VI.
Se fosse riuscita a
concentrarsi sullo splendido paesaggio marino che la circondava, avrebbe potuto
considerare dolce la morte con cui aveva deciso di abbandonare quella vita.
Decidere.
Aveva autonomamente deciso di dichiararsi a
morte.
Se per il sangue di
cui si era macchiata o per gli sguardi che le sarebbero stati rivolti dalle
persone a lei più care, non importava.
L’unica cosa che desiderava era trovare
pace.
Era sempre stata convinta che la tanto
agognata pace a cui aspirasse le sarebbe stata donata non appena avesse fatto
luce sugli incubi che la tormentavano da bambina.
Quando era venuta a
conoscenza della verità sul suo passato, quella piccola, flebile luce
che ancora riusciva ad animarla, s’era spenta definitivamente.
S’era lasciata consumare rapidamente
dall’odio.
E in quell’odio aveva trovato soddisfazione, il riscatto di una
vita intera.
Uccidere quell’uomo,
quegli uomini, aveva rappresentato il
dare senso alla sua misera esistenza.
Un’esistenza imbrattata di sangue fin dalla
nascita.
Sì.
Se non fosse nata, i
suoi genitori non sarebbero morti.
“Sono
contenta di averti conosciuta, sai?”.
Spalancò gli occhi.
Com’erano potute tornarle in mente le
parole di Bulma?
“Ho
sempre desiderato avere una sorella, e tu sei quella che più le
si avvicina!”.
Delle piccole bollicine provocate dal
sussulto provocatele dal ricordo si sparsero attorno a
lei, dirigendosi verso la superficie rapidamente.
Chiuse gli occhi fino a strizzarli.
Non doveva ricordare tutto quello… non
adesso!
L’iperventilazione
terminò la sua durata.
“Ci siamo”, pensò mestamente, mentre i
polmoni cominciavano ad esigere ossigeno e la sua gabbia toracica iniziava a
comprimersi, per implodere.
In un attimo le balenarono in mente tutti i momenti allegri e spensierati che era
riuscita nonostante tutto a vivere con quelli che avevano finito col
rappresentare la sua famiglia… alcuni dei quali raffiorarono
più prepotenti degli altri, come a voler cinicamente sottolineare a cosa stesse
rinunciando.
“È ciò che mi merito”.
Chiuse gli occhi, in
attesa che il suo cuore forte cedesse a quella costrizione innaturale a cui era
stato sottoposto.
La fauna marina nuotava attorno a lei
lentamente, a volte sfiorandola, incurantemente, quasi come facesse
già parte del loro habitat.
Si piegò su se stessa in preda agli spasmi
di dolore provenienti dal petto, perdendo la stabilità corporea che aveva avuto
fino ad allora, lasciandosi andare e ruotando su se
stessa per lasciarsi trasportare dalla corrente… fattasi particolarmente calda
di punto in bianco.
Riaprì gli occhi.
Tutte le creature che nuotavano attorno a lei s’allontanarono velocemente, come in preda al panico,
in fuga.
Suppose l’arrivo di una creatura più grande
e tentò di muovere il corpo affinché potesse fornirle una visuale più ampia… ma si vide circondata dal nulla.
Sollevò il capo, alla ricerca della fonte
di quell’evento, spalancando gli occhi a poco a poco.
Il cielo era di un azzurro terso quando aveva deciso d’immergersi… ora appariva, attraverso
il limitare dell’acqua marina, di un cupo grigio ceruleo… tendente al marrone.
Un cupo grigio ceruleo tendente al marrone
che si stava spostando rapidamente sull’ambiente esterno all’acqua.
Spalancò gli occhi, sentendosi percorrere
la schiena da un brivido sinistro.
Con le poche forze che le erano rimaste
tentò di nuotare verso la superficie, avvertendo una fitta al torace ogni qual
volta si muoveva, sentendo l’energia mancarle sempre di più e per un attimo
ebbe l’impulso di demordere.
Quella cosa
era diretta verso
Il volto contratto in una maschera di
disperazione e dolore, attraversò ad ampie falcate l’acqua pesante, muovendo i
piedi più velocemente che poteva, con i lunghi capelli neri che ad andavano a
frapporsi tra lei e il suo obiettivo.
-
Onda
energetica! - .
