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Autore: Roxe    21/01/2011    8 recensioni
Il dottore cercò di sostenere quello sguardo più a lungo possibile, rinunciando a chiedersi il perché di quella sfida non verbale, finchè non perse la battaglia ed abbassò gli occhi sulla sua tazza di tè, portandola alla bocca e sorseggiandone qualche goccia, nell’inutile tentativo di sembrare distratto.
- Vuoi sposarmi, John?

[ Pairing: Sherlock/John ] [ Pre-slash, Azione ]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: I personaggi da me trattati appartengono in primis a Sir Arthur Conan Doyle, che ha avuto la grazia d'inventarli alla fine del 1800, in secundis alla BBC ed ai suoi ottimi sceneggiatori che hanno deciso di riadattare l’originale in chiave moderna, in terzis (non so e se esiste) agli attori Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, che hanno dato loro le fattezze e l’interpretazione che mi hanno ispirato questa storia.

 

 

 

Deduction III

 

 

Camminavano a passo svelto, uno dietro l’altro, in rigoroso silenzio.

Lestrade li guidò attraverso una serie di corridoi, in un percorso tortuoso che sembrava non avere fine, conducendoli in un’area dell’edificio nella quale né Holmes né Watson erano mai stati prima.

Ad ogni rampa che scendevano l’aria si faceva più densa, e la luce più flebile.

L’ambiente risuonava solo del rumore dei loro passi.

Ad un tratto Lestrade si fermò di fronte ad una porta metallica, più spessa delle altre, situata in fondo ad un lungo corridoio privo di finestre che doveva essere situato almeno a 20 metri sotto il livello del suolo, a giudicare dal numero di scale che avevano fatto per arrivarci.
L’ispettore si guardò intorno con circospezione e poi posò la mano sulla maniglia, senza ruotarla, voltandosi verso Sherlock con un insolito sguardo disperato.

- Per favore… cerca di comportarti in modo umano.

Holmes non rispose, limitandosi a sorridere enigmaticamente.

Lestrade sospirò, abbandonando gli ultimi residui di speranza, poi tirò a se la maniglia, facendo cenno ad entrambi di entrare.

Sherlock Holmes e John Watson si ritrovarono in una stanzetta angusta, completamente priva di finestre, illuminata da fastidiose luci al neon di un giallo spento e malaticcio, adatte ad un’ottima sala interrogatori o ad una pessima mensa d’ospedale.
Al centro della stanza campeggiava un ingombrante tavolo in metallo, molto simile a quelli usati nelle camere mortuarie, che riempiva quasi interamente l’esiguo spazio disponibile.

Sul tavolo era posato un minuto abito da sposa di un elegante color avorio.
Era evidentemente un capo d’alta sartoria, realizzato con le stoffe più pregiate e ricamato con una serie infinita di particolari. L’intero bustino era ricoperto di quelli che sembravano essere minuscoli cristalli Svarovsky, che si rincorrevano in complesse figure floreali fino a sfumare nell’ampia ma elegante gonna, la quale terminava in un lungo strascico decorato con la stessa dovizia di particolari del bustino.
La sola presenza di quell’abito nella stanza rendeva l’ambiente più luminoso, rifrangendo la scialba illuminazione in mille minuscole particelle di luce.

Tutt’intorno al tavolo, completamente assorti nella contemplazione del prezioso pezzo di stoffa, stazionavano sei uomini in giacca e cravatta, rigorosamente vestiti di nero, impeccabilmente sbarbati, ed immancabilmente muniti di auricolare.
A vederli lì, tutti in cerchio, ad una distanza perfettamente identica uno dall’altro, si sarebbe potuto pensare che facessero parte di un segreto esperimento di clonazione.
Oppure di una nuova boy band inglese.
Nessuno di loro fece una mossa o emise un suono all’ingresso di Holmes, Watson e Lestrade nella stanza, ma tutti alzarono contemporaneamente lo sguardo verso i nuovi arrivati, spostando l’attenzione dal vestito all’ispettore, in evidente attesa di spiegazioni.

Lestrade, visibilmente teso, fece qualche passo in avanti e parlò con voce rotta.

