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Autore: hotaru    15/01/2011    1 recensioni
Ormai il mazzo a disposizione di Sakura era piuttosto consistente, ma qualche minuto dopo Shaoran l'aveva spezzato e lei aveva distribuito le Carte. Come l'altra volta, in cima c'erano le tre prescelte, tutte voltate.
Sakura girò la prima.
La Carta dell'Ombra.
Poi la seconda.
La Carta del Silenzio.
E la terza.
La Carta della Sparizione.
"Ombra, Silenzio e Sparizione..." mormorò Sakura "Che cosa vogliono dire?".
[Cross-over di Cardcaptor Sakura, Sailor Moon e Naruto]
Prima classificata al contest "Alice nel Paese di..." indetto da Fabi_Fabi e quarta classificata al contest "La Morte, la mia compagna" di Diana 21
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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5- Garofani selvatici Garofani selvatici


Hotaru sapeva che Chibiusa non era cosciente di ciò che in realtà stava facendo. Ma il fatto che lo portasse avanti con tanta determinazione significava che era pronta. In fondo, se non sai dove stai andando, qualunque strada ti ci porterà, no? In un certo senso, quella strana bambina si stava dando pace da sola.
Una notte, poco prima del punto di rugiada (¹), mentre aspettavano pazienti e Chibiusa accarezzava il suo cavallo, Hotaru chiese:
- Da quanto tempo hai questo cavallo? -.
- Dall'anno scorso. È arrivato come regalo dei miei genitori per il mio compleanno, e ci siamo intesi subito – l'animale scrollò la criniera, come a confermare le parole della padrona – Mi dispiace solo non averlo visto quando era un puledrino. Doveva essere dolcissimo -.
Hotaru annuì. E così, dopo nemmeno un anno che la conosceva, quel cavallo aveva deciso di seguirla ovunque. Anche nel dopo.
La osservò alzarsi, così elegante in quel lungo vestito bianco, e andare a controllare l'erba della radura.
Non era la prima bambina che incontrava. Ma quel suo credere fermamente in ciò che narravano le fiabe e l'attaccamento di quel cavallo che non aveva smesso un istante di starle vicino, prendendo a poco a poco le sembianze di un unicorno alato, la facevano sembrare davvero la principessa di qualche regno lontano.
- Hotaru! Vieni, si sta formando la rugiada! -.
- Arrivo – rispose lei, afferrando la falce che per un istante rifletté la luce della luna, un po' più grande e luminosa rispetto alla sera prima.


Anche se entrarono dalla porta principale suonando il campanello, con la scusa che la madre di Tomoyo era stata in affari con la famiglia Chiba, Sakura si eclissò prima ancora che i suoi amici venissero condotti in un'altra stanza dalla cameriera.
Si nascose a fianco di un grande orologio a pendolo, sfruttando poi il potere della Carta della Sparizione per rendersi invisibile e potersi muovere per quella grande casa senza problemi. Chiuse gli occhi, concentrandosi, e immediatamente le sue narici si riempirono di un dolcissimo ma delicato profumo, che non aveva nulla a che fare col mazzetto di fiori che stringeva in mano.
Provò a seguirlo, salendo le scale, e non appena svoltò in un corridoio quella strana fragranza si fece immediatamente più intensa. Camminò più in fretta che poté, fino a raggiungere una porta chiusa il cui legno sembrava impregnato di quell'odore.
La aprì lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, e si infilò nella stanza richiudendosi subito l'uscio alle spalle. Si ritrovò in una camera da letto immersa nella penombra, con le tende tirate e l'aria pesante. Quello strano profumo si mescolava all'odore di diversi medicinali posati sul comodino, facendole girare la testa.
C'era qualcuno, nel letto. Qualcuno che dormiva profondamente, coi biondi capelli sciolti sul cuscino come un'aura d'oro. E lì accanto, come a vegliare su di lei, era seduta una ragazza dagli occhi simili a quelli di un fantasma. Occhi così chiari da sembrare bianchi.