La voce risuonò appena, distorta
dall’affanno e dall’acqua, ma un piccolo concretizzarsi del poco potere che le
restava andò a segno, colpendo una roccia che sporgeva poco sotto di lei,
dandole così lo slancio per poter ritornare a galla più velocemente.
Il vento che l’accolse fu come una
frustrata in pieno petto.
Gli occhi strabuzzati dallo sforzo immane,
i muscoli tesi, le vene pronte ad esplodere, il ritmico pulsare del cuore a
confermarle che ce l’aveva fatta.
Con la gola raschiata dal violento tossire,
si concentrò allo stremo tentando di levitare, ma la parte inferiore del
proprio corpo rifinì in acqua, palesandole l’esaurirsi momentanea delle sue
possibilità.
Gli occhi corsero all’esigua struttura di
legno che si stagliava poco lontano da lei, con un’ansia sempre crescente.
Doveva farcela.
Alternò nuoto e levitazione, restando
sempre al limite dell’acqua, riuscendo infine a
raggiungere la riva tanto agognata, trovandosi costretta a fermarsi a causa
della fatica immane a cui si era sottoposta.
Tra il tossire e il respirare ritmicamente, fece vagare lo sguardo per la zona d’isola
che si stagliava di fronte a lei, continuando a vedere i colori di quella
strana aria che sembrava aver investito tutto… finchè
i suoi occhi non finirono su Umigame, ferma, nella stessa
posizione in cui l’aveva lasciata.
-
U-Umigame! – tentò di
chiamarla, ma con scarsi risultati. Tutto quello che le fuoriuscì fu un rantolo
spasmodico sofferto, interrotto bruscamente da un ennesimo attacco di tosse.
Facendosi leva sulle braccia, si costrinse
ad un ennesimo sforzo, strisciando sulla sabbia per arrivarle vicino.
-
Umigame... – la richiamò
di nuovo, a un palmo dal suo guscio, allungando un
braccio per attirare la sua attenzione. – Cos’è successo
qui? - .
Spalancò gli occhi dall’orrore.
Gli occhi della vecchia amica del maestro Muten erano cerulei, privi di vita.
Mosse ancora il suo guscio, nel vano
tentativo di svegliarla, dovendo poi rapidamente arrendersi alla realtà delle
cose, che si stava stagliando nella sua mente con
tutta la sua rude crudeltà.
Con gli occhi ancora spalancati, voltò il
capo in direzione della Kame House,
soffermandosi rapidamente sugli alberi di palma che sorgevano accanto alla
costruzione.
Le noci di cocco erano tutte rotolate ai
loro piedi.
Le lunghe, lucide e verdi foglie che
l’adornavano erano ora di un beije spento.
Erano…
-
Morte…
- pronunciò in un sussurro, mentre l’ansia continuava a staccarle a morsi lo
stomaco.
Incurante delle lacrime che avevano
iniziato a solcarle il volto, si portò all’in piedi,
prendendo a correre disperatamente verso l’ingresso della casa.
***
-
Dov’è
il mio bambino?! - .
-
Chichi, ti prego, calmati! - .
-
DITEMI
DOV’É IL MIO BAMBINO! - .
Crilin incassò l’urlo
tentando di nascondersi la testa tra le spalle.
Non si sarebbe mai abituato agli attacchi
d’ira della moglie del suo migliore amico, ma d’altro canto avevano
toccato per lei un tasto dolente e allo stesso tempo prezioso.
-
Non
sappiamo dove sia il tuo bambino, se
lo avessimo saputo stai certa che non saremmo venuti a
sorbirci le tue sfuriate inutili! – replicò amareggiata Bulma,
facendosi incontro alla donna, innervosita dal
menefreghismo che stava dimostrando nei confronti dell’argomento che le avevano
appena esposto.
Yamcha si fece avanti per
tentare di far desistere la propria ragazza dal
soffiare altro vento sul fuoco, ma questa gli sfuggì di nuovo dal controllo.
-
Inutili?
INUTILI?! Mio figlio potrebbe essere in balìa di due
assassini! - .
Lo schiaffo arrivò preciso e pesante,
riecheggiando nell’ambiente con tutta la carica emotiva con la quale era stato
sferrato.
Chichi spalancò gli
occhi, mentre una rabbia crescente le divorava le interiora, facendole pensare
rapidamente a un modo per restituire il colpo.