- Signori, vi presento Sherlock Holmes, il consulente del quale vi avevo parlato. Holmes, questi sono-…

- Sì, sì.

Sherlock lo interruppe con aria seccata, muovendo la mano avanti e indietro come a voler sgombrare l’aria dalla noia.

- Saltiamo le presentazioni ok? SIS. CIA. Sicurezza privata. Inviato dell’ambasciata americana. Ancora SIS e… mmmh! Amico  di famiglia!

Aveva snocciolato l’elenco in fretta, spostando il dito indice su ognuno degli uomini che aveva di fronte, mentre decifrava il motivo della loro presenza alla prima occhiata.

- Manca solo mio fratello!

- Ah… Lui-…

- Non dirmelo. Scommetto che si trova in un’altra stanza di questo stesso edificio, pomposamente attrezzata d’ogni più sfarzoso comfort e d’ogni più moderno ritrovato tecnologico, ad intrattenere i suoi illustri ospiti -nello specifico il padre della sposa e il futuro suocero- tranquillizzandoli sulla buona riuscita dell’operazione. E tutti insieme stanno guardando un bel video in diretta del nostro allegro meeting.

Mentre parlava Holmes aveva ispezionato ogni parete della stanza, andando poi a fissare lo sguardo nell’angolo in alto a destra, che a occhio nudo non sembrava presentare nulla di anomalo, sfoggiando un ampio e malizioso sorriso in quella direzione.
Alzò infine la mano destra, agitandola in segno di saluto.

- Ciao ciao Mycroft!

In un’altra stanza dello stesso edificio, pomposamente attrezzata d’ogni più sfarzoso comfort e d’ogni più moderno ritrovato tecnologico, seduto di fronte ad uno schermo gigante sul quale campeggiava Sherlock Holmes che agitava la mano destra guardando dritto verso la telecamera nascosta, Mycroft sorrise.

- Allora!

Sherlock battè le mani tra loro e si guardò intorno con aria divertita, abbassando poi lo sguardo sul vestito.
Come sempre era compiaciuto della prima impressione che dava alla gente.

- Dov’è il corpo?

Tutti e sei gli uomini in nero iniziarono ad agitarsi visibilmente, muovendosi in modo scomposto, combattuti tra l’irritazione e lo stupore.
Lestrade, agitato quanto i suoi ospiti, tentò di prendere in mano la situazione prima che degenerasse irreparabilmente.
John Watson sorrise.

- N-non c’è nessun corpo… La ragazza è semplicemente-…

- Sparita. Sì questo me lo avete già detto al telefono ispettore. Agente 000, altre informazioni?

Dopo qualche istante d’imbarazzo generale, uno dei due agenti del SIS iniziò a parlare, senza nascondere la sua irritazione.

- Lady Viola è stata vista per l’ultima volta a casa sua, due ore e quarantasette minuti fa, solo mezz’ora prima dell’inizio del rito.
Una macchina, guidata da persone fidate, sarebbe dovuta passare a prenderla per portarla sul luogo della cerimonia, ma quando è arrivata non ha trovato nessuno.

L’agente della CIA s’inserì subito dopo.

- L’abito è stato rinvenuto a tre isolati dalla villa, appoggiato sopra un cassonetto in bella vista, ed è l’unico indizio che abbiamo, per adesso. Nessuno ha visto depositare il vestito o prelevare la ragazza. Non ci sono segni d’effrazione o di lotta nell’abitazione. Nessuna impronta sconosciuta sul vestito.

Holmes non staccò mai lo sguardo dall’abito durante l’intero racconto, una mano poggiata sul mento e l’altra stretta al gomito, il dito indice che tamburellava appena percettibilmente sulla guancia.

Seguirono una serie interminabile di secondi nei quali Sherlock continuò a fissare il vestito senza dire una parola, e gli altri otto uomini nella stanza iniziarono a guardarsi con aria interrogativa, senza avere il coraggio di proferire parola, come invasi da uno strano, indefinibile timore d’interferire con un processo mentale particolarmente delicato.

Dopo due interi minuti di religioso silenzio il secondo uomo del SIS si schiarì nervosamente la voce, per poi iniziare a parlare con voce bassa.