- È sicuro che non disturbiamo? - chiese Tomoyo, dopo aver ringraziato la cameriera che aveva servito il té.
- Certo che no. Anzi, la tua visita mi fa molto piacere. La signora Daidouji mi aveva detto di avere una figlia, ed è un peccato che non ci sia mai stata occasione di fare la tua conoscenza – rispose un bell'uomo dai capelli neri e gli occhi chiari ma stanchi – Non avrei mai immaginato che fossi tra le classi in visita qui -.
- Anche mia madre mi aveva parlato di lei, signor Chiba, e di questo posto. Diceva che è meraviglioso e che le sarebbe piaciuto passarci qualche giorno di vacanza... purtroppo non ha quasi mai tempo libero, quindi credo non sarà possibile -.
- È un vero peccato. Ed è una fortuna che tu sia riuscita a venire qui con la scuola, di certo con i tuoi amici ti divertirai molto. Voi due venite dalla Cina? -.
Shaoran e Meiling, un po' a disagio in quel clima formale, non appena si accorsero di essere stati interpellati fecero un salto sulla sedia. Poi annuirono, leggermente imbarazzati.
- Sì, da Hong Kong – aggiunse Meiling.
- Oh, Hong Kong. Bellissima città, ci vado spesso per affari -.
- Dice davvero? -.

- Sei tu... - mormorò Sakura, gli occhi fissi su quella ragazza dai lunghi e setosi capelli neri che la guardava tranquillamente. Quando si accorse del mazzetto che lei teneva in mano, le indicò il comodino accanto al letto, su cui era posato anche un vasetto di vetro bombato.
Sakura lo notò, e quando lo prese la ragazza le fece segno di andare nella stanza adiacente. Quando vi entrò, Sakura si accorse che era un piccolo bagno: riempì il vasetto d'acqua e lo riportò sul comodino, sistemandovi i garofani selvatici che aveva colto con Tomoyo. L'intera operazione richiese qualche minuto, eppure non le sembrò affatto di stare perdendo tempo.
Mentre terminava di accomodare i fiori, lo sguardo le cadde su un foglietto colorato lì accanto. Guardò meglio, e si rese conto che era una foto: la foto di una bambina a cavallo, con grandi occhi scuri e i capelli vaporosi schiacciati dal casco. Probabilmente la figlia della donna, Chibiusa.
Anche se a occhio umano Sakura risultava invisibile, quella ragazza la stava guardando senza problemi, sorridendole dolcemente.
- Quindi tu sei il secondo spirito... chi sei? Voglio dire, come ti chiami? - le domandò Sakura.
Lei non rispose, inclinando leggermente la testa.
- Noi abbiamo già... cioè, Kerochan ha già incontrato Luna -.
- Kerochan? - chiese lei, parlando per la prima volta, con una voce soave come un velo trasparente – Vuoi dire Kerberos? -.
- Sì, proprio lui – annuì Sakura.
- Stai tranquilla – disse la ragazza – Andrà tutto bene: stanotte c'è la luna piena e Hotaru sa cosa deve fare -.
- Hotaru? È l'altro... l'altro spirito? -.
Lei annuì.
- Anche questa donna troverà finalmente pace – continuò, guardando la signora addormentata per effetto dei sonniferi – In fondo ci vuole tempo, per sciogliere un groviglio -.
- Ma tu... -.
La porta si spalancò facendo voltare di scatto Sakura, per un attimo scordatasi di essere invisibile.
- Che strano... e dire che mi era sembrato si sentire qualcuno... -.
Un uomo entrò, seguito da una donna in divisa bianca, e da come tastò il polso della donna Sakura pensò che dovesse essere un medico.
- Bene, almeno ora è tranquilla. Infermiera, quando si sveglia le faccia prendere delle vitamine. Non le farebbe male uscire ancora un po': dopo cerchi di convincerla – bisbigliò l'uomo.
L'infermiera annuì, sistemando le scatole di medicinali sul tavolino.
Sakura si rese conto che con quei due nella stanza non le sarebbe stato possibile parlare ancora con lo spirito, che non sembrava avere alcuna intenzione di abbandonare il capezzale della donna. Rassegnata, fece per voltarsi verso la porta, quando con la coda dell'occhio vide la ragazza alzare un braccio, indicando se stessa con una mano. Muovendo piano le labbra, pronunciò silenziosamente quelle che sembrarono tre sillabe.
Sakura non poteva dire di saper leggere il labiale, e di certo non aiutava il fatto che la stanza fosse immersa nella penombra. Tuttavia avrebbe giurato che quello che la ragazza aveva mimato con le labbra fosse un suono decisamente simile a "Hi-na-ta".


