, ma non era tornato per restare.

Fece un profondo respiro e si passò una mano fra i capelli. Era tremendamente nervoso: l'aspettativa di affrontare suo padre era assai spiacevole. Ma lo doveva fare, non era un codardo.

Bussò esitante ed attese.

Johanna venne ad aprirgli e quando lo vide lasciò trasparire tutto il suo stupore. 

"Non fare domande." intimò Morzan  all'istante. Johanna serrò la bocca spalancata e lo fece passare.

Il giovane entrò, ben attento a fare il meno rumore possibile: Gunner ci sentiva meglio di una lepre.

Salì lentamente le scale e si ritrovò al piano di sopra. Da una finestra spalancata entrava un grande fascio di luce, nel quale turbinavano granelli di polvere. In un angolo stava un comodino con una lampada sopra ed al centro vi era un tavolo rustico affiancato da due sedie. Due porte di legno interrompevano uno dei muri bianchi.

Morzan infilò una delle porte e si ritrovò nella sua modesta camera arredata da un letto, un armadio dalle ante intagliate e delle mensole ricolme di oggetti affisse alle pareti. Sopra al suo letto c'era una finestra socchiusa.

Il giovane recuperò degli abiti puliti e si cambiò. Da una mensola, prese un coltello la cui lama - avvolta da una fodera di pelle - misurava poco meno di un palmo. Il manico era di legno finemente lavorato. Morzan se lo infilò nello stivale e con un ultima, fugace occhiata alle sue spalle, uscì dalla stanza e tornò al piano di sotto. Scese una seconda rampa di scale e sbucò nella piccola armeria personale di Gunner. Quattro spade erano appese ad una rastrelliera attaccata alla parete di pietra ed un manichino di legno indossava un'armatura degna di un guerriero glorioso. Radunate di un barile stavano alcune lance dalla punta accuminata rivolta verso l'alto. 

Gunner aveva una vera e propria passione per le armi, una delle poche cose che il figlio aveva ereditato da lui assieme allo strabiliante talento per il combattimento.

Morzan si impossessò di un arco, una faretra e qualche freccia. Aveva la tentazione di portarsi via qualcos'altro, giusto per farsi beffe di suo padre, ma si trattenne.

Tornò al piano terra. Dopo una breve esitazione, entrò in salone. Gunner era seduto in una poltrona di velluto violetto, lo sgaurdo immerso fra le pagine di un libro. Morzan lo fissò immobile e suo padre alzò lo sguardo su di lui. Non sembrava nè sorpreso nè furioso: semplicemente impassibile.

Per quasi un minuto, fu una lotta di sguardi. L'uno tentava di intimorire l'altro facendolo abbassare gli occhi, pur sapendo che era inutile. Altra caratteristica che avevano in comune: l'orgoglio.

"Vado via." Morzan ruppe quelsilenzio ostile ed opprimente, la voce calma e risoluta.

"E dove andrai?" domandò Gunner indifferente. La cosa sembrava non toccarlo minimamente. O forse davvero non gli importa, pensò il ragazzo con amarezza. "Ad Ilirea." rispose. "Lì potrò finalmente farmi una vita."

"E che vita pensi di farti tu, da solo, a quattordici anni?" lo schernì il generale.

"Di certo una migliore di questa." la voce di Morzan era fredda e tagliente.

Contro ogni logica aspettativa, Gunner scoppiò a ridere. Una risata fragorosa che non aveva nulla di allegro, solo cupa ironia. Morzan era congelato al suo posto, basìto.

"Una vita migliore, eh?" commentò Gunner fra le risate. "Una vita migliore! Cosa mai ti ho fatto mancare, eh? Da quando la malattia ci ha portato via tua madre, mi sono assicurato che non ti mancasse niente, e niente ti è mai mancato. Hai un tetto sopra la testa, cibo e acqua, abiti puliti, un maestro che ti insegna la storia ed un insegnante di scherma. Cosa ti manca, eh?" la sua era una pura sfida a rispondere.

"Mi manca un padre!" urlò Morzan. "Mi manca una famiglia! Tu mi hai sempre trattato come un insetto, come una mosca fastidiosa che ronza nella tua vita di guerra, gloria ed onori. Non mi hai mai riconosciuto niente di quello che facevo. Niente!" riprese fiato, gli occhi colmi di rancore.

Gunner fece una smorfia. "Sei indisciplinato, Morzan. Non mi ubbidisci mai e ti ostini a fare di testa tua come una capra. Con te ci vuole e ci è sempre voluto il pugno di ferro."

"Il pugno di ferro!" gridò il ragazzo fuori di se. Tutte quelle parole taciute per anni finalmente venivano a galla. "Tu mi soffochi con la tua stramaledetta autorità. E' sempre stato così. Ed io non sono ai tuoi ordini, padre!"

"Sei un figlio. Devi solo rispettarmi ed ubbidirmi."

Morzan liberò una nuova andata di ira con un grido. In uno scatto, colpì la lampada ad olio, la quale rovinò fragorosamente a terra. Voltò le spalle a suo padre e si avviò verso la porta.

"Te ne pentirai, Morzan." disse Gunner. "Te ne pentirai. E non osare tornare."

"E chi tornerebbe mai..." ringhiò a bassa voce Morzan. Uscì di casa e si allontanò senza mai voltarsi indietro, senza degnare la casa in cui era nato e cresciuto di un altro sguardo. Voleva solo cancellare il suo passato e costruirsi un futuro. Senza mai più tornare indietro.

  
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