- He-hem!... Immagino… che sappiate già di chi stiamo parlando. L’ipotesi più probabile è che sia stata prelevata di fronte alla sua abitazione ed in seguito costretta a cambiarsi per rendere più semplice lo spostamento e più complessa l’identificazione. I rapitori si sono poi liberati del vestito, ed una volta al sicuro ci aspettiamo che procedano con la richiesta di-…

- Riscatto.
Ipotesi banale Agente 0000. Noiosa.
Nessuno si prenderebbe la briga di rapire Lady Viola Grosvenor per ottenere un semplice riscatto. Al massimo rapisci Brooklyn Joseph Beckam se vuoi tirar su qualche soldo facile.
No. Nessuno sapeva del matrimonio. Nessuno doveva saperlo.

Holmes alzò lo sguardo verso il sesto uomo in nero, fissandolo con insistenza.

- Vogliamo dirglielo signor amico di famiglia?
Ma sì, diciamoglielo. Tanto qui siamo tutti bravi ragazzi e nessuno andrà in giro a fare la spia.
Un matrimonio in Ottobre, organizzato in fretta e furia, una cerimonia privata, nessun annuncio, nessuna notizia trapelata alla stampa, nessuna pubblicità.
La ragazza è incinta, vero?

L’amico di famiglia inspirò con forza, visibilmente imbarazzato e sorpreso.

- Ah…

- Non mi deve rispondere. Era una domanda retorica.

L’affermazione di Sherlock fu accolta da un imbarazzato quanto eloquente silenzio.

- Quindi siamo di fronte ad un banale matrimonio riparatore, alla fine.     Bah, che sciocchezza. Al giorno d’oggi è anacronistico sposarsi per una ragione del genere. C’è l’aborto, la convivenza, l’affido condiviso, gli alimenti.
Ha molto più senso sposarsi per motivi economici, piuttosto.

Al suo fianco, Watson trasalì impercettibilmente, sollevando d’istinto la testa.

-John!

Un autentico attacco di panico silenzioso scosse le membra di Watson, impedendogli di voltarsi verso di lui.
Era sicuro che Holmes non si sarebbe fatto il benché minimo problema a dire qualcosa d’incommensurabilmente imbarazzante anche di fronte a due membri del SIS, un agente della CIA, un ambasciatore americano ed un amico intimo della famiglia Grosvenor.

- S- sì?...

- Parlami di questo vestito!

Tirando un mezzo sospiro di sollievo, Watson scosse la testa, allontanandosi d’istinto dal tavolo ed accostandosi con le spalle alla porta.

- Sherlock… non mi sembra proprio il caso di-…

- Andiamo! Sentirti parlare mi aiuta a pensare. Su, su!

John ripose le sue ultime speranze nell’ispettore Lestrade, rivolgendogli una muta richiesta d’aiuto, e ricevendo in risposta un’alzata di spalle.
Come sempre non aveva scampo.
Anche se non se ne rendeva conto in modo cosciente, in qualche modo lo feriva dover ogni volta fare la conta delle banalità di fronte a Holmes, soprattutto perché percepiva che Sherlock non si aspettava null’altro da lui se non un elenco dell’ovvio, sul quale innestare le sue acute intuizioni.
Watson sospirò, scrollando mestamente le spalle.
Poi fece un passo verso il tavolo ed abbassò lo sguardo sul vestito, iniziando ad osservarlo attentamente.
Holmes fece la medesima cosa, unendo le mani tra loro e portando gli indici all’altezza della bocca, per poggiarli poi sulle labbra.

- È un abito cucito a mano, di ottima fattura. La stoffa usata direi che è seta mista a… organza forse. Le decorazioni sembrano in vero cristallo. La taglia è… una 42. O una 40. Molto piccola comunque. Nella zona sotto le braccia il vestito è leggermente umido, direi che è la prova che la sposa lo aveva indosso fino a poco tempo fa.
Mmmh che altro… Sembra intatto. Non ci sono macchie né strappi, e non c’è nemmeno-…

Watson aggrottò improvvisamente le sopracciglia e si allungò con una mossa improvvisa sul tavolo, afferrando un lembo dell’abito ed avvicinandolo al volto per poterlo osservare meglio.

