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Autore: Yumi_Slyfox483    25/01/2011    8 recensioni
Cosa succederebbe in casa dei Tokio Hotel con la peste più pestifera della famiglia Kaulitz? xD
Questa sarà una raccolta di vari episodi in casa Kaulitz con protagonista il piccolo Axel ^^
Prima Storia: Axel e la sua Mamma
Seconda Storia: Axel e la Neve
Terza Storia: Axel e la Stella Magica (Prima parte)
Quarta Storia: Axel e la Stella Magica (Seconda Parte)
"Papà, devo dirti una cosa..." Axel chinò la testolina bionda e prese a torturarsi le dita, mentre Bill guardava il figlioletto incuriosito. Gli stava mettendo un paio di pantaloni puliti, quando il bambino aveva esclamato quella frase e da come si torturava le dita, sembrava sul punto di fargli un'importante confessione.
"Che cosa, amore? Non ti sei divertito oggi?"
"Sì che mi sono divertito! Anche con Elena! Ma non è quello che voglio dirti. Axel... ti ha detto una bugia ieri mattina..."
Bill sorrise e prese Axel in braccio portandolo in sala. "Davvero?" Domandò sorpreso.
"Sì. Papà non dice mai le bugie ad Axel e ora Axel si sente in colpa." Il piccolo prese di nuovo a torturarsi le dita e Bill gli afferrò le mani paffutelle tra le sue.
"Forse c'è qualcosa che posso fare per non far sentire Axel in colpa..." sussurrò.
Il bambino scosse la testa. "Ricordi quando ti ho detto che avevo sognato il principino Axel?"
"Sì!" Rispose Bill confuso. Non capiva che cosa c'entrasse il sogno con la bugia.
"Ricordi che mi hai chiesto se avevo trovato la Stella Magica?"
"Sì!" Ripeté Bill ancora più confuso.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Sorpresa, Tom Kaulitz
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Shining Star



Axel e la Stella Magica (Seconda Parte)



Era il 26 dicembre del 2006 quando Bill Kaulitz, seduto vicino al letto d'ospedale della sua ragazza, le stringeva forte la mano e le parlava cercando di tranquillizzarla. Erano le 9.00 del mattino e i dottori avevano affermato con estrema sicurezza che Tobias sarebbe nato proprio quel giorno. Era solo questione di minuti, oppure ore, e nel caso in cui le acque non si fossero rotte, avrebbero fatto di tutto per farlo nascere prima di sera.
"Come ti senti?" Le bisbigliò Bill all'orecchio baciandole la fronte sudata. Erano passati due giorni da quando era entrata in ospedale e i dolori erano stati davvero forti. E il peggio era che non facevano altro che aumentare.
"Stanca..." rispose la ragazza sorridendo e Bill la baciò dolcemente sulle labbra.
"Sta tranquilla, Toni. Tra poco sarà tutto finito. Tobias sarà presto tra le tue braccia."
Toni sorrise allettata da quel pensiero e poggiò una mano sul suo ventre, dove il bambino riposava. Non vedeva l'ora che nascesse, di stringerlo tra le braccia e cullarlo come aveva sempre fatto con i suoi cuginetti appena nati. Aveva solo diciassette anni, ma in quei nove mesi aveva imparato ad amare più di sé stessa il bambino che portava in grembo e voleva fare di tutto per essere una buona madre. Anche se la cosa la spaventava parecchio era disposta a tutto per avere suo figlio.
Doveva resistere ancora per poco e poi sarebbero tutti tornati a casa con una grande gioia. Non poteva nascondere, però, di avere anche una grande paura.
"Vuoi davvero chiamarlo Tobias?" Domandò con una voce stanca mentre si rigirava nel letto per mettersi comoda e cercava di distrarsi dal pensiero del parto.
"Ne abbiamo già parlato, amore..." rispose Bill "e hai acconsentito!"
"Ma Axel è un nome molto più bello e suona meglio come primo nome. Non sembra il nome di un cane per lo meno!" Toni rise e lo stesse fece Bill.
"Lo metteremo come secondo nome come avevamo deciso... promesso!" Esclamò Bill solennemente.
"Fammi vedere le mani!" Ordinò Toni e Bill obbedì.
Toni fece un sorriso stanco e Bill prese ad accarezzarle piano la fronte.
"Dov'è mio fratello?" Chiese dopo un po' sistemandosi nel letto ancora una volta. La pancia gli dava sempre fastidio quando stava sdraiata per molto tempo.
"Sta arrivando assieme a Tomi... saranno qui tra poco. Hai bisogno di una mano?" Lei gli sorrise e annuì rincuorata e Bill la aiutò a mettersi seduta.
Nonostante le contrazioni fossero ancora molto distanziate tra loro, segno che il bambino non era ancora pronto per nascere, Toni aveva avuto un brutto svenimento alla vigilia di Natale e in ospedale avevano preferito tenerla sotto osservazione. Il giorno di Natale aveva iniziato ad avere le prime contrazioni, ma ancora non era stata portata in sala parto, in quanto non era abbastanza dilatata e le acque non si erano ancora rotte.
"Così va meglio?" Le domandò.
"Sì, grazie, tesoro. Sai a cosa sto pensando?" Gli disse mentre sulle sue labbra affiorava l'ombra di una piccola smorfia. Probabilmente in quel momento stava avendo una contrazione abbastanza forte.
"A cosa?" Domandò Bill prendendole la mano e poggiando l'orecchio sulla pancia della ragazza. Gli piaceva ascoltare il battito del cuore del bambino e sembrava che il gesto rilassasse molto anche Toni, che prese ad accarezzargli i capelli dolcemente.
"Che Andreas e Tom siano molto più nervosi di noi!" Lei rise e Bill la imitò poggiandosi sullo schienale della sedia esausto. Non aveva chiuso occhio quella notte ed era rimasto ad osservare preoccupato Toni che dormiva.
"Lo penso anche io..." rispose ridendo "Tom non fa altro che ossessionarmi. Però gli ha comprato dei completini stupendi!"
"Anche Andreas. Tutte le sere poggia l'orecchio sulla mia pancia come hai fatto tu poco prima. Non vede l'ora che nasca. Pensavo che fosse qualcosa che riguardasse il suo carattere iperprotettivo, ma a quanto pare è tipico dei gemelli!" Toni rise mentre Bill confermava annuendo con vigore. Toni ed Andreas erano gemelli eterozigoti e, anche se non erano gemelli identici, come Bill e Tom, la somiglianza tra loro era molto accentuata e il loro rapporto era molto stretto. Spesso a Toni capitava di pensare che non avrebbe mai potuto crescere e vivere senza di lui. Nonostante a volte fosse una testa calda, riusciva sempre a metterla di buon umore e a farla ridere ed era stata una delle prime persone che era venuto a sapere dei sentimenti che provava per Bill. Il suo gemello l'aveva consolata quando aveva scoperto che il suo migliore amico si era messo insieme alla sua migliore amica, e sostenuta quando aveva iniziato, dubbiosa, una relazione con lui.
