CAPITOLO 7
Vederlo andare vi insieme ad Okita, nonostante sapesse benissimo dove e cosa andasse a fare, non la fece stare meglio.
Lasciarla al tempio, sebbene la sapesse al sicuro, non gli dava pace.
Erano talmente tanto abituati a stare vicini che adesso, che Sano era
riuscito ad ammettere con sé stesso ciò che provava per
Gin, che avevano confessato l'un l'altra i propri sentimenti, che
formavano una coppia, lo stare separati era loro impensabile ed
insostenibile.
E lo si leggeva chiaramente sui loro volti.
Sano arrivò nel cortile al fianco di una Gin mesta, mano nella
mano, incuranti delle occhiate di chi stava loro attorno, occhiate in
cui avrebbero letto stupore (Kyo), compiacimento (Souji),
preoccupazione (Amagiri). Qualcuno, Kazama, osservava il tutto con
apparente indifferenza, sebbene gli occhi cremisi scrutassero quelle
dita intrecciate e la coppia in cerca di qualche neo e redarguissero
Sano dal far soffrire la ragazza.
- Fate attenzione...
- Sta tranquilla, principessa – fu il commento di Sano mentre abbracciava la ragazza.
- Sano... portatemi con voi
- No, piccola. Devi riposare. Ti sei ripresa da poco da quella brutta
ferita – le disse, per poi aggiungere, soffiandole nell'orecchio
e facendola arrossire – e stanotte non ti ho lasciata riposare
molto.
- Ehilà, piccioncini!!! - fu il richiamo di Souji, accompagnato
da una lieve risata – abbiamo capito tutti che non volete
separarvi... adesso salutatevi che altrimenti facciamo tardi.
Il colorito di Gin si fece di un bel bordeaux, mentre Sano si
affrettava a montare a cavallo. Poi, sporgendosi verso la giovane,
l'afferrò sotto le braccia e sollevandola lievemente da
terra l'attirò a sé, baciandola.
- Ci vediamo tra pochi giorni. - le mormorò, mentre la rimetteva giù.
- Mi farai cadere tutti i denti dal troppo zucchero, Sano... - fu il
commento di Souji, gli occhi rivolti al cielo, mentre ridacchiava in
maniera spudorata.
- Prendimi pure in giro, Souji... tanto prima o poi ci sarai tu al mio
posto, ed allora vedrai – fu la risposta di Sano, accompagnata da
una pacca sulle spalle dell'amico.
- Sì, come no......aspetta e spera... Non preoccuparti, Gin, te
lo riporto tutto intero – le disse Souji, scompigliandole i
capelli.
Aveva perso il conto delle volte in cui si era chiesta che cosa
cavolo ci stesse facendo li, come diavolo ci fosse finita e per quale
accidenti di motivo suo padre, per salvarle la vita, l'aveva affidata a
quel bestione rozzo e con l'indole del comico di infima categoria
abbigliato con quel ridicolo cencio azzurro e bianco, il cui unico
pregio era mettergli in evidenza quei meravigliosi occhi blu, sempre
pieni di ironia e sarcasmo.
- Muovetevi, milady. O arriveremo a destinazione quando la katana mi
servirà come bastone da passeggio ed i vostri capelli saranno
tutti bianchi. Ed a quel punto mi toccherà pure prendervi in
moglie.
- Oh. Mio. Dio.
- Sapevo di fare un certo effetto alle donne, ma da qui al definirmi Dio... - fu la risposta dell'uomo.
- Idiota di uno Shinsengumi. - borbottò la giovane.
- Mocciosa piena di boria.
- Scimmione arrogante.
- Ehilà, Shinpachi, vedo che non hai perso il tuo tocco magico con le donne...
L'uomo si voltò di scatto, ignorando la giovane in sua
compagnia, appollaiata su una roccia alta, dove era salita,
rintanandosi dietro un'altra pietra, al solo scopo di sfuggire
all'attacco di quegli esseri abietti che li avevano circondati.
- Okita?! - fu l'esclamazione stupita del ragazzone dagli occhi azzurri, che si slanciò contro l'amico.
- Che diavolo ci fai qui? E... Sano?!
- Eccomi, Shinpa – disse l'altro, smontando da cavallo e raggiungendo l'altro, ricoprendolo di pacche sulle spalle.
- Che ci fate qui? Mi era giunta notizia della morte di entrambi. -
partì a raffica Shinpachi, abbracciando gli amici, stritolandoli.
- In un certo senso lo siamo...
- Che vuoi dire?
- Scusate... - cercò di insinuarsi nei discorsi la voce della ragazza.
- Vieni con noi e lo saprai – fu la risposta sibillina di Souji.
- Come? Che significa?
- Devi venire con noi, Shinpa.
- Scusate... - intervenne nuovamente la giovane.
- Ma non posso... non così... devo consegnare un pacco...
