*
Kurt si
passò il pettine fra i capelli per l’ennesima
volta,ci spruzzò ancora un po’ di lacca.
Doveva essere
perfetto.
Certo, secondo
le sue regole, lui doveva essere sempre e comunque pettinato e vestito
alla perfezione senza trascurare neanche un minimo dettaglio nel suo
abbigliamento. Oggi però, doveva esserlo ancora di
più. Oggi, infatti, avrebbe dovuto adattare la sua figura a
una divisa blu con i bordi rossi uguale a quella di centinaia di altri
studenti, idea che non gli piaceva un granchè. Era il prezzo
da pagare per sentirsi finalmente al sicuro a scuola.
Che conto
salato, mi stava così bene l’ultimo giacchino in
maglia che ho comprato.
Posò
il pettine nel tavolino davanti a lui, sopra il quale stava uno
specchio rotondo appeso al muro.
Si alzò, prese la sua cartella in cuoio e se la mise a
tracolla, prese le chiavi dell’auto e si diresse verso le
scale che portavano all’esterno, quando, voltandosi,
si vide nello specchio a figura intera al centro della
stanza.
Come era diverso senza i suoi preziosi abiti, spesso appariscenti (e
aspramente criticati), non era lui, non si sentiva lui senza di essi.
Quel cambio di
vestiario (quell’improvviso cambio di
vestiario) e il modo in cui lo faceva sentire gli aveva fatto pensare
che da quel momento in avanti, la vita sarebbe stata diversa, avrebbe
preso un’altra rotta, una rotta sconosciuta di cui non
conosceva i rischi e gli imprevisti.
Suvvia, in
fondo si trattava solo di un trasferimento, un sacco di persone lo
hanno dovuto affrontare e non è mai morto nessuno insomma!
Provava a
calmare il ritmo del suo respiro ripetendo queste parole nella sua
mente. Niente. Il suo piccolo cuore non voleva proprio saperne di
battere più lentamente.
Una valanga di
ricordi gli riaffiorarono alla mente.
Tutto quello
che aveva passato l’anno precedente, lo aveva cambiato. Il
Glee, far parte della squadra di football, avere degli amici
(un’amica speciale come Mercedes), essersi mostrato per
quello che era, ai suoi amici e a suo padre, senza più
negarsi di essere quello che era, e… FINN, dannazione, Finn.
Sarebbe
riuscito a lasciarsi alle spalle tutto questo? A intraprendere nuove
battaglie in un nuovo ambiente? A prendere il coraggio a due mani?
Coraggio.
Quella singola
parola comparve nella sua mente, occupandola tutta, come un dolce
profumo occupa una stanza. Non era solo. Kurt sorrise e
arrossì pensando allo sguardo rassicurante di Blaine che lo
aspettava. Non era solo.
Spostò
di nuovo lo sguado sullo specchio, era vestito come lui e la cosa lo
fece stranamente ridacchiare.
Strinse il
mazzo di chiavi nel palmo e uscì dalla sua stanza,
salutò suo padre e salì in auto cercando di non
pensare a nulla.
Don’t
ever look back Don’t
ever look back
Si
guardò nello specchietto retrovisore, sorrise al suo
riflesso e mise in moto.
*
Quindici minuti
dopo era già arrivato, la scuola non era ne troppo lontana
ne troppo vicina.
Le nove meno
cinque. In perfetto orario.
Parcheggiò l’auto nello spazio riservato agli
studenti (un parcheggio riservato esclusivamente agli
studenti? Che classe!) e guardò fuori.
Era
lì, la Dalton Accademy che lo attendeva.
Erano
lì, i suoi nuovi compagni.
A che serviva
aspettare? Scese dall’auto e a passi veloci si diresse verso
l’ingresso. In meno di un attimo si era già
amalgamato a quel gran scorrere di giacche blu. Era stato troppo facile.
Aveva
già percorso quei corridoi prima d’ora, ma era in
veste di spia, tutto quello che aveva dovuto fare era seguire gli altri
e cercare di rubare qualche informazione sui Warblers.
Certo, per poi essere scoperto subito, fallendo miseramente la
sua missione… ma ora questo non c’entra e non
è importante ora. Ora
però, si trovava un foglietto in mano, pieno di numeri,
lettere, nomi di materie abbreviate (cosa accidenti era G-AST?!?!?)
e soprattutto non sapeva minimamente da che parte andare.
Sentì
una mano sulla spalla.
“Hey! Finalmente ti ho trovato, ragazzo nuovo!”
Il viso
sorridente di Blaine lo rincuorò, oggi i suoi capelli si
erano ribellati a gel e un ricciolo si era staccato dal gruppo, segno
che i capelli stavano crescendo o che oggi Blaine non doveva aver fatto
molta attenzione mentre si pettinava, questa era una mancanza che Kurt
poteva perdonargli, solo perché era Blaine però!
“Mmh..”
disse “Fammi un
po’ vedere” prendendogli il foglietto con
l’orario.
“Ah
fantastico! Allora, alle prime due ore abbiamo inglese e sei capitato
con Mr Wright che insegna anche a me, vedrai ti piacerà,
seguimi”
Percorrevano il corridoio insieme (un corridoio veramente immenso)
e Kurt si rese conto di non aver ancora detto una parola da quando era
entrato.
“Nervoso?” disse Blaine come se avesse sentito i
suoi pensieri.
“Solo
un po’” rispose Kurt e sorrise timidamente.
“Dai non devi preoccuparti” sorrise anche lui. Che
carino!
“Ecco,
l’aula è questa, dai entriamo.”