Su quel campo Bill e Toni si comprendevano perfettamente, perché entrambi avevano un gemello e tutte e due sapevano che cosa significasse in una storia d'amore. Era una delle tante cose che avevano in comune.
"Sei stanco, Bill?" Domandò poi la ragazza preoccupata notando il suo viso segnato dalla stanchezza.
"No, sto benissimo!" Mentì Bill per rassicurarla "tu dovresti dormire. Hai un aspetto orribile."
"Grazie è davvero carino da parte tua!" Rise Toni e finalmente Bill la vide sorridere per qualche istante. "Ma forse hai ragione. Mi sento molto stanca e anche strana... rimani qui con me, ok? Dì a mio fratello di svegliarmi quando arriva. Ho voglia di vederlo."
"Certo, amore, ora riposa..." Toni lo guardò e gli fece segno di avvicinarsi. Lo baciò sulle labbra e rimase a guardarlo negli occhi per qualche secondo. Aveva la terribile sensazione che quella sarebbe stata l'ultima volta che vedeva il suo volto.
"Bill... se dovesse succedermi qualcosa... tu... promettimi che ti prenderai cura del nostro bambino, va bene?"
"Non dire sciocchezze, Toni!" La rimproverò Bill spaventato solo all'idea "non ti succederà niente, non devi avere paura. Lo cresceremo insieme... chiaro?"
Toni lo fissò e sorrise. Com'era bello quando era preoccupato. "Ok..." rispose passando con un dito il contorno delle sue labbra. "Ti amo, Bill."
"Ti amo anch'io, Toni." Bill le sorrise e lei si addormentò e dopo neanche cinque minuti si sentirono delle risa in lontananza e il moro capì subito a chi appartenevano.
Si alzò per accoglierli alla porta e quando Andreas e Tom furono entrati fece segno loro di abbassare la voce.
"Il tuo gemello dice ti tacere!" Sussurrò Andreas a Tom, che non appena fu entrato in camera, si ritrovò letteralmente le braccia del fratello attorno al collo. Ora che c'era Tom con lui si sentiva molto più calmo e rilassato e lasciò andare tutta la stanchezza di quel giorno.
"Bill che c'è?" Chiese Tom preoccupato "stai bene?"
"Non ho chiuso occhio stanotte." Rispose mentre Andreas si avvicinava ai due gemelli angosciato.
"I medici ti hanno detto qualcosa? Come sta Toni?"
"Sta bene, è solo un po' stanca... ma fa discorsi strani... mi ha chiesto di prendermi cura di Toby se... non voglio neanche pensarlo. Andrà tutto bene, vero ragazzi?"
"Lo sai com'è mia sorella!" Cercò di rassicurarlo Andreas con un sorriso "sta tranquillo, Bill, è troppo ansiosa. Ha chiesto di me?"
"Sì, dice di svegliarla perché vuole stare un po' con te. Hanno detto che il bambino nascerà sicuramente oggi. Sono teso."
"Tra poco sarai padre, stupido! Che c'è da essere tesi?" Scherzò ridendo e sembrò molto più sollevato quando si sedette vicino alla sorella e le prendeva la mano. Lei aprì piano gli occhi e gli sorrise mentre Andreas le accarezzava i capelli. "Come stai, scema?" Lo sentirono sussurrare e Bill rise.
Tom portò il gemello accanto alla finestra massaggiandogli la parte interna del gomito. Lo tranquillizzava sempre in qualche modo.
"Ora calmati, Bill. Andrà tutto bene!" Gli sussurrò Tom e il gemello si staccò da lui sedendosi sulla sedia libera accanto a loro. Tom sapeva fin troppo bene l'ansia che stava provando e non era l'unico. Toni non era mai stata una ragazza fisicamente forte e la gravidanza non era stata per niente facile per lei. Il parto era l'ultimo traguardo da affrontare.
"Ragazzi, chiamate un dottore! Svelti!" Gridò Andreas d'improvviso e i gemelli trasalirono.

***



Bill Kaulitz aprì gli occhi improvvisamente e la prima cosa che vide fu una debole luce provenire dalla porta leggermente aperta della sua camera. Come ti abitudine ogni volta che si svegliava guardò la sveglia sul comodino accanto a lui. Erano le 9.30 del mattino.
Si mise seduto e fece un respiro profondo trovandosi inaspettatamente sudato e con il fiatone.
Axel stava dormendo di fianco a lui tranquillamente e dopo essersi calmato un po', si alzò dal letto e si ritrovò in corridoio per cercare Tom. Non sapeva per quale motivo, ma aveva bisogno di vederlo. Lo trovò in cucina seduto al tavolo assieme ad Andreas che rideva con l'amico mentre facevano colazione. Non appena intravide il suo volto si calmò all'istante e il respiro tornò regolare. Rivolse un sorriso ad entrambi e si sedette accanto a Tom versandosi una tazza di caffè appena fatto.
"Ehi, Bill!" Esclamò Andreas appena lo vide "che faccia! Tutto ok?"
"Sì certo..." rispose meccanicamente. Non si capiva dal suo tono di voce se stava mentendo o era la verità. Quello che provava in quel momento era un mistero anche per il suo gemello.
"Come mai ridavate?" Domandò bevendo un sorso di caffè e cercando di scacciare dalla mente il motivo di quell'agitazione improvvisa di cui certamente Tom e Andreas non si erano accorti.
"Andy mi stava raccontando delle sue uscite con Julia." Rispose Tom e l'amico confermò annuendo con vigore.
"E' mia, Bill!" esclamò e il moro scoppiò a ridere rischiando quasi di strozzarsi, divertito dal suo tono di voce. Era da più di un anno che il suo migliore amico cercava di conquistare quella ragazza, ma ogni volta che era sul punto di farcela sbucava un nuovo amore o lei lo voleva esclusivamente come amico. Ora però sembrava che Julia stesse finalmente cedendo a quel corteggiamento che durava da così tanto tempo.
"Axel dorme?" Domandò poi Andreas bevendo anche lui il suo caffè.