Quando rialzò lo sguardo, però, gli occhi
azzurri della donna che le era davanti – privi dell’astio
che l’aveva animata fino a quel momento, ma lucidi e gonfi – ebbero la capacità
d’aquietarla, facendola rinsavire e rendere conto di
aver superato ogni limite.
Fu la volta dei suoi occhi d’ebano di
riempirsi di lacrime.
-
S-se ha perso il controllo… Gohan potrebbe essere in pericolo… i-io… - .
Le braccia di Bulma
l’avvolsero rapidamente e velocemente, mentre gli occhi, come
quelli di Chichi, presero a lacrimare.
Entrambe sapevano di star condividendo lo
stesso fardello, seppur orientato verso persone diverse, e l’ansia accumulata
dalle prospettive che si paravano loro nella mente era finita con l’esplodere.
-
Se siete d’accordo, adesso sarebbe il
caso di arrivare al sodo. - .
Tenshinhan non aveva gradito
il siparietto a cui era stato costretto ad assistere.
E a nulla era valso
il commento sussurratogli dell’ex predone del deserto sulla prerogativa tipicamente
femminile dello starnazzare, per allentare
un po’ la tensione.
La persona che si stavano affannando a
cercare non si sarebbe mai lasciata andare ad un
simile spettacolo.
Sospirò profondamente
quando ebbe ricevuto da tutti un tacito assenso, cercando di scacciare
momentaneamente dai suoi ricordi l’espressione matura dell’amica.
-
Quando è stato l’ultima volta che hai
visto Shizue? - .
Gli occhi di tutti i presenti in sala si
spostarono dall’ex allievo dell’eremita della Gru a Chichi,
presa ancora dall’asciugarsi le ultime lacrime versate.
-
Non
ricordo precisamente… - rispose la donna, scuotendo la testa mestamente.
-
Cerca
di sforzarti. - .
A Jiaozi non
sfuggì la punta di nervosismo che aveva tinto le
ultime parole dell’amico.
La moglie di Goku
scosse nuovamente la testa, facendo vagare lo sguardo sull’ampio tavolo
quadrato che adornava la cucina, alla ricerca di qualche ricordo più preciso.
-
Gohan era a casa in quel periodo… perciò
aveva avuto il permesso di restare fuori fino a tardi con Shizue
quella volta… - .
Crilin spostò lo sguardo
sul calendario affisso ad una delle pareti della sala, tentando di ricordarsi i
giorni - di cui
lo stesso Gohan gli aveva parlato – in cui non
sarebbe dovuto andare a scuola per dei problemi tecnici relativi all’impianto
idraulico dell’istituto.
-
Quindi…
all’in circa… intorno ai… quindici giorni fa? – si
rivolse così alla donna, approssimativamente, che sollevò il capo per rivolgere
lo sguardo verso di lui.
-
Sì.
– rispose infine, dando un rapido sguardo al calendario che aveva osservato precedentemente il ragazzo.
Il cuore di Bulma
battè più velocemente.
Quindici giorni.
Poteva essere accaduto di tutto in quel lasso di
tempo.
-
No,
un momento. – disse nuovamente Chichi, attirando di
nuovo tutti gli sguardi su di se. – Nei cinque giorni precedenti alla chiusura
della scuola Gohan si era ammalato…
lei è venuta a fargli visita il primo… se non il secondo giorno di febbre.
- .
-
Venti
giorni circa, dunque. – calcolò rapidamente Jiaozi,
continuando a levitare a mezz’aria accanto a Tenshinhan,
com’era solito fare.
-
Puoi ripetere ancora una volta cosa vi ha detto, per favore?
- .
Crilin sussultò nel
sentirsi chiamato in causa, annuendo a Tenshinhan e
riprendendo a ricordare.
-
“Temo
che Shizue sia in pericolo.” – ripetè
testualmente il guerriero. – Alla
domanda mia e del Genio sul cosa potesse avergli fatto
pensare una cosa del genere, lui ha tentennato un po’… sembrava indeciso sul
confessarcelo o meno. - .
Chichi stette ad
ascoltare in religioso silenzio.
Quella sera, al suo rientro a casa, lo
aveva trovato un po’ turbato, ma aveva attribuito la brutta cera allo stato di
malore in cui riversava.