- Pacco ci sarai tu, stupido testone troppo cresciuto – fu la
sparata della ragazza in una lingua a loro sconosciuta, cosa che
attirò su di sé l'attenzione dei tre uomini.
- Che ha detto? - chiese Sano, grattandosi la testa.
- Non ne ho idea, ma ho come l'impressione che sia incazzata con Nagakura. - rispose Souji.
- E perché con me? Che ho fatto di male?
- Shinpachi no baka!!!! - fu l'urlo irato della giovane, che nella
foga, sollevate le vesti di fattura occidentale, scivolò
giù dalla roccia su cui aveva resistito fino a quel momento,
ritrovandosi in caduta libera ad atterrare su Okita, gettandolo a terra
e finendo sdraiata su di lui.
Subito dopo l'impatto, prima del quale aveva chiuso entrambi gli occhi,
sollevò una palpebra con aria sofferta, aspettandosi una
ramanzina coi fiocchi. Si trovò davanti il più bel paio
di occhi verdi che avesse mai visto, illuminati di malizia;
quest'ultima increspava anche la bocca che si trovava pericolosamente
vicina alla sua.
- Chibi-chan... lieto di fare la vostra conoscenza. - le disse quel
serpente dagli occhi incantatori, mentre con le braccia le circondava
la vita impedendole di allontanarsi da lui.
- Souji, piantala... è la figlia dell'ambasciatore britannico.
- E allora? - chiese l'altro, continuando a fissare la giovane, divertendosi a vederla arrossire.
- Ehi... è una ragazzina. Piantala – intervenne Sano, strappandogliela letteralmente dalle braccia.
- Signorina, io sono Harada Sano ed il giovane pervertito che vi ha afferrata al volo è Okita Souji.
La ragazza lo guardò imbarazzata, per poi sorridergli timidamente.
- Virginie... Virginie O'Connelly.
- Nome poco inglese, Chibi-chan.- fu l'intervento di Souji, che ne ricevette in cambio un'occhiatacia inceneritrice.
- Mio padre è irlandese e mia madre è francese. E' a lei
che debbo il mio nome di battesimo. - rispose la giovane, tornando a
guardare Sano.
- E che ci fa una fanciulla come voi in compagnia del mio rozzo amico? - chiese Sano, cercando di metterla a suo agio.
- E' il pacco che deve consegnare, vero Shinpachi?
- Non sono un pacco, testa di legno! - fu la risposta indignata della ragazza.
Okita si trovò a studiarla attentamente.
I lunghi capelli mossi in morbide onde, di un caldo colore castano
scuro, ora scompigliati a causa della fuga dai loro inseguitori e della
caduta, incorniciavano un volto delicato illuminato da due occhi scuri,
profondi e vellutati, molto espressivi, in netto contrasto con la
carnagione chiarissima, la qual cosa nella cerchia dei figli degli
amici di suo padre, il “Signor” ambasciatore, le era valso
il nomignolo di Shirayukihime, ovvero Biancaneve, cosa che la mandava
in bestia.
- Sapete, se foste meno selvatica sareste carina – disse Okita
alla ragazza, la quale arrossì vistosamente, facendolo scoppiare
a ridere.
- Non posso crederci... avete la lingua velenosa ed arrossite come una
pudica verginella – le disse Souji, avvicinandolesi ed
afferrandole una ciocca di capelli tra le dita.
- Forse perché lo sono, stupido.
Quando si rese conto di cosa aveva appena detto, si voltò dando
le spalle al ragazzo, coprendosi il volto con le mani. Ma il rossore
delle orecchie e del collo ne indicavano chiaramente l'imbarazzo
titanico di cui era preda.
- Sai, Chibi-chan – le disse, abbandonando il tono formale,
sfiorandole ancora i capelli – devo correggermi: sei proprio
carina.
Gli altri due uomini lo guardavano tra lo stupito e l'incredulo.
- Souji... Shirayukihime – la reazione di Virginie, che si
voltò di scatto verso Shinpachi, fulminandolo con lo sguardo,
costrinse l'uomo a correggersi.
- Ahem... volevo dire... Lady Virginie ha solo sedici anni quindi
potresti avere un po' più di riguardo nei suoi confronti, non
credi?
Sano guardò i due compagni socchiudendo gli occhi, per poi
portarli sulla giovane che in quel momento si stava fissando la punta
delle scarpe.
- Sedici anni... venti... ventisei... è pur sempre una donna...
suppongo sappia cosa sia la verginità e come si faccia a
perderla... anche se la chiamano Shirayukihime – fu la risposta
strafottente di Souji che, dovette ammetterlo con sé stesso, si
divertiva un mondo a mettere in imbarazzo la giovane europea.
Virginie iniziò a schiumare rabbia: la frase del ragazzo le era
giunta chiara alle orecchie nonostante Sano avesse cercato di
tappargliele con le proprie mani.
- Tu... brutto... brutto...