"Sì. Era molto stanco ieri sera. Siamo andati in giro tutto il giorno..."
"... e lui certo non era abituato." Concluse Tom con disinvoltura. Ormai era quasi diventata un'abitudine e un riflesso incondizionato concludere le frasi che iniziava il suo gemello.
"Davvero? Dove siete andati?" Domandò l'amico ai gemelli stupito.
"Al mercatino di Natale con nostra madre e Gordon e poi abbiamo cenato da lei." Rispose Tom sentendosi un pochino orgoglioso di sé stesso. Ora mancava solo quella giornata da trascorrere e con Andreas aveva già pianificato tutto. Dato che Bill era uscito per Natale non sarebbe stato difficile portarlo fuori anche quel giorno.
"Davvero, Bill, tu ed Axel siete usciti?" Domandò il ragazzo stavolta rivolto solo a Bill.
"Sì." Confermò questi "non fare quella faccia sorpresa!" Il moro scoppiò a ridere e lo stesso fecero Tom e Andreas divertiti.
"Piuttosto, Tom, che cosa hai in mente di fare oggi?" Domandò con disinvoltura al gemello.
"E qui ti voglio, Tom Kaulitz!" Sbottò Andreas "Racconta al nostro Bill il piano!"
Bill non seppe se avere paura di fronte al tono dell'amico e lo guardò perplesso "Andy mi fai paura..."
"Lo so me lo dice anche Julia a volte, sai?" I tre scoppiarono a ridere e poi Tom rispose alla domanda del sui gemello. "Abbiamo prenotato in un posto carino. Diciamo che sembra un ristorante esclusivamente per bambini. Ci sono un sacco di giochi e persone competenti che controllano i bambini al posto tuo."
"Ne abbiamo già parlato, Tomi!" Sbottò Bill infuriato.
"Calmati!" Esclamò Andreas "Ora sei tu che fai paura! Abbiamo parlato con i dipendenti e addirittura con con le mamme di altri bambini. Non sai quanti bambini compiono gli anni oggi! Andrà tutto bene, Bill. Staremo con lui durante tutto il pranzo e se vorrà giocare potrai risposarti e non stargli sempre dietro."
"Per me non è un problema stargli dietro! Anzi, soprattutto oggi, ho bisogno di stare con lui." Rispose Bill chinando il capo e così fecero Tom e Andreas, entrambi pensando a Toni. Era proprio verso quell'ora che erano iniziati i problemi quattro anni prima. Si era svolto tutto in tre ore e la loro vita era completamente cambiata.
"Quando saremo lì potrai fare come vorrai, Bill." Concluse Tom con un sorriso "Non sei obbligato a lasciarlo con gli animatori."
"Bene, così va meglio." Rispose il moro sorridendo.
"Sono felice di rivederlo..." esclamò d'un tratto Andreas. Il suo tono di voce e la sua espressione erano notevolmente mutati rispetto a pochi minuti prima. "Mi è mancato davvero tanto."
"Anche lui è contento!" Esclamarono in coro i gemelli poggiandogli contemporaneamente una mano sulla spalla.
"Bill, però quando aprirà il mio regalo non metterti a piangere, ok?" Il moro lo guardò un po' confuso e spostò lo sguardo verso il suo gemello, come per chiedergli spiegazioni. Ma la faccia di Tom faceva intendere che persino lui era all'oscuro di tutto.
"Ok..." rispose ritirando la mano e Andreas l'afferrò subito sorridendogli. "Allora, Tomi mi ha raccontato che avete visto Elena." Esclamò.
"Già!" Esclamò Bill "Non sapeva nulla..."
"Ovvio! Non gli ho detto niente!" Rispose Andreas con un tono ostile.
"Perché?" Gli chiese Tom "Era la sua migliore amica..."
"Quale migliore amica ti abbandona per un motivo così futile? Mia sorella ci ha sofferto troppo e lei aveva ripromesso di non parlarle mai più! Diffida da quella ragazza!"
"Andreas, tu non ragioni obbiettivamente..." lo rimproverò Tom.
"Al diavolo!" Fu la risposta dell'amico "fate come volete, ma io quella non ho alcuna intenzione di rivederla! Perché ne stiamo parlando?"
"Sei tu che l'hai nominata!" Rispose brusco Tom.
"Ok, basta!" Sbottò Bill dopo un po' portando le mani avanti "devo parlarvi di Axel..."
I due tacquero all'istante e guardarono Bill preoccupati.
"L'altro giorno gli ho raccontato una storia e lui l'ha sognata!" Sbottò. Andreas lo guardò quasi arrabbiato. Credeva che non fosse per niente rilevante, ma Tom non la pensava allo stesso modo.
"Quella della stella magica?" Chiese Tom e Bill annuì. Avevano accennato ad Andreas il motivo per cui la copertina del nuovo album rappresentava una stella con il nome di Axel e il ragazzo chinò il capo ancora un po' confuso.
"Mi spiegate?" Tom gli raccontò la storia e poi Bill continuò.
"Non so se era solo un sogno onirico o cos'altro. Però ieri sera, Tom, lo hai sentito anche tu! Forse la stava sognando."
"E' comprensibile, Bill." Rispose Andreas "ora che comincia a capire e tu gli hai raccontato la verità, capiterà più spesso. Ma non devi preoccuparti; è un bambino sveglio. E ha un padre fantastico!"
"E due zii meravigliosi!" Terminò Bill con un sorriso e Tom e Andreas sorrisero un po' imbarazzati per il complimento appena ricevuto.
Non appena finirono la colazione e riordinato la cucina, Axel si svegliò e, assieme agli zii e al papà, aprì i suoi regali di compleanno. Saltò al collo dei due gemelli con un urletto felice non appena scartò un set di pastelli a cera e un quaderno per disegnare. Ultimamente Axel si era appassionato al disegno e non appena fosse diventato più grande, quei pastelli gli sarebbero serviti molto.
Scartò il regalo di David, un triciclo che fece la felicità del bambino; quello di Gustav e Nicole, un'automobile giocattolo con la quale Axel giocò per tutta la mattinata e volutamente lasciato per ultimo quello di Andreas, dato che quello di Georg e Katrine lo aveva già aperto il giorno prima.
Scartò la carta con cautela e il piccolo chiese l'aiuto del suo papà perché il pacchetto era troppo pesante e ben incartato per farcela da solo.
Quando la carta fu sparita completamente gli occhi di Bill si riempirono di lacrime, ma si ricordò le parole dell'amico quella mattina e si trattenne dallo scoppiare a piangere.