-
Evidentemente
Shizue deve avergli fatto promettere di non farne parola con nessuno. – constatò Yamcha,
portandosi una mano al mento e immergendosi nei suoi pensieri.
-
Ma perché non ce ne ha parlato?
Avremmo potuto aiutarla! – espresse i suoi pensieri poi, frustrato dai troppi
nodi che non tornavano al pettine.
-
Un
passo alla volta. – intervenne Tenshinhan, che aveva
già risposto dentro di sé alla domanda che tormentava l’amico
e tutti gli altri. – La domanda ora è: come ha fatto a risalire al suo
passato? - .
-
Cosa? – Chichi
sembrava essere uscita dal suo stato catatonico tutto ad un tratto. – Aspettate
un momento, ma lei… non soffriva di quella specie di amnesia?
Goku diceva sempre che per lei era doloroso non
riuscire a ricordare i fatti precedenti al loro primo incontro e se ne
dispiaceva perché non era in grado di aiutarla… - .
-
Noi
arrivammo nel suo villaggio esattamente pochi minuti prima che la spada di quel
mostro si abbattesse
sul suo collo. – ricordò
-
Ti
stai dimenticando degli incubi! – fece Oolong,
comodamente steso su un divanetto che arredava la cucina, parlando per la prima
volta.
-
Come
potrei… - rispose amaramente la donna, con un sorriso
sarcastico a dipingerle il bel volto. – Ma quelli sono
venuti dopo. Ad intermittenza. Come se in un certo senso avessero voluto
tentare di mostrarle qualcosa che doveva aver rimosso disperatamente… - .
-
La
morte dei genitori… - quasi sussurrò Yamcha, per poi
sospirare profondamente e grattarsi il capo con le mani, come a voler scacciare
via un brutto ricordo.
-
Si
convinse di averli uccisi lei. – intervenne Crilin,
ricordandosi una delle notti in cui Shizue aveva
preso ad urlare e piangere disperatamente, in preda al panico scaturitole da
uno degli ultimi incubi.
-
E qui arriviamo a noi. -
.
Tenshinhan aveva ascoltato
l’intera storia come non l’aveva mai fatto.
Erano bastati gli occhi di Shizue a fargli intendere di trovarsi di
fronte una donna con un vissuto poco spensierato alle spalle. Gli altri si
erano lasciati sfuggire qualcosina in sua assenza ma in quanto a lui… non era mai stato tipo da
impicciarsi degli affari degli altri.
-
Per
aver confidato a Gohan di aver trovato il suo
villaggio di origine deve esserle ritornata la
memoria… come, quando e perché, purtroppo non credo che-… - .
-
Dopo
la sconfitta di Freezer. - .
Gli occhi di Tenshinhan
si spostarono sul piccolo Jiaozi, così come quelli di
tutti gli altri.
-
M-ma… come? – provò a chiedere Crlin in maniera piuttosto sconclusionata, tentando di
chiedere delucidazioni sull’affermazione dell’amico, che per tutta risposta
scosse la testa, esprimendosi così incapace di fornire le risposte che gli erano
state implicitamente richieste.
-
Perché dopo la sconfitta di Freezer? – gli
chiese allora Tenshinhan, voltandosi verso di lui per
osservarlo attentamente.
-
Perché è stato allora che è cambiato
qualcosa.
– rispose Jiaozi, portandosi un dito alla tempia e
indicandosela.
-
Potresti
tentare di essere un po’ più chiaro? – chiese Bulma,
spazientita dalle pseudo risposte del guerriero.
Lui allora si guardò attorno, alla ricerca
di qualcosa che potesse tornargli utile, scorgendo su
una piccola mensola un contenitore pieno di gomitoli di lana.
Ne fece levitare uno meno corposo con la
forza del pensiero, portandolo al centro esatto del tavolo per fare in modo che
tutti potessero guardarlo.
-
Questa
è la mente umana. – iniziò a spiegare Jiaozi. – Teoricamente, la mente di un comune essere umano. – Il
gomitolo prese poi ad allargarsi sotto il potere del guerriero, che prese a
disporre i fili della matassa in maniera orizzontale, pur sempre in modo
concentrica. – Questo… - fece, per poi cambiare nuovamente disposizione ai fili
del gomitolo. – Questo… - continuò ancora, fino ad eseguire una serie di esempi che vedevano il gomitolo di lana allargarsi verso
l’alto, verso il basso, in verticale e in trasversale. – Sono tutti esempi di
come possa essere invece la mente di una persona non
comune, un guerriero. - .
