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Autore: Jane The Angel    14/01/2011    2 recensioni
Jane Watson vive a New York e la sua vita già bellissima sta per raggiungere la perfezione assoluta. Eppure non è tutto oro ciò che luccica, e Jane si troverà a riconsiderare la sua vita e le sue scelte in un posto in cui mai avrebbe immaginato di poter vivere...
dal primo capitolo: Attraversò il salotto, passò nel disimpegno e, ascoltando la sorella che la informava sugli orari per l’addio al nubilato, aprì la porta della camera da letto.
Un’ondata d’aria gelida le entrò nei polmoni e tutti i colori divennero d’improvviso dolorosamente vividi –No…- sussurrò.
(ispirata al telefilm "Men in Trees")
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVERTIMENTO: Ho scritto questa storia un paio d’anni fa. Il canovaccio è tratto da un telefilm poco conosciuto, ma è solo ed esclusivamente il canovaccio: i personaggi sono diversi e inventati dalla sottoscritta e di conseguenza ovviamente gli avvenimenti sono diversi. Ho controllato il regolamento a questo proposito, e chiesto anche un po’ in giro: non dovrei infrangere nessuna regola postando questa storia tra gli originali, visto che è un’idea sviluppata prendendo un telefilm solo come spunto. Se ho mal interpretato qualche informazione e devo cancellare/spostare la storia, lo farò senza problemi.

 

 

Il paese sotto la montagna

 

 

 

Prologo

 

-No, Mary, le rose devono essere rosa chiaro, non rosa confetto!- esclamò Jane scendendo dal taxi sotto casa di Dan, il suo fidanzato. Il suo futuro sposo, in effetti: ormai mancavano due settimane al matrimonio, e tutto era ormai pronto. La torta era stata ordinata, il testimone di Dan aveva ritirato le fedi, il suo abito le sarebbe stato consegnato il giorno seguente, gli invitati avevano risposto agli inviti e la luna di miele, due fantastiche settimane in California, era stata prenotata.

-Jane, tesoro, il rosa confetto è chiaro.- cercò di farla ragionale la sorella, nonché la sua damigella d’onore, che si trovava dal fioraio mentre parlava al telefono con Jane.

-Si, è chiaro, ma non abbastanza. Te l’ho fatta vedere la sfumatura, no?-

Mary sospirò: dopotutto sua sorella si era comportata in modo abbastanza razionale, fino a quel momento. Poteva sopportare un po’ di capricci da sposa isterica… forse –Va bene, continuo a cercare. Stai andando da Dan?- domandò.

-Si.- rispose Jane aprendo il portoncino del palazzo con la sua copia delle chiavi, pensando emozionata che due settimane dopo quella casa sarebbe stata venduta e lui sarebbe andato a vivere nel suo appartamento. Gran parte delle cose erano già state spostate e lì rimanevano solo il letto, lo spazzolino da denti e qualcosa da mangiare –Gli ho ritirato il vestito in tintoria.-

-Sarebbe perso senza di te.- rise Mary. Jane confermò ridacchiando e iniziò a salire le scale che portavano a casa del fidanzato –Allora, mi hai organizzato un addio al nubilato? Bada che non voglio niente di esagerato, lo sai che Dan è un tipo geloso.-

-Non preoccuparti sorellina. Ho prenotato in un locale per cena e poi a ballare…- mentre Mary raccontava, Jane aprì silenziosamente la porta dell’appartamento: era ancora mattino ed essendo domenica non voleva svegliare Dan. Attraversò il salotto, passò nel disimpegno e, ascoltando la sorella che la informava sugli orari per l’addio al nubilato, aprì la porta della camera da letto.

Un’ondata d’aria gelida le entrò nei polmoni e tutti i colori divennero d’improvviso dolorosamente vividi –No…- sussurrò.

-No? Non va bene per le otto?- si accigliò Mary.

-Come hai potuto?- domandò Jane con voce flebile, senza riuscire a staccare gli occhi dalla schiena nuda del suo fidanzato, del suo futuro marito, immerso in un bacio passionale con una donna bionda, svestita, stretta a lui sotto le coperte –Come hai potuto?- domandò a voce alta.

Dan si voltò di scatto, gli occhi sbarrati.

-Jane? Jane? Che succede?- la voce di Mary giunse preoccupata dal telefono che Jane chiuse di scatto prima di rimetterlo in borsetta per poi correre via dall’appartamento, resa quasi cieca delle lacrime.

 

***

 

-Io… lo odio! Lo odio!- singhiozzò Jane il giorno seguente, accendendosi con mani tremanti la quinta sigaretta del pomeriggio e inspirando una boccata di fumo tanto lunga che, mescolata al pianto, la fece tossire.

-Hai ragione.- confermò Mary passando un fazzoletto alla sorella –Certo che lo odi. È uno schifoso bastardo.-

-Si! Ma… era anche il mio futuro marito, Mary.- riprese a piangere Jane, asciugandosi gli occhi col fazzoletto che la sorella le aveva passato prima di gettarlo sulla pila di quelli che aveva già usato.

-Grazie al cielo ti sei accorta in tempo di che razza di uomo è!- le fece notare Mary, cercando di incoraggiarla –Cosa sarebbe successo se l’avessi sposato? È stato un bene che tu l’abbia scoperto ora! Capito?- domandò poggiandole una mano sulla spalla.

Jane annuì tra le lacrime –Si… si, ma adesso? Cosa devo fare adesso, Mary? Non so cosa…- s’interruppe e una nuova ondata di pianto la travolse.

