Lo so lo so lo so…dovrei aggiornare Dalla Cina con amore, ma abbiate fede. Conto di aggiornarla entro il fine settimana.
Era il suo giorno libero.
Aveva deciso che si sarebbe preso quel giorno per poltrire.
Oh, si. Patrick Jane era decisamente un maestro nell’arte del dolce far niente, e metteva in pratica la sua conoscenza ogni giorno in ufficio.
E Kim era sempre stato bravo ad imparare.
Al diavolo, in dieci anni di servizio aveva sfruttato le ferie solo due o tre volte.
Era uscito dall’ospedale da poco, e non era ancora alla sua forma migliore.
Una pausa era quello che gli serviva.
Guardò la sveglia.
Le sei di mattina.
Poteva dormire ancora.
Si rigirò nel letto a pancia in giù, liberandosi dalla coperta.
Pessima mossa. Davvero pessima.
Polvere se ne accorse.
Il gatto balzò subito in piedi, inarcando la schiena con uno sbadiglio.
Saltò sul letto, miagolando, la coda dritta in aria.
Si avvicinò alla testa di Kim, annusandolo piano.
Poi miagolò. E miagolò. E miagolò.
L’uomo tentò di ignorarlo -diavolo, voleva dormire altre due ore- e seppellì la faccia nel cuscino.
Polvere, con aria altezzosa, rimase a guardarlo per un po’.
Poi riprese a miagolare, zampettandogli sulla schiena.
Lui mosse una spalla, tentando di scacciarlo.
Il gatto si offese per il gesto, e gli piantò gli artigli nella pelle.
Kim riemerse con una smorfia, sollevandosi a sedere.
-Va bene, va bene! Che c’è?-
Polvere lo guardò, si leccò una zampa e si accoccolò nella parte di materasso tiepida del calore dell’uomo.
Miagolò un’ultima volta, e prese a fare le fusa quando Kim cominciò ad accarezzarlo.
-Anch’io ti voglio bene, Polvere. Ora dormiamo-
Ho odiato quando il mio gatto, un bel gatto siberiano dal pelo nero, ha fatto quanto ho appena scritto.
Ricordate il mio avviso: mai, e dico MAI far capire ai gatti che ti sei svegliato. È la tua fine.
Soarez