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Autore: Jane The Angel    19/01/2011    3 recensioni
Jane Watson vive a New York e la sua vita già bellissima sta per raggiungere la perfezione assoluta. Eppure non è tutto oro ciò che luccica, e Jane si troverà a riconsiderare la sua vita e le sue scelte in un posto in cui mai avrebbe immaginato di poter vivere...
dal primo capitolo: Attraversò il salotto, passò nel disimpegno e, ascoltando la sorella che la informava sugli orari per l’addio al nubilato, aprì la porta della camera da letto.
Un’ondata d’aria gelida le entrò nei polmoni e tutti i colori divennero d’improvviso dolorosamente vividi –No…- sussurrò.
(ispirata al telefilm "Men in Trees")
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo primo

Sull’autobus che aveva preso a Juneau erano rimasti, oltre a lei, un ragazzo sui diciott’anni seduto in fondo e una coppia anziana che si era sistemata nella prima fila di sedili.

Dopo un paio di ore dall’ultima fermata, l’autobus si fermò sbuffando e i suoi tre compagni di viaggio si alzarono per scendere. La città, però, non era ancora quella giusta, così Jane si mise più comoda sul suo sedile e chiuse gli occhi. Si svegliò circa un’ora dopo, appena in tempo per notare un cartello.

Era di legno scuro e su di esso si era posato uno strato di neve, nonostante fosse ancora ottobre. La scritta era marrone più scuro, quasi nero: Old Harbor. Sotto, in piccolo, veniva precisato Kodiak Island e accanto, in una calligrafia ancora più minuta, una parola seguita da un numero: abitanti: 216.

Dopo un paio di minuti l’autista frenò su una strada isolata e Jane scese. L’autista le fece segno di sbrigarsi a prendere le valigie mentre la ragazza apriva il portellone laterale. Non appena ebbe tirato fuori il suo trolley, la sacca e lo zaino, l’autobus chiuse le porte e ripartì.

Aveva viaggiato leggera: tutti gli oggetti che aveva comprato con Dan li aveva lasciati nell’appartamento di New York e così ogni cosa che le ricordava l’ex fidanzato. Tuttavia lo zaino era stato un’aggiunta dell’ultimo momento: conteneva l’abito da sposa, che non aveva avuto il cuore di abbandonare anche se sapeva quanto potesse essere distruttivo portarsi dietro quel simbolo di un sogno ormai infranto.

Ferma sotto la palina degli autobus prese il cellulare per avvertire Mary del suo arrivo. Si accigliò: non prendeva, non c’era nemmeno una tacca. Scosse le spalle. Decidendo che avrebbe avvertito Mary una volta arrivata in albergo. Ora non restava che trovarlo Guardandosi attorno, Jane avvistò qualcosa di simile a un bar poco lontano, dall’altra parte della strada. L’insegna, nera, recava un disegno bianco stilizzato rappresentante una tazza e un libro. Il nome che vi leggeva era Insonnia.

Guardò a sinistra e a destra prima di rendersi conto che in quella strada non c’era nessuno, né a piedi né tanto meno in auto, così attraversò e aprì la porta del locale.

La porta non emise alcun suono, come accadeva nei locali di New York, ma sembrò che tutti fossero stati in qualche modo avvertiti del suo ingresso e si trovò circa venti paia d’occhi puntati addosso. Notando la ragazza dietro al bancone, con lunghi capelli biondi e il fisico formoso, si rese conto che oltre a lei era l’unica donna. Tutto il resto della clientela era formata da uomini.

Cercando di non sembrare eccessivamente goffa, Jane trasportò i suoi bagagli fino al bancone e si rivolse alla bionda –Ciao, scusa… cerco l’albergo… oddio, mi sfugge il nome, aspetta un attimo…- si mise a frugare nella sacca, cercando il biglietto su cui aveva annotato tutto, ma la barista la fermò –Qui c’è solo la locanda dei Kennett, quindi immagino che sia quella.- disse –Non è lontana, ma Rob è uscito poco fa e ora non c’è nessuno al check-in… Ti và una cioccolata, intanto? Poi Zac può indicarti la strada.-

-In realtà…- disse Jane sedendosi ad uno sgabello –Preferirei una sigaretta, ne avete?-