-Adesso lo dimentichi, Jane! Non merita che tu stia così male per lui!- la rimproverò la sorella, triste –Non penserai più a Dan Shabolt, chiaro?-

Jane annuì, e in quel momento suonarono alla porta.

-Vuoi che risponda io?- domandò Mary, ma Jane rifiutò –No… no grazie, faccio io.- disse per poi alzarsi e andare ad aprire la porta. Si trovò davanti un fattorino con la divisa blu scura e una grande scatola nera e lucida in mano –Lei è Jane Watson?-

-Sono io…- annuì Jane, domandandosi cosa potesse essere.

-Bene! Firmi qui e può prendere il pacco.-

Jane firmò e prese la scatola: era piuttosto pesante. Il fattorino se ne andò e lei, una volta chiusa la porta, si poggiò a terra per vedere il contenuto della scatola.

Il tulle bianco della gonna e del velo si sollevarono lievemente quando tolse il coperchio. Il diadema, piccolo e sottile, brillò sotto la luce del lampadario. Le perle del corpetto scintillarono come diamanti e vide il suo volto, deformato, riflesso sulle scarpe lucide.

Il cuore le si ruppe di nuovo, in mille pezzi, e scoppiò a piangere –Stupida, stupida! Come ho fatto a dimenticarmi del vestito?- imprecò sbattendo il coperchio della scatola contro il pavimento e lanciandolo poi il più lontano possibile.

-Jane! Tesoro, calmati!- Mary, accorsa sentendo il caos, abbracciò la sorella che ricambiò la stretta poggiando il volto sulla sua spalla –Ehi… no, Jane, dai… non piangere, basta…-

-Mary, non capisci? Non è solo il mio matrimonio… come faccio a scrivere, adesso? Io do consigli alle donne per riuscire a trovare e tenersi un uomo! La mia vita è… completamente distrutta.- sciogliendosi dall’abbraccio, Jane si appoggiò al muro con la testa tra le mani.

-Ma no! Dai, tutto andrà a posto, Jane!- la consolò Mary inginocchiandosi davanti a lei –Hai me, i tuoi amici, la tua casa… tornerà tutto come prima e lo dimenticherai.-

-Ma che dici…- singhiozzò Jane –I miei amici? Erano tutti suoi amici, amici di Dan… ieri sera quando tu eri a riunione ho provato a chiamare Diana, Jessica e anche Hilary, ma sai cosa mi hanno risposto? Che non potevano venire da me dopo che avevo lasciato Dan! Io l’avrei lasciato, capisci?- gridò tremando per i nervi tesi –E la casa? Ho buttato i tre quarti delle mie cose per lasciare spazio alle sue! Mi ha regalato lui le tende e abbiamo scelto insieme il divano! I muri li abbiamo tinteggiati insieme!- la sua voce si fece di botto flebile e sussurrò –Per non parlare del quartiere. Ci siamo conosciuti qui, tutta la nostra storia è cresciuta in queste strade… non posso restare qui, Mary.-

-No, hai ragione.- sorrise comprensiva Mary, sedendosi accanto alla sorella e accarezzandole i capelli –Vuoi stare da me per un po’? Vedrai che poi sarà meno doloroso.-

Jane nascose il volto tra le mani –Mi ha chiesto di sposarlo nel ristorante sotto casa tua.- sussurrò –E abbiamo comprato le fedi sotto la casa editrice che mi pubblica i libri… non posso farcela. Devo andarmene.- decise.

-Una vacanza, ottima idea.- annuì Mary –Vattene al mare, in un posto caldo! Riposati, vai alle feste…-

Jane scosse la testa –No. No. Saremmo dovuti andare in California per la luna di miele… andrò in un posto freddo. Il più freddo che mi viene in mente.-

-Jane, andiamo, non puoi prendere e andare il Alaska…-

-Alaska!- esclamò Jane con occhi brillanti, un po’ per le lacrime e un po’ per l’idea –Si… l’Alaska è perfetta.-

Mary la fissò per qualche minuto –Alaska.- ripeté, poco convinta –Bene. E quanto intendi restare in… Alaska?-

-Non lo so, Mary.- sospirò Jane –Non lo so. Parecchio tempo. Magari per sempre… non lo so.-

-Per sempre? Jane, santo cielo!- esclamò Mary saltando in piedi.

-Mary, per favore! Cerca… cerca di capirmi! Non so dove sbattere la testa, in questo momento! Ho davvero bisogno di… andarmene. Devo allontanarmi da qui, trovare un posto in cui non conosco nessuno e ricominciare da zero. Non so quanto resterò, ma… voglio partire il prima possibile. Puoi appoggiarmi, per favore? Ti prego.-

Mary sospirò, scuotendo la testa –E va bene. Se credi che andare a congelare in un luogo dimenticato da Dio possa esserti utile… essendo tua sorella, non posso fare altro che sostenerti. E dove pensi di andare? A Juneau?-

Jane scosse la testa –No… no, non so ancora dove voglio andare, ma… so che non voglio andare in una grande, incasinata città.-

-Anche perché non ne troveresti, in Alaska.- commentò Mary scuotendo il capo.

Jane la rimproverò con un sorriso –Cercherò un paesino e troverò un posto dove stare, poi partirò. Il più presto possibile.-

 

 

 

 

______Nota di Jane:

Ed eccomi qui. Conto di aggiornare abbastanza rapidamente visto che la ff è tutta scritta, ma poiché l’ho scritta diverso tempo fa devo per forza di cose correggere qua e là xD

Spero che vi piaccia e che vogliate lasciare qualche commentino, positivo o negativo che sia!

Un bacio,

Jane.

  
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