CAPITOLO XV
Durante tutto il giorno in cui era fissato il
concerto, Draco si era sentito inspiegabilmente
strano e quasi in ansia: ciò era dimostrato dal fatto che: 1) non aveva la
solita aria impeccabile che lo rendeva terribilmente sexy agli occhi di tutta
la fauna femminile di Hogwarts, in trepidante attesa
di essere deflorate dall’ultimo erede dei Malfoy; 2)
non aveva insultato per tutta la giornata gli appartenenti ai Grifondoro. Fatto strano, terribilmente, e quasi shockante.
In quella data, memorabile, Draco Malfoy
aveva tenuto la bocca chiusa senza mai aprirla, nemmeno per scopi più
divertenti. Ebbene si: 3) non si era portato a letto
nessuna ragazza; evento che, a detta di molti e delle solite voci di corridoio,
non era mai accaduto.
La domanda principale del ragazzo – che si poneva
da almeno tredici ore – era: cosa è questa strana ansia che mi attanaglia lo
stomaco rendendomi un emerito Grifondoro?
Mai epiteto fu utilizzato in modo più offensivo e
disgustato di quello che ne fece il Serpeverde: già
il fatto di paragonarsi ai suoi tanti odiati nemici,
ve la può dir lunga su quanto fosse instabile emotivamente in quelle
ventiquattro ore.
Ventiquattro ore che, nel bene e nel male, egli
avrebbe rammentato fino a rendere stupidamente ciechi i suoi profondi occhi
grigi; ma questa, purtroppo, è un’altra storia, una storia
che non è il caso di raccontare in questo momento.
Tutto era iniziato nel più usuale dei modi:
sveglia, colazione in Sala Grande e pesanti ore di lezioni tenute dai suoi amati
professori; ma, in seguito, mentre si avvicinava il pomeriggio, egli aveva
iniziato a sentirsi in maniera differente, non più sicuro di sé, ma aveva
provato quelle sensazioni di timore e di rispetto che hanno i bambini nei
confronti degli adulti, quando si trovano al centro della loro attenzione. Egli
aveva cercato invano e innumerevoli volte di scacciare quelle insidiose
sensazioni, ma niente: non c’era stato nulla da fare; esse erano, anzi, aumentate in modo esponenziale rendendogli allettante l’idea
di chiudersi nella sua stanza e di gettare la chiave da qualche parte.
Piano che non aveva messo in atto per il semplice
fatto che, avendo già sbarrato le finestre, non aveva potuto far scomparire la
suddetta chiave nel vuoto dei giardini della scuola; non aveva riflettuto su
altri ed eventuali metodi per rendere realizzabile il suo piano ingegnoso; no,
ormai la sua testa era troppo colma di quelle
sensazioni mai provate prima che gli era impossibile mantenere o riacquistare
la sua solita mente lucida.
E poi, proprio quando era entrato nella Sala
Grande alle 22.00, l’ansia gli aveva bloccato il respiro e, in quel momento,
tutto ciò che durante le ore precedenti gli era apparso inconcepibile e
impensabile, gli si era presentato in tutta la sua chiarezza. Egli comprese,
semplicemente, che, a quel concerto, sarebbe accaduto qualcosa di estremamente
importante per lui; così si appoggiò su una parete del fondo della sala e si
accinse ad attendere il suo destino.
Troppo melodrammatico, forse?
No, basti immaginare Malfoy
che, mentre attendeva il “destino”, cercava di riavviarsi i capelli e di
rendersi super affascinante: come se il destino fosse stata
una donna bellissima e non un qualcosa di astratto.
Poi, una voce melodiosa che aveva già avuto
l’onore di ascoltare, lo aveva distolto dai suoi
pensieri e, mentre, le parole della canzone di Hermione
gli risuonavano in testa, si era accorto di provare qualcosa al cuore, una
sensazione di calore. Una fiamma che lo stava divorando in modo piacevole, che
faceva evaporare il ghiaccio in cui era racchiuso il suo cuore. Entrò,
improvvisamente, come in uno stato di trance: non udiva i suoni del mondo, non
percepiva alcuna luce, solo, davanti a sé, vide qualcosa volare lentamente
verso di lui. Era un qualcosa che emanava luce, un chiarore così luminoso da
accecare, ma Draco non chiuse mai suoi occhi. Non
voleva perdere un solo secondo di tutto quello che stava accadendo. Stranamente
non aveva timore dello strano oggetto che gli si avvicinava; stranamente, alzò
una mano fino a toccarlo, ma poi si ritrasse troppo stupito. Era una chiave,
l’oggetto splendente. Una chiave non come tutte le altre: dorata e, quando la
prese in mano, notò che c’era un’iscrizione su di essa in caratteri gotici.