-… non c’è nemmeno alcun segno di sfregamento sullo strascico…

John si voltò di scatto verso Holmes, stringendo la stoffa tra le mani.

- Non è mai uscita di casa con indosso questo vestito!

Sul volto di Sherlock si dipinse un sorriso compiaciuto mentre si voltava in direzione di Watson, allontanando lentamente le dita dalle labbra.

 

-Eccellente!

 

Una violenta ed inattesa vampata di calore salì al volto di Watson mentre osservava  quel sorriso.
Non se l’aspettava.
Era stato colto impreparato dall’espressione così genuinamente felice, dalla soddisfazione intensa che leggeva in quegli occhi, sorprendentemente inattesa.
Abbasssò di scatto lo sguardo, sperando invano che Holmes non si fosse accorto della sua reazione.
Era ridicolo sentirsi così. Come lo scolaro più lento che avvampa d’emozione ed orgoglio di fronte al suo insegnante più esigente quando per la prima volta riesce a superare le sue misere aspettative.

- Stai migliorando John! Decisamente!

Davvero ridicolo.

- Quindi!

Sherlock Holmes sollevò nuovamente le mani di fronte al viso, unendo le dita tra di loro ed alzando gli occhi verso il soffitto, in una sfacciata caricatura di posa meditativa.

- O i nostri ipotetici rapitori, dopo aver curiosamente scelto proprio il giorno delle sue segretissime nozze per prelevarla, hanno gentilmente chiesto a Miss Viola Georgina Grosvenor di spogliarsi sull’ingresso di casa, stando ben attenti a non strappare un singolo bottone né a perdersi un singolo svarovsky, per poi uscire in pieno giorno con lei in mutande ed il vestito accuratamente ripiegato sottobraccio, andando a depositarlo in bella vista sopra un cassonetto a pochi isolati di distanza. Oppure…

Rimasero tutti sospesi sulle labbra di Holmes, dimenticandosi di respirare. Fino a quando Lestrade, schiacciato dal peso della suspance, non ruppe timidamente il silenzio.

- Oppure?...

- Mmhh… Quanto hai detto che era la ricompensa per notizie utili al ritrovamento della ragazza ispettore?

- Ci-… cinquantamila sterline.

Holmes alzò lo sguardo verso l’angolo in alto a destra della stanza, ammiccando in quella direzione.

- Accetto assegni o contanti.

Poi tornò a fissare uno per uno i sei uomini in nero che aveva di fronte.

- Avete controllato se mancava qualcos’altro in casa a parte lei? Argenteria, quadri, vasi. O magari che so… una sua maglia, un suo paio di pantaloni ed un suo paio di scarpe?

Gli agenti del SIS, quello della CIA e l’agente della sicurezza si guardarono a vicenda, evidentemente imbarazzati.

- N-no… veramente noi…

Holmes scosse la testa scompostamente, alzando le braccia.

- Perché gli inglesi e gli americani si ostinano ad investire soldi e risorse in questi servizi segreti totalmente disfunzionali? Posso capire gli americani, che non hanno a disposizione me. Ma gli inglesi potrebbero davvero risparmiarseli tutti questi auricolari e questi completini neri!

A quel punto l’agente della CIA sembrò perdere definitivamente la pazienza. Si staccò dal muro dirigendosi verso Sherlock con aria minacciosa.

- Adesso basta!...

Ma Holmes non parve accorgersi dei suoi movimenti. Aveva abbassato la testa poggiando il mento sul pugno chiuso, e fissava il vestito sul tavolo senza vederlo, completamente assorto.

- A questo punto ci serve un luogo. Un luogo preciso. Che abbia un significato.
Non può essere un posto qualunque.

- Mi stia a sentire lei! Con che diritto-…

- Sssssssssh! Sto pensando.

Sherlock lo zittì con un ampio e rapido gesto del braccio, piazzando la mano a pochi centimetri dalla bocca dell’uomo, che indietreggiò istintivamente, zittendosi.

