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Autore: Yoshiko    22/12/2005    2 recensioni
+++++ Storia aggiornata +++++
Durante il rigido inverno dell'Hokkaido, quando la temperatura scende di almeno un paio di decine di gradi sotto lo zero, alcuni giocatori della Nazionale giovanile giapponese sono stati invitati (o piuttosto minacciati da Gabriel Gamo) ad andare in ritiro in una località tranquilla, per cercare di appianare certe incomprensioni interne che rischiano di compromettere l'affiatamento della squadra, nonché per fortificarsi con un sano ed efficace allenamento sulla neve. Ma cosa succede se a questo ritiro prendono parte anche quattro ospiti inattese?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte perfetta



Il sole di quella prima ghiacciata mattina invernale non era ancora sorto, ma dietro le montagne innevate il cielo si stava tingendo di un tenue rosa pallido. Vestito e pronto per iniziare una giornata di duro allenamento, Holly si aggirava irrequieto tra gli amici sprofondati nei futon che costellavano il pavimento della stanza, lasciando poco spazio di manovra.
-Insomma vi alzate? È ora! No, è tardissimo!- sbuffò a raffica, perché nessuno gli dava retta -Non avete sentito quello che ho detto ieri sera? Julian, andiamo, forza!- lo scosse ma il ragazzo si ritrasse sotto le coperte come un paguro nel suo guscio -Dobbiamo allenarci ed è già tardi!-
Ross rispuntò dal futon, sollevò appena la testa e guardò il cielo.
-Come fa a essere già tardi se non c’è neppure il sole? È quasi buio.- lanciò un’occhiata all’orologio appeso sopra la porta -Holly ma sei matto? Sono solo le sei e mezza! È prestissimo! Tu e Philip vi siete messi d’accordo per darmi il tormento tutte le mattine?- si girò dall’altra parte e scomparve di nuovo tra le coperte.
-Julian! Dobbiamo andare ad allenarci! Siamo in ritiro, lo hai dimenticato?-
Seguì un ringhio.
-Smetti di rompere le palle!- l’ammonimento di Mark arrivò da sotto il cuscino ma non per questo fu meno minaccioso -Abbiamo sonno! Lasciaci dormire in pace se non vuoi che ti zittisca una volta per tutte!-
Per precauzione Holly si allontanò da Landers e raggiunse il lato opposto della camera.
-Benji siamo in ritiro, ricordi?-
-No, non lo siamo finché ci sono le ragazze. E adesso sparisci!-
Il capitano fremette di frustrazione e cercò Philip, l’artefice assoluto di quell’ingestibile situazione. Era pronto a rimproverare anche lui di tanta pigrizia, se solo l’avesse trovato. Non lo vedeva, dove accidenti si era cacciato? A guardar bene non c’era neppure il suo futon. Se aveva avuto il tempo di mettere a posto cuscino e coperte senza che nessuno se ne accorgesse, doveva essersi svegliato parecchio prima di lui. Un barlume di speranza lo rincuorò. Magari era ad allenarsi.
L’idea gli tirò su il morale quanto bastava per mettere un poco da parte la delusione scaturita dall’ammutinamento dei compagni, corredata da una buona dose di stizza. Cosa si erano messi in testa tutti quanti? Non si erano riuniti in quella sperduta cittadina tra le montagne innevate dell’Hokkaido per poltrire sotto le coperte fino a tarda mattinata. D’accordo, il sole non era ancora sorto, ma ormai era giorno e loro dovevano sfruttare ogni ora di luce. Già alle cinque del pomeriggio sarebbe infatti calata la notte.
Trovò Philip seduto a tavola nella cucina del ryokan. Poco discosta e in piedi, Jenny attendeva che l’acqua del bollitore fosse calda al punto giusto. Il forno elettrico emanava un profumo che gli fece attorcigliare lo stomaco. Era affamato.
-Buongiorno.- li salutò entrando nella cucina più grande in cui avesse mai messo piede. Attrezzata per preparare i pasti degli ospiti della pensione, era fornita di elettrodomestici che Holly in vita sua non aveva mai visto e non sapeva neppure a cosa servissero. I mobili, pensili con sportelli, credenze e stipi di varie dimensioni, un tavolo centrale, otto sedie e due panchetti a scaletta per raggiungere i ripiani più alti, erano di un legno lucido molto chiaro. Sotto i fornelli c’era un’immensa lavastoviglie. Il frigorifero, poco lontano dall’ingresso, era più alto di lui e il forno era sollevato da terra e posizionato di fianco al lavandino. Vicino alla finestra che dava sul cortile, sul lato opposto della porta, si apriva l’entrata della dispensa. Diversamente dal resto dell’edifico ma come nei bagni, nelle terme e nella lavanderia, il pavimento non era di legno o ricoperto da tatami ma in mattonelle di ceramica color crema.
-Hai dormito bene?- lo accolse la ragazza con un sorriso.
-Anche troppo.- Holly si accostò al tavolo e si lasciò cadere su una sedia -A quanto pare i futon sono eccessivamente comodi.-
-In che senso?- domandò Philip.
-Non sono riuscito a farli alzare.-
Il forno trillò, Jenny lo aprì e tirò fuori un grande piatto ricolmo di fette di pane tostato calde e profumate. Il loro odore fragrante invase la cucina. Poi spense il fuoco sotto il bollitore e lo posò sul tavolo.
-Devono essere stanchi per il viaggio di ieri.-
Holly la guardò scettico, poiché era abituato a traversate intercontinentali che duravano ore e ore di volo e gli era capitato più di una volta di scendere in campo subito dopo essere atterrato, in barba alla stanchezza e all’intontimento del jet lag. Ai compagni non stava chiedendo tanto.
-Sono solo molto pigri.- prese tra le mani la tazza di caffè che Jenny gli porgeva e la ringraziò.
Dopodiché si concesse del tempo per osservarla, visto che la sera prima era riuscito a farlo solo di sfuggita. Il suo sguardo passò poi a Philip, accorgendosi con disappunto che l’amico lo fissava stralunato. Si irrigidì sorpreso, incapace di spiegarsi il suo improvviso atteggiamento diffidente. Ma scacciò subito il disagio, perché aveva ben altro a cui pensare.
-Dov’è Patty?-  
-Il nonno l’ha portata in paese insieme a Evelyn e Amy.- rispose Jenny -Ieri abbiamo dimenticato di acquistare alcune cose.- guardò l’orologio appeso alla parete -Saranno qui a momenti.-
Holly annuì e addentò uno dei toast che nel frattempo la ragazza aveva posato su un piatto al centro del grande tavolo. Mentre sbocconcellava il pane, lanciò un’occhiata di sottecchi a Philip che sembrava aver abbandonato l’improvvisa e inspiegabile inquietudine di un istante prima.
-Secondo te a che ora hanno intenzione di alzarsi?-  
-Con comodo, è un ammutinamento.-
-Pure di Julian e Bruce?-
-Bruce è pigro per natura.-
-E Julian ha detto che è stufo di essere tormentato all’alba da me e da te.-
A Philip sfuggì un sorriso, poi la porta d’ingresso della pensione si aprì e le voci delle ragazze riecheggiarono nel corridoio.
-Si sono svegliati?!- Evelyn comparve sulla soglia e si guardò intorno. Grande fu la sua delusione quando in cucina trovò soltanto Philip e Holly. Sospirò sconsolata -Bruce sta ancora dormendo, vero?- il capitano annuì -Ci avrei scommesso!-
Patty la scostò per entrare e appoggiò le buste della spesa sul ripiano del lavandino. Poi agitò le dita intirizzite.
-Ho dimenticato i guanti e fuori si gela.- si avvicinò a Holly e gli diede il buongiorno posandogli una mano ghiacciata sulla guancia. Il ragazzo sobbalzò e si tirò indietro.
-Diavolo, sì!-
-Dov’è Julian?- domandò Amy, riponendo la verdura nel frigorifero.
-Secondo te?-
-Sta dormendo anche lui?! E gli altri? Tom, Mark?-
-Nel futon a poltrire.-
Il genuino sconforto che percepì nel tono di voce del compagno fece intendere a Philip che Holly era probabilmente l’unico a contare sull’utilità del loro ritiro. Lo compatì per un secondo, vale a dire per il tempo sufficiente a decidere che doveva essergli grato. Aveva evitato di rinfacciargli la presenza delle ragazze, anche se come capitano aveva più diritto degli altri a farlo, né aveva insistito per mandarle via. Aveva addirittura ammesso, la sera precedente, che la loro sistemazione non era male. Mostrargli un po’ di riconoscenza era il minimo.
-Quando hai finito di fare colazione, possiamo cominciare scaldarci con due tiri.-
-Perfetto.- acconsentì lui, un sorriso carico di sollievo. Non intendeva assolutamente bighellonare senza scopo in attesa degli altri. Non era lì in vacanza, lui, e visto l’andazzo era proprio il caso di dare il buon esempio. Se poi Philip gli forniva un aiuto in tal senso, tanto meglio -Dov’è il campo?-
Patty e Jenny si lanciarono un’occhiata tesa e a Holly quello scambio di sguardi non sfuggì. Drizzò le antenne.
-Che c’è?-
Nella cucina piombò improvvisamente un silenzio assoluto e a suo modo inquietante.
-Allora?-
Fu la fidanzata a metterlo al corrente, poiché Philip non si sognò di parlare, forse temendo di giocarsi la sua disponibilità una volta per tutte.
-Non è un vero e proprio campo.-
-Che significa che non è un vero e proprio campo? Non c’è un campo da calcio?- ancora silenzio -Philip! Dove ci hai portati?-
Il ragazzo si agitò a disagio sulla sedia e abbassò lo sguardo sul succo d’arancia che gli riempiva il bicchiere. Poi lanciò un’occhiata a Jenny che era arrossita di vergogna, e s’incantò per un attimo a fissarla. Quando arrossiva era bellissima, gli piaceva da impazzire.
-Philip!-
Lui si volse a malincuore, perché in quel preciso istante preferiva senza ombra di dubbio dedicare la propria attenzione alla fidanzata piuttosto che al capitano.
-Non potremmo fare senza?-
L’altro ammutolì di colpo, stentando a credere che Philip avesse davvero pronunciato quelle esatte parole.
-Senza?- fece eco mentre i suoi occhi passavano da lui a Patty, cercando nella fidanzata rassicurazioni e comprensione che non trovava nel compagno.
Lei tacque perché in un momento così drammatico non aveva il coraggio di ribadire che no, il campo non c’era e sì, dovevano organizzarsi in un altro modo. Ma la sua espressione fu eloquentissima e Holly comprese l’inevitabile.
-E allora come ci alleniamo? Soprattutto, dove?-
Philip si grattò nervosamente la nuca, pensando che era stato davvero un colpo di fortuna aver potuto mettere Holly al corrente dell’inconveniente prima degli altri. Era molto più semplice gestire il capitano senza le recriminazioni del resto del gruppo e se fosse riuscito a fargli accettare anche questo, più tardi i compagni avrebbero finito col cedere e rassegnarsi all’assenza di quel centro sportivo che probabilmente tutti si aspettavano di trovare.
-C’è una radura vicino al ryokan. Dista appena un chilometro e potremmo andare ad allenarci lì.- suggerì, corredando le parole di uno sguardo speranzoso.
Ma non fu tanto la proposta di Philip a tenere a bada Holly quanto la presenza in cucina delle ragazze. Non poteva saltargli al collo e strozzarlo con Patty, Amy e, soprattutto, la nipote dei padroni del ryokan che lo guardavano. Jenny non ne sarebbe stata contenta. La tentazione era fortissima, ma la represse addentando un altro toast. Lo finì ruminando nel silenzio dentro e fuori di lui, dopodiché si alzò di scatto facendo stridere la sedia.
-Muoviti, Philip. Fammi vedere questa maledetta radura. E voi svegliateli.- ordinò alle ragazze -Se non ci raggiungono tra un’ora, è la volta buona che gli faccio sputare sangue peggio di come riesce a farlo Gamo.-
Uscì a grandi passi dalla cucina lasciandoli sgomenti. Poi Philip si affrettò a seguirlo e nell’ingresso Holly riprese a dare ordini a raffica.
-Oggi ci alleneremo fino all’ora di pranzo. Poi continueremo nel pomeriggio. La sveglia sarà sempre alle sei e mezza. Non mi interessa se tira vento, se fa freddo, se nevica, se gela. Ci alleneremo tutti i giorni finché non tramonta il sole!-
Anche se ad ascoltarlo c’era solo Philip, organizzare il ritiro in maniera così drastica era catartico e la collera di Holly stava già cominciando a scemare.
Mentre indossavano giacche, sciarpe e scarpe Philip annuì a ogni condizione. A lui andava bene tutto, purché potesse trascorrere quei giorni in compagnia di Jenny.
Holly si zittì solo quando, varcata la porta d’ingresso, mise piede sulla veranda. Il freddo gli sbatté addosso di colpo, rigido come un muro, ghiacciandolo dai capelli alla punta dei piedi in pochi istanti. L’aria che inspirò lo gelò fino al midollo e quella che buttò fuori quando poté tornare a respirare, si condensò davanti al suo viso in dense nuvolette.