- Brutto? Dato il successo che ho con le donne non credo tu possa
definirmi tale... altri nomignoli, Chi-bi-chan? Via su... un po' di
fantasia...
La ragazza gli si fece incontro con gli occhi che sprizzavano lampi, le
mani stretta alla gonna voluminosa, il mento alto, mentre lo guardava
con aria di sfida.
- Siete solo un pallone gonfiato. Certo, siete di bell'aspetto, non lo
nego, ma l'arroganza che accompagna ogni vostra parola ed ogni vostro
gesto... le insinuazioni offensive e gratuite che riservate a chi non
conoscete... beh, vi rendono alquanto sgradevole non solo da
sopportare, ma anche da vedersi...
- Lady Virginie... - cercò di intervenire Shinpachi, bloccato da una mano e dall'occhiata di Sano.
Souji, nel frattempo, la osservava con un sopracciglio inarcato, sorridendo sornione.
E fu quel sorriso a farle desiderare di prenderlo a schiaffi. Ma non lo fece. Sono pur sempre una signora, si disse.
- Prendete la vita molto poco seriamente... dovreste solo vergognarvi.
Siete sempre pronto a mordere e a ritirarvi, proprio come i serpenti...
e per quanto la bellezza dei vostri occhi possa ipnotizzare, facendo di
voi un serpente incantatore, sempre pronto a stritolare la preda nelle
proprie spirali, per poi mangiarla in un sol boccone, vi garantisco che
IO sarò la vostra mangusta.
- E' una dichiarazione di guerra, la tua, Chibi-chan? - le chiese
il giovane, abbassando il volto all'altezza di quello di lei per
guardarla negli occhi.
- Sbagliato... Voi avete dichiarato guerra a me... io vi ho solo
preannunciato la mia intensione di combatterla e di uscirne vincitrice.
- Vedremo, Shirayukihime.
- Vedremo, Hebi-zukai-san. (serpente incantatore)
I due si fissarono negli occhi, quelli di Virginie decisamente
belligeranti, quelli di Souji interessati a quella strana ragazza, dal
carattere dalle molteplici sfaccettature e dai molti contrasti.
La voce Di Sano interruppe il silenzio.
- Shinpa... dove devi condurla?
- A Edo
- Non credo vi sarà possibile. L'esercito imperiale ha chiuso
ogni accesso alla città. Se la condurrai lì morirete
entrambi.
- Sano, ne sei certo?
- Nessun dubbio.
- Merda! - fu l'esclamazione di Shinpachi, che un attimo dopo si stava
stiracchiando le braccia, tenendole piegate dietro la testa.
- Vorrà dire che dovremo venire con voi...
- Nagakura-san...
- Non preoccuparti Chibi-chan, con noi sarai al sicuro. Quando le acque si saranno calmate ti porteremo a destinazione.
Virginie guardò Souji con sguardo vacuo, mentre nella testa le
si affollavano le immagini dei suoi genitori nel momento in cui la
affidavano a quel ragazzone affinché la allontanasse dal
pericolo incombente.
Li avrebbe più rivisti?
- Ehi, Chibi-chan... - fu la reazione di Souji quando vide le lacrime iniziare a bagnarle il volto.
E sotto lo sguardo stupito di Sano e Shinpachi, si trovò a stringersela delicatamente contro.
- Gin, mi hai mandata a chiamare?
La giovane si voltò, ritrovandosi ad incrociare gli occhi
più gialli che avesse mai visto, incastonati in un volto
sottile, dal carnato niveo, circondato da una cascata di capelli lisci,
lunghissimi, di un sorprendente azzurro chiaro
- Raiseki!
Gin pronunciò il nome della giovane con immenso affetto, abbracciandola.
- Come stai? Ho saputo a cosa hai dato il via...
- Non potevo fare diversamente.
- Lo so. Lo ami. E ti ammiro per il coraggio che stai dimostrando.
- Grazie, amica mia. - le rispose Gin, afferrandole una mano, che
l'altra strinse, sorridendole con calore, cosa che, agli occhi di chi
non fosse stato a conoscenza del rapporto tra le due, avrebbe avuto
dell'incredibile. Qualcuno avrebbe addirittura gridato al miracolo.
- Allora, dimmi tutto...
- Ho bisogno di te... di un favore...
- Tutto quello che vuoi.
- Dovresti trovare Saitou Hajime e condurlo da me. Il più rapidamente possibile.
La mente di Raiseki fu invasa dall'immagine di un ragazzo dai capelli
nero-blu, il volto fiero, in cui trovavano posto due occhi azzurri,
imperturbabili, freddi, in grado di trapassarti l'anima.
- Saitou... Hajime?
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Dedico il capitolo a Virginia, per avermi ispirato Virginie, e ad Ayako, per avermi aiutato a focalizzare Raiseki.
"Regalo" quindi ad entrambe questi due personaggi.
Grazie, ragazze ^__^