Sembra la mia scrittura, pensò il ragazzo e poi,
si accinse a leggerla; ma non appena egli posò gli occhi su di essa, cominciò
una lenta melodia.
“Se rivuoi il tuo cuore, leggi
l’iscrizione.
Ma attento, nessuna altra
occasione ti sarà data; se tu vorrai sprecarla, per la vita, il tuo cuore vivrà
in una prigione dorata di cui codesta è la chiave.
Ma, ricorda, c’è sempre un
motivo dietro gli avvenimenti accaduti”
Cosa intendevano dire quelle strane parole? Che
motivo ci sarebbe dovuto essere dietro uno stupido ed
insignificante concerto?
Strinse la chiave dorata nel palmo della mano
destra, beandosi di quel calore surreale che essa emanava; una sensazione di
pace e sicurezza si impossessò del suo corpo e sentiva come se quel qualcosa
che gli era sempre stato negato fino a quel momento,
riuscisse a trovare la sua antica ed immutata collocazione al centro esatto del
suo essere: il suo cuore, sì, non l'organo che serve agli essere umani per
vivere, ma il cuore inteso come fulcro di sentimenti era finalmente vicino a
lui, precisamente nella sua mano.
Sorrise, quasi stranito e incredulo per quella
situazione che non sperava potesse realmente accadere. Dopo ben quindici anni
in cui era vissuto monco della sua parte più importante, ecco che essa si
presentava di nuovo ai suoi occhi, come se non riuscisse a stare lontana dal
suo proprietario e come se non volesse più farlo, se questo includeva il fatto
che stesse privando di qualcosa di terribilmente importante, fondamentale,
colui al quale era destinata. Se quella melodia era vera, questo voleva dire
che ora, spettava solo a lui il compito di decidere se riappropriarsi dei suoi
sentimenti o continuare a vivere - esistere come un freddo automa - così come
era cresciuto.
Se qualcosa di scombussolante non fosse accaduto
nelle settimane precedenti, se avesse continuato a trascorrere i suoi giorni
regolarmente, con accanto sempre una ragazza diversa; se egli stesso non fosse
cambiato, poco a poco, dentro e, soprattutto, se qualcosa non fosse mutato nei
suoi pensieri; se non avesse conosciuto il lato più segreto e più luminoso -
caldo come i raggi del sole - di una ragazza in particolare; be', Draco Lucius
Malfoy avrebbe scelto sicuramente di non cambiare
niente nella sua vita, perfetta sotto molti punti di vista, e di indossare la
chiave come una collana che gli avrebbe rammentato, giorno dopo giorno, di come egli era più forte rispetto agli altri
comuni esseri umani poichè non possedeva un cuore. Ma
dal momento che tutto ciò non era successo e dal
momento che egli non sapeva con certezza se rischiare tutto per
Vederla e, soprattutto, osservare il suo
comportamento verso di lui.
E quindi, la domanda che gli pose la riccia lo
colse esattamente e perfettamente alla sprovvista. Semplicemente non credeva
che il suo profumo sarebbe stato oggetto di una conversazione con lei, anche se
era cosciente che esso intrigasse enormente il genere
femminile.
"No, è sempre lo stesso. E poi non capisco il motivo per il
quale tu me lo stia chiedendo"
Hermione, immervosita dalla mie parole,
mi rispose sprezzante. "Sono affari miei!"
No, che non erano solo
fatti suoi visto che il profumo, fino a prova contraria, era il mio. "Ma
quindi ti interesso ancora?" chiesi, invece, in modo diretto sperando di
farla arrossire e così, di comprendere che cosa provasse realmente per me.
E il suo viso, come volevasi dimostrare, divenne
di un accesso color porpora che - oddio -, non le donava per niente.
"No!" esclamò. " Cioè, che intendi
dire?"
Un sorriso mi aleggiava sulle labbra. "Quello
che ho detto; o non riesci più a connettere a causa della mia vicinanza?"
le domandai avvicinandomi al suo corpo, fino a sfiorarle il naso con il mio.
"Ehm.." balbettò.