-È terribile.-
-No Holly, te l’assicuro. La radura è abbastanza ampia, non avremo nessun problema ad allenarci lì.- allacciandosi la giacca, Philip uscì dal ryokan e richiuse la porta.
-Il freddo, intendevo. È terribile.-
-Però non nevica.-
Il giorno prima le ragazze avevano segnato il percorso in modo da raggiungere la radura e tornare poi indietro senza perdersi, affiggendo delle frecce di plastica colorate al tronco di alcuni alberi. Philip aveva potuto esaminare il luogo soltanto attraverso le foto inviate da Jenny sul cellulare e sperava che le dimensioni dello spiazzo desunte dalle immagini, fossero rispondenti alla realtà.  
Arrancarono per un quarto d’ora sullo strato di ghiaccio che ricopriva il sottobosco, aggirando i rami spezzati dal peso della neve che giacevano al suolo, nel punto esatto in cui erano caduti. Ogni tanto, una freccia sul tronco di un albero avvertiva loro se dovevano fare una deviazione e quale fosse il nuovo percorso da seguire. Holly si guardava intorno curioso e insieme affascinato dallo spettacolo invernale della natura incontaminata che li circondava. Non aveva mai visto tanta neve tutta insieme, e mai sentito tanto freddo. Infilò nelle tasche le mani ricoperte dai guanti.
-Di chi è stata l’idea?-
Philip si volse, rallentò il passo e aspettò che lui lo raggiungesse.
-Di allenarci nella radura?-
-No, di far venire le ragazze.-
-Mia, ovviamente.-
Holly alzò le spalle.
-Ovviamente.-
-Un’idea fantastica, no?- Philip quasi s’inorgoglì, poi si arrestò di colpo -Ecco, siamo arrivati.-
Holly lo superò seguendo la direzione indicata dall’ultima freccia verde, gli alberi si diradarono e si trovò ad avanzare verso il centro di un’ampia superficie pianeggiante, ricoperta da strati e strati di neve fino alle ginocchia. Abbracciò con lo sguardo l’intera radura, le conifere che la racchiudevano e il cielo che li sovrastava, illuminato d’azzurro dal sole finalmente sorto. Philip aveva ragione, di spazio ne avevano a sufficienza, ma tutto il resto mancava. Si sforzò di accettare l’idea che per due intere settimane avrebbero dovuto allenarsi lì, sprovvisti di qualsiasi tipo di attrezzatura, sperduti tra le montagne dell’Hokkaido, in balia del freddo e forse anche dei lupi e degli orsi.
-Non è tanto male, vero?- fu ottimista Philip, anche se l’espressione dell’amico non era delle più entusiaste. Trattenne il fiato, la sciarpa tirata fin sulle orecchie, convinto che stavolta il capitano sarebbe davvero scoppiato.
Invece Holly lo stupì poiché tacque, limitandosi a sbuffare scontento. Il campo non esisteva, le porte non esistevano. Che razza di allenamenti avrebbero potuto fare sprofondati in mezzo metro di neve? Strinse i pugni nelle tasche e si chiese cosa avesse pensato Patty dopo aver visto la radura. Aveva approvato? Si era resa conto cosa avrebbe significato allenarsi in quel luogo, con tanto spazio sì, ma molta più neve che impediva persino di camminare?
Eppure… eppure lei era al ryokan e la sua presenza arrivava a compensare ogni disagio. Purtroppo Benji aveva colto nel segno. Gli era bastato trovarla lì per cominciare a ragionare esattamente come Philip. Finché c’era lei, non si sarebbe mosso da Shintoku per nulla al mondo. Ma farsi andare bene quel campo di fortuna fu una gran fatica, lasciò scivolar fuori le parole come fossero pietre.
-Se non c’è di meglio dovremo accontentarci.-
I nervi tesi di Philip si rilassarono di colpo.
-Sai Holly, in realtà un campo ci sarebbe ma è nella scuola elementare del paese a quattro chilometri dal ryokan.-
-Quattro chilometri?-
-All’andata in discesa e al ritorno in salita. Sempre però che ci diano il permesso di usarlo.-
Il capitano scosse la testa.
-Lascia perdere la scuola. Qui può andar bene dopo aver tolto un po’ di neve.-
Philip sbiancò.
-No, guarda Holly… Non è davvero il caso. Io ho passato interi inverni a spalare la neve dal campo di Furano, fatti raccontare da Tom che fatica immane. E ti dico per esperienza che appena hai finito riprende a nevicare. È matematico!-
La prospettiva di sfacchinare con una pala in mano in fondo non entusiasmò neppure Holly.
-Lasciamo perdere anche la neve, allora. Come facciamo con le porte? Ce ne serve almeno una.-
-Ci inventiamo qualcosa.-
-Qualcosa cosa?- Holly aprì la retina del pallone e lo lasciò cadere sulla coltre bianca. La palla sprofondò per parecchi centimetri e quando la calciò, sollevò un nugolo di fiocchi bianchi -Benji vorrà la porta. Si impunterà sulla porta. Sarebbe capace di mandare a monte il ritiro per una stupida porta. Fai lavorare il cervello e trova una soluzione.-
-Benji se ne andrà. Io non manderò via Jenny perché non la vuole qui. Per lui la porta rappresenterà soltanto l’altra scusa a cui si aggrapperà per sentirsi libero di tagliare la corda.-
Holly gli mise una mano sul braccio e lo guardò negli occhi.
-Dobbiamo evitarlo, Philip. Non deve andarsene. Non ho nessuna intenzione di assistere ad altri litigi in campo o negli spogliatoi. Né di essere sottoposto all’ennesima lavata di capo del mister.-
-Ce ne saranno sempre. Sia di litigi che di lavate di capo.-
-Può darsi, ma ora siamo in ritiro e dobbiamo restarci tutti. Pure Benji.-
-Convincilo tu. Hai più autorità di me e lo conosci meglio.-
Holly sospirò.
-Lui non ascolta nessuno.-
-Quindi non possiamo fare niente.-

Il portiere si arrestò torvo sulla soglia della cucina, lo sguardo inutilmente sospettoso e ostinato per principio. Le ragazze trafficavano tra i fornelli, non se n’erano ancora andate e neppure sembravano intenzionate a farlo. La loro presa di posizione era davvero inaccettabile.
-Che ci fare ancora qui?-
Lo spintone di Bruce che arrivò da dietro e lo tolse di mezzo per passare, cancellò dal suo contegno ogni sfumatura di minaccia.
-Stupendo!- esclamò felice Harper, le mani giunte e gli occhi puntati sulla luculliana colazione che gli allietava la giornata -Meglio che in hotel!-  
Lo sguardo di Benji si spostò dalle giovani al tavolo imbandito di ogni bendiddio.  La loro strategia era di prenderli per la gola? Con lui non avrebbe funzionato. Ignorò Amy che gli si rivolgeva indicandogli due caraffe.
-Tè o caffè?-
Niente. Non voleva niente. Cedere avrebbe significato accettare la loro presenza. Percorse l’intera cucina per prendere posto a capotavola. I gomiti sul ripiano, le dita delle mani intrecciate tra loro, osservò stizzito i compagni servirsi in abbondanza. Possibile che la presenza delle amiche rappresentasse un problema soltanto per lui? Possibile che non capissero che se Gamo fosse venuto in qualche modo a sapere di quell’intrusione, sarebbe successo il finimondo? Possibile che non capissero neppure che in ritiro non dovevano abbuffarsi? Che erano tenuti seguire una dieta equilibrata, non come Bruce che si era riempito il piatto e adesso, non soddisfatto, afferrava un toast ricoperto di marmellata e con l’altra mano porgeva la tazza ad Amy per fari servire? Possibile che non si rendessero conto che la presenza delle ragazze avrebbe occupato la maggior parte dei loro pensieri, relegando gli allenamenti e l’intesa tanto agognata da Gamo all’ultimo posto delle loro priorità? Possibile che non intuissero che la stessa presenza delle ragazze avrebbe mandato il fine ultimo del ritiro a farsi friggere?
Continuando a rimuginare quei pensieri, Benji rifiutò testardamente tutto ciò che gli offrirono, perché loro non dovevano essere lì ma sul treno che le avrebbe riportate ciascuna a casa propria. Quando Jenny gli passò accanto lui allungò svelto una mano, l’afferrò per il maglione costringendola a fermarsi e la fissò negli occhi torvo.
-Eravamo d’accordo con il tuo ragazzo che questa mattina avreste preparato le valigie e ve ne sareste andate.-
-Benji…- sospirò Tom. Non riusciva assolutamente a capire perché il portiere si impuntasse così. Che male c’era a farle restare? Dopo lo sconcerto iniziale e una certa dose di fastidio per essersi trovato al centro di un complotto, adesso sperava che la loro presenza contribuisse a rendere più sopportabili i compagni, smussando gli aspetti negativi del loro carattere.
Il portiere le lasciò la maglia e Jenny si sforzò di sorridergli anche se le sue parole l’avevano avvilita. Naturalmente si aspettava nuove proteste, per quel giorno e per gli altri a venire, ma un conto era immaginarlo, l’altro dover tenere testa all’atteggiamento ostile che Benji sfoggiava dalla sera precedente.
-Philip non me lo ha detto.-
-Allora te lo dico io. Se oggi non sloggiate sarò io ad andarmene.-
-A proposito di Philip…- mugugnò Bruce a bocca piena, dando al puntiglio del portiere la considerazione che secondo lui meritava, vale a dire meno di zero. Inghiottì il boccone e continuò -Dove sono finiti lui e Holly?-
-Sono usciti quasi un’ora fa.- rispose Patty controllando l’orologio appeso alla parete.
Julian prese atto per la seconda volta – la prima era avvenuta in camera – che le nove erano passate da un bel pezzo e si chiese se non avesse dormito davvero troppo.
-Hanno già cominciato ad allenarsi?-
-Credo di sì.-
-Ti pareva. Holly è sempre il solito stacanovista.- Bruce spazzolò via una miriade di briciole dal maglione -Lo conosciamo tutti, ormai.-
-Allora saprai anche che non è contento del vostro ritardo.-
-La colpa è sua, ha messo la sveglia troppo presto. Se l’avesse fatta suonare dopo le otto per esempio, saremmo usciti tutti insieme.- chiuse la frase afferrando un cornetto alla crema.
-Ti ingozzerai fino a scoppiare?-
-Con questo freddo brucerò tutto in meno di mezz’ora.-
Mark si appoggiò allo schienale della sedia. Aveva mangiato abbastanza, forse anche troppo, e già da qualche minuto seguiva Jenny con lo sguardo. La ragazza lo incuriosiva e anche sforzandosi di non farlo, si ritrovava a fissarla più spesso di quanto razionalmente desiderasse. Da quando Benji l’aveva minacciata di andarsene, gravitava in ansia intorno al portiere, un sorriso tirato sulle labbra e probabilmente la speranza che rimanesse al ryokan con loro. Mark in realtà preferiva che si togliesse dai piedi ma la sua diserzione avrebbe avuto quelle conseguenze disastrose che Jenny stessa temeva e faceva del proprio meglio per arginare. Dunque non poteva che capire e condividere la sua preoccupazione. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che a Callaghan la premura che la ragazza stava manifestando nei confronti del portiere non sarebbe piaciuta, ma lei sembrava disposta a sopportare il suo atteggiamento scortese e ai limiti della maleducazione, pur di poter rimanere a Shintoku con tutti loro, Price compreso. Mark si chiese chi tra i due l’avrebbe sfangata. Il fatto che non si conoscessero e fossero costretti, per tenersi testa, a lavorare di cervello e d’istinto, rendeva quella gara un gioco d’azzardo dall’esito imprevedibile.
A un certo punto la vide chinarsi su Benji e mormoragli qualcosa che, da dov’era, non riuscì a udire. Il ragazzo trasalì, poi annuì infastidito. Da quel momento in poi lo sciopero della fame di Price ebbe fine e il portiere si servì abbondantemente. A Mark venne da ridere. Uno a zero per lei.
-Eve, Holly è arrabbiato?-
-Certo Bruce! E ha in mente un magnifico programma di allenamento!-
-Merda! Dev’essere proprio arrabbiato allora!-
-Perché lui prende il calcio sul serio.- lo rimproverò Patty.
-Anch’io. Infatti ho dormito il giusto per riacquistare le forze e mi sto rifocillando il giusto in vista degli allenamenti di questa mattina.-
-Hai poltrito come un ghiro e ti stai abbuffando come un maiale.- tradusse Benji e poi tornò a tacere.

*

Bruce non apprezzò affatto lo spettacolo che gli si dischiuse davanti agli occhi quando mise piede per primo nella radura. Avevano percorso un sentiero in salita, scarpinando tra rocce e rami ricoperti di neve. Era inciampato ben due volte e la terza era slittato sul ghiaccio, riuscendo a tenersi in piedi per miracolo. Tutta quella fatica solo per trovare Philip e Holly che si passavano la palla su uno spiazzo ricoperto di neve fino alle ginocchia. Il saluto con cui intendeva rabbonire il capitano per scusarsi del ritardo si dissolse in gola ed emise solo sbuffi di condensa, scaturiti più da un moto di contrarietà che dalla necessità di riprendere fiato.
