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Autore: Dea Elisa    17/01/2011    1 recensioni
“Non c’è logica nell’amore.” Una frase. Incisiva. Esattamente quello che ci voleva per farla zittire e meravigliare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Terza Parte.

“Caffè?”

“No, magari acqua, non so se…”

“Va bene, va bene, te la prendo subito, ma tu finisci di mangiare quella cioccolata!”

Erano passati incolumi attraverso il corridoio, anche se Teresa dall’accettazione non aveva fatto a meno di notare lo strano comportamento dei due, ed ora Malosti stava riempiendo il tavolino dietro al quale c’era Cristiana di merendine varie estratte dalle macchinette.

“Sì, ma non posso mangiare tutto, Riccardo, non stai esagerando?” controllò le etichette delle confezioni. “Non immagini neanche quante calorie ha ognuna di queste!”

“Non importa, ti devi riprendere, no?” Lei annuì, contenta per quella premura che le stava dimostrando.

 

“Dottor Malosti, c’è bisogno di lei su in reparto, è urgente” la voce di Ettore risuonò nell’ampio ambiente, facendo girare entrambi.

Guardò Cristiana con faccia scocciata, lei ricambiò sorridendo e partì seguendo lo specializzando.

“Riguardati!” le gridò giratosi indietro dopo qualche passo.

Avrebbe voluto sotterrarsi. Raccattò tutte le merendine e le distribuì per le tasche; prese in mano la bottiglietta d’acqua e, dopo essersi guardata intorno attentamente, cercò di raggiungere nel minor tempo possibile la sala medici, per poter nascondere tutta quella cioccolata in mezzo agli altri rimasugli del reparto alimentare dell’ospedale.

Peccato, però. Quel desiderio di entrare e non trovare nessuno non si realizzò, e ad accoglierla con un mezzo sorriso furono Laura e Danieli, che si stavano concedendo una pausa.

“Professore, io vado” stava dicendo la dottoressa Costa. “Ho un sacco di pazienti che mi aspettano.”

Si salutarono, Cristiana fece lo stesso con la collega e si tuffò in una delle sedie che attorniavano il tavolo. Estrasse dalle tasche tutte le confezioni e le gettò sul ripiano accanto, sotto gli occhi di Sergio, in piedi davanti al frigorifero, alla ricerca di qualcosa di più che uno yogurt scaduto.

“E queste?” chiese, un po’ affamato.

“Te le cedo volentieri” sospirò la Gandini con espressione seria.

Danieli ancora non capiva.

“Malosti… ha paura che io muoia di fame” spiegò calma.

Al primario sfuggì una risata.

“Tu ridi…”

Le si avvicinò scartando un Kinder Cereali. “Vuoi un pezzo?”

“Per carità! Mi ha già riempita di cioccolata!” questa volta sembrava aver ripreso un po’ il buon umore.

“Hai voglia di raccontarmi quello di cui mi hai accennato prima?” tentò il medico, dopo essersi seduto sul tavolo accanto a lei.

“Non so se è il caso.”

“È così grave?”

“No, appunto per questo. Ci sono cose ben più importanti a cui pensare ora.” Terminò il discorso e si alzò in piedi. “Vado da Teresa, non vorrei mai che avessero bisogno di me.”

“Vengo con te.”

Si alzarono entrambi e uscirono dalla sala.

Non riuscirono ad attraversare nemmeno mezzo corridoio, che Malosti li aveva già trovati.

“Ma qui non si lavora mai?” esordì il primario osservando Riccardo con un bicchiere di plastica in mano.

“Pausa caffè, altrimenti come faccio a tenermi sveglio?” si giustificò fissando la collega.

“Non credergli” bisbigliò lei a Sergio. “Questo è il terzo, in una sola mattinata!”

Il professore scosse la testa. “Posso approfittare della tua gentilezza  e generosità?” Gli sfilò dalle mani il bicchierino e bevve tutto d’un sorso la bevanda rimasta, sotto l’espressione incredula del medico.

“Amaro.” Sottolineò dopo aver scolato anche l’ultima goccia.

“Come lui” terminò Cristiana.

Trascorse un attimo di silenzio, i due a guardarsi negli occhi e Sergio ad osservare il contenitore di plastica.

“Bene, buon lavoro a tutti” interruppe la dottoressa.

“Sergio, ho bisogno di parlarti un attimo” gli riferì Malosti cercando di non farsi notare dalla donna, che, come solito accade, non aveva perso un’acca.

Il primario annuì e la Gandini, fingendo un totale disinteresse, proseguì per la sua strada.

 

“Esther, se non impari a ordinare i turni, col cavolo che Danieli ti assegna il posto da caposala!” sbraitava la donna in mezzo al corridoio con una decina di cartelle sotto braccio.

“Scusami…”

“Eh, scusami, scusami” ripeté. “Con tutto il rispetto, ma credevo ci sapessi un minimo più fare. Qui c’è bisogno di un corso accelerato, ma se nella tua testa ronza qualcos’altro, non possiamo mica star qui a pettinare le bambole!”

“Giulia, d’accordo, ho capito, cercherò di dare il mio meglio.” Si tirò dietro le orecchie i ciuffi color zucca.

In quel medesimo istante, all’estremità opposta del corridoio, una certa pediatra stava passando.

“Appunto” disse la caposala. “Se hai altri grilli per il cervello, fai saltare quelli, prima di sognare il mio posto e poi lamentarti per il troppo lavoro.”

 

“Suvvia, abbassi il tono, signorina Graziosi, in fondo è la prima volta che assegna tali mansioni all’infermiera Bruno, no?” la voce di Danieli placò immediatamente la discussione.

“Mi scusi, professore, volevo solo…”

“Va bene così. Esther si impegnerà, vero?” si rivolse a lei.

“Certo” rispose con fare incerto. “Darò tutto il meglio.”

“Vede? Abbiamo già risolto.” E appoggiò per un millesimo di secondo una mano sulla spalla a Giulia.

Malosti, che era rimasto in disparte, continuò a seguire Sergio diretto al suo studio.

“Difficile, da dimenticare, eh?” chiese.

“Sì, ma se ti ci metti pure tu…”

 

“Allora, cosa mi dovevi dire?”

“Cristiana.”

“Non mi dire che hai già dei problemi con lei, eh, perché per questo potresti al massimo parlarne con Teresa, non sono il tipo in grado di dare consigli sulle donne.”

“Se mi lasciassi parlare…”

“Ti ascolto.” Si sedette dietro la sua scrivania, mentre Malosti passeggiava tranquillo avanti e indietro per la stanza. Il primario mosse il mouse per liberare il pc dallo screensaver e aprì il browser.

“Sì, ma guardami, per favore, già non è facile parlarne, mi rendi ancora tutto più difficile se fai qualcos’altro!”

“Riccardo.” Lui si bloccò. “Siediti qui e prendi fiato.” Il medico eseguì, appoggiò i gomiti sulla scrivania e si sporse verso il collega, che attendeva sorridente.

“Cristiana.” Disse un’altra volta, come se il suo interlocutore non avesse ancora capito quale fosse l’oggetto del discorso. “Stavamo parlando e mi è svenuta addosso.”






   
 
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