- Sì, è proprio lei! - confermò Kerochan – Hinata, un altro dei tre spiriti della Carta. E Hotaru è il terzo -.
- Com'è che d'un tratto sei così sicuro? Se non te l'avessi detto io, non te lo saresti mai ricordato – osservò Sakura.
- Dettagli, mia cara. L'importante è che adesso sappiamo -.
- Ma perché... - Shaoran aggrottò le sopracciglia – Se sono la Carta della Morte, perché hanno dei nomi legati alla luce? -.
- Ehi, è vero! - fece Sakura.
- Già – annuì Kerochan, per poi sorridere piano.
Hotaru. Hinata. Luna. (²)
- Se Yue fosse qui, vi chiederebbe perché pensate che la morte debba essere inevitabilmente associata al buio. Voi umani ragionate sempre allo stesso modo -.
- Che cosa vuoi dire? - chiese Sakura, stupita, mentre Shaoran gli lanciava un'occhiata interrogativa.
Kerochan emise il sospiro di chi deve dare la più elementare delle spiegazioni.
- Che la notte è buia, giusto? E questo significa che la luna non dovrebbe splendere? -.
Sakura e Shaoran lo guardarono in silenzio, assorti. All'improvviso, a Sakura venne in mente un'altra cosa.
- A proposito di luna... quella ragazza- Hinata- ha detto che stanotte ci sarà luna piena e che... Hotaru sa cosa deve fare – aggrottò le sopracciglia, meditabonda – Ma che significa? -.
Kerochan le lanciò un'occhiata bieca.
- Adesso chi è che si dimentica i dettagli? Pensavi di aspettare un altro po' a dircelo? -.
- Ehi, senti, io di questa storia non ho ancora capito niente! -.
L'espressione di Kerochan si fece all'improvviso molto più grave.
- Sai Sakura, ti ho già detto che questa Carta non è affatto violenta se lasciata in libertà, ma non è solo questo... - mormorò – Può provare... può anche provare un'immensa pietà -.
- Pietà? - chiesero Sakura e Shaoran, all'unisono.
- Proprio così -.
Sakura non rispose, ma all'improvviso rivide gli occhi di Hinata, l'unico spirito che aveva visto. Occhi che a prima vista sembravano spaventosi, ma che erano in realtà pieni di compassione. E il modo in cui stringeva la mano di quella donna era così... affettuoso, che sperava davvero potesse riuscire a fare qualcosa per farla stare meglio.


Quando aprì gli occhi e vide quel tocco di colore nel vasetto sul comodino, si chiese se non fosse stata proprio la sua bambina a portarle quei fiori. Perché avevano lo stesso colore dei suoi capelli, e quasi lo stesso profumo. Diede retta all'infermiera che le suggeriva di andare a fare quattro passi solo perché voleva ammirarne il colore fuori, alla luce del sole. Quel sole che la sua bambina non avrebbe più rivisto.
Durante quei due giorni di coma all'ospedale, eterni eppure brevi come un battito di ciglia, non aveva fatto altro che parlarle, cantandole tutte le sue canzoni preferite e leggendole i suoi libri di fiabe.
Arrivata alla pagina di "Comare Morte", era stata davvero tentata di pregare ad alta voce la morte di mettersi accanto alla testa della sua bambina, e di non portargliela via.
Dopo il funerale si era maledetta per non averlo fatto, dandosi della stupida perché non aveva tentato anche quello.
Non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato, da allora. Non era neanche del tutto sicura che il tempo avesse ripreso a scorrere davvero: che motivo avrebbe avuto? Il tempo si era fermato, perché la sua bambina non avrebbe mai compiuto otto anni.
Eppure... eppure quando la psicologa le aveva chiesto se lei si era sentita sola, in quei due mesi, si era ritrovata a risponderle di no. La dottoressa aveva annuito, pensando di certo che si stesse riferendo al supporto del marito, ma in realtà non era così. Usagi non si sentiva sola, perché in qualche modo sapeva che accanto a lei c'era sempre qualcuno. Qualcuno che non le parlava nemmeno, ma c'era. E sentiva che le teneva una mano, e ascoltava le sue lacrime.
Ed era sufficiente.




(¹) Il punto di rugiada è la temperatura alla quale l'aria è satura di vapore, quindi il momento della notte in cui si forma la rugiada.
(²) "Hotaru" significa "lucciola", "Hinata" "luogo soleggiato" e "Luna"... beh, lo sapete. ^^






La frase tratta da "Alice nel Paese delle Meraviglie" che dovevo inserire è "Se non sai dove stai andando, qualunque strada ti ci porterà". La trovate all'inizio, fra i pensieri di Hotaru.


   
 
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