- Sono una giovanissima nobildonna inglese. Sono scappata di casa ad un’ora dal mio matrimonio. Ho buttato il mio prezioso vestito su un cassonetto e mi devo nascondere. Mi voglio nascondere. Nessuno mi deve trovare. Ma allo stesso tempo voglio stare in un posto che abbia un senso. Un senso per me. Qualcosa che sia rassicurante e significativo allo stesso tempo. Vado da qualcuno che conosco? No. Non voglio vedere nessuno che mi conosce. Voglio stare sola. In un posto che non verrebbe in mente a nessuno, ma che allo stesso tempo in qualche modo mi appartiene. Mi serve un contatto. Mi serve silenzio. Mi servono le mie radici. Mi serve…

Sherlock alzò di scatto la testa, battendo con forza il pugno sul palmo della mano.

-… un simbolo!

Poi si voltò verso Lestrade, che ricambiò l’occhiata con uno sguardo carico d’aspettativa.

 

- Mi serve il cetriolo!

 

L’ispettore ebbe appena il tempo di sgranare gli occhi e spalancare la bocca.

- C-come?...

Senza dare il tempo a nessuno di elaborare il concetto, Holmes scattò verso la porta, afferrando la maniglia ed uscendo di corsa dalla stanza, senza guardarsi indietro.

Lestrade e gli altri uomini presenti, dopo aver fissato inebetiti la porta spalancata nella quale era appena sparito Sherlock, si voltarono tutti verso Watson, fissandolo con occhi sgranati ed increduli.

John indietreggiò lentamente, schiacciato dal peso di quegli sguardi, scuotendo la testa ed alzando le braccia in segno di resa.

- S-scusate… Non ho davvero idea di cosa-…

- JOHN! MUOVITI!

L’urlo feroce rimbombò in ogni angolo dell’edificio.

- Ah… mi dispiace, io-…

Watson lanciò un ultimo sguardo mortificato a quegli uomini sconvolti, poi scattò anche lui fuori dalla porta, sparendo nel buio del corridoio.

Dietro a Sherlock Holmes.

 

 

 

 

 

 

Note:
1. Per chi non lo sapesse il SIS è l’acronimo che sta ad indicare il Security Intelligence Service, ovverosia la versione inglese della CIA americana, cioè detto in soldoni… i servizi segreti inglesi! James Bond è un agente del SIS per capirci, da qui le battute di Holmes sul numero di matricola dei due agenti.

2. Dai vostri commenti (forse sbaglio) ho avuto a volte l’impressione che venga data per scontata una relazione amorosa già in corso tra Holmes e Watson fin dall’inizio della fic…
Indubbiamente è colpa mia che non ho precisato nulla al riguardo… >< Con un’introduzione così strong per una fic classificata slash si poteva benissimo dedurre che tra i due ci fosse già una relazione sentimentale.
In realtà non è così. Gli avvenimenti sono più o meno contemporanei alla serie BBC, e tra i due c’è lo stesso rapporto che abbiamo visto sullo schermo.
Penso che sia importante precisarlo per due motivi: prima di tutto il grado di follia della proposta di Holmes viene drasticamente ridimensionato se visto in una prospettiva di coppia già formata…
Se i due fossero legati sentimentalmente la sua resterebbe comunque una dichiarazione avventata e fuori contesto, intendiamoci! Ma non sarebbe completamente priva di senso e scollegata dalla realtà come invece volevo che fosse.
In secondo luogo se i due fossero già accoppiati le reazioni di Watson sarebbero tutte un po’ fuori luogo, perché esageratamente sconvolte e ostili. Per quanto possa essere fuori di zucca una proposta di matrimonio messa in quei termini, se hai una relazione amorosa con la persona che ti fa quella proposta avrai reazioni di tutt’altro tipo. Altrettanto sconvolte forse, ma molto più incentrate sulla relazione già presente, sulla sua serietà, e sulla prospettiva di coppia a lungo termine.
Comunque intendiamoci… se l’ho classificata slash una ragione ovviamente c’è! XD Quindi è scontato che la proposta di Holmes, per quanto folle ed apparentemente priva di qualsiasi motivazione sentimentale, abbia alzato un bel po’ di ‘polvere’ a giro… E chissà come finirà la faccenda… ** Però ci tenevo comunque a precisare la situazione iniziale.
Ho anche aggiunto questa stessa precisazione all’inizio del primo capitolo, proprio per correggere il mio errore di valutazione, in modo che chiunque andrà a leggere la fic in futuro non sia tratto in inganno dall’introduzione.