Era un portafoto con una bellissima cornice viola con dei fiori finti incollati sopra. Il piccolo lo prese delicatamente dalle mani tremanti del suo papà e lo contemplò in silenzio.
La foto rappresentava Bill che rideva felice mentre guardava e stringeva tra le braccia una ragazza bionda che teneva una mano poggiata delicatamente sul suo vente rigonfio, stretta a quella di Bill. Aveva un viso bellissimo e un sorriso che Axel non aveva mai visto. L'unica donna con cui parlava e che vedeva era la sua maestra all'asilo e la sorella dei due gemellini a cui si era affezionato.
"E' la mia mamma..." pronunciò in un sussurro e non era una domanda.
"Sì..." confermò Andreas "e qui dentro..." indicò al bambino la pancia di Toni "ci sei tu."
"Davvero?" Domandò Axel stupito, mentre una piccola lacrima scendeva timidamente sulla guancia. Tom guardò il suo gemello e vide che anche lui aveva il viso contornato di lacrime. Gli prese la mano e continuò a fissare la foto tra le mani di Axel. Quel contatto fece sentire Bill subito meglio, come se un getto d'acqua fresca lo avesse svegliato da un coma profondo, e si asciugò una lacrima sorridendo.
"Certo..." rispose. Non aveva alcuna intenzione di piangere.
"Ma, ma come facevo a stare in un posto così piccolo?" Il bambino portò la fotografia più vicino agli occhi, come si aspettasse di vedere spuntare il suo viso sotto la pancia della sua mamma.
"Eri molto più piccolo di ora." Rispose Bill e Tom si meravigliò della forza che il gemello stava mostrando in quel momento.
"Ma la mia mamma era felice di portarmi dentro di lei? Mi sentiva?"
"Certo... sai, mamma non abitava con me e zio Tomi, ma con zio Andy... ma quando veniva qui mi faceva sempre poggiare l'orecchio sulla sua pancia e io sentivo i tuoi calci e il tuo cuoricino. La mamma era felice di portarti in grembo, mi diceva sempre che era una gioia che io non avrei mai potuto comprendere nonostante mi sforzassi tanto quando ascoltavo il tuo cuoricino per quei pochi secondi."
"Ma... ma la mamma sapeva che poi Axel l'avrebbe uccisa?" Domandò il bambino stavolta alzando lo sguardo verso Bill e guardandolo molto tristemente.
Andreas si stupì di sentire quelle parole e stava per rispondere che non era vero, immaginando che il suo amico non avrebbe trovato la forza, ma Bill lo batté sul tempo.
"Tu non hai ucciso la mamma." Disse tranquillamente. Aveva sempre immaginato che quel giorno sarebbe arrivato e ne aveva sempre avuto paura, ma ora che tutto si stava svolgendo, e il suo grande incubo si stava avverando, si accorse di essere calmo. Stringeva ancora con forza la mano del suo gemello.
"Lei ti amava intensamente e avrebbe fatto di tutto per te! Persino dare la sua vita per salvarti! Ed è quello che ha fatto. Non è stata colpa tua, Axel. Lei ha fatto una scelta. E ha scelto te." Il cuore di Bill si riempì di nostalgia e tristezza mentre pronunciava quelle parole e molti anni dopo ripensando a quel momento a mente fredda, si rese conto che se la mano di Tom non avesse stretto la sua in quel momento, si sarebbe perso nella disperazione e nel ricordo. Toni aveva scelto la vita di suo figlio e quella scelta aveva cambiato radicalmente la vita di Bill.
"Tu non mi odi allora?" Chiese il piccolo scoppiando a piangere, come se tenesse quella domanda, che era la più importante di tutte, alla fine per paura di saperne la risposta.
Allungò le mani e corse ad abbracciare il suo papà.
"Certo che no, piccolo mio!" Rispose Bill cercando di non cedere proprio in quel momento. "Nessuno ti odia per quello che è successo! Sei la luce del tuo papà, ricordalo sempre." La luce che lo aveva salvato da quello che fu il periodo più buio della sua vita.
Il bambino annuì, baciò la guancia del suo papà e catturò una lacrima tra le minuscole ditina.
"Sempre!" Gridò felice e sia Andreas che Tom, anch'essi commossi, scoppiarono a ridere.
Quel dono era stato forse il più bello che Axel avesse mai ricevuto e non solo quel giorno, ma per il resto della sua vita. Conservò quella foto come l'unico ricordo che aveva di sua madre e l'unica foto dove loro erano insieme nello stesso posto e nello stesso istante. Toni era viva. E il sorriso che portava sul volto mentre accarezzava indirettamente il suo bambino, lo aiutò sempre ad andare avanti nei momenti difficili ed ad essere felice. Ogni volta che la guardava era come se Axel sentisse quel delicato tocco sulla guancia.
Ora sapeva con certezza che la sua stella era veramente esistita e lo aveva messo al mondo a costo della sua stessa vita.
Quella stella aveva un viso. Un viso bellissimo.
"Come si chiamava la mamma?" Chiese come ultimo ma non meno importante dettaglio.
"To- si chiamava..." Bill esitò prima di pronunciare il nome e Tom gli prese nuovamente la mano. Aveva capito che era il suo contatto che gli dava la forza. "Si chiamava Toni." Completò Bill, e il suono del suo nome pronunciato dalla sua voce lo fece rabbrividire. Erano quattro anni che non lo sentiva. Non lo aveva mai pronunciato e aveva impedito a tutti i suoi famigliari, persino ad Andreas, di dillo ad alta voce in sua presenza.
"Toni..." ripeté Axel felice "mi piace..."

***



"E zio Tomi mi ha raccontato che aveva detto a papà che tu non esistevi!" Esclamò Axel mentre lui, Bill, Tom e Andreas erano in macchina diretti verso il ristorante dove Tom e Andreas avevano prenotato per festeggiare il compleanno di Axel.
Tom guidava e Bill era seduto accanto a lui sul sedile anteriore, mentre Andreas e il bambino su quello posteriore. Axel non aveva smesso di parlare da quando erano partiti.
"Oddio, me lo ricordo! E' stato lo scherzo meglio riuscito di tutti i tempi!" Confermò Andreas divertito da quel ricordo e Bill Kaulitz si voltò visibilmente innervosito. Da quando era uscito di casa si sentiva ancora più ansioso del giorno di Natale e forse non gli aveva fatto per nulla bene parlare di Toni con Axel. Non era sicuro di riuscire a superare quella giornata senza un attacco di panico. Mentre si voltava verso Andreas, notò immediatamente la perfetta somiglianza con Toni. Erano gemelli diversi, ma Andreas era la perfetta copia di Toni al maschile. Tutto nel suo volto ricordava la sorella e nella sua mente pensò che era stato proprio in quel esatto momento, alla stessa ora, che Toni era morta quattro anni prima.
Ebbe un sussulto. Ingoiò la saliva e fece fatica a respirare mentre intorno a lui improvvisamente tutto assumeva una tinta nerastra.
"Bill!" Esclamò Tom spaventato distraendosi dalla strada per un attimo.
"Sto bene!" Mormorò il moro rialzando lo sguardo verso l'amico, mentre il mondo riprendeva il suo colore naturale. "Non parliamo più di quella storia, ok?" Rispose ad Andreas come se nulla fosse successo e sia lui che Tom rimasero perplessi dall'accaduto. Forse portare fuori Bill quel giorno non era stata una buona idea.
Non appena arrivarono al ristorante ed ebbero parcheggiato la macchina, il gruppetto scese dall'automobile con Axel comodamente seduto tra le braccia di Andreas, mentre ancora si divertiva a raccontare allo zio gli avvenimenti di quel mese.
Il ristorante era un posto molto accogliente e come avevano detto Tom e Andreas, aveva un sacco di giochi per intrattenere i bambini.
Nonostante organizzasse feste di compleanno per bambini piccoli, molta gente mangiava senza essere accompagnate da piccole pesti. Evidentemente mangiare in un posto pieno di bambini che si divertivano stimolava anche le coppie più sole.
"Buongiorno!" Esclamarono in coro Andreas e Tom alla signorina del bancone e una volta rivelato il cognome, la ragazza gli mostrò il loro tavolo. Era vicino a uno di quegli enormi gommoni gonfiabili pieni di palline colorate.
"Wow! Grazie, zio Tomi. Grazie, zio Andy!" Esclamò Axel superando la signorina e guardando gli altri bambini giocare.
"Sicuro che è un ristorante?" Domandò Bill perplesso "Axel, non correre! Torna qui!"
"Non lo so con certezza!" Sorrise Tom "però è un bel posto, non trovi? Senti..." Tom lo prese per un braccio e lo bloccò arrestandosi di colpo. "Stai bene?" Domandò.
"Sì, non preoccuparti." Rispose Bill evasivo.
"Prima... ho sentito un vuoto allo stomaco mentre guidavo. Non riuscivo a respirare e tu eri pallido. Sei stato assente per parecchi secondi, Bill. Continuavamo a chiamarti, ma tu non rispondevi! Cosa ti è preso?"
Bill lo guardò quasi scioccato nello scoprire che suo fratello aveva provato la stessa sensazione che aveva provato lui. Aveva sentito il suo malessere e si era rispecchiato su di lui, come se lo stesse provando lui stesso. Capitava di rado che sentissero l'uno il dolore dell'altro, ma non così intensamente come era successo in auto poco prima. Dall'ultima volta che i gemelli erano stati male insieme erano passati quattro anni.
"Mi stai dicendo che hai avuto un malore contemporaneamente a me?"
"Non esserne sorpreso, Bill! Siamo gemelli!" Gli ricordò Tom e il moro annuì. Doveva stare più attento d'ora in avanti.
"Non ne sono sorpreso. E' solo che non è mai capitato per malesseri così brevi e leggeri."
"No, ma forse in questo periodo... cioè dopo la nascita di Axel, il nostro legame si è intensificato. Non so come spiegartelo, ma non è questo il punto! Vuoi tornare a casa?"
Bill alzò lo sguardo e sorrise. Sapeva benissimo che Tom sentiva la sua stessa ansia, come se fosse sua, ma Axel aveva il diritto di divertirsi, come lui stesso gli aveva detto il giorno prima.
E ormai si era gettato in acqua e valeva la pena nuotare.
"No..." rispose Bill "sono sicuro che tra poco mi passerà. Non preoccuparti, Tomi..." apprezzava il pensiero di Tom e sfiorò con cautela la mano che gli stringeva il polso per dimostrargli la sua gratitudine e Tom capì.
"Allora, papà, vieni o no?" Li intimò Axel dal tavolo e i due gemelli si diressero verso di lui con un sorriso.
"Ti piace, Axel?" Domandò Bill sistemando il tovagliolo sulle gambe del figlio. Non riusciva a stare fermo dalla contentezza.
"Sì, papà, grazie!" Rispose il bambino "Axel è molto felice!"
"Bene!" Pronunciò Andreas "e la giornata è appena cominciata!"
Quando iniziarono a mangiare Axel si abbuffò come se non avesse mangiato da settimane. Il cibo era buonissimo, così come il vino che servirono a tavola dopo la prima pietanza, e che Axel aveva insistito per assaggiare.
"No, Andreas!" Bill ammonì il suo amico ormai troppo tardi, perché il ragazzo ne aveva già versato un goccino nel bicchiere di Axel e il piccolo lo stava già bevendo, veloce come un felino.
"Sei pazzo?" Gli domandò Bill infuriato.
"Oh andiamo, Bill, non farla troppo lunga per un goccino di vino!" Tom aveva sorriso e Bill lo aveva guardato male. "Se non fossi suo zio ti avrei già mandato via!"
"Ma sono suo zio!" Andreas gli fece l'occhiolino e Bill si sentì ancora più furioso di prima.
"E' buono!" Gridò Axel contento "posso averne ancora?"
"No che non puoi! I bambini piccoli come te non possono bere il vino!" Sbottò Bill afferrando con decisione la bottiglia di vino dalle mani di Andreas.
"Bill, hai bisogno di rilassarti!" Rise Tom e Bill gli scoccò un'occhiata a dir poco terrificante. Dopo quella scena, l'umore di Bill sembrò migliorare e parve che l'ansia che aveva provato quel giorno fosse di colpo diminuita. Vedere Axel che si divertiva e parlava di quanto gli era piaciuto il regalo degli zii e del papà lo rendeva il ragazzo più felice del mondo. Il piccolo aveva insistito affinché si portasse dietro il regalo di zio Andy e infatti in quel momento Toni lo stava fissando con il suo volto sorridente dal centro del tavolo. Faceva uno strano effetto vedere quel volto che fino a pochi anni prima era stato vivo, che gli sorrideva, che baciava, che amava. E ora...
"Non vedo l'ora di usare i pastelli, papà! Mi insegni a colorare?" La voce acuta di Axel lo riportò alla realtà. Aveva appena ingoiato un grosso boccone di riso con le zucchine che era il suo preferito.
"Certo! Però papà non è molto bravo. Zio Andy ci pensi tu?"
"Ma ovvio!" Rispose Andreas sorridente. Il ragazzo si era diplomato al liceo artistico e frequentava l'università per diventare pittore. Era una passione che aveva avuto in comune con la sua gemella sin dalla nascita, ma purtroppo lei non aveva terminato la scuola. Si era ritirata quando aveva scoperto di essere incinta e avrebbe dovuto riprendere se Axel non le portava via troppo tempo e fatica. Ad Andreas piaceva pensare che stava studiano anche per lei. Che erano ancora una volta insieme.
"Gli piace disegnare?" Domandò a bassa voce verso Bill, mentre Axel aveva attaccato bottone con zio Tomi e gli raccontava un altro dei suoi innumerevoli episodi all'asilo.
"Sì è da un po' di tempo che non fa altro che disegnare e colorare. E' un bambino molto sveglio e Georg gli sta insegnando a scrivere."
"So scrivere il mio nome, zio!" Precisò il bambino "e zio Hagen dice che entro due settimane saprò scrivere bene. Però lui non è mai a casa ed è da un po' di tempo che non mi alleno più."
Andreas guardò i gemelli un po' confuso. "Scusate, ma voi che ci state a fare? Bella presenza?"
"Non mi trovo con loro!" Rispose il bambino prima che i gemelli potessero aprir bocca. "Axel vuole Georg e solo lui!"
"Capito?" Aggiunsero Bill e Tom all'unisono e Andreas si arrese. "Ok, ho capito!"
Bill scoppiò a ridere e involontariamente lo sguardo cadde di nuovo sulla foto che ora Axel stava stringendo tra le mani. Fu come tornare indietro nel tempo, essere catapultati con la mente in un altro anno, in quella che sembrava un'altra vita, ma era la sua.
Toni era sudata e faticava davvero mentre gli stringeva la mano più forte che poteva. Stava faticando più del normale e si vedeva e Bill cercava di consolarla accarezzandogli la fronte sudata. Dopo quelli che sembravano interminabili minuti, sentì il pianto debole di un bambino e Toni si appoggio al cuscino baciando la sua mano esausta.
"E' nato..." sussurrò Bill incredulo. Non poteva credere a ciò che stava accadendo. Tutto era finito. Suo figlio era nato.
Il dottore portò il piccolo tra le braccia della sua mamma e lei lo osservò per pochi secondi. Fu l'ultima cosa che vide. Come se fosse troppo stanca allentò la presa sul bambino e si accasciò al letto chiudendo gli occhi.
"Toni, è nostro figlio... Toni?" Bill aveva visto la ragazza immobile mentre il bambino aveva improvvisamente smesso di piangere.
Non riuscì ad immaginare che cosa stesse succedendo. Quello era stato solo l'inizio.

Come se improvvisamente tutta l'ansia che poteva contenere il suo cuore fosse esplosa, intorno a lui ridiventò tutto nero e stavolta sentiva un enorme macigno che gli impediva di respirare. Non era tornato solo con la mente a quel giorno, ma anche il suo corpo ci stava tornando, facendolo sentire esattamente come quattro anni prima. Era la prima volta che gli capitava.
Da quanto l'attacco era forte non aveva neppure notato che Andreas si sporgeva verso di lui per chiedergli se stesse bene.
Durò più a lungo della volta precedente e quando si riprese la sua prima preoccupazione fu Tom.
"State bene?" Esclamò Andreas preoccupato, mentre versava un po' d'acqua nei bicchieri di entrambi i gemelli. Tom annaspava ancora in cerca di ossigeno, mentre Bill beveva.
"Questo legame non mi piace..." sbottò Bill un po' spaventato.
"Mi dite che cosa succede?" Domandò Andreas spazientito. Anche Axel era preoccupato e si rifugiò tra le braccia del padre per assicurarsi che stesse bene.
"Io e Bill sentiamo le stesse cose..." fu l'onesta risposta di Tom ed Andreas rimase alquanto confuso.
"Che intendi dire?" Domandò.
"Intende dire..." proseguì Bill "che quando sto male lui, contemporaneamente sente ciò che mi turba." Spiegò il moro cercando di calmarsi. Stava ancora tremando.
"Sicuro che non vuoi tornare a casa, papà?" Domandò Axel tristemente.
"Certo che no!" Rispose Bill risoluto "per nulla al mondo mi perderei la tua festa! Devi divertirti! Tra poco starò bene."
"Ma forse è la mamma che non vuole che io festeggi il giorno della sua morte." Ribatté il piccolo.
"Non dire sciocchezze!" Lo ammonì Bill con un sorriso dolce "è solo che la mamma vorrebbe essere qui con noi..." ed anche io lo vorrei.
"Anche Axel..." si affrettò ad aggiungere il figlio.
Bill sorrise e lo baciò sulla guancia, facendolo sedere di nuovo al suo posto.
"Axel, rimani con zio Tom, io porto il tuo papà a prendere una boccata d'aria, ok?" Esclamò Andreas alzandosi da tavola e preso per un braccio Bill lo condusse fuori senza troppi convenevoli.
Non appena furono sotto il cielo bianco che minacciava una giornata di neve, si accese una sigaretta e iniziò a fumare nervoso.
"Andy, che hai?" Pronunciò Bill perplesso.
"Sputa il rospo!" Rispose l'amico rilasciando un'abbondante quantità di fumo.
"Che dici? Cosa...?" Balbettò Bill piuttosto confuso dallo strano comportamento di Andreas.
"Ti ha dato fastidio il regalo che ho fatto ad Axel, vero? Io... io volevo solo che vedesse sua madre. Toni ci teneva a questo. Sono sicuro che voleva che lo facessi... e Axel aveva il diritto di vedere sua madre. Lui..."
"Andreas!" Sbottò Bill interrompendolo e posandogli le mani sulle spalle. Non era lui, forse, quello che doveva sputare il rospo. "Calmati..." gli disse dolcemente "è stato il regalo più bello che potessi fargli... mi rammarico solo di non averci pensato io, ma... forse è ancora troppo presto per parlare di lei ad Axel. Forse il massimo che ho potuto fare è stato pronunciare il suo nome questa mattina, ma la foto che Axel ha voluto mettere sul tavolo... è stato troppo."
"Sei il solito stupido..." mormorò Andreas ridendo "queste cose basta dirle, Bill."
Bill lo imitò. "Scusa non so che mi sia preso."
"Non devi scusarti!" Rispose l'amico calpestando la sigaretta con foga "è solo che... nonostante Axel sia identico a te fisicamente, vedo tantissimo di Toni in lui..."
"Lo so..." rispose Bill "come io vedo molto di lei in te..."
Andreas gli rivolse uno sguardo triste. "Mi manca..." sentenziò infine.
Bill non riuscì a capire per quale motivo gli stesse dicendo quelle parole proprio in quel momento. Aveva sempre ammirato Andreas, perché dal giorno in cui Toni era morta non aveva mai mostrato segni di debolezza, come lui aveva fatto molte volte. Era sempre stato fermo e forte nell'affrontare, con maturità, la morte della sua gemella. Invece, in quel momento, la maschera della persona forte che si era costruito addosso in quei quattro anni stava cedendo, rivelando ciò che Andreas portava dentro realmente e Bill ne rimase quasi deluso.
Era stato il suo punto forte in quei quattro anni.
"La casa è vuota senza di lei... e lo sono anch'io."
Alcune lacrime scivolarono sulle guance di Bill che il moro si affrettò ad asciugare con il dorso della mano. Faceva freddo e Andreas non gli aveva neppure dato il tempo di afferrare il giubbotto.
"Perché mi stai dicendo questo?" Domandò cercando di far vedere all'amico che quelle parole lo ferivano.
"Perché non le ho mai dette a nessuno, neppure a mia madre o a mio padre. Quando hanno scoperto della gravidanza e ci hanno cacciati di casa ho smesso di definirli i miei genitori. Non ho nessuno con cui parlare, Bill, e il motivo per cui io e Julia non ci siamo ancora messi insieme è proprio questo. Tu sei l'unica persona che può capirmi. Sai cosa vuol dire avere un gemello e perdere la persona che ami..."
Bill chinò il capo non riuscendo proprio a capire dove Andreas volesse arrivare. Perché gliene ne stava parlando proprio quel giorno? Pochi minuti dopo quel brutto ricordo che gli era tornato alla mente? Perché non poteva vivere cancellando quel dolore dal suo cuore per sempre?
"Come fai, Bill?" La voce dell'amico lo distrasse nuovamente da quei pensieri tristi ed il moro rialzò il capo confuso.
"A fare cosa?" Chiese.
"Ad andare avanti." Cu fu un attimo di silenzio poi Bill rispose alla domanda, mentre un'altra lacrima scivolava sulla sua guancia. Stavolta non perse tempo a nasconderla dal suo viso.
"Axel..." fu la risposta "il suo sorriso, le sue risa. Ride proprio come Toni... ha il suo stesso sorriso. E... Tom. Se non ci fosse stato lui sai benissimo che non sarei qui a parlare con te. Non credo di riuscire a comprendere il tuo dolore, Andreas... per quanto io amassi Toni, non è Tom che è morto quattro anni fa..." pronunciare quella frase gli fece quasi male al cuore e comprese solo in quel momento che se fosse successa una cosa così orribile non avrebbe potuto continuare a vivere come faceva Andreas senza Toni. Non era abbastanza forte da sopportarlo. Axel era il suo unico appoggio, la luce che illuminava l'oscurità del suo cuore, la sola ragione per cui viveva. Insieme a Tom, era tutto per lui. E perdere anche una sola delle parti che formavano quel tutto equivaleva a perdere sé stesso.
"Torniamo dentro, dai, stai tremando!" Esclamò Andreas sospingendolo all'interno del ristorante "inoltre non vorrai perderti il momento più bello della serata."
Bill aggrottò la fronte incuriosito chiedendosi quale fosse. Si sorprese di non essersi neppure accorto del freddo che in quel momento gli era penetrato nelle ossa. Quando tornarono al tavolo trovarono Tom che accarezzava dolcemente i capelli di Axel mentre il bambino gli sorrideva. Le luci si erano spente di colpo e Andreas aveva preso Bill per il braccio e lo aveva affrettato a sedersi al suo posto. La stessa cameriera che li aveva serviti quella sera stava arrivando con una torta tra le mani e quattro candele accese che illuminavo la sala, poste al centro della torta. Quando si avvicinò al loro tavolo, Axel si rifugiò timidamente tra le braccia del suo papà e Bill lo intimò a uscire per vedere la torta e ringraziare la signorina.
"Grazie, signorina..." pronunciò con ancora il viso nascosto tra i capelli di Bill.
La ragazza sorrise e dalla sala risuonò un canto di tanti auguri tutti per Axel. A quanto pareva il fatto che Axel non fosse l'unico bambino che compiva gli anni quel giorno, come gli aveva detto Andreas, era stata una bugia per convincerlo ad uscire.
Quando la luce si fu riaccesa Axel riuscì allo scoperto come se nulla fosse e gridò gioia nel vedere la sua torta preferita sotto il naso.
"Grazie, mamma!" Esclamò Axel prima di addentare la sua torta e Bill rimase quasi scioccato di fronte a quelle parole.
Andreas guardò il bambino e poi il suo sguardo si posò su quello di Bill.
"Era questo che intendevo..." gli disse l'amico e Andreas capì. Tom ed Axel stavano facendo una gara in cui, chiaramente, Axel stava vincendo che consisteva in chi mangiava la torta più in fretta.
"Scusate, ragazzi, devo andare un attimo in bagno." Esclamò a un certo punto Bill alzandosi dalla sedia e sorridendo.
"Tutto bene, Bill?" Tom lo aveva guardato con un'espressione davvero preoccupata, tanto che il gemello gli posò una mano sulla spalla per tranquillizzarlo.
"Tutto perfetto." Esclamò con un sorriso e si allontanò dal tavolo dirigendosi ai servizi, dove si chiuse in un bagno e tirò un respiro profondo. Sapeva che Andreas avrebbe raccontato tutto a Tom, ma c'era qualcosa che lo tormentava già dal giorno di Natale. Un pensiero fisso che non lo aveva lasciato in pace neanche nel sonno. Andreas aveva il sentito il bisogno di sfogarsi con lui dopo tutti quegli anni, forse era arrivato anche per lui il momento di tirare fuori quello che sentiva. Lo aveva già fatto con Tom, ma aveva bisogno di qualcuno che non conosceva i fatti come li conosceva lui.
Prese il cellulare tra le mani tremante e sfogliò la rubrica cercando il numero che aveva intenzione di chiamare. Esitò per qualche istante e premette il pulsante verde.
Il suono del ricevitore in attesa lo rendeva ancora più ansioso, mentre il suo cuore minacciava di esplodere, tanto gli martellava nel petto.
"Pronto?" Rispose una voce femminile dopo una decina di secondi.
"Elena... sono Bill. Possiamo vederci?"

***



Quando il dottore entrò in camera dopo che Tom fu andato a chiamarlo, l'uomo informò i tre ragazzi che il piccolo Tobias sarebbe nato di lì a poche ore. Toni aveva avuto una forte contrazione e Andreas avevo sentito le lenzuola del letto bagnate accorgendosi che si erano rotte le acque. Era giunto il momento. Allarmato aveva intimato i gemelli a chiamare un dottore e Tom si era fiondato fuori dalla stanza, lasciando il suo gemello scosso accanto alla finestra. In quel momento Bill fissava la sua ragazza terrorizzato all'idea che le si fossero rotte le acque. Si avvicinò a Toni e le prese la mano.
"Toni, tesoro, andrà tutto bene..." le baciò la mano e lei lo guardò con due occhi colmi di paura.
"Vieni dentro con me, Bill. Ti prego!" Lo supplicò lei e il moro annuì sorridendo, cercando di nascondere la paura che provava in quel momento.
Quando furono arrivati in sala parto il dottore chiese a Bill se volesse assistere al parto e lui rispose affermativamente, ancora con la mano di Toni stretta tra le sue.
Tom aveva fissato il dottore e suo fratello con due occhi iniettati di paura. Prima di entrare in sala parto, Bill gli rivolse uno sguardo ancora più impaurito del suo e in quella frazione di secondo, Tom provò l'istinto di afferrarlo tra le braccia e trascinarlo via.
Aveva il terribile presentimento che se fosse entrato, Bill non ne sarebbe più uscito come prima.
Guardò Toni di sfuggita e lei gli sorrise, nonostante si vedesse chiaramente che aveva paura. Le ricambiò il sorriso e le mandò un bacio con la mano che la fece arrossire.
D'improvviso sentì una mano che si poggiava tremante sulla sua spalla.
"Andy, calmati! Andrà tutto bene!" Lo rassicurò il rasta cercando di non pensare al gemello chiuso in quella stanza con la sua migliore amica che stava per partorire. Cercò di pensare, invece, al bambino che presto avrebbe stretto tra le braccia e fu quello che disse ad Andreas quando si furono seduti in sala d'attesa per iniziare quella che fu una delle attese più lunghe della loro vita.
Aveva immaginato un sacco di volte il viso di suo nipote, lo aveva persino sognato e in quei nove mesi aveva aspettato con ansia quel giorno. Mancava davvero poco.
Si portò le mani in volto cercando di scacciare i pensieri negativi e si voltò verso Andreas. Il suo migliore amico era seduto nella sua stessa posizione, con un i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani sul volto.
"Dici che somiglierà a me?" Sbottò Tom sorridendo e Andreas rise. "Sei pazzo?" Rispose "se somiglia a te siamo rovinati!"
Tom gli diede una leggera sberla sulla spalla. "Andrà tutto bene, amico!" Esclamò "tra poco andremo alla nursery e vedremo il nostro nipotino."
"Toni sarà esausta. Lei odia faticare e sudare..." rise l'amico.
"E Bill sarà un fascio di nervi!" Controbatté Tom "Avresti mai immaginato che ci saremo trovati ad avere un nipote in comune? Il figlio del mio gemello e della tua gemella?"
Andreas alzò lo sguardo verso di lui con un grande sorriso. "Mi è sempre piaciuto avere delle cose in comune con te. A partire dal fatto che entrambi abbiamo un gemello. Sapevo sin dall'inizio che quei due erano fatti l'uno per l'altro. Ma un figlio! E' stata una cosa inaspettata."
Tom chinò il capo sorridendo ricordando il giorno di nove mesi prima, quando Bill gli aveva rivelato che Toni era incinta.
Sei il primo che lo sa!" Aveva esclamato Bill agitato. Gli tremavano le mani e Tom era stato costretto a farlo sedere e dargli un bicchier d'acqua.
"Mi vuoi dire che succede? Ti comporti in modo strano da un po' di giorni, Bill. Mi preoccupi. Qualcosa non va con Toni?" Doveva ammettere che in un primo momento aveva pensato che Toni l'avesse lasciato.
"Ecco... io e lei... qualche settimana fa... abbiamo... fatto..." Bill balbettava e non riusciva a pronunciare quella magica parola che era la chiave di tutto. Doveva compiere diciassette anni a settembre, eppure la sua vita era radicalmente cambiata dopo averlo fatto. "Cosa?" Aveva insistito Tom.
Bill lo aveva guardato negli occhi e i suoi si erano riempiti di lacrime. Si accorgeva, man mano che il tempo passava che non avrebbe mai potuto mentire al suo gemello. Doveva essere lui il primo a conoscere la verità.
"sesso..." sussurrò Bill e Tom lo aveva guardato con uno sguardo sornione.
"Bene!" Disse visibilmente contento "Bravo, Bill, hai perso la verginità!"
"Tomi, c'è dell'altro..."
Il rasta si era azzittito, stavolta spaventato.
"Bill... non avrai...?"
"Il preservativo si è rotto... ce ne siamo accorti dopo e..."
"Bill... che cosa stai cercando di dire?" Anche Tom aveva iniziato a tremare come il suo gemello e Bill gli aveva passato la sua acqua.
"Toni aspetta un bambino." Aveva esclamato tutto d'un fiato.
Tom aveva sgranato gli occhi sperando di aver capito male. "Bill, che cazzo stai dicendo?"
Bill aveva chinato il capo e non era più riuscito a mostrarsi forte e stabile. Da quando Toni glielo aveva detto non aveva versato una lacrima, ma in quel momento non poteva più trattenersi, non con Tom.
"Oh Tomi, ho paura!" Tom lo aveva preso tra le braccia e Bill era scoppiato a piangere. Le braccia di Tom che lo stringevano era tutto ciò di cui aveva bisogno, l'unico sostegno, l'unico modo per sfogare la sua angoscia.
"Ci sono io, Bill." Aveva mormorato Tom con decisione, ricacciando indietro le lacrime "non sei solo. Ci sono io con te."

Tom sorrise tristemente ricordando quel giorno e Andreas lo notò. "Non vedo l'ora di averlo tra le braccia. E vedere Toni... avrei voluto entrare io al posto di Bill..."
Tom preferì tenere per sé lo strano presentimento che aveva avuto quando Bill era scomparso dietro le porte della sala parto. Andreas era già abbastanza preoccupato.
"La vuoi smettere di preoccuparti?" Sbottò massaggiandogli la parte del gomito. Lo faceva sempre a Bill quando era