La barista scosse la testa –No. Qui non c’è molta richiesta e il camion arriva solo una volta ogni tre mesi… è passato ieri, ma non ne avevamo ordinate. Mi spiace.-

Jane sbarrò gli occhi, iniziando a sentire l’astinenza da nicotina –Oh… non fa niente, aspetterò… tre mesi, allora.-

La bionda sorrise –Io sono Jud, comunque. Lui è Zac…- presentò indicando un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi color cielo che stava con lei dietro il bancone –E questo è la caffetteria, bar, ristorante e libreria del paese.-

-Wow.- sorrise Jane –Io sono Jane Watson.- si presentò. Jud si accigliò per un secondo, poi esclamò –Ma certo, sei quella scrittrice! Rob sarà felice di averti come ospite, ha letto tutti i tuoi libri.-

Jane si accigliò –Ah! Non sono molti gli uomini che li leggono… fantastico.- sorrise.

-Allora, Jane, per quanto ti fermerai?- domandò Zac.

-Oh… non lo so, in realtà.- scosse le spalle la ragazza –Inizialmente pensavo di trasferirmi qui, ora non so… probabilmente comprerò un alloggio, o lo affitterò… mi fermerò il tempo necessario e se tutto và bene anche di più.-

-Il tempo necessario a cosa?- domandò Jud, interessata –Scusami, ma in questo paese non succede mai nulla… e ci sono talmente poche donne! Siamo in rapporto uno a dieci: c’è una donna per ogni dieci uomini. Capirai che non c’è una grande possibilità di spettegolare.-

Jane sorrise –Beh…- si guardò attorno e prima di andare avanti si assicurò che l’attenzione generale fosse spostata su qualcosa di diverso da lei –Ecco, il mio matrimonio è andato a monte. E siccome ci saremmo dovuti trasferire a casa mia e ogni cosa mi ricordava Dan… sono venuta qui. Tra l’altro, devo finire il mio libro… anzi, iniziarlo, in effetti.-

-Mi dispiace!- esclamò Jud con sincerità –Posso chiederti come mai il matrimonio è andato a monte?-

Jane rimproverò sé stessa: ormai era passata una settimana, non era proprio il caso di piangere. Eppure le lacrime le bruciavano negli occhi e dovette mordersi la lingua per frenarle –Ecco… la settimana scorsa l’ho trovato a letto con un’altra.- raccontò –Una… bionda e bellissima fotomodella che lavorava con lui.- disse –Avremmo dovuto sposarci questa settimana… domenica prossima.-

-Che bastardo!- lo insultò Jud –Sono sicura che hai tutto da guadagnarci, non ti rattristare.- suonò così sinceramente dispiaciuta per lei che a Jane sfuggì una lacrima: si affrettò a cancellarla dal suo volto –Ripensandoci, la prenderei quella cioccolata.-

Sorseggiando l’ottima cioccolata che Jud le preparò, continuò a chiacchierare con lei e con Zac, finché questi non giudicò che fosse passato abbastanza tempo: a quel punto, Rob doveva essere di certo tornato alla locanda –Aspettami fuori, ti raggiungo subito per farti vedere la strada.- disse.

Jane annuì: tentò di pagare la cioccolata, ma Jud glielo proibì –Non provarci. La prima cioccolata è gratuita e, visto il motivo per cui sei qui, lo sarà anche la prossima.- sorrise. Jane la ringraziò una ventina di volte, poi si voltò e fece per uscire. D’improvviso, però, si trovò sommersa da una valanga di pelo bianco e cadde a terra, sbattendo la testa contro il pavimento. Dopo pochi secondi riaprì gli occhi e li sbarrò trovandosi faccia a faccia con un enorme cagnone bianco come la neve, che la fissava con gli occhi azzurri e la lingua penzoloni tra i denti.

Tra i lunghi, affilati denti.

-Oddio…- mormorò terrorizzata.

-Stella! Stella, vieni subito qui! Erik fai qualcosa!- esclamò la voce di Jud alle sue spalle.