Fu Holly stesso, voltato dalla loro parte, ad accorgersi dell’arrivo dei compagni. Fermò la palla sotto il piede, o meglio tra i cumuli di neve, e li accolse torvo.
-Era ora, sfaticati!- li guardò meglio e un brivido gelido gli corse su per la schiena sudata -Dov’è Benji?-
-Con molta probabilità a preparare le valigie.-
-E me lo dici così, Bruce?-
-Scusa come dovrei dirtelo? Se vuole andar via non possiamo farci niente.-
-Nessuno di voi lo ha fermato?-
I nuovi arrivati si guardarono in silenzio e con un leggero imbarazzo.
-Non ci avete neppure provato?- scandagliò i loro visi. Julian? Probabilmente non si era posto il problema. Bruce? Sicuramente era stato più occupato a rimpinzarsi. Landers? Da lui era inutile aspettarselo… ma Tom? Lo fissò e il ragazzo a disagio spostò il peso del corpo da un piede all’altro.
-Lo sai anche tu che quando si mette in testa una cosa è impossibile fargli cambiare idea.-
Infatti al ryokan, mentre tutti raggiungevano l’ingresso per uscire, Benji aveva imboccato il corridoio in direzione delle scale.
“Dove vai?” gli aveva chiesto Julian.
“A preparare la valigia, chiamare un taxi e togliere il disturbo.”
“Ma Benji...” aveva cercato di richiamarlo Patty mentre Amy ed Evelyn si scambiavano un’occhiata costernata.
Bruce era rimasto seduto a terra, con i lacci delle scarpe stretti tra le mani e gli occhi su Benji che risaliva le scale. Tom, in piedi al suo fianco, aveva socchiuso le labbra ma la voce non era uscita. Mark aveva finito di indossare la giacca come se niente fosse, anzi con una specie di sorriso sulle labbra. Solo Jenny gli era corsa dietro su per le scale. Da sotto l’avevano vista raggiungerlo e sbarragli risoluta il passo. Lui l’aveva scostata e aveva proseguito. Era sparito dietro l’angolo e un secondo dopo anche Jenny era scomparsa, probabilmente all’interno della loro stanza.
A quel punto erano usciti frastornati da svariate e diversificate emozioni. Mark con una specie di euforia addosso, Bruce un filo di preoccupazione, Tom parecchia delusione, Julian fastidio e stizza per la testardaggine del portiere e le ragazze dispiaciute per come si stavano mettendo le cose. Ecco com’era andata. Ma Tom non aveva alcuna intenzione di raccontarlo a Holly, svelandogli la propria mancanza.
Da parte sua, Mark non si curò di nascondere il sollievo di essersi tolto Price dai piedi senza fatica e senza sforzo. E in fondo che gliene fregava se Gamo si incazzava? Non sarebbe toccato al sottoscritto sorbirsi la ramanzina. Ma visto che Holly continuava a fissarli come un’anima in pena, tanto valeva metterlo al corrente delle ultime volontà di Price. Magari così si sarebbe messo l’anima in pace e avrebbero potuto voltare pagina. Non era un bene fossilizzarsi sulle intenzioni e sulle decisioni di quel portiere viziato fin sulla punta del cappello.
-Visto che le ragazze sono ancora qui, ha detto che sarà lui ad andarsene.-
-Philip! Che facciamo adesso?- Holly lo guardò in cerca di appoggio ma il ragazzo non diede segno di averlo udito.
Aveva smesso da un bel pezzo di ascoltarli e camminava avanti e indietro scrutando il sentiero tra gli alberi, aspettandosi di veder comparire la fidanzata che non era arrivata insieme ai compagni.
-Philip, mi stai ascoltando? Che facciamo adesso?-
L’amico lo ignorò e si piantò davanti a Tom.
-Dov’è Jenny?-
-Credo sia rimasta al ryokan per cercare di convincere Benji a restare.-
-Finalmente qualcuno che fa qualcosa di sensato!- esclamò Holly.
-E perché proprio lei?-
-Perché lei no? È l’unica che può farlo visto che il ryokan è il suo!- ribatté Mark, prendendo atto che rinfocolare la gelosia di Philip era stimolante tanto quanto insultare Price.
Holly, contrario a prescindere a entrambi i passatempi di Landers, si chiese se si potesse fare ancora qualcosa per impedire a Benji di mandare all’aria il loro ritiro, gettandoli in pasto alla furia di Gamo. Ma Julian non gli diede il tempo di trovare una soluzione.
-Dai retta a me, Holly. Se Benji vuole andar via bisogna che te ne fai una ragione, superi il trauma e pensi alle cose serie. Per esempio dov’è il campo? E il centro sportivo? Perché tu e Philip siete in mezzo al bosco, nel niente più assoluto?-
-Non c’è nessun campo! Ci alleneremo qui! Possibilmente tutti e sette, dopo aver recuperato Benji!- Holly voleva, anzi doveva assolutamente trattenere il portiere a Shintoku. Era una questione di sopravvivenza, di vita o di morte. Perché non lo capivano?
-Qui?- gli fece eco Ross che di Price non si curava affatto, allargando incredulo le braccia a comprendere l’intera radura -Non c’è niente qui!-
-Ci siamo noi e tanto basta! Prima però dobbiamo impedire a quel testardo di tagliare la corda!-
Si incamminò deciso verso il ryokan, Tom lo raggiunse di corsa e lo afferrò per un braccio.
-È inutile che torni indietro, Holly. Quando siamo usciti Benji stava per chiamare un taxi. Non arriverai mai in tempo!-  
Il ragazzo strinse i pugni.
-Maledetto! Se ne va senza chiedermi neppure il permesso! Sono o no il capitano?- mentre l’irritazione raggiungeva livelli stratosferici, vide Philip avviarsi alla chetichella verso valle -Fermo lì, tu!-
Il ragazzo sobbalzò e si volse con aria vagamente colpevole.
-Dove stai andando?-
-Al bagno.-
Mark scoppiò a ridere.
-E chi ci crede! Sta andando a vedere dov’è finita Jenny!-
Il capitano trasecolò, gli occhi su Callaghan che arrossiva di vergogna.
-Philip! Torna qui all’istante! Hai fatto già abbastanza danni! Adesso siamo tutti, possiamo finalmente cominciare e tu tagli la corda?!-
-Non siamo tutti, manca Benji! E poi abbiamo aspettato tanto… Vado e torno, davvero… Ci metto un attimo!-
-No nel modo più assoluto!-
Persino Mark iniziò a innervosirsi.
-Sturati le orecchie Callaghan, perché evidentemente ieri non mi hai ascoltato bene. Se le ragazze intralciano gli allenamenti, io me ne vado.-
Evelyn pestò stizzita un piede nella neve.
-Non stiamo intralciando proprio niente!-
Tutti si volsero a guardarla con un certo stupore, in effetti finora lei e le altre erano state così silenziose che avevano completamente rimosso la loro presenza.
-Cosa c’entrano le ragazze se devo andare in bagno?- Philip sbuffò esasperato -Devo andare in bagno e basta!- e Landers era uno stronzo, più gli faceva perdere tempo e più a lungo Jenny e Price restavano soli. Di Jenny si fidava moltissimo ma del portiere neppure un po’.
Holly capitolò di colpo.
-Va bene, hai vinto. Vai pure.-
L’amico perse un istante per fissarlo incredulo. Dopodiché decise che era meglio approfittare di quel barlume di magnanimità e si volse per imboccare il sentiero. Per poco non travolse Jenny che li aveva raggiunti... insieme a Price.
Ma come, Price? Non doveva essere partito? Philip sbatté le palpebre. Forse Benji era soltanto un’allucinazione scaturita dal riverbero dei raggi del sole sulla neve, un ologramma del compagno in realtà già sul treno a trenta chilometri da lì.
-Allora, Philip, vai o no?-
Neppure la udì, l’ironia di Mark, perché Jenny avvicinandosi gli sorrideva per un motivo che conosceva solo lei. Una curiosità bruciante lo assalì e, guardandola, gli venne l’idea. Holly pensava di averlo fregato ma Philip non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione. Avrebbe convinto Jenny a riaccompagnarlo al ryokan ritagliandosi una mezz’ora per restar solo con lei.
Affrontando scontento la neve che ricopriva la radura, Benji avanzò fino a raggiungerli. Dopodiché li guardò infilando le mani nelle tasche, nervoso e irritato.
-Dov’è il campo?-
-Nessun campo, Price. Ti conveniva filartela. Niente campo, niente porta...- con un gesto Mark indicò gli alberi -E avremmo fatto a meno anche di te.-
-Sono rimasto proprio per questo.-
Philip li ascoltò solo a metà. Mentre i due continuavano a scambiarsi espressioni di cortesia, rispetto e ammirazione, tirò la fidanzata da parte e la interrogò, perché la resa di Benji gli puzzava.
-Come hai fatto a convincerlo a restare?-
-Gli ho promesso che non avremmo intralciato gli allenamenti.-
-Ed è bastato?-
-Detto in un certo modo sembra di sì.-
La risposta gli fece venire i sudori freddi. Quale certo modo?
A Holly francamente non interessava sapere cosa avesse fatto cambiare idea al portiere. Non gli interessava neanche sapere se era stata Jenny a convincerlo a restare o se avesse avuto un’illuminazione tutta sua. Visto che ormai erano passate le dieci, l’unica cosa che in quel momento gli premeva era dare il via agli allenamenti e continuarli ininterrottamente fino all’ora di pranzo.
-Se siete comodi direi di cominciare.-
-Cominciare?- Bruce trotterellò svogliato verso di lui -Dopo la scarpinata che c’è voluta per raggiungervi io sono già quasi a metà riscaldamento.-
Holly non si fece nessuno scrupolo.
-Allora visto che sei a buon punto, tanto vale che inizi tu.- calciò la palla insieme a una discreta quantità di neve, che investì Bruce e chi gli era accanto. Julian si ripulì una manica dai fiocchi gelati, Tom li sgrullò dai jeans ma Harper li prese in piena faccia. Tanti piccoli cristalli di ghiaccio che lo fecero trasalire, mentre il blando tiro del capitano gli rimbalzava al centro del torace, marchiandolo con una bella pezza circolare di bagnato.
Il giovane abbassò sgomento gli occhi sulla giacca.
-Cavolo! E se mi raffreddo che si fa?-
-Se siamo fortunati ti viene mal di gola, perdi la voce e ci risparmi le tue lagne per qualche giorno.- gli augurò Benji serio.
Quindi aveva davvero intenzione di restare, rifletté Mark.
-Non posso credere che sia proprio tu a dirmi una cosa del genere! Ti stai lamentando da ieri!-
-Le mie proteste sono legittime, i tuoi sono solo stupidi capricci infantili!-
Philip, distratto ad ascoltare loro e quasi sperando in una zuffa che avrebbe distolto l’attenzione da lui permettendogli di fare i suoi comodi con Jenny, purché Benji venisse mazzolato a dovere e la smettesse una buona volta di rompere, si accorse tardi che la fidanzata aveva raggiunto le amiche e, ormai troppo distante per essere recuperata, aveva mandato in fumo il suo allettante programma dei prossimi trenta minuti.
La delusione di Philip, seppur profonda e palese, passò alla giovane del tutto inosservata.
-Credo di cominciare a capire il perché di questo ritiro.-
Amy annuì.
-Me lo aveva detto, Julian, che durante l’ultimo incontro della nazionale c’erano state parecchie discussioni sia in campo che negli spogliatoi. E mi ha anche detto che Gamo a un certo punto si è stufato di sentirli ed è esploso.-
-Lo credo, hanno stancato anche me.-
-Quindi il mister li avrebbe spediti in ritiro per cosa? Farli andare d’accordo?-
-Immagino di sì, Patty. Soprattutto durante le partite.-
-Speriamo che funzioni, allora.- sorrise Jenny fiduciosa.
Evelyn la fissò.
-Come hai fatto a convincere Benji a restare?-
-Non lo so. Non riesco ancora a credere di esserci riuscita. Forse ha capito da solo che fuggire non era una buona idea. Che non gli conviene mollare il ritiro, beccarsi la lavata di capo dell’allenatore e le accuse dei compagni per essersela svignata. Può darsi che alla fine abbia capito che tornare a casa sarebbe stato peggio.-
-Magari voleva solo essere pregato.-
-Chi lo sa.-
Gli occhi delle ragazze si spostarono pensierosi sul portiere che gravitava annoiato su e giù per la radura, indeciso forse su dove posizionarsi, sicuramente infastidito dalla neve che gli arrivava ai polpacci bagnandogli i jeans prima di gelarli.
-A che cazzo ci serve un portiere senza porta? Spiegamelo Holly perché non lo capisco!-
-Se è per questo senza porta non ci serve neppure un attaccante, Landers!- rimbeccò subito Benji ma l’altro lo ignorò, ben consapevole che fingere di non ascoltarlo era l’atteggiamento che gli dava più fastidio.
-E se usassimo Harper per fare la traversa tra due alberi?-
-Mark la pianti?-
-Dovresti apprezzare i miei sforzi per rendere questa distesa di neve un campo appropriato.-
-Non esiste un campo appropriato in un luogo dimenticato dalla civiltà!- Benji alzò gli occhi al cielo -Scommetto che neppure i cellulari prenderebbero quassù.-
Evelyn fece un passo avanti.
