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Autore: Doll_    21/01/2011    10 recensioni
Mio padre ancora non sapeva nulla della storia. Un punto a sfavore.
Non avevo ancora trovato la chiave di quella porta comunicante. Altro punto a sfavore.
Il ragazzo che si sarebbe finto il mio fidanzato era, oltre che un gigolò professionista, anche un tipo fastidioso, cinico e maledettamente sensuale, che odiavo con tutta me stessa. Quindi Tre a Zero per la sfortuna.
Il suo lavoro, poi, non consisteva solo nel fingersi innamorato di me -cosa già difficile in sé per sé- ma avrebbe dovuto anche insegnarmi le tecniche della passione e, quindi, in un modo o nell'altro riuscire a fare eccitare entrambi. Cosa impossibile. Quattro a Zero.
Qualcos'altro? Ah, sì! Dovevo sorbirmelo per oltre un mese..!
Cinque a Zero. Avevo nettamente perso..
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Zac e Vic'
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 UN GIGOLO' IN AFFITTO – PEDINAGGIO

 

Bambolin-Ehi?!” Zac, col suo solito poco tatto e la sua maleducazione, entrò con nonchalance nella mia stanza, facendomi innervosire ancora di più.

Erano le dieci di sera ed io ero appena uscita dal bagno, dopo essermi fatta una doccia, essermi messa il pigiama e aver guardato allo specchio la mia schifosissima immagine riflessa; infatti avevo due occhiaie profonde, gli occhi gonfi e le labbra rosse, in più, appena vidi Zac, lo guardai nel peggior modo che conoscessi, furiosa per ciò che sapevo aveva detto a mio padre...

Lasciami in pace, Zac.” Lo liquidai, prima di inveire anche contro di lui.

E' successo qualcosa?” Oh, adesso faceva anche il finto tonto!

Come se non lo sapessi.” Inarcai un sopracciglio, alzando le coperte del letto, intenta ad infilarmici sotto per dormire.

Ineffetti non lo so.” Fece spallucce, sedendosi al bordo del MIO letto; quel suo tono indifferente e presuntuoso iniziava davvero a darmi sui nervi.

Non ne posso più di nulla. Dimmi quanto ti devo e facciamola finita, Zachary. Domani mattina ti restituirò i soldi e ognuno andrà per la propria strada.” Sarei anche parsa risoluta e determinata se non fosse stata per la mia voce roca e spezzata dal dolore immenso che quelle dure parole mi provocarono.

Zac non ne sembrava neanche sorpreso, come se si fosse immaginato già quella scena e sapesse benissimo cosa fare.

Hai parlato con qualcuno che ti ha fatto...riflettere?” Chiese, con un tono più dolce e pacato.

Inutile girarci intorno, ora come ora. Hai parlato con mio padre, vero?” Cercai anche io di imitare il suo tono ma, ovviamente, la rabbia ne trasparì lo stesso...

Lo sai che parlo con tuo padre.”

Smettila di deviare la mia domanda, Zac! Stasera ho discusso con lui per colpa tua!” Addio calma e tranquillità... Avevo sbottato e ormai non potevo tornare indietro. La rabbia che mi aveva invasa prima con mio padre mi aveva raggiunta fino a Zac che come al solito, reagì impassibilmente.

Colpa mia? Ma cosa stai dicendo?” Chiese, alzandosi per pararsi di fronte a me; la sicurezza di cinque secondi prima era svanita per la sua troppa vicinanza che mi costrinse ad abbassare lo sguardo e mordermi l'interno della guancia quasi a sangue.

Lasciamo stare. Ora sono stanca...” Tentai di rimandare al giorno in cui sarei stata più lucida.

Io non me ne vado, Victoria.” Esclamò con serietà e determinazione.

Cosa voleva dire esattamente con quella frase? Che sarebbe rimasto a dormire? A parlare? O che sarebbe rimasto fino alla fine del mese..?

Fa come vuoi.” Biascicai, mettendomi al calduccio nel mio letto e dandogli le spalle, per non fargli notare il dispiacere e l'immensa sofferenza che tracciava il mio viso.