-Vieni qui. Stella! Lasciala stare!- ordinò una voce roca mentre qualcuno tirava via il cane. Libera dal peso dell’animale, Jane si mise a sedere cercando di tornare a respirare regolarmente. Con la coda dell’occhio vide qualcuno chinarsi al suo fianco –Tutto bene?- domandò la stessa voce roca. Voltandosi, Jane si trovò di fronte un ragazzo sui venticinque anni, coi capelli neri e gli occhi verdi che brillavano come smeraldi incastonati nel volto dalla pelle chiara –Io… si, credo di si.- balbettò mentre lui la aiutava ad alzarsi.

-Scusa, non sapevo che avessi paura dei cani.- si scusò Jud. Jane sorrise, ancora agitata –Scusate voi. Ho paura di… beh, di tutti gli animali con denti abbastanza grandi da cibarsi di me.- ammise prima di rivolgersi all’uomo che l’aveva aiutata ad alzarsi, il cui nome doveva essere Erik –Grazie mille per… beh, per avermi liberata. Ora vado fuori ad aspettare Zac, sperando che il freddo mi faccia dimenticare la vergogna.- detto ciò si voltò e uscì dal locale.

Erik osservò la porta per qualche secondo, divertito, poi si voltò verso Jud –Sbaglio ho ha detto di aver paura di tutti gli animali con grandi zanne?- domandò.

-Esatto.- annuì Jud –Perché?-

-Ricordavo bene. È meglio che la raggiunga, allora, perché credo che farà presto un incontro con Bill.- proprio in quel momento, un flebile grido giunse dall’esterno dell’Insonnia –Appunto.- confermò Erik uscendo.

Raggelata dalla paura Jane rimase immobile davanti all’enorme orso che si era sollevato sulle zampe posteriori emettendo un ringhio gutturale. L’animale fece un passo verso di lei con la sua pesante zampa e Jane, tremando, fece un passo indietro, cercando di fare chiarezza nel suo cervello e decidere cosa fare. Doveva aver visto in qualche documentario il comportamento adatto da tenere con un orso, ne era sicura…

Aveva appena deciso per la fuga e aveva già fatto il primo passo quando si sentì afferrare saldamente dalle spalle –No, stai tranquilla, non è pericoloso.- la rassicurò la voce di Erik.

-Non è peri… è un orso!- esclamò Jane sbalordita. L’uomo lasciò la presa su di lei, le passò davanti e si avvicinò all’orso che, docile come un gattino, chinò la grossa testa per farsi accarezzare il collo –Ti presento Bill. A volte viene a farci visita in paese.- spiegò Erik.

Jane lo guardò a occhi sbarrati –Ma tu chi sei, il Dottor Dolittle?- domandò un po’ infastidita: era alla seconda figuraccia nel giro di pochi istanti.

-Più o meno.- rise Zac, appena uscito dal locale –Erik è il veterinario del paese. E, Erik, lei è Jane, che potrebbe diventare la scrittrice del paese.-

-Scrittrice. Interessante.- commentò l’uomo –Quindi, hai intenzione di trasferirti qui?-

-Oh… non ho ancora deciso, in realtà. Per ora sto alla locanda dei… ehm…-

-Kennett.- concluse per lei Zac –Le stavo giusto mostrando la strada.-

-Sei carica.- notò Erik lanciando uno sguardo ai bagagli di lei –Posso darti un passaggio.- aggiunse indicando un furgoncino fermo poco lontano.

-Grazie ma… non dovresti occuparti di…Bill?-

Erik scoppiò a ridere –Già. Che tu ci creda o no, una straniera in questa città è un affare più strano di un orso in un cassonetto. Ad ogni modo, Bill sta dietro. Ho ancora due posti davanti.-

Jane sollevò le sopraciglia –Bill sta dietro?- domandò.

-Già, sta dietro. Avanti, sali. E tu, bestione, con me, su! Vai.- ordinò facendo avanzare l’orso verso il furgoncino per poi farlo salire sulla parte scoperta.

-Ah, beh, se Bill sta dietro.- commentò sarcastica Jane, avvicinandosi al furgoncino facendo in modo di non passare accanto all’orso.

 

 

 

___________Nota di Jane

Secondo capitolo, siamo giunti a Old Harbor xD Chi vorrebbe vivere in una città così?

Ringrazio chi ha commentato il prologo e anche chi l’ha solo letto: spero che questo primo capitolo vi piaccia e se volete lasciare un commentino mi fa piacere, ovviamente xD

Un bacio!!!

  
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