-E cosa vuoi scomm…. Mmmm...- la mano che Patty le piazzò sulla bocca le impedì di continuare a rinfocolare lo scontento del portiere, mostrandogli le tacche piene della linea sul proprio telefonino.
-Stammi a sentire, Eve.- Patty la fissò negli occhi, piantandosi sulla traiettoria tra lo sguardo dell’amica e i compagni -Mai! Mai cadere nel tranello delle loro provocazioni! Non aspettano che un passo falso per mandarci via. Chiaro?-
Evelyn annuì mugolando e l’altra tolse la mano.
-La cosa più importante da fare adesso è risolvere il problema della porta.- disse Jenny -Almeno Benji non potrà prenderla come scusa per minacciare di tornare a casa.-
-Giusto, hai qualche ide...HA!-  
Amy si volse di scatto, una mano al petto e gli occhi spalancati, facendo guizzare lo sguardo tra gli alberi in cerca della ragione dello schianto improvviso e vicinissimo che le aveva fatte sobbalzare -Cos’è stato?-
-Lì, quel ramo.- Jenny indicò un legno contorto che giaceva a terra, curiosamente libero dalla coltre bianca che ricopriva tutto il resto -Deve essersi spezzato sotto il peso della neve. Succede spesso. Oggi pomeriggio faremo un salto in paese, forse riusciremo a trovare qualcosa.-
Amy reagì a un brivido di freddo avvolgendosi meglio la sciarpa intorno al collo. Nonostante fosse ricoperta da vari strati di abiti, sentiva di non riuscire a scaldarsi a sufficienza.
-Credo sia proprio il caso. Cosa prepariamo per pranzo?-
-Ci pensa la nonna.- Jenny le strizzò l’occhio -Ma solo per oggi. Si è infatuata di Mark e ha deciso di fargli assaggiare il suo piatto forte.-
-Che sarebbe?-
-Non lo so, Eve. Ogni tanto ne inventa uno nuovo.-
Rise mentre Philip la guardava e pensava che era proprio una fortuna poter trascorrere insieme quella manciata di giorni. Perché anche se si era appena fatto scappare l’opportunità di tornare con lei al ryokan e dedicarsi a sbaciucchiarla un po’, non sarebbero mancate altre occasioni. Philip era molto fiducioso e più la osservava ridere tra le amiche e più il suo ottimismo lievitava.
Di pari passo cresceva anche il malumore di Benji, che però faceva del suo meglio per dissimularlo perché tutto voleva apparire agli amici tranne che misogino. Non lo era affatto, anzi semmai il contrario ma certi punti saldi, come per esempio la serietà di un ritiro, non dovevano essere messi in discussione dal testosterone impazzito di quattro deficienti. Ecco come la pensava lui, mentre continuava a osservare svogliato i compagni, poco incline a inumidire di neve anche una sola fibra di stoffa dei propri abiti. Eccetto i jeans, che purtroppo ormai erano fradici e irrigiditi dal freddo. Senza neppure curarsi di celare l’interesse che provava per la fidanzata, Callaghan continuava a tenere gli occhi più su Jenny che sulla palla, dimostrando palesemente che non gli fregava nulla degli allenamenti. E Benji, ogni minuto che passava in quell’angolo ibernato di mondo, era sempre più convinto di essere stato risucchiato in uno dei peggiori ritiri della sua vita.
Se non fosse che, in quel diavolo di ryokan, si mangiava benissimo. Non sapevano se ci fosse sotto lo zampino della nonna o le ragazze stessero dando appositamente il meglio di loro per prenderli per la gola, ma i compagni dimostrarono anche a pranzo di gradire ogni portata rimpinzandosi più di quanto, in un ritiro di professionisti, fosse opportuno. Ma Benji stavolta non disse niente, si limitò a tacere. Dopo il colloquio con Jenny, il suo ruolo si era trasformato da quello di bastian contrario a quello di imparziale osservatore. A fine giornata avrebbe tirato le somme e avrebbe deciso se preparare o meno la valigia. Stessa cosa per l’indomani. Dopodiché, se al quarto giorno si fosse trovato ancora a Shintoku, vi sarebbe rimasto fino alla fine. La voce di Harper interruppe le sue riflessioni.
-Adesso Holly devi darmi il tempo di digerire, altrimenti vomito!-
Evelyn, che gli sedeva accanto, si ritrasse.
-Cerca di non farlo qui!-
-In effetti forse abbiamo mangiato un po’ troppo...- il capitano lanciò un’occhiata a Benji quasi a chiedere la sua opinione, ma il volto del portiere rimase imperturbabile.
Jenny si alzò per prima, iniziando a riordinare.
-Mentre oggi pomeriggio vi allenate, noi scendiamo in paese.- disse a Holly. Nella scala gerarchica che si era costruita nella testa, certe iniziative andavano comunicate addirittura prima a lui che a Philip.
Il fidanzato, che appunto non ne sapeva nulla, drizzò le antenne.
-A fare cosa?-
-Dobbiamo trovare la porta per Benji.- rivolse al portiere un’occhiata così intensa che Callaghan sussultò sulla sedia.
Mark e Julian lo notarono e si scambiarono un sorrisetto d’intesa. Intanto, la speranza tornava a illuminare il volto del capitano.
-Hai già un’idea di dove cercare?-
-Una mezza idea.-
All’incirca un’ora dopo, Holly si stava scervellando per risalire all’esatta concatenazione di eventi che aveva spinto lui e i compagni a imboccare la via del paese piuttosto che quella della radura. Avrebbero dovuto allenarsi anche quel pomeriggio, invece chissà come si ritrovarono sulla strada asfaltata che scendeva verso il centro abitato. Benji ormai non diceva più nulla e Holly non capiva se ciò fosse un brutto segno e se dovesse preoccuparsi o meno del suo ostentato mutismo.
La striscia di asfalto ghiacciato tutta curve e a doppia corsia su cui camminavano, si dipanava lungo la montagna come un nastro scuro. Era cosparsa di sale chimico, mescolato alla neve dal passaggio delle macchine. Il ghiaccio aveva indurito lo strato più sottile di neve e dovevano prestare continuamente attenzione per non scivolare. La strada era così poco frequentata che lungo tutto il tragitto fino al paese non incrociarono neppure una vettura.
Grossomodo a metà percorso su richiesta di Amy, Jenny attraversò la carreggiata, lasciò la strada asfaltata e imboccò un sentiero che si inoltrava tortuoso nel bosco. La neve intatta scricchiolava a ogni passo, gli alberi erano molto meno fitti e tra i rami che si protendevano spogli e curvi verso l’etere, si scorgevano il cielo azzurro e le montagne circostanti.
-Dov’è che stiamo andando?- domandò a un certo punto Holly.
Amy gli sorrise.
-Al lago.-
Non che fosse una risposta particolarmente soddisfacente, ma il capitano se la fece bastare. Purché non si crogiolassero senza far niente a lui andava bene tutto, anche arrancare tra la neve in una gelida giornata d’inverno. Lentamente il paesaggio cambiò, il cammino si fece roccioso, i dislivelli più accentuati, finché non si ritrovarono a seguire il corso di un torrente che scorreva tra rocce gelate ammantate di neve e tempestate di ghiaccioli splendenti. Le pozze d’acqua nei pressi delle rive erano ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio e l’acqua gorgogliava solo lungo il corso centrale, che si ampliava via via che procedevano verso valle. Dopodiché sbucarono sulle sponde di un lago.
Tom apprezzò forse più di tutti il paesaggio che si svelò ai loro occhi nella maestosità invernale di brillante cristallo e soffici bianchi.
-Mio padre lo avrebbe sicuramente dipinto.-
-Forte! Si può pattinare?- Bruce si accostò alla riva e tastò con la punta del piede la superficie gelata. Il sottile strato di ghiaccio si infranse e la sua scarpa sprofondò per qualche centimetro nell’acqua.
-Sì, si può. Ma non qui.- Jenny costeggiò il lago, scavalcò un masso immerso per metà nell’acqua e proseguì fino a un cartello di legno rozzamente intagliato, conficcato nella neve con un paletto. Lo indicò ai compagni -Vedete? Non bisogna mai oltrepassare questo segnale. Il ghiaccio viene periodicamente controllato e il cartello spostato più su o più giù. Da questo punto in poi il lago è praticabile.-
E lo dimostrava il fatto che non erano più soli. Lo specchio d’acqua era costellato di gruppi di persone, soprattutto ragazzi e bambini, che si lasciavano gioiosamente scivolare sulla superficie. Le loro grida e le loro risate riecheggiavano nell’aria tersa.
-In quella baita si possono affittare i pattini.-
Jenny la chiamava baita, perché tale era stata la sua funzione originaria. Quando Shintoku era ancora un minuscolo agglomerato di case, la baita aveva avuto la funzione di rifugio, come tante altre costruzioni simili disseminate qua e là nei dintorni, tra i boschi e sui declivi delle montagne. Ma una volta persa la sua utilità primaria, la baita si era ingrandita e si era trasformata in un luogo di ristoro. Tutt’intorno era stata costruita una veranda perché potesse ospitarvi dei tavoli durante l’estate e poi, qualche inverno dopo, la veranda era stata chiusa con delle pareti affinché i tavoli fossero usufruibili anche nella stagione rigida. A quelle nuove pareti era stata fissata un’ulteriore  tettoia che aveva ingrandito l’edificio del doppio, includendovi oltre al ristorante, anche uno spaccio con tutto l’essenziale.
Nei pressi della baita un pontile di legno si protendeva con una linea scura sul lago ghiacciato, spiccando con il suo contrasto cromatico come un punto esclamativo nero su una pagina bianca. A completare il paesaggio, di fronte alla baita sorgeva un isolotto disseminato  di uno sparuto gruppo di alberi spogli e collegato alla terraferma da un ponte arcuato dipinto di rosso.
Bruce si avvicinò fiducioso al ghiaccio, ne tastò la solidità con il piede, poi fece qualche passo sulla superficie liscia e dura. Tre secondi dopo era a terra. Il suo maldestro approccio con il lago scatenò una sonora risata collettiva. Tom lo raggiunse e gli tese una mano per aiutarlo a tirarsi su.
-Tutto bene?-
-Stavo meglio prima. Eve, come te la cavi con i pattini?-
-Finora non sono mai caduta.-
-Domani veniamo a pattinare?-
Holly riuscì soltanto a modulare un’eco.
-Pattinare?-
Bruce gli arrivò così vicino che le nuvolette del suo respiro gli finirono in faccia.
-Non ti pare un ottimo allenamento, Holly? Così per una volta potremmo unire l’utile al dilettevole.-
-Non mi sembra affatto una buona idea, Harper.- Mark osservò rigido i bambini che si spingevano sui pattini. Una spinta, un capitombolo, una risata -E se qualcuno di noi si facesse male?-
La replica di Benji fu istantanea.
-Non sai pattinare, Landers?-
-E tu sai farlo invece, Price?-
I loro sguardi, quando si incontrarono, sprizzarono scintille.
-Questo non è un problema per nessuno. Non verremo a pattinare.- Holly fu categorico -Siamo qui per allenarci.-
La neutralità di Benji si incrinò per un istante.
-Eppure adesso non lo stiamo facendo.-
Amy si accostò a Patty.
-Non pensavo che passare al lago avrebbe provocato l’ennesima discussione.-
-L’ho detto stamattina a Eve. Ogni scusa è buona per rimbeccarsi, dobbiamo evitare qualsiasi iniziativa.-
Jenny si mostrò preoccupata.
-Secondo voi la passeggiata in paese rischia di passare come una nostra iniziativa?-
-In questo caso direi di no.- si intromise Evelyn -Tu avevi detto chiaramente che saremmo andate da sole. Sono stati loro a decidere di accompagnarsi.-
L’amica sembrò tranquillizzata e insieme ripresero il cammino.
A Shintoku la neve caduta durante la notte era stata spazzata via dalle strade per evitare ancora una volta formazione di pericolosissime lastre di ghiaccio. Cumuli bianchi alti come persone erano accatastati agli angoli dei muri, lasciando ampio spazio di manovra alle macchine e ai passanti. Il corso principale era la lunga strada percorsa la sera prima in senso inverso, che attraversava la cittadina da nord a sud. Fiancheggiata da negozi, vi sorgeva la stazione di polizia, il municipio, la farmacia, la posta, una clinica privata, una lavanderia, diversi negozi di abbigliamento, di alimentari e, spiegò Jenny, in fondo appena fuori dal paese, il più grande supermercato della zona. Nonostante il freddo, il viale e i marciapiedi erano trafficati da una miriade di persone. Si fermarono ad attendere il verde di un semaforo, attraversarono la carreggiata, poi svoltarono l’angolo e si arrestarono davanti a una larga cancellata.
Mark osservò l’edificio di cemento azzurro che svettava per tre piani verso il cielo.