*
La giornata
passò velocemente senza che Kurt si facesse notare troppo.
L’ambiente
in quella scuola era così… diverso?
Nessuna spinta nei corridoi, nessuna rissa fra
cheerleders, niente Karofsky e, oddio, niente più granita-in-faccia-delle-dodici!
Gli sarebbero mancate queste cose? No, non direi.
Quello che gli
mancava erano le conversazioni agli armadietti con Mercedes.
Mmh.. se solo
avesse usato gli ultimi giorni in cui era al McKinley per andare al
bowling con lei invece che uscire con Blaine. Ora lui
l’avrebbe visto tutti i giorni. Se solo avesse saputo prima
che le cose avrebbero preso questa piega. Doveva essere infuriata con
lei, e come biasimarla? Mettere un ragazzo appena conosciuto davanti
alla tua migliore amica. Non va bene! Se
c’era una cosa che i telefilm per teenager degli anni
‘90 –‘ 00 insegnavano
era proprio questa!
Blaine aveva
assunto in pochi giorni la stessa importanza che lei si era guadagnata
in mesi di convivenza a scuola e pettegolezzi nei corridoi. Doveva
farsi perdonare, pertanto decise che il prossimo weekend
l’avrebbe passato con lei.
Tirò
fori dalla tasca il cellulare e le chiavi dell’auto e mentre
camminava verso il parcheggio guardò la data sul display per
vedere quanti giorni mancassero al prossimo sabato.
VEN
#/##/2010
Venerdì.Come
può essere venerdì?
Oh
dio, era proprio venerdì.
Il
venerdì, uguale, cena in casa tutti insieme, e con
“tutti insieme” si intendeva: lui, suo padre,
Carole e Finn, l’ultima persona con cui avrebbe voluto
parlare in quel momento.
Apoggiò
la testa allo schienale, guardando in alto, con l’aria di chi
ha combinato un guaio e deve andare a fare “i
conti”.
In
realtà lui non era affatto nei guai, e probabilmente non ci
sarebbe stato nessun “conto” da fare, di questo ne
era consapevole. Non riusciva comunque a scacciare dalla mente quel
senso di colpa per aver abbandonato così i suoi amici e per
non averne parlato con Finn.
Ma
perché avrebbe dovuto parlargliene? Quando mai Frankenstein
Junior si era interessato dela sua vita e che diritto aveva di entrarci
e di avere voce in capitolo al riguardo?
A
quel punto gli piombò nella mente l’immagine del
matrimonio, e di quelle parole.
Tu
ed io amico, siamo fratelli con madri diverse…
D’ora in poi non mi importa quanto mi costerà, ti
guarderò le spalle.
Era
stato sincero? Sembrava di si, e come dire, Kurt in un certo senso ci
sperava. Dopotutto, teneva a quel gigantesco idiota, e anche se non
aveva avuto il suo cuore (e ora che la cotta poteva dirsi svanita) era
bello poterlo avere come amico, e come fratello, non avrebbe potuto
chiedere di meglio.
Aveva
sbagliato a non parlargli del trasferimento? Kurt non seppe darsi una
risposta ma una cosa era certa: avrebbe dovuto affrontare il suo nuovo
fratello scontento. Alzò la testa dallo schienale,
guardò davanti a se e mise in moto.
*
Le
otto e mezza. Gli Hudson sarebbero arrivati a momenti. Ma
perché continuava a chiamarli così? Ormai dopo il
matrimonio erano un'unica grande famiglia, no?
Tu
ed io amico… siamo fratelli con madri diverse…
Ok Kurt, basta con le stronzate!
Malgrado
le nozze le cose non erano cambiate granchè e gli Hudson
– ancora? - non si erano
trasferiti e suo padre non l’aveva avvisato di nessun
trasloco imminente. Anche se gli scatoloni che cominciavano a muoversi
dallo scantinato alle camere da letto avvertivano del contrario.
Kurt
stava sdraiato sul suo letto, già vestito e pettinato (si
era ben guardato dal non tenere addosso la divisa della Dalton)
selezionando nella sua testa parole come del tipo.. E’ stata
una decisione presa all’ultimo momento… non ho
avuto ne tempo ne modo… com’è bella
oggi la tua mamma… la nuova scuola è
orribile… ommioddio quanto mi mancate… sono
davvero uno stron…
*Dlin
Dlon*
Oh
mia Gaga aiutami per favore.
Kurt
non era il tipo che pregava, ma in quel momento gli serviva proprio una
bella dose di coraggio.
CORAGGIO.
Quella
parola aveva cominciato a fare un effetto benefico alla sua mente, che
d’un tratto si rischiarì e al posto di quella
valanga di frasi fatte e accuratamente selezionate comparvero due
grandi occhi castani su un viso sorridente.
“Ciao
Burt, Kurt è in camera sua?”
La
voce del suo fratellastro giunse alle sue orecchie, svegliandolo dalla
ben più gradita immagine di Blaine… sul
serio Kurt, basta con le stronzate!
***
questa è la mia prima fanfiction in assoluto. Non sono un'esperta, non so se sono brava ma mi sono divertita molto a scriverla, così ho deciso di pubblicarla, questo primo capitolo è stato un po' difficile (come tutti gli inizi credo) ho scritto anche il secondo(che personalmente mi piace di più) ma non so se è "pronto", mentre il terzo è work-in-progress. Spero vi sia piaciuta, sennò va beh ^^ Perfavore accetto consigli di ogni genere ma sopratutto critiche critiche e critiche, costruttive ovviamente, non fatemi a pezzi °_°