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Autore: Jack Trussone    24/12/2005    1 recensioni
Questa è una storia di un uomo che ritorno a vivere dopo un lungo periodo di "esilio" tra gli uomini. La storia è ambientata tra le montagne del Colorado (che ho scelto per il magnifico colore che alcuni alberi assumono durante il periodo autunnale) e narra appunto la Resurrezzione di un uomo.

Vi prego di leggere questa storia che io adoro e che spero di poter presto concludere...grazie.
Jack Trussone
Genere: Dark, Drammatico, Erotico, Generale, Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lontano il sole calante illuminava di una fioca luce rossastra le irte e dure montagne, imbrunite, a tratti, da pallide zone in ombra macchiate di un triste viola o azzurro, mentre chiare zone allegre irrompevano con violenza tra la natura

Salve. Questa storia mi appassiona enormemente. E’ la storia di un uomo forte come la dura roccia delle stesse montagne fuori, ma fragile e debole dentro come una pallida margherita strappata dalla sua terra da una Tempesta tonante…

 

 

Prologo

 

Lontano il sole calante illuminava di una fioca luce rossastra le irte e dure montagne, imbrunite, a tratti, da pallide zone in ombra macchiate di un triste viola o azzurro, mentre chiare zone allegre irrompevano con violenza tra la natura. Alberi dalle foglie dorate e dal lungo fusto in basso a fondo valle e vicino a dove il terreno comincia ad arrotondarsi verso il cielo; altri gruppi di sempreverde un po’ più in alto, dove il verde scuro e antico della vegetazione nella sera, s’incontra con il grigio e il bianco più chiaro della dura roccia, decorata di neve. Nuvole veleggianti e bianche sopra la cima delle varie montagne, e sopra le creste: attraversano sbrigativamente il cielo da una parte all’altra senza degnare di uno sguardo le molteplici creste e i molti speroni, passandole da parte a parte. Rapidi rapaci osservano minuziosamente ogni cosa, trapassando col loro sguardo l’infinito, padroni del mondo.

Questo è ciò che Jack Dickinson vedeva in quel meraviglioso istante tra il meriggio e la sera, affacciato solitario sulla finestra di casa sua, le braccia incrociate sul petto, la fronte corrugata da pensieri inafferrabili. Il portamento fiero e orgoglioso era simile a quello cavalleresco dei principi e dei nobili signori del lontano Medio Evo, così come le forti spalle e il robusto petto, facevano pensare ai lontani uomini d’un tempo: duri come la roccia e onorevoli. Gli occhi stanchi parevano quelli di un saggio studioso, che ha conosciuto tutto della vita terrena e altro non vuole che spingere le sue conoscenze al di la di qualsiasi nuvola, al di sopra di qualsiasi rapace.

Scarpe sporche e lacere in più punti, camicie logorate dalle molte fatiche stropicciate e usurate dal tempo, pantaloni di jeans duri e resistenti dall’aria di essere stati usate molte volte e di essere stati lavati molte di meno; questo era l’abbigliamento tipico di Jack. Ma ciò non preoccupava molto i suoi amici, che del suo abbigliamento poco importava.

Sdraiato su una poltrona del salotto, stanco ma soddisfatto, stava Cesare, un bellissimo pastore maremmano da più di una tonnellata di chili con la lingua penzoloni e un serafico sorriso nel volto. Effettivamente l’unico vero amico di Jack.

Infatti il possente uomo non conosceva da quelle parti – stiamo parlando delle bellissime montagne colorate del Colorado, colorate di oro dalle foglie dei loro bellissimi alberi – alcun uomo o donna che si possa definir in tal modo.

Tagliava legna dai robusti alberi dei boschi, raccogliendone i ciocchi robusti in corde molto resistenti che trasportava poi nella sua baita posandosele sulla spalla destra, tenendole ferme con le mani. Spesso scoiattoli o qualsiasi altro animale che potesse vivere in quei magnifici luoghi, vedeva Jack camminare pensieroso per i molti sentieri che da solo aveva creato a forza di camminare da quelle parti e che lui conosceva molto bene, lo sguardo perso nella natura…completamente preso dal mondo di scricchiolii e sospiri che lo circondava.

Un uomo molto solitario, che conduceva una vita – se possiamo dire – in esilio, lontano dagli altri uomini, e felice di questa lontananza.

Poggiato sulla finestra di casa sua sospirò, emettendo dalla bocca un grumo d’aria ghiacciata, gli occhi sognanti rivolti verso il vespro rossastro del tramonto.

<< Questa sera piove >> disse rivolto ad una persona inesistente accanto a lui, grattandosi il volto. La sua voce sembrava il rumore di un motore che a lungo non è stato usato.

Attese qualche attimo di silenzio, rotto solamente dal vento tonante e dal verso stridulo di qualche uccello. Come se qualcuno gli avesse sospirato qualcosa nell’orecchio, o come se stesse parlando con una persona conosciuta solo che a lui e invisibile agli altri, piegò il capo sorridendo.

<< Gia >> disse sognante, il pensiero rivolto evidentemente a qualche ricordo antico della sua vita passata << sarà meglio chiudere le finestre e… portare dentro la biancheria che sta asciugando…. Potrebbe bagnarsi… >> ben conscio del fatto che biancheria ad asciugare non ce n’era.

S’allontanò verso una poltrona vicino al cane Cesare, commosso evidentemente da qualche lontano pensiero, subito rimosso. Accarezzò con aria triste il bel maremmano.

<< Solo tu sei rimasto a ballare con la Tempesta… >> sussurrò all’amico, prima di addormentarsi sulla poltrona lacera, disturbato solo moto incessante del vento che ancora spirava sopra le montagne, la guancia arrossata dal freddo trapassata da una trasparente lacrima di passione.

 

Jack Trussone

  
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