-Cos’è?-
-Ti ho sempre sopravvalutato, Landers. Pensavo che almeno sapessi leggere.- Benji indicò provocatorio la targa in pietra nera affissa al muro di quella che risultò immediatamente essere la scuola elementare di Shintoku -Che poi non è che ci sia bisogno di leggere per capire che si tratta di una scuola…- gettò un’occhiata oltre le sbarre nell’ampio cortile dove una ventina di bambini imbacuccati giocava a qualcosa che assomigliava al baseball. Lasciò perdere Mark, si avvicinò a Jenny e la fissò torvo -Che siamo venuti a fare qui?-
-Quale luogo migliore per rimediare la rete di una porta?-
-Una scuola?-
-Non ci sono negozi che vendono reti da calcio a Shintoku.-
-Mi sarei stupito del contrario.-
Philip si avvicinò alla fidanzata perché il tono polemico del portiere non gli piacque per niente.
Ma Benji aveva già finito il suo exploit vocale e tornò nell’angolino a macerarsi in un silenzio così contrariato che, se in quel momento non si fosse trovato di fronte al muro di cinta di un edificio scolastico, probabilmente sarebbe stato in camera a preparare la valigia. Tra tutti i posti in cui credeva che avrebbero cercato una stupida rete, la scuola elementare del paese era davvero l’ultima della lista. La verità era che i bambini li aveva sempre mal sopportati persino quando era bambino lui stesso. Non si era mai lasciato coinvolgere dalla loro confusione, dal loro vociare inutile, dai giochi privi di senso con cui sprecavano ore e ore della loro vita. Frequentare i suoi coetanei aveva sempre significato una gran perdita di tempo. Così, da quando aveva scoperto di avere un talento innato per il calcio, aveva preferito spendere le proprie energie e il proprio tempo in uno scopo ben preciso. Che quei marmocchi giocassero a nascondino, se proprio volevano. Lui preferiva infilarsi tra i pali e sfidarli a segnare, cosa che non riusciva a fare quasi nessuno tanto che spesso i suoi avversari si stancavano, perdevano interesse e se ne andavano, lasciandolo da solo. Non avrebbero mai concluso niente nella vita, pensava già a sei anni scaricando le sue giovani energie con violente bordate contro la rete. Lui era migliore di loro e presto lo avrebbe dimostrato a tutto il Giappone, no, al mondo intero.
Si scostò dai compagni che cianciavano inutilmente sui pro e i contro di chiedere quella maledetta rete in prestito. Facessero un po’ come volevano, purché si sbrigassero a decidere. Lui intendeva rientrare presto al ryokan per preparare la valigia. I suoi occhi critici e impazienti incontrarono per un istante quelli di Jenny. La ragazza si era scostata dagli altri e, annodandosi le due bande della sciarpa sotto il mento, lanciava occhiate guardinghe e sospette tutt’intorno. Poi si accostò alle sbarre e valutò l’altezza del cancello.
Socchiuse le labbra Benji, quando la vide aggrapparsi e issarsi in cima apparentemente senza  sforzo. Come se Jenny, pensò divertito, avesse passato l’adolescenza a scavalcare cancelli e muretti. Eppure avrebbe dovuto dire qualcosa per fermarla, perché non era un bene che qualcuno la vedesse, né per lei né per loro, che avevano formato un gruppetto non trascurabile di individui intenti a confabulare ormai da troppo tempo così vicino a una scuola. Ma in fondo era un suo problema? Assolutamente no. Se Jenny veniva arrestata per essersi introdotta all’interno dell’edificio sarebbe stato Callaghan ad angustiarsi, e se loro fossero finiti sui giornali per complicità, il problema sarebbe stato più del capitano che suo.
Controllò cosa stessero facendo i due. Holly stava parlando giusto in quel momento, esprimendo un parere che a Benji non interessava conoscere. Philip lo ascoltava attentamente, dava le spalle alla fidanzata e, al pari degli altri, non la vide calarsi nel cortile dell’edificio.
-Io adesso vado a chiedere la rete. Voi aspettate qui.-
La voce di Jenny, o forse molto di più il significato delle sue parole, spinsero il gruppo a voltarsi all’unisono. La guardarono increduli, nessuno di loro fu particolarmente entusiasta di trovarla dall’altra parte della cancellata. Patty l’apostrofò sgomenta.
-Che ci fai di là?-
-L’ho appena detto!-
-Come hai fatto a entrare?-
-Ho scavalcato.-
-Ma è vietato!-
Jenny rise di imbarazzo.
-Credo di averlo fatto lo stesso!- guardò Philip -Torno subito!-
Quella era in effetti la sua intenzione, invece non riuscì a muovere un passo perché il fidanzato strinse le proprie dita sulle mani guantate che lei  teneva aggrappate alle sbarre e la bloccò.
-Torna da questa parte!- i suoi occhi saettarono in giro -Sbrigati Jenny, non ti ha ancora vista nessuno!-
-Non preoccuparti, Philip. È tutto sotto controllo.-
Una forte scossa alla cancellata precedette l’atterraggio di Mark esattamente accanto alla giovane. Jenny lo guardò incredula.
-Che ci fai qui?-
-Che ci fai lì?- fece eco Callaghan.
-Di qua o di là, è solo questione di punti di vista. Piuttosto qual è la seconda parte del piano?-
-Mark!- Holly strattonò Philip di lato e conficcò il viso tra le sbarre -Torna immediatamente da questa parte! All’istante! Se ti beccano finisci nei guai e se lo scopre Gamo nei guai ci finiamo tutti!-
Bruce rise rumorosamente.
-Vi prenderanno di sicuro per due maniaci pervertiti...-
-E che c’è da ridere se dovesse accadere?- piagnucolò Holly -Spiegamelo perché non riesco a capirlo!-
Philip mollò le sbarre e si volse imbufalito.
-Come ti permetti, Harper? A chi stai dando del maniaco? A Jenny forse?-
-Scusate, permesso...- Evelyn si fece largo tra i ragazzi vocianti -Sai Jenny… Credo che non sia proprio tutto sotto controllo come pensi tu.-
-Perché?-
-Voltati.-
La ragazza lo fece e trasalì. Mark, al suo fianco, si irrigidì tutto. Un labrador nero come la notte stava correndo a perdifiato proprio verso di loro, la coda dritta come un palo, la lingua penzoloni, le zampe che sollevavano manciate di neve a ogni salto. Jenny indietreggiò fino ad appiattirsi contro le sbarre del cancello.
-In effetti mi sa che abbiamo un problemino.-
Anche Landers fece un passo indietro.
-Dì la verità, a quello non avevi pensato-
-Jenny, torna immediatamente qui!- ordinò Philip imperioso.
Lei lo avrebbe fatto volentieri, ma non ebbe neppure il tempo di provarci. Il cane li raggiunse con una manciata di falcate, si fermò davanti a loro e cominciò a ringhiare. Philip ebbe paura, una paura folle, e reagì senza starci a pensare. Introdusse un braccio tra le sbarre e spintonò Landers in avanti. Il ragazzo finì tra Jenny e la bestia, poi si volse sgomento.
-Che cazzo fai, Callaghan?-
-Se deve mordere qualcuno, meglio te che Jenny.-
-Giuro che se succede dirò a Gamo tutto quello che hai combinato.-
Philip lo zittì sbrigativo.
-È inutile che minacci. Se verrai morso, Gamo verrà a sapere tutto lo stesso!-
Bruce fece un passo indietro e si scostò dalle sbarre, per sicurezza. In un’occasione simile a un suo amico era successa una cosa terribile. Così terribile che il solo pensiero gli rivoltò lo stomaco e gli fece venire i sudori freddi. Quasi a voler esorcizzare il ricordo fu tentato di raccontare l’episodio ai compagni. Poi però capì che l’arrivo inatteso del cane aveva catalizzato l’attenzione e nessuno gli avrebbe dato ascolto. Pazienza, si sarebbe tenuto il racconto per dopo.
-Benji, fa’ qualcosa…-
Il portiere guardò Tom con un sopracciglio alzato.
-Perché io?-
-Perché tu hai un cane e sai sicuramente come ci si comporta in questi casi!-
Per la prima volta da quando erano lì, un moto d’orgoglio lo attraversò dalla testa ai piedi. Si sentì improvvisamente importante, fondamentale e indispensabile non solo a Jenny, che lo aveva incastrato a restare in quel buco ibernato di mondo, ma anche a Landers. Entrambi in quel momento avevano bisogno del suo aiuto. Temporeggiò per prolungare il supplizio e godere ancora per qualche lungo istante dei muscoli tirati sul volto preoccupato del compagno.
-John non mi ha mai ringhiato.-
-John?!- il tono di Landers risuonò leggermente stridulo -Che razza di nome è John?-
Il cane appiattì le orecchie e mostrò i denti, continuando a fissarli torvo.
-Abbassa la voce, Mark.- gli intimò Jenny -Se gridi lo fai innervosire.-
La bestia? Lui era innervosito dalla presenza della bestia, non il contrario. Lo guardò negli occhi così neri che la pupilla non si distingueva dall’iride, vide il suo naso fremere di quegli odori che percepiva per la prima volta e contribuivano a metterlo in guardia. Lo avrebbe morso? Avrebbe fatto male? Un brivido ghiacciato gli corse su per la schiena. Era inutile cercare di ignorare la sua presenza parlando con i compagni o insultando Price. Il problema c’era, tanto valeva affrontarlo di petto.
-Buono bello…- disse piano -Fai il bravo, eh?-
Il cane abbaiò un paio di volte facendolo indietreggiare. Urtò con il braccio la spalla di Jenny immobile al suo fianco e si tese, pronto a difendersi non appena il cane fosse passato all’attacco. Ebbe paura, una paura incontrollabile di sentire i suoi denti affondargli nella carne e si vergognò. E la vergogna scatenò dentro di lui un’ira violenta, che esplose.
-Che cazzo ci fai qui?- gli gridò contro il muso -Non ce l’hai un padrone?-
Il cane agitò le orecchie, abbaiò di nuovo e riprese a ringhiare, come se non sapesse fare altro. Mark e Jenny si guardarono indecisi.
-E adesso?-
Lei alzò le spalle. Non ne aveva idea. Il cane li aveva bloccati lì, impedendo loro di avanzare o tornare indietro, perché chi se la sentiva di voltarsi e arrampicarsi sul cancello, con lui pronto ad aggredirli? Stavano perdendo un sacco di tempo e ciò non era un bene. Proprio mentre pensava a lui, il sorrisetto ironico di Benji comparve alle loro spalle, oltre le sbarre del cancello.
-Non avrai paura, vero Landers?-
-Paura io? Con chi credi di parlare, imbecille?-
-Imbecille a chi, pezzo d’idiota?-
-Come, scusa?-
-Non hai capito? Se vieni più vicino te lo urlo nelle orecchie!-
-Invece di litigare perché non fate qualcosa?- li interruppe Philip lanciando alternativamente occhiate a loro e al cane -Di Mark non mi frega niente ma c’è anche Jenny di là!-
-Appunto, Landers.- Benji lo fissò negli occhi -Per prima cosa smetti di gridare. Jenny ha ragione, lo stai facendo innervosire e se continui così finirà per mordervi davvero!-
Philip saltò su.
-Giuro che se lo fa, ti ammazzo!-
-Callaghan! Chiudi quella ciabatta!-
-Avvicinati al cane, Landers, fatti annusare la mano e prova ad accarezzarlo.- gli ordinò Benji -Cerca di non fargli capire che hai paura. -
-Non ho paura, maledetto te!- gridò Mark esasperato -Se non la smetti giuro che quando torno di là ti prendo a pugni!-
-Ti aspetto, infatti.-
Jenny sbuffò impaziente, poi spinse di lato il compagno.
-Mark, fatti da parte. Stai soltanto peggiorando la situazione.-
-Per forza, è un idiota!-
-Price! Vuoi finirla una buona volta di provocarlo?-
-Benji, Philip ha ragione. Piantala!- interloquì Holly stanco di sentirli. Se avessero continuato così forse sarebbe ripartito lui, altro che il portiere.
-Stavo cercando di essere d’aiuto, come mi avete chiesto!-
-Io non ti ho chiesto proprio niente!- saltò su Mark -Figuriamoci se ho bisogno di te e dei tuoi consigli da quattro soldi!-
Philip afferrò Landers per la giacca e lo strattonò con forza.
-Finché sarai dall’altra parte del cancello con Jenny, prenderai i consigli da quattro soldi di Price come oro colato! Intesi?-
Mentre loro continuavano così sotto gli occhi dei compagni e di un’anziana coppia che si trovava a passare giusto in quel momento sul marciapiede opposto, Jenny si accovacciò davanti al cane. Quello reagì avvicinandosi e Philip tacque di colpo. Aggrappato alle sbarre, trattenne il fiato. Reprimendo il timore di quegli occhi scuri puntati su di lei, la giovane seguì le ormai famose istruzioni da quattro soldi di Benji, sperando che non fossero una vendetta per la discussione della mattina. Così, quando il labrador fu abbastanza vicino, allungò una mano e si lasciò annusare. Il cane agitò una volta la coda e abbassò leggermente la testa in avanti, urtandole piano la mano con il muso. Solo allora Jenny si azzardò ad accarezzarlo, posandogli le dita tra le orecchie e muovendole lentamente verso il dorso. Il labrador si sedette sulle zampe posteriori e anche se la carezza non lo infastidì, non sembrò neppure fargli troppo piacere. Ma almeno smise di ringhiare.