Non sentii nessuna risposta da parte sua ma non sentii nemmeno il chiudersi della porta dopo i suoi passi. Semplicemente, rimase immobile per qualche secondo fino a quando un rumore di scarpe e di cinta non arrivarono alle mie orecchie... Zac si stava spogliando. Zac stava entrando nel mio letto..

Ma cosa diamine stai facendo!?” Chiesi, paonazza, mettendomi a sedere per guardarlo mettersi comodo nel MIO letto.

Cerco di dormire, quindi taci.” Mi ordinò, poco gentilmente, afferrandomi per la vita e tirandomi quasi giù a forza, accanto a lui, petto contro schiena...la MIA schiena, che ora tremava di agitazione, come una foglia.

Ma sei impazzito!? Io domani devo andare a scuola!” Trillai, con voce rotta.

E allora? Per quell'ora io non ci sarò nemmeno...” Borbottò, stringendomi più a sé, con voce assonnata e già impastata.

L'ansia mi attanagliò.. Non ci sarebbe stato? Cioè, se ne sarebbe andato? Prima delle cinque di mattina!? Aveva davvero creduto che io non lo volessi più? Oh, no, no, NO! Non volevo che mi lasciasse, non volevo che mi abbandonasse... Dio, questi miei sbalzi d'umore, infastidivano e incuriosivano anche me! Prima lo cacciavo senza pietà, gli sputavo addosso acido velenoso e poi, appena lo risentivo nuovamente vicino a me, dimenticavo tutto e lo supplicavo di rimanere.. Chi diavolo ero diventata? Dov'era finita la Victoria con saldi principi e l'orgoglio ferreo di sempre? Semplice: Zac l'aveva spazzata via con un solo battito di ciglia...

Così, spegnendo il cervello e la ragione, dando il via libero ai miei ormoni e al mio istinto -quasi di sopravvivenza perchè, ne stavo diventando certa, senza di lui non sarei riuscita più a vivere..-, aprii bocca senza pensare.

NO! Ti prego...non te ne andare.” Lo pregai, voltandomi fino a trovarmi a pochi centimetri dal suo bel volto che mi scrutava con un pizzico di sorpresa e curiosità.

Ma..devo.” Fece, combattuto.

No, non devi. Io... non dicevo sul serio. Non mi lasciare, Zac.” Sussurrai, mettendo le mie mani sulla sua T-shirt grigia, fino a stringerne convulsamente la stoffa per avvicinarlo di più a me, poggiando così la mia testa sul suo petto che sussultò e prese a muoversi fin troppo velocemente a causa del respiro e del battito del cuore accelerato.

Non lo avrei mai ammesso in quel momento, ma fui segretamente contenta di quella reazione inaspettata. Era strano riuscirlo a stupire.

Dopo qualche minuto, Zac sospirò e fece poggiare una sua mano sulla mia schiena, prendendo a massaggiarmi delicatamente ogni vertebra, e l'altra dietro il mio collo, facendo aderire così il mio corpo al suo.

Non dicevo quello, Vic. Non me ne sarei andato neanche se mi avessi dato tutti i soldi seduta stante. Intendevo dire che io domani mattina..ho da fare delle cose e quindi non ci sarò al tuo risveglio... almeno fisicamente.” Lo sentii sorridere dal tono dolce. Dio, quanto tenevo a lui!

Mmm.. Delle cose, eh? Dove devi andare, sentiamo.” Borbottai, già assonnata.

Segreto di Stato.” Ripeté la mia battutina, ridacchiando e stringendomi poco di più.

Restammo per qualche minuto ancora così, fino a quando, prima di cadere in un profondo sonno, non gli dissi...

Zac?”

Mh..?” Chiese, senza nemmeno muoversi, segno che si era quasi addormentato...

Ce l'ho ancora con te.” Non potevo comunque perdonarlo per così..poco. La litigata con mio padre era ancora prepotente nella mia mente anche se lui era riuscito ad appianarla per un breve momento.

Mmm.. Mettici un po' di sale.” Biascicò, mettendosi ancora più comodo con me fra le sue braccia, come se non gli avessi detto nulla di minaccioso.

Okay, probabilmente -anzi, sicuramente- non mi aveva sentita, ma mi sarei vendicata lo stesso il giorno dopo...