3. La scena finale in cui Holmes s’immedesima in Lady Viola, cercando di capire dove possa essersi andata a nascondere, si conclude con una smaccatissima citazione da… (dai che lo sapete pure voi!)…. Ghostbuster 2! XDD Per la precisione è la scena in cui Peter, Egon, Ray, e Windsor cercano un modo per risvegliare la bontà della gente contro la malvagità che pulsa sotto New York, e scelgono di animare con la melma rosa la Statua della Libertà. XD

4.  Ancora una volta mi scuso con Lady Viola Georgina Grosvenor per averla ‘inserita’ nella mia fic, affibbiandole addirittura una gravidanza non desiderata… XD Ovviamente anche questa è una mia totale illazione. I’m sorry Lady, temo che sia il prezzo da pagare per la fama e la ricchezza… **

 

 

 

 

Appendice delirante. (è sempre colpa di Mikaeru però…)

 

Ci dev’essere qualche allineamento astrale tra il mio cervello e le frasi che Mikaeru sceglie come presentazione delle sue fic… Tutte quelle che posta mi fanno venire in mente roba di volta in volta più folle! XD
In realtà avviene molto semplicemente che tocca sempre delle tematiche carinissime! Quindi m’ispira! **
Questa volta però è un delirio veramente delirante, ed anche brevissimo, scaturito dalla pornonovella numero uno, e nello specifico dalla domanda di Watson a Holmes “Prima che c’incontrassimo… chi c’era?”.
Ovviamente la dedico all’ispiratrice, e mi riprometto di dedicarle in futuro anche qualcosa di meglio… XD

Trattasi di una… Mboh?
Flashsongfic?
Un brevissimo scambio di battute tra Watson e Holmes, ispirato da Mikaeru e da una song.
Niente che meriti uno spazio tutto suo, comunque. XD
Quindi la piazzo qui, tipo la pubblicità dopo una puntata di Sherlock! Hahaha!

 

WARNING È in inglese…
Che ci fo? Li sento parlare in inglese questi. Non ci faccio niente. Mi parlano in inglese ed io li devo pure decifrare…
WARNING 2 Non so l’inglese!
Conciòsiacosache… non preoccupatevi o voi ignoranti della sherlockiana (e shakespeariana…) lingua come me, che il testo è semplicissimo e comprensibilissimo. ANZI… Sarà sicuramente strapieno di errori grammaticali e quant’altro, quindi si accettano di ottimo grado correzioni d’ogni sorta e genere! ><
Buona fortuna a chi continua a leggere… (non siete obbligati a farlo ovviamente… XD)

 

 

Mambo Number Five.

 

 

- Sherlock… Before we met… who was there? (cit.)

- No one. You’re the first, the one, and the only.

- Really?

- Obviously! I am brain, John. You know.

-Yeah… I know…

- So… what about you?

- Me?... You don’t really wanna know…

- Of course i want! C’mon!

- Ok… so…. Let me think….
I loved Angela, Pamela, Sandra, and Rita. Then comes Marica in my life. And then I found Erica by my side. After was another Rita, and after Tina. Then I met Sandra in the morning, and I had funny with Mary in the night. A little bit of Jessica and here I am. A little bit of you makes me your man!

- That’s. Not. Funny.

- I’m not brain, sorry….

 

Note:
1. L’idea (chiamiamola pomposamente così… XD) nasce dal fatto che vedo Holmes sostanzialmente come un essere asessuato. ‘Tutto cervello’ come dice lui stesso. Quindi ho sempre pensato che John Watson fosse in fondo l’unico legame sentimentale della sua vita.
Watson invece viene ritratto da Doyle (e anche dalla serie BBC in un certo senso) come piuttosto sensibile al fascino femminile, ed inoltre sembra riscuotere un discreto successo col gentil sesso.

2. L’elenco di Watson, così come il titolo della scemezza, sono liberamente e più o meno letteralmente tratti dalla canzone di Lou Bega intitolata, per l’appunto, Mambo N°5….

See ya folks! **

  
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