Erano tutti praticamente
col fiato sospeso, con l’attenzione completamente concentrata sulla spiegazione
di Jiaozi, meno Tenshinhan,
che già era a conoscenza di tutto quello e attendeva solo di sapere cosa
avrebbe detto della donna l’amico.
-
La
larghezza dipende dallo spessore in cui si sviluppa la capacità d’inglobamento,
la direzione dei fili dipende invece da… - .
-
Sì,
ok, andiamo avanti! – esclamò spazientita Bulma, beccandosi un’occhiataccia in tralice da Tenshinhan. – Per favore… - aggiunse subito dopo,
ricordandosi che un manipolamento del genere Jiaozi sarebbe stato in grado di esercitarlo anche
direttamente sulle persone.
-
Prima
che arrivassero i saiyan e che accadesse tutto quello
che ne è conseguito, la mente di Shizue
era così: - continuò a spiegare il guerriero, creando con la matassa di lana un
intrigato cespuglio disordinato di fili, che non aveva niente a che fare con
gli esempi precedentemente mostrati. – Quando invece ho avuto modo di
leggergliela in uno dei nostri incontri successivi ai fatti di Namecc, era così: - concluse, riordinando la matassa di
fili in un lineare, seppur complesso, tessuto di fili, molto simile ai primi
che aveva mostrato.
Tutti stettero col fiato sospeso.
Gli occhi di Bulma
rivolti in un punto imprecisato del tavolo,
palesemente persa tra i propri pensieri.
-
Non
sei riuscito a comprendere altro? – chiese allora Tenshinhan
a Jiaozi, che scosse la testa mestamente.
-
Non
mi ha mai concesso di entrare. È sempre stata attenta alle sue difese mentali…
- .
-
Ma perché su Namecc?
Perché Freezer? – intervenne improvvisamente Yamcha, palesando un ennesimo dubbio. – Non potrebbe esserle
accaduto dopo la nostra… sconfitta? – concluse, evitando categoricamente
di evitare la parola “morte”. Era ancora in grado di
provare dei brividi ogni volta che ci ripensava.
Jiaozi sollevò le spalle.
-
Sentiva
odore di morte. - .
Tutti gli sguardi furono stavolta
calamitati su Bulma, interrogativi.
-
Quando
mettemmo per la prima volta piede sul suolo di Namecc…
Shizue ebbe un mancamento. – riprese, tenendo ostinatamente lo sguardo ancora perso nel vuoto,
probabilmente per far sì che i ricordi riaffiorassero nitidamente. – “Odore
di morte”, furono le sue prime parole. Non compresi per niente a cosa si stesse riferendo, eravamo ancora lontani dai luoghi abitati
dai namecciani ormai deceduti… “odore di morte”
disse, poi fu colta da un attacco di panico. – .
Jiaozi ne seguì il
percorso dall’inizio alla fine, discretamente, sapendo che la donna non avrebbe
avuto niente da ridire dal momento che non se ne
sarebbe mai potuta accorgere.
Rivide con gli occhi blu di Bulma Shizue reggersi la testa
come in preda ad una fitta di dolore… urlare disperata di punto in bianco…
rigettare alla vista dei primi corpi senza vita dei namecciani…
cambiare lo sguardo.
La sentì pronunciare una sequenza di parole
apparentemente sconclusionate che richiamavano sempre gli stessi punti… “Non
sono stata io…”, “Non è possibile…”, “Sono stata ingannata...”.
La vide barcollare pericolosamente per poi
andare a raggiungere uno specchio d’acqua nei dintorni, per scorgervi all’interno
il proprio riflesso.
Gli occhi.
Gli occhi non erano più gli stessi.
-
È
avvenuto su Namecc – sentenziò
infine il piccolo guerriero, annuendo alla domanda implicita che con lo sguardo
Tenshinhan gli aveva rivolto, accortosi di quel che
stava facendo.
-
E ha deciso di agire dopo che le cose si
sono sistemate. – aggiunse poi, venendo finalmente a capo di quella lunga e
triste storia.