-Dai la zampa.- gli ordinò Jenny mostrandogli il palmo della mano.
Il cane le ubbidì e abbaiò due volte. Lei non se lo aspettava e si tirò indietro di scatto. Incespicò e cadde seduta tra la neve. Solo quando la vide a terra il labrador cominciò a scodinzolare, la lingua penzoloni nella bocca aperta, quasi si stesse prendendo gioco di lei.
Amy scoppiò a ridere di sollievo.
-Davvero un ottimo cane da guardia.-
Mark fece un passo verso Jenny, le porse una mano e l’aiutò a rimettersi in piedi.
-Hai visto?- rise lei ripulendosi i pantaloni dalla neve -Ci voleva così poco… Andiamo.- lo precedette verso l’edificio della scuola e il cane trotterellò dietro di loro.
-Fantastico, Benji!- si congratulò Bruce.
-Figurati. Neppure credevo che funzionasse!-
Philip scostò bruscamente Holly e si parò infuriato davanti al portiere.
-Cosa significa?-
-Che le mie istruzioni erano per Landers. Se il cane lo avesse morso tanto peggio per lui. L’hai detto anche tu “chissene frega di Mark”.-
-Benji! Non hai fatto una cosa carina!-
-Io non faccio mai cose “carine”, Patty.- le fece eco con una smorfia.
Il custode, un omone massiccio alto più di Mark, le spalle larghe e un pancione sporgente, era troppo occupato a spalare via la neve dalla scalinata della scuola per accorgersi dell’arrivo della coppia di intrusi. Dava loro le spalle e si volse soltanto quando il labrador gli corse accanto e prese a fargli le feste, spargendo ovunque la neve radunata con tanta fatica.
-Accidenti a te! Fila via! Non vedi che ho da fare?- lo scacciò agitando la pala nell’aria, dopodiché individuò i due ragazzi che lo stavano raggiungendo.
-E voi? Che ci fate qui? È proibito entrare senza permesso.-
Jenny si avvicinò con un gran sorriso.
-Lo so benissimo signor Wilson. Questa è stata anche la mia scuola!-
L’uomo la osservò con improvvisa attenzione, rimestando nella memoria degli ultimi dieci anni scolastici. Non era sempre facile far combaciare sembianze infantili di fumosi ricordi sui volti ormai adulti degli ex studenti.
Jenny volle dargli un aiutino.
-Sono venuta a trovare i nonni al ryokan.-
Wilson distese le labbra e scoppiò a ridere.
-Che mi prenda un colpo! Jenny Lohan! Che bella sorpresa!- si avvicinò a grandi passi e stritolò la mano che lei gli porgeva -Come stai?-
-Benissimo!-
-Lo vedo, accidenti!-
Prese atto del fatto che la natura aveva continuato il suo bel lavoro iniziato anni prima e trasferì lo sguardo su Mark, rimasto discosto e in silenzio, le mani nelle tasche della giacca. Certamente era un forestiero, perché i ragazzi del paese li conosceva tutti -Lui chi è? Il tuo fidanzato?-
-Il suo fidanzato è rimasto fuori.- Landers indicò i compagni accalcati sul marciapiede oltre il cancello, che li osservavano pieni di curiosità. Philip era così premuto addosso alle sbarre che sembrava sul punto di smaterializzarsi e rimaterializzarsi all’interno della scuola, se solo avesse potuto -Io l’ho accompagnata per affrontare il cane.-
-Come avete fatto a entrare?-
Jenny rispose con un sorrisetto di circostanza.
-Scavalcando il cancello. So che non si fa, ma si tratta davvero di un’emergenza e non potevamo aspettare la fine delle lezioni.-
L’uomo scoppiò in una sonora risata.
-Bene, sentiamo un po’ quest’emergenza.-
-Abbiamo bisogno della rete di una porta da calcio. Anche dismessa e con qualche maglia rotta sarebbe perfetta.-
-Non so se nel magazzino c’è qualcosa che possa fare al caso vostro. Dovrei dare un’occhiata. Lo farò domattina e, nel caso, ti telefonerò al ryokan. D’accordo?-
La ragazza annuì, dissimulando la delusione. Aveva sperato di risolvere il problema il giorno stesso e invece non era neppure sicura che il signor Wilson potesse aiutarla. Lo ringraziò comunque e tornò indietro, tallonata da Mark.
-Questa era la tua scuola?- le chiese perplesso -Pensavo abitassi a Furano.-
-I miei genitori si sono trasferiti lì quando ho cominciato le scuole medie. Le elementari le ho frequentate a Shintoku. Abitavo con i nonni.-
A Holly dispiacque vederli arrivare a mani vuote.
-Allora?-
-Se il signor Wilson trova qualcosa in magazzino ci chiamerà al ryokan.- disse Jenny delusa almeno quanto lui. Si arrampicò sul cancello e quando fu a portata di braccia, Philip l’afferrò per la vita e la depositò a terra.
-Quindi per il momento niente.-
Jenny scosse la testa e osservò di sottecchi Benji che aveva reimpostato l’espressione imparziale con cui fin dalla loro conversazione della mattina, sembrava deciso ad affrontare gli eventi. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che l’opzione del ritorno a casa stava accumulando una miriade di punti. Quella sera doveva sondare il suo umore e tentare l’impossibile pur di salvare il salvabile. Sospirando mestamente gli lanciò una nuova occhiata che, come tutte quelle che l’avevano preceduta, a Philip non sfuggì.

*
 
Mark osservava in silenzio il paesaggio invernale che scorgeva oltre i vetri della finestra della stanza in cui i compagni, per ammazzare il tempo prima della cena, si erano riuniti per una partita a carte. Il crepuscolo era sceso rapidamente mentre rientravano al ryokan, gli ultimi raggi del sole avevano accarezzato le cime innevate delle montagne circostanti, tingendole di rosa. Poi era calata di colpo la notte. Solo a occidente il cielo era ancora rischiarato di un blu meno cupo che illuminava le distese di neve tutt’intorno. La coltre candida del piazzale antistante la pensione rifletteva invece la luce che filtrava dalle finestre illuminate.
Erano gli ultimi giri del mazzo e Benji stava spudoratamente vincendo.
-Bruce! Perché ti ci vuole così tanto? Intendi barare?-
-Eve, sai bene che non lo farei mai!-
Price gli lanciò un sorrisetto sfacciato.
-E io dubito che tu possa riuscirci.-
Mark non amava i giochi di carte e aveva preferito sedersi sul basso davanzale, la schiena addossata allo stretto muro laterale della finestra e le gambe piegate sul ripiano di legno. Era lontano dai compagni ma poteva tenere l’intera stanza sotto controllo.
Aveva notato Philip infilare più volte una mano sotto il tavolo e Jenny sorridere e scostarsi, con un cipiglio infastidito davvero poco sincero. Erano entrambi così occupati da loro stessi che tiravano giù le carte a caso. Patty aveva dichiarato fin da subito che non aveva voglia di giocare e soltanto Holly e Tom continuavano caparbi a fronteggiare la gara tra Benji e Bruce. Forse anche Evelyn. Neppure Amy e Julian partecipavano al gioco. Si erano seduti tra i cuscini in un angolo sotto il getto caldo del climatizzatore e compilavano il sudoku di una rivista acquistata sulla via del ritorno.
Annoiato dal paesaggio interno, Mark tornò a osservare assorto quello esterno. Se guardava bene, oltre il riflesso della stanza scorgeva sul vetro le luci del paese che punteggiavano la valle a piccoli gruppi o sparpagliate tutt’intorno a manciate. Il panorama era notevole, ma lo era anche il problema che gli era inaspettatamente piombato tra capo e collo quando le ragazze al ritorno si erano fermate alla baita e avevano affittato i pattini, decise a svagarsi sulla superficie ghiacciata del lago mentre loro si allenavano. Dopodiché gli era bastato trasferire gli occhi su Philip, a cui si era illuminato lo sguardo di interesse, su Bruce, che aveva subito affermato di voler andare con loro, su Holly che non si era espresso né in un senso né nell’altro, per capire che non troppo tardi sarebbe toccato anche a lui. La decisione di affittare i pattini per tutti era stata una diretta conseguenza della mancanza di reazioni del capitano. Adesso anche il suo paio di stivaletti, su cui era riuscito a tenersi in equilibrio per miracolo giusto il tempo necessario a scegliere la misura, giaceva nello scaffale portascarpe accanto all’ingresso. Non sapeva pattinare e non voleva ammetterlo, ma non voleva neppure spalmarsi a terra sotto gli occhi divertiti di tutti. Non voleva capitombolare sul ghiaccio come quei bambini che aveva visto al laghetto, o come era accaduto a Bruce. Non voleva diventare lo zimbello dei compagni, non voleva che ridessero di lui, non voleva coprirsi di ridicolo. Poteva rifiutarsi di pattinare? No, perché se lo avesse fatto avrebbero capito che non ne era capace.
La voce di Jenny lo strappò di colpo da quelle problematiche riflessioni.
-Stavo per dimenticare una cosa importantissima!-
Mark spostò gli occhi dal paesaggio notturno al viso della ragazza. Le carte erano tutte sul tavolo, la partita era terminata e Philip ne aveva approfittato per avvicinarsi di più alla fidanzata.
-Hai trovato la porta?- domandò Holly speranzoso.
L’entusiasmo della giovane si spense.
-Non ancora, ma sono sicura che risolveremo presto il problema.- si mostrò più ottimista di quanto fosse in realtà -Uno dei vostri bagni perde acqua e per un paio di giorni sarà fuori uso. Ma potete utilizzare i bagni delle terme al piano terra. Da oggi l’albergo è tutto nostro e se desiderate stare più larghi, potete occupare le altre stanze.-
-Io sto bene qui.- Philip le sfiorò un ginocchio e le sue dita si intrecciarono a quelle di lei.  
Julian alzò gli occhi dalla rivista, poi sorrise ad Amy che gli era accanto.
-Anch’io.-
-Figuriamoci io.- concordò Bruce -Per quanto mi riguarda quelle stanze possono rimanere libere.-
Quando anche Holly annuì, per Tom fu facile comprendere che nessuno di loro desiderava trasferirsi altrove perché la camera delle ragazze era a un passo, bastava aprire il pannello scorrevole per caderci dentro. Li capiva perfettamente, ma non era disposto a sacrificarsi. Lui non avrebbe dormito con Benji o Mark, oppure peggio, con tutti e due. L’incidente dell’aereo gli era bastato.
-Anch’io sto bene qui. La stanza è grande e c’è posto.-
-Perché non ci vai tu?-
Benji fissò Mark.
-Vai tu piuttosto, così ti togli dai piedi.-
Patty lanciò a Holly un’occhiata allarmata ma Amy reagì più rapidamente di tutti e si alzò, attirando l’attenzione su di sé.
-Prima di cominciare a preparare la cena abbiamo giusto il tempo di fare un bagno.- guardò le amiche -Andiamo?-
-Questa sì che è un’idea meravigliosa!-
-Non stava dicendo a te, Bruce.- disse Patty seccata perché condivideva con Amy il desiderio di rilassarsi senza preoccupazioni di sorta. In poche parole, non voleva averli intorno per poter godere in modo assoluto del relax delle terme -Sono sicura che avrete molte opinioni calcistiche da condividere prima di cena.- disse congedandosi.
Sparì nella stanza accanto, sperando che qualcuno, magari Holly, impedisse a Bruce di seguirle. Jenny si scostò da Philip e si mise in piedi.  
-Dove vai?-
-Con Amy e Patty.-
-Perfetto, ci vediamo alle terme!-
-La tua presenza non è gradita, Harper. Non l’hai capito?-
Il ragazzo fissò Mark.
-Sfido chiunque a impedirmi di scendere.- i suoi occhi si trasferirono su Holly -Mi fermerai tu?-
-Ma fai un po’ come ti pare, Bruce!-
Julian trasecolò.
-Cioè, gli hai dato il via libera?-
-Impediscigli tu di scendere, se vuoi.-
-Certo che voglio! Patty ha chiaramente detto che non vuole averlo tra i piedi! Perché non fai nulla?-
-Patty sa tenerlo a bada.-
-Sicuramente meglio di te.-
-Che ti prende, Julian? Perché questo tono polemico?-
-Perché non mi fido di Bruce.-
-E cosa pensi che potrebbe fare?-
-Di sicuro qualcosa che non deve.-
-Per esempio?- Holly non riusciva a trovar nulla di male nel desiderio dell’amico di godersi le terme.
Il capitano e Julian continuarono a parlare come se Bruce non fosse presente e in fondo a lui andava bene così. Aveva capito che in quel momento era meglio tacere e far dimenticare la propria esistenza.
Improvviso fu lo scalpiccio di passi leggeri sulle scale, parole sussurrate come se le ragazze cercassero di scendere senza farsi udire. Bruce drizzò le antenne.
-Caspita che velocità!- guardò i compagni con un sorriso carico di aspettative -Restate pure a consultarvi, io intanto vado.- afferrò al volo un cambio pulito e cercò di guadagnare la porta.