 

Avevo il sonno leggero. Di questo, Zac, non ne era a conoscenza. Dormivo tranquilla quando sapevo di essere sola e che le cose procedevano bene ma quella, era stata la seconda notte consecutiva nella quale avevo dormito con Zac e, beh, avevo anche una tremenda paura di abituarmici perchè restare accoccolata fra le sue braccia era semplicemente il posto dove sarei voluta per sempre rimanere... Ma, ritornando alla mia sensibilità notturna, grazie proprio a questa, sentii il materasso muoversi e, così, allegerirsi, per poi sentire quindi i passi di Zac uscire dalla mia stanza per ritornare nella sua... Neanche un secondo che mi ritrovai in piedi anche io, all'erta come un cane da caccia, pronta e con i sensi accesi come mai erano stati a quell'ora.. Ma poi, che ore erano?

Oh, mio dio.. E dove va a quest'ora?” Borbottai, incredula, leggendo esattamente le QUATTRO E UN QUARTO DI MATTINA.

Improvvisamente sentii dall'altra stanza, un fruscio di vestiti e capii che Zac si stava preparando per uscire, così, imitando la classica mogliettina gelosa, mi vestii velocemente anche io, senza cercare di far alcun rumore, dopo essermi fatta una doccia alla svelta, mi sistemai alla bell'è meglio, per poi prendere la borsa, le chiavi del motorino di Sophia -il quale prendevo una volta ogni morte di Papa, solo perchè ero abituata ai viaggi lunghi e così all'autobus- e mi catapultai in garage solo dopo aver visto dalla finestra, Zac uscire e dirigersi alla fermata dell'auto. Dio, era ancora notte ed io non sapevo nemmeno che esistessero autobus che passavano a quell'ora! Ma dove diamine stava andando!?

Iniziavo a farmi le solite paranoie, classiche di me, mentre riprendevo confidenza con il veicolo nero, vecchio di anni e impolverato, senza nemmeno pensare alle conseguenze di quei gesti folli. Volevo davvero pedinare Zac? Violare la sua privacy e distruggere la sua fiducia? Saltare la scuola e mentire a mio padre? Sì. Volevo davvero farlo, in quel momento.

Uscii allo scoperto appena mi resi conto che Zac aveva preso l'auto, che a quanto pare esisteva, ed iniziai a seguirlo, nascondendomi il viso grazie alla visiera del mega-casco che avevo in testa. L'avevo detto che mio padre era fissato con la prudenza e cosa simili? Ecco, quella era la prova schiacciante della sua esagerazione. Pesava perfino in testa quell'aggeggio... Va bé, quello comunque non era il momento adatto per stare a pensare a certe cose.

Dopo varie fermate, finalmente, Zac scese dal mezzo e si diresse a piedi, verso un edificio non troppo grande, grigio, sporco e puzzolente, dove poco dopo ne uscirono dei tipi vestiti con tute arancioni, visibili di notte. Avevo visto spesso quelle persone la mattina quando prendevo l'auto, che con il loro furgoncino erano costrette a bloccare il nostro veicolo, per prelevare i sacchi dell'immondizia e metterli dietro il loro “furgone” nel quale venivano depositati... Quindi, nascondendomi dietro ad un muretto poco distante da dove si trovava Zac, mi chiesi ripetutamente cosa ci faceva lui in mezzo ai netturbini, fino a quando non vidi uno di quelli, porgergli una giacchetta e dei pantaloni arancioni, proprio come i loro. Oh, mio dio... E così Zac faceva, come secondo lavoro, il netturbino? Si svegliava ogni mattina a quell'ora per andare ad immergersi in tutta quella puzza!? Ma..perchè?

Sai che devi recuperare il turno di ieri, vero?” Sentii che gli chiese un collega, evidentemente suo amico, più o meno della sua stessa età.

Ovvio, Max!” Ridacchiò, Zac, dandogli una pacca sulla spalla. Mammamia, quella puzza iniziava a farmi sentire male...

Vidi di sfuggita, i due entrare nell'edificio per poi uscirne poco dopo, dietro ad uno dei famosi furgoncini, intenti a svolgere il proprio lavoro.