-
Io
continuo a non capire. – intervenne allora Crilin,
che fino a quel momento era stato a braccia conserte e capo chino. – Come può
averla aiutata Namecc? - .
-
In
un certo senso, probabilmente deve aver ricondotto lo scempio che è accaduto lì
con quel che è accaduto a lei tempo prima… - tentò di
spiegare Tenshinhan. – È l’unica supposizione valida
che sono riuscito a formulare. – continuò. – L’ “odore di sangue” deve averle fatto scattare qualcosa. In
fondo chi può dirlo? - .
-
Lei avrebbe potuto
dircelo. – replicò Yamcha con malcelata tranquillità.
– Ma non l’ha fatto. - .
Tenshinhan chiuse gli occhi.
-
Avrà
avuto le sue buone ragioni. - .
-
Ragioni
adesso non più trattabili. – replicò l’ex predone del deserto, abbassando il
capo amareggiato, sconfitto, dirigendosi poi verso la
porta. – Sappiamo tutti il continuo della storia: lei
ha ripercorso il suo passato e s’è messa sulle tracce dei reali responsabili
della morte dei suoi genitori… dopodichè deve aver fatto qualche sciocchezza. -
.
La tensione era diventata così tanto opprimente che nemmeno Oolong
fu in grado di ignorarla.
-
E adesso cosa facciamo? – chiese rivolto un po’ a tutti, non ricevendo alcuna risposta.
-
La
cerchiamo! – esclamò rabbiosamente Crilin, battendo
tanto forte un pugno sul tavolo da incrinarlo. – Non m’interessa quanto tempo
ci vorrà, non m’interessa dover perlustrare ogni angolo del pianeta, la
troverò! Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia! -
.
Tenshinhan osservò a lungo il
volto determinato dell’amico, meditando tra se e se.
-
Allora
muoviamoci. – incitò poi, scostandosi dalla parete lungo cui aveva adagiato la
schiena, lanciando uno sguardo d’intesa a Crilin, che
accettò dopo un primo momento, con un sorriso.
-
Vado
a chiamare Yamcha! – urlò Pual
entusiasta, dirigendosi all’esterno della casa per comunicare la notizia
all’amico.
Avvertirono nitidamente la sua voce
chiamare il nome di Yamcha una prima volta, poi un
urlo diverso li fecero mettere in all’erta.
Il secondo li fece accapponare la pelle.
Scattarono tutti fuori per capire cosa stesse succedendo... trovandosi poi costretti a spalancare
gli occhi.
-
Cosa
diavolo è quello?! – urlò spaventato Crilin, vedendo una densa nebbia avvicinarsi velocemente a
loro.
-
CORRI!
– urlò Tenshinhan prima di spiccare il volo,
afferrando in extremis Chichi e Oolong,
seguito subito dopo da Jiaozi, che aveva tentato di
mettersi in contatto telepatico con Yamcha.
Se avesse potuto
rappresentare la sua matassa di fili, l’avrebbe mostrata disintegrata.
Angolo dell’autrice…
Benritrovati! Buon anno nuovo!
^ ^
Eh beh, concedetemelo, d’altronde è
dall’anno scorso che non ci si legge J
Mi scuso per il mostruoso ritardo ma con le sessioni d’esami in vista il tempo non c’è
praticamente mai!
Spero solo che
l’attesa sia valsa questo capitolo J
Il quadro credo si
stia delineando adesso, no? ^___^
Volevo ringraziare BeNnY, LirinLawliet (a cui spero di
aver dato qualche delucidazione in più questa volta J) e owll per aver
commentato lo scorso capitolo. In più volevo dare il benvenuto a jamieO!
È un onore sapere che la mia storia ti appassioni! Grazie per i complimenti J davvero, spero
solo che i continui flashback non ti abbiano fatta
avvilire troppo e che adesso la situazione sia un po’ più chiara! xD conto di rileggerti presto J un bacio!
Inoltre volevo ringraziare silvergirl90 che ha aggiunto la mia
storia tra le preferite, jamieO per averla
aggiunta tra le ricordate e Dream_of, Elfosnape, fufa78,
Lirin Lawliet e Mc_T93 per averla aggiunta tra le
seguite! *inchino*
Alla prossima! ;)
HOPE87