Philip gli si parò davanti.
-Dove corri? Scendiamo tutti.-
-Bene, io però comincio ad andare.- sgusciò via come un’anguilla e si precipitò al piano di sotto.
Holly guardò incerto i compagni, e Benji con un filo d’ansia.
-Che facciamo?-
-Non mi pare opportuno lasciarlo solo, chissà cosa potrebbe combinare!- Philip si accostò all’armadio e scelse dei vestiti da indossare dopo il bagno.
Julian annuì.
-Sono d’accordo.-
-Era semplicemente a questo che volevi arrivare, Ross? La mancanza di fiducia in Harper non era altro che la miglior scusa per seguirle.-
-Non ci serve una scusa per scendere alle terme, Benji!- lo zittì Holly.
-Tu poi… Sei esattamente come gli altri.-
Gli occhi del portiere indugiarono sul capitano che lo ignorava mentre frugava nell’armadio in cerca di abiti puliti. Innegabilmente gli anni erano passati e Holly era cambiato. La fissazione per il calcio gli era rimasta, a lui tanto quanto a tutti loro. Ma la tempesta ormonale dell’adolescenza aveva lasciato i suoi segni e adesso il cinquanta percento dei pensieri di Holly era occupato da Patty. Buon per lei e in fondo molto più normale così.
Bruce scese i gradini due a due. Gli ultimi tre li saltò, atterrando pesantemente sull’impiantito di legno. Tutto il piano terra risuonò della sua performance ma tanto in giro non si vedeva nessuno. Fischiettando giulivo, superò l’ingresso del ryokan, proseguì lungo il corridoio, girò a destra e raggiunse gli spogliatoi. Scostò la tendina azzurra di cotone grezzo che pendeva fino a metà altezza, aprì la porta scorrevole ed entrò in quello degli uomini. Accatastò con allegra fretta i vestiti in un cesto di vimini, si avvolse un corto asciugamano intorno ai fianchi e fece il suo ingresso nei bagni fischiettando. Il pavimento di pietra era freddo sotto i piedi nudi ma lui fremeva per raggiungere Evelyn e non ci fece caso. Scelse una delle cannelle che spuntavano dal muro, afferrò uno sgabellino di plastica e ci piombò seduto sopra. Dopodiché aprì la doccia, regolò l’acqua e si lavò alla meno peggio, strofinandosi a casaccio. Quando reputò di essere abbastanza pulito da potersi immergere nella vasca comune, richiuse l’acqua e si precipitò nelle terme vere e proprie.
Era bello lì dentro. La sera precedente, quando era entrato la prima volta, ne era rimasto subito entusiasta. Tutte le pareti, tranne quella di fondo costituita da un’enorme vetrata ricoperta di condensa che si affacciava sul retro dell’edificio ma non lasciava scorger nulla, erano rivestite di pannelli di legno color miele. Un bordo di pietra grigia, la stessa del pavimento, correva lungo i muri. Anche l’ampia vasca, di forma irregolare, era rivestita nella stessa pietra grigia che modellava gli scalini. Attraverso di essi, dallo spogliatoio maschile e da quello femminile, separati da un tramezzo ligneo poco più basso del soffitto, si scendeva nella vasca. Massi irregolari erano accatastati con un perfetto disordine lungo i tre muri dirimpetto. Al centro della vasca sorgeva una formazione rocciosa sormontata da piante rigogliose che, oltre ad avere una funzione decorativa, intendeva dare un’idea della separazione degli spazi tra la zona maschile e quella femminile, altrimenti non nettamente distinte. Quando entrò nelle terme, Bruce venne completamente avvolto da fitte nuvole di vapore.  
-Eve! Dove sei?-
-Accidenti! Hanno fatto in fretta!-
Era la voce di Patty quella? Bruce non ne fu sicuro perché lo sciabordio dell’acqua della cascatella celava ogni altro rumore. Scese gli scalini in tutta fretta, restando senza fiato quando si calò nell’acqua bollente. Avanzò verso le voci.
-Pensavi davvero che sarebbero rimasti a giocare a carte?- Jenny tirò su alcune ciocche di capelli scivolate via dal mollettone -O a parlare di calcio?-
-Forse a giocare a carte no, ma a parlare di calcio sì...-
Risero.
-Eve!-
Era di nuovo Bruce.
-Siamo qui!-
-Qui dove?- avanzò alla cieca verso il vapore. Non riusciva a vedere niente e l’acqua era così calda che la sua pelle si stava ricoprendo di un velo di sudore.
-Bruce!-
Il ragazzo si volse indietro. Julian era sul bordo della vasca in maglietta, i piedi scalzi, l’orlo dei jeans che sfiorava l’acqua. Teneva le mani sui fianchi e gli occhi socchiusi di contrarietà.
-Che stai facendo?-
-Il bagno.-
Ross prese atto dell’inutilità della propria domanda. Ritentò.
-Dove stai andando?-  
-Le raggiungo.-
Naturale, che altro?
Sotto gli occhi vigili di Ross, Bruce riprese a nuotare verso il centro della piscina fino a sparire tra spesse volute di vapore. Mentre cercava ancora di distinguere la sua sagoma, arrivò anche Philip. Rispetto a Julian si trovava in una fase più avanzata della svestizione perché non indossava la maglietta e teneva le dita serrate sulla chiusura dei jeans che aveva appena slacciato. Il suo sguardo preoccupato guizzò inutilmente ovunque.
-Dov’è Harper?-
-Da qualche parte a far danni.-
-Dobbiamo fermarlo.-
-No, dobbiamo raggiungerlo.-
Bruce avanzò indisturbato e fiducioso tra il vapore ancora per alcuni metri, poi si arrestò di botto e ululò di dolore. Una fitta intollerabile scaturì dal piede e gli penetrò dritta nel cervello. Non l’aveva vista. Non aveva visto quella roccia sommersa tra i massi centrali e ci era finito addosso. Adesso il suo alluce era da buttare, altro che allenamenti.
La voce di Julian riecheggiò all’istante.
-Bruce? Che hai fatto?-
-Merda! Ho urtato contro un sasso!- gli occhi colmi di lacrime di sofferenza, si appoggiò su una pietra e sollevò il piede. Il dito era arrossato, ma per fortuna ancora al suo posto.
Evelyn emerse dal vapore.
-Tutto bene?- gli guardò l’arto, mentre il ragazzo agitava le dita del piede -Dovresti metterci dell’acqua fredda, così non si gonfia.-
Bruce tirò giù il piede e scosse la testa. Il dolore era stato terribilmente intenso, ma adesso andava già meglio.
-Credo che sopporterò.- le si avvicinò, immerse le mani nell’acqua e le cinse la vita, cercando di farsi strada sotto le pieghe dell’asciugamanino che le avvolgeva il corpo.
Evelyn si ritrasse ridendo.
-Mi stai facendo il solletico. Non siamo soli, sai?-
Lui si guardò intorno con un sorriso saputo.
-Eppure io non vedo nessuno.-
-Harper, che stai combinando?- era di nuovo la voce di Julian.
-Diamine che palle!- esplose -Niente! Cosa vuoi che faccia?- si grattò la nuca e sorrise -Sai Holly, credo di essermi appena infortunato!-
Il capitano emerse di colpo dal vapore tale e quale un’apparizione spettrale, facendolo sobbalzare di paura. E la sua espressione era altrettanto lugubre.
-Infortunato?-
-No! Niente!- ansimò il ragazzo riprendendosi dallo spavento -Come non detto!-
-Non dovresti essere qui, Bruce! Questa è la zona femminile!-
Ecco anche Philip. E poi Julian. Dietro Evelyn spuntarono le ragazze, i capelli umidi raccolti sul capo, qualche ciocca a incorniciare sensualmente i loro visi, gli asciugamani stretti al corpo, le guance arrossate dal vapore, goccioline luccicanti che percorrevano la loro pelle scoperta... Incantevoli.
Callaghan afferrò il compagno per un braccio e cercò di trascinarlo via mentre lui protestava.
-Sei il solito guastafeste! Jenny, digli qualcosa!-
Lei sorrise alzando le spalle. Quel movimento fece emergere dall’acqua l’orlo dell’asciugamanino azzurro che le avvolgeva il corpo nudo. Bruce sentì chiaramente Philip allentare la stretta, consentendogli di liberarsi con facilità.
-Se non c’è una netta divisione tra la zona degli uomini e quella delle donne la colpa non è mia. Queste terme sono promiscue e io ho tutto il diritto di approfittarne! Nessuno di voi mi farà cambiare idea!-
Gli altri lo fissarono sgomenti, poi scoppiarono in una risata.
-Allora vuol dire che resteremo con te per controllare che non combini guai.-
-E gli altri?- domandò Jenny, tornando d’un tratto seria.
-Mark e Tom stanno finendo di lavarsi.-
-Benji?-
-Non è sceso.-
Jenny si irrigidì. Non era sceso? E che stava facendo in camera tutto solo? Non è che per caso… Forse… Accidenti! Stava sicuramente preparando la valigia o chiamando un taxi per farsi venire a prendere. Guardò Philip, incapace di nascondere l’ansia. Ma lui rideva, Bruce rideva. Anche Holly  rideva. Jenny trasse un respiro profondo. Forse si stava preoccupando inutilmente.   Magari Benji stava soltanto riposando e non era sceso alle terme semplicemente perché non gradiva la loro compagnia. Alzò gli occhi all’orologio di plastica appeso alla parete.
Le sette. Poteva sganciarsi con la scusa della cena. Sorrise a Philip meglio che poté, sforzandosi di cancellare dalla testa l’immagine insistente che continuava a comparirvi: Benji chino a terra a riempire la valigia.
-Esco.-
Il fidanzato protestò.
-Esci? Ma come… Sono appena arrivato!-
-La cena non si prepara da sola. Voi fate pure con calma, ho delle cose da sistemare.-
Sgusciò via nonostante l’insistenza di Philip e delle amiche che cercarono di trattenerla. Affrontò di corsa i gradini della vasca, rischiando di scivolare sul bagnato. Si precipitò nello spogliatoio, si asciugò alla meno peggio e si vestì rapidamente. Con i capelli ancora umidi salì di corsa le scale e si fermò sulla soglia della stanza dei ragazzi.
Benji era lì, come aveva immaginato, ma non stava preparando la valigia. Spaparanzato pigramente tra i cuscini, un braccio piegato dietro la testa, l’altro disteso sui tatami e il telecomando stretto tra le dita, seguiva svogliato un programma in tv. Quando la vide comparire sulla porta, si volse a guardarla.
-La cena è pronta?-
Lei si appoggiò allo stipite, emettendo un impercettibile sospiro di sollievo.
-Tra pochissimo.- gli sorrise grata e corse al piano di sotto.
 
Benji restò testardamente aggrappato al telecomando anche dopo cena, monopolizzando prepotentemente la tv. Sembrava quasi che con quel suo atteggiamento, volesse ricordare ai compagni la loro volontà di imporgli la presenza delle ragazze. Così, dopo un primo tentativo di trovare un compromesso su cosa guardare, ben presto gli altri si erano arresi. Adesso, rifocillati da un cospicuo pasto, giacevano pigramente seduti o stravaccati sui tatami in piena fase digestiva. Benji aveva concesso loro di seguire un famoso programma di varietà che persino la critica più gentile aveva bollato come “moderatamente noioso”. Consisteva in una serie di quiz da sottoporre ai concorrenti che non brillavano mai né per acume, né per avvenenza. Osservarli era di una noia mortale.
Seduta accanto alla finestra, Patty appoggiò una mano sul vetro. Lo sentì ghiacciato e la ritirò subito.
-Trema, credo sia il vento. Si sta rannuvolando.-
La luna piena e luminosissima scomparve, poi tornò, poi scomparve ancora e tornò di nuovo.
-Nevicherà?- domandò Evelyn.
-Sì, al cento per cento.-
-Come fai a saperlo, Philip?-
-Sento l’odore della neve.-
Bruce lo guardò stupito, annusando la stanza.
-Davvero?-
L’altro annuì serio ma l’amico non gli credette. Si alzò, raggiunse la finestra e la spalancò. L’aria gelida si riversò nella camera, lasciandoli senza fiato. Benji, più vicino di tutti al davanzale, sentì una ventata di ghiaccio penetrargli attraverso i vestiti.
-Sei impazzito, Harper? Richiudi immediatamente la finestra!-
Bruce inspirò a pieni polmoni.
-Non sento nessun odore…-
Amy starnutì.
-Bruce, ci stai facendo gelare.- si alzò e chiuse i vetri, prima che qualcuno di loro si buscasse una polmonite.
-Philip ti ha preso in giro, Bruce. Stamattina abbiamo visto le previsioni del tempo.- Jenny recuperò il telecomando del climatizzatore e lo avviò al massimo per riportare la camera a una temperatura accettabile.
Bruce lanciò al compagno un’occhiataccia, poi la sua mente prese tutta un’altra strada.