Ed io, come solita ficcanaso quale ero, decisi di seguirli per tutta la mattinata...

Si erano fatte le sette quando finalmente ritornarono all'edificio iniziale -il quale mi sfugge il nome- dove poi Zac ne riuscì dopo mezz'oretta, con un altro capo vestiario e con un'aria decisamente più sistemata.

Infatti, guardandolo meglio, con quei pantaloni neri, la camicetta bianca ben abbottonata e il gilet nero sopra, con scarpe in tinta, più eleganti, ricordava proprio...un cameriere? Oh, no, ti prego!

Ripresi esausta il motorino per seguirlo nuovamente fino alla sua prossima fermata da dove poi, si diresse ad uno dei bar/ristorante, più esclusivo della zona nel quale, grazie al cielo, le pareti erano di vetro, quindi con la piena visuale di quello che poteva accadere dentro, senza che, quindi, fossi costretta ad entrare o ad aspettare fuori come un cagnolino da riporto.

Sembravo un vero e proprio detective privato, con tanto di giornale e occhiali da sole a pararmi dalla sua visuale. Ero appunto seduta esattamente di fronte al bar, su una panchina, fingendomi interessata a leggere le cronache sportive mentre, in realtà, tenevo d'occhio Zac, svolgere il suo terzo lavoro, un po' dietro il bancone, un po' a servire la clientela prevalentemente femminile, pronta a fare anche gli occhioni dolci in sua presenza.

Un istinto animale mi gridava di entrare a furia lì dentro e a prendermi ciò che mi apparteneva sotto gli occhi di tutti come se dovessi proteggere il mio territorio... Che mio non era.

Non sapevo nemmeno come avrebbe reagito mio padre nel svegliarsi e non trovarmi a letto, dato che ci svegliavamo entrambi alle cinque e venti di mattina, lui per andare al lavoro ed io per andare a prendere l'auto che mi avrebbe portata a Rieti...

Forse avrei dovuto lasciargli un bigliettino. Ma cosa gli avrei scritto?

Scusa, papà, oggi non sono andata a scuola perchè dovevo pedinare il mio finto fidanzato Zac...?

Come minimo mi avrebbe fatta rinchiudere in un manicomio.

Ancora non ci credevo però, che Zac mi avesse tenuto segreto tutto questo. Mi sentivo ferita... Io gli avevo raccontato tutto di me e poi si lamentava che non mi aprivo abbastanza quando invece era lui che mi nacondeva tutto questo! Diamine, aveva tre lavori! La mattina alle quattro faceva il netturbino, dalle sette il cameriere e il pomeriggio, fino a sera, il gigolò. Dove li metteva, poi, tutti i soldi che guadagnava? Dalla somma che mi aveva detto Cris, Zac doveva guadagnare non poco a fare “l'intrattenitore” quindi, perchè andarsi a complicare la vita ulteriormente?

Nella mente mi passavano, intanto, tutti frammenti di ricordi nei quali io stavo in classe mentre lui andava a sgobbare dalle quattro di mattina o io che ritornavo da scuola e mi lamentavo pensando di faticare troppo mentre lui mi accoglieva sempre con un caldo sorriso, senza mai far riferimento a tutto quel lavoro che ogni mattina lo attendeva.. Non mi credevo così tanto sciocca e superficiale. Dovevo imparare da lui molto più di quanto avessi mai creduto e non solo nel campo della passione...

Zac si meritava davvero di più.

Ma, proprio quando venivo sopraffatta da tutti quei pensieri, lo vidi, da dietro il bancone, prendere il cellulare e digitarne qualcosa sopra, per poi rimetterlo velocemente in tasca prima che il suo capo -una donna sulla quarantina- lo beccase in fragrante.

Che stesse messaggiando con la sua amata..? E perchè, d'un tratto, ne ero gelosa? Chi ero io per permettermi di fare quei pensieri su di lui? Lui che meritava una persona che lo amasse e non di stare dietro ad una mocciosetta pigra e viziata come me.

Stavo quasi per alzarmi e andarmene via, decisa a troncare anche l'affare con Zac, quando la suoneria del cellulare non mi sorprese; accidenti, dovevo ricordarmi di mettere il silenzioso!