"Senti, ma cosa vuoi da me? Non
ti è bastato tutto quello che mi hai fatto, non ti è bastato che, per la prima
volta nella mia vita, ho pianto fino a sentirmi male, fino a soffocare; non ti
basta sapere che, ormai, il sole per me non è quello che in cielo viene
osservato da tutti, ma sei tu, sulla terra ferma, che mi riscaldi e mi rendi
luminosa la giornata nonostante tu abbia espresso chiaramente che non mi
vuoi?" urlò agguerrita
Abbassai la mano fino ad arrivare alla tasca dei
pantaloni, deciso afferrai la chiave d'oro - unica e mia - riposta lì dentro e
poi senza paura, ma solo con il desiderio e l'intenzione di ritornare completo,
la appoggiai con forza sul mio petto, esattamente dove si trova il cuore umano.
Non sapevo come mai avessi fatto tutto ciò, ma qualcosa dentro di me, mi diceva
che quella era la cosa da fare per ritornare ad essere
il me stesso che ero stato solo per pochi anni.
Hermione strabuzzò gli occhi quando vide una luce risplendere
dalla chiave dorata che veniva "mangiata" dal mio cuore, affamato e a
digiuno da moltissimo tempo.
Io ero invaso da un calore che non avevo mai
provato, non un calore fisico che senti sulla pelle, ma un calore interno che
si irradia nell'intero corpo. Chiusi gli occhi per assaporare di più quel
momento mentre alle mie orecchie giungevano le grida impotenti della mia futura
ragazza, per la quale, ora tutto mi era chiaro, il mio cuore saltellava giocoso
nel mio petto.
Poi, non so che accadde, scivolai a terra e tutto
ciò che vidi fu il buio più totale.
Un profumo mi inebriava le narici, un tremito
scuoteva la mia mano, un respiro mi solleticava la guancia destra lasciandomi
una sensazione di caldo-umido su di essa.
Pian piano aprii gli occhi, riposato come se
avessi dormito per una settimana intera, e come non lo ero mai stato; forse perchè avevo sempre avuto qualche pensiero nella testa,
fastidioso come un tarlo, che non mi permetteva di dormire sognando. Già, chi
non prova sentimenti non può nemmeno sognare, perchè
l'amore, in ogni suo elemento, è fantasia, è magia e desiderio di ottenere
qualcuno, di donargli felicità. Io non avevo mai nemmeno pensato di fare certe
cose, quindi, non sapevo cosa si potesse provare una volta raggiunte.
Sbattei le palpebre per riuscire a vedere più
chiaro davanti a me e mi apparve il suo viso, dolce e
deciso, preoccupato e contento, risplendente di una nuova luce ora che mi ero
svegliato.
Mi sorrise senza parlare, non perchè
le parole fossero inutili, ma perchè ciò che sentiva
dentro di sè, nel suo intimo, nel suo cuore, lo
espresse attraverso quel leggero piegarsi all'insù delle sue labbra, in quel
sorriso che era dedicato a me in tutta la sua potenza.
Nonostante tutto quello che le avessi detto,
nonostante l'avessi ferita più e più volte, ella era ancora lì, al suo posto,
accanto a me come se niente fosse successo.
E fu in quel momento che compresi che lei, per me
e, soprattutto, con me non sarebbe mai cambiata.
"Granger, la tua
luce per me non si spegnerà mai, vero?" le chiesi sorridendo come non
avevo mai fatto poichè non avevo mai potuto sorridere
veramente, con il cuore.
Parve pensarci un po' sù
prima di rispondere: " Si, non se ne andrà così
velocemente nonostante tutte le ombre che ci aspett...".
La interruppi prendendole la mano e baciandone il
palmo.
"Non c'è più nessuna ombra; solo quella di
noi due che percorriamo lo stesso cammino"
Stupita sia per il mio gesto che per le mie
parole, sgranò gli occhi, non volendo comprendere la verità per non restar
delusa.
"Non esiste più nessuna
profezia; l'hai sconfitta, l'ho sconfitta per te, per un possibile noi. Oddio come sto diventanto
romantico, mi faccio schifo da solo" aggiunsi quasi indignato.
Un risolino che non era riuscita
a trattenere uscì dalle sue labbra.
"E ti faccio anche ridere" scossi la
testa " ok, il mondo sta per cadere se un Malfoy
riesce a suscitare ilarità nelle altre persone".
La Granger,
evidentemente impietosita dal mio comportamento, mi prese il viso tra le mani
guardandomi fisso negli occhi. "Non mi importa se la fine del mondo sia
arrivata, se esso cadrà, io cadrò insieme a te"
"E io con te, mio
Grande Diamante" sussurrai prima di prenderle una mano e di appoggiarla
sul mio cuore.
Tu-tum.