-Oggi ho dimenticato di raccontarvi una cosa.- tornò a sedersi accanto a Evelyn, afferrò il telecomando della tv che Benji aveva inavvertitamente abbandonato sul tavolo e abbassò il volume per costringere anche chi seguiva il programma a starlo ad ascoltare -Mi è venuta in mente quando è comparso il cane. A un mio amico è successa una cosa simile.-
-Di scavalcare il cancello di una scuola?-
-Di scavalcare un cancello e di trovarsi di fronte un cane da guardia.-
-E…?-
-Il cane non ha gradito la sua intrusione. Indovinate un po’ dove l’ha morso?-
Il completo disinteresse con cui gli amici avevano accolto il racconto, in un istante si trasformò in un netto rifiuto ad ascoltarne il seguito.
-Davvero dobbiamo indovinare?- chiese Benji.
-Non voglio saperlo.- decretò Holly.
-Gli hanno messo quindici punti, vi rendete conto?! Ed è stato fortunato che non gliel’abbia staccato. Tutto quanto intendo, tutto il mucchio.-
-Già, proprio fortunato.- fece eco Evelyn nel silenzio assoluto.
Intirizzita dal vento gelato che aveva invaso la camera, Amy desiderava sorseggiare dell’altro tè ma di fronte alle facce cadaveriche dei compagni scioccati, ammutoliti e impressionati, esitò. Forse non sarebbe stato delicato e rispettoso nei loro confronti protendere una mano verso il tavolo, afferrare la teiera e riempirsi il bicchiere, gustandosi la bevanda calda mentre loro rabbrividivano stravolti. Evelyn non si pose il problema e quando si versò altro tè, Amy le allungò timidamente la tazza.

*

Benji sobbalzò nel sonno perché John lo azzannò. Sentì i denti del suo cane incidergli la carne e strapparla a brandelli. L’urlo che lanciò era parte dell’incubo e non svegliò nessuno. Spalancò gli occhi nel buio della stanza, la schiena inumidita dal sudore. Il cuore gli batteva all’impazzata e lo sentiva martellare nelle orecchie. Si rigirò di lato e appoggiò il viso sul cuscino, finché il respiro affannoso non si fu placato.
L’orologio segnava le quattro. E, secondo il programma messo a punto la sera prima a insaputa dei compagni, era maledettamente tardi. Non aveva previsto di addormentarsi ma a quanto pareva la stanchezza e la noia l’avevano avuta vinta sulle intenzioni. Scostò il futon  e guadagnò silenzioso la porta. Già vestito di tutto punto, uscì di soppiatto dalla stanza maledicendo l’incubo e i compagni che dormivano beati. Riaccostò piano la porta e percorse il corridoio illuminato dalla fievole luce d’emergenza affissa al muro.
Scese le scale con passo felpato e si fermò quando raggiunse l’ingresso del ryokan. Emise un lungo respiro di fastidio, rassegnazione, orgoglio e testardaggine, poi recuperò da uno dei ripiani del portascarpe i pattini che anche lui, al ritorno dal paese, aveva finito per prendere in affitto. Forse sarebbe stato più logico preparare la valigia e filar via alla svelta, evitando così non solo quel ridicolo ritiro con annessi e connessi, ma anche la figuraccia che prima o poi lo aspettava al lago. Quasi sperò che i pattini  fossero spariti, invece purtroppo erano ancora lì, esattamente nel vano in cui li aveva frettolosamente abbandonati poche ore prima. Indossò la giacca, si avvolse la sciarpa intorno al collo, mise i guanti e li afferrò per i lacci.
-Dove stai andando?-
Benji si volse di colpo. Landers era sull’ultimo scalino, con una mano serrava la balaustra. Lo guardava curioso, perfettamente sveglio e completamente vestito. In più, i suoi occhi ridevano perché si era accorto di averlo spaventato. Occupato com’era a rigirare il dito nella piaga della propria stizza, il portiere non lo aveva udito arrivare.
-E tu?-
-Credo che la mia meta sia la tua, mi sa che abbiamo lo stesso problema.-
-Bene. Anzi male.-
Benji lo seguì con gli occhi mentre scendeva l’ultimo gradino, prendeva la giacca dall’appendiabiti, la indossava e infine si infilava i guanti, compiendo lo stesso identico rituale svolto da lui un istante prima.
Afferrando al volo un altro paio di pattini, Mark uscì sul piazzale subito dietro di lui.
Lo sbalzo di temperatura li ghiacciò all’istante. In inverno in Hokkaido non contava quanto si fosse coperti, quanti strati di abiti si indossassero. Il freddo era sempre intenso e implacabile. Durante la notte il termometro era piombato giù oltre lo zero. Ma almeno aveva smesso di nevicare, le nuvole si erano diradate e la luna piena brillava su uno splendido paesaggio innevato. Benji, di malumore sia per il motivo che lo aveva gettato all’aperto, sia per la compagnia che gli era piombata addosso a sorpresa, non degnò di un’occhiata neppure frettolosa l’incanto della natura che si schiuse al suo sguardo. Camminando accanto a Landers, in mano la torcia di emergenza presa in prestito, imboccò la strada che portava al paese in un silenzio di protesta molto gradito a entrambi.
Solo dopo l’ennesima curva, Mark si fermò precisamente al centro della carreggiata.
-Come facciamo a ritrovare il sentiero?-
-È l’unico punto in cui la neve non è più intatta. Ci siamo passati in undici, avremo sicuramente lasciato qualche traccia.-
-Non ti sei accorto che nel frattempo ha nevicato?-
Benji si guardò intorno. Landers rischiava di avere ragione, ma che poteva fare? S’intestardì e proseguì. Avrebbe ritrovato il lago a ogni costo. Mark gli andò dietro, in fin dei conti contento di non essere  solo in quell’avventura notturna.
Dopo qualche incertezza, individuarono il punto esatto in cui Jenny aveva abbandonato la strada per inoltrarsi nel bosco. La neve risultava ancora smossa, i rami degli alberi avevano schermato il terreno, impedendo ai fiocchi caduti in serata di depositarsi e nascondere completamente le tracce del loro passaggio.
Il lago li attendeva più avanti e più su, molto più ampio di quanto ricordassero. La luna brillava e rischiarava lo specchio di ghiaccio di un candore argentato, rendendo tutto assolutamente visibile in una profusione di bianchi azzurrini che l’ombra e l’oscurità degli alberi e dei dislivelli del terreno, trasformavano in blu e neri. Era la notte perfetta.
Mark si arrestò sulla riva e si guardò intorno.
-A questo punto propongo di separarci.-
-Vai a sinistra, io rimango a destra.-
Raggiunta la loro meta, entrambi preferivano tenersi alla larga l’uno dall’altro. Mark si allontanò per conto suo, mettendo una distanza ragguardevole tra sé e il portiere. Benji restò a osservarlo fin quando non divenne una figura difficile da distinguere tra le ombre degli alberi che cingevano il lago. Poi percorse la riva per un tratto e si imbatté in un grosso tronco caduto, immerso per metà nella neve e per metà nell’acqua ghiacciata. Sostegno perfetto, vi si appoggiò per togliersi le scarpe e indossare i pattini. Strinse forte i lacci, poi affondò le lame nella neve e avanzò verso il lago, tentando un cauto approccio con la superficie gelata. Landers era lontano, una sagoma scura vacillante che spiccava contro la bianchezza della neve. Sufficientemente distante da provare a fare qualche passo senza il pensiero di essere visto e, sicuramente, criticato.
Come Benji scoprì subito, sul ghiaccio era impossibile camminare. Ci si poteva soltanto lasciar scivolare in tutte le direzioni, provandoci, e a diverse velocità, riuscendoci. Eppure, restare in equilibrio su quelle due lame d’acciaio così sottili non era troppo complicato. Certo, i suoi movimenti erano ben lontani dall’essere sciolti e fluidi, agitava senza pace le braccia nell’aria fredda come in cerca di un appiglio che non esisteva, ma sull’equilibrio si poteva lavorare. Era lì apposta.
Acquistò presto sicurezza nei movimenti e si arrischiò ad aumentare la velocità. Pattinare era molto più semplice di quanto avesse immaginato. Si allontanò verso il centro del lago decisamente fiducioso nelle proprie capacità. Del resto l’agilità era qualcosa che davvero non gli mancava. Respirò l’aria fredda della notte, trovando fantastica la sensazione della velocità e del vento sul viso! Perché non lo aveva mai fatto? Perché si era sempre rifiutato di seguire i compagni dell’Amburgo nelle loro scorribande sull’Elba? Fece una curva per tornare indietro, caricò tutto il peso su una gamba, si sbilanciò da un lato e capì improvvisamente il perché. Per paura di farsi male, maledizione! Agitò le braccia alla disperata e inutile ricerca di un appoggio che, ovviamente, non c’era. Il tentativo di tenersi in piedi andò sprecato. Franò a terra come un sacco di patate, la superficie dura come il marmo lo accolse a braccia aperte. Imprecò con il refolo di fiato che gli rimase dopo l’urto.
E nel momento in cui si tirava su dolorante, la voce di Mark si levò inaspettata alla sua sinistra, così vicina da farlo sobbalzare.
-Cazzo Landers! Piantala di spuntarmi sempre accanto! Che ci fai qui? Dovevi restare sul tuo lato! Erano questi gli accordi, no?- lo cercò ma non riuscì a vederlo -Dove diavolo sei?-
-Giù.-
-Giù?-
Benji abbassò lo sguardo e scoppiò a ridere. Mark era spalmato sul lago di pancia e lo osservava frastornato, puntellandosi sui gomiti.
-Cosa stai cercando?-
-La stessa identica cosa che stai cercando tu, Price.- facendo leva sulle braccia Mark si mise in ginocchio e lanciò a Benji un’occhiata furente che andò per buona parte persa nell’oscurità -Hai poco da sfottere, sai? Non mi sembra che tu sia messo meglio di me visto che ci troviamo nella stessa posizione, cioè a terra.-
Il portiere scattò in piedi. Vacillò ma riuscì a mantenersi eretto. L’altro lo imitò, tirandosi su con più precauzione, segno che il capitombolo era stato sufficientemente doloroso da esigere maggiore prudenza.
-Sai una cosa, Landers? Non riesco a credere di essere qui a fare le ore piccole con te.- il silenzio di Mark lo indusse a continuare -E la cosa che mi dà più fastidio è che la compagnia è l’aspetto migliore di tutto ciò. In fin dei conti la tua faccia da schiaffi, che per fortuna scorgo appena, è più accettabile di questo posto dimenticato dall’uomo, di questo maledetto lago gelato, del freddo micidiale che ci tormenta da ieri e di questa merda di pattini!-
-Perché sei rimasto allora? Ti sei lasciato incantare da Jenny?-
-Graziosa sì, ma non è il mio tipo. Sono rimasto per vedere come va a finire.-
-Finirà esattamente com’è cominciata. Quando andremo via da qui non ci ameremo più di adesso. E comunque stiamo perdendo tempo.- alzò gli occhi al cielo -Tra poco farà giorno.-
Benji annuì, costretto suo malgrado a condividere i pensieri di Landers. Del resto non poteva fare altro. O meglio, una cosa c’era. Impegnarsi e imparare prima di lui, lasciando che Mark, e lui solo, in un futuro molto prossimo diventasse lo zimbello dei compagni.
-Tu sempre a sinistra, io a destra.-
-D’accordo.-
Mark gli volse le spalle e tornò a spingersi sul ghiaccio. Tentò qualche passo per prendere dimestichezza con i pattini, allargando le braccia per mantenersi in equilibrio.
Benji rise quando intravide la sua ombra schiantarsi sul lago.
-Sei un caso disperato! Possibile che tu non riesca a tenerti in piedi?!-
-Possibile invece che tu non riesca a stare cinque minuti in silenzio?!-
Price ammutolì mentre l’altro si rimetteva testardamente in piedi e ricominciava a pattinare a casaccio di qua e di là sotto il naso di un portiere furente. Nonostante Benji glielo augurasse con grande intensità, passarono diversi minuti senza che cadesse. Mark stava imparando in fretta e se non si fosse dato una mossa lo avrebbe fatto prima di lui.
Si riscosse dal fastidio, poiché non si trovava certo lì per verificare i progressi di Landers. Riprese a spingersi sulla superficie ghiacciata, prima cautamente, poi con maggiore fiducia. Sotto i suoi piedi il lago scivolava via veloce, riflettendo la luna come uno specchio. Provò una curva rallentando, fu meno difficile e riuscì a inclinarsi il giusto. Ecco, bastava piegare la gamba e accompagnare il movimento con il braccio opposto, chino leggermente in avanti e poi…. Poi provò l’ebbrezza di pattinare all’indietro per un breve istante. Un istante davvero molto breve, la cui fine coincise con l’incontro di una sporgenza del ghiaccio come ce n’erano a decine e a cui non lo sapeva ancora,  doveva fare molta ma molta attenzione. Una piccola increspatura che probabilmente non sarebbe riuscito a scorgere neppure se fosse stato voltato nella direzione giusta, neppure se fosse stato pieno giorno. Incespicò, si volse brusco e si protese in avanti. Urtò un gomito e una spalla con violenza, tanto da emettere un chiarissimo gemito.
Con un processo immediato causa-effetto, la risata di Mark arrivò da lontano fino a lui.
-Sei caduto?-
-Vai al diavolo Landers!- gridò Benji alla notte, furioso e dolorante.
   
 
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