Fatto sta che mi era arrivato proprio un sms...

So che sei già sveglia da un bel po', ma volevo comunque augurarti una buona giornata, bambolina. Mi raccomando: fai la brava! ;)

Come potevo lasciarlo andare? Il destino me lo aveva donato senza che lo chiedessi, senza che me lo aspettassi, ed io volevo mandarlo via da me? No. Non lo avrei fatto più. Lui aveva inviato un sms a me e a nessun altra. Lui teneva a me... Potevo sembrare egoista, ma avrei aspettato almeno la fine del mese per farmene un'idea. In quel momento avevo solo tanta, troppa, voglia di lui e del suo sorriso.

Avevo abbassato il giornale per guardare il cellulare rischiando anche di essere beccata ma, grazie al cielo, me ne resi conto prima di creare un casino e mandare tutto all'aria. Volsi ancora lo sguardo verso di lui che stava parlando con due clienti sulla ventina, bionde, anoressiche e con vestitini succinti da segretarie in carriera che avevano il continuo vizio di toccarsi i capelli e di muoversi come anguille impossessate, su quei poveri seggiolini, davanti ad uno Zac apparentemente sorridente e obbediente. Ovvio che quelle serpi volessero rimorchiarlo.. Con quel nuovo stile elegante, mandava in tilt anche me! In più, vedere i suoi capelli ben sistemati con gel o lacca, e non scomposti come ero solita vederli, mi faceva uno strano effetto. Lo preferivo, comunque, quando era vestito con T-shirt, jeans, converse e con i capelli da scapestrato, invece che così. Decisamente perchè in quei momenti era semplicemente se stesso e non uno dei tanti personaggi che doveva interpretare.

Passarono così le ore e fu più difficile vederlo civettare con tutte le ragazze che ci provavano con lui, consapevole di non poter intervenire, che restare lì fuori senza far nulla e coprendomi continuamente.

Verso mezzogiorno, finalmente, uscì da quell'inferno, dirigendosi alla fermata, togliendosi nel frattempo il gilet, sbottonandosi la camicia, togliendosi quella stupida cravattina e infilando il tutto nella borsa che si era portato appresso, scomponendosi poi i capelli come li amavo io...

Okay, era il momento di ripartire con il mio veicolo magico, neanche fossi batman con la sua batmobile, e seguire Zac fino a quella che si presentò l'ultima tappa, nonché anche quella che mi pietrificò maggiormente.

Eravamo arrivati davanti ad una casa, raggiunta a piedi da entrambi dato che avrebbe certamente notato l'unico motorino presente nella strada deserta che divideva le villette e le case ben sistemate, con tanto di giardino e portico, da una parte e dall'altra, stile molto americano.

Lo vidi fermarsi davanti ad una bianca, con il prato perfettamente tosato e con il numero civico gigante “59” dorato, fuori dalla porta.

Che fosse un'altra sua amante? Era scritto sul contratto che poteva avere più clienti allo stesso momento? Ma..soprattutto, esisteva un contratto?

Prima di entrare però, si voltò un paio di volte a guardarsi intorno costringendomi, quindi, a nascondermi dietro ad uno dei tanti alberi presenti, poco più indietro da dove si tovava lui. Sembrava che tutto stesse procedendo alla grande, ma, proprio quando stavo iniziando a congratularmi con me stessa per il mio ottimo lavoro, pensando quindi ad una futura carriera nel campo, e lui stava entrando nella casa, il mio cellulare prese a squillarmi, facendo sobbalzare sia me che lui, dato che il posto era silenzioso e privo di vita, facendomi così, anche maledire per non avergli tolto la suoneria che, sfortunatamente, continuava imperterrita a rimbombare senza sosta.

L'agitazione ritornò prepotente in me, facendomi ritornare il singhiozzo, il batticuore e la sudorazione delle mani che causò la caduta del mio dannato cellulare a terra, dandomi un ulteriore preoccupazione dato che, essendo caduto “di schiena”, riuscii a vedere chi in quel momento mi stava chiamando: mio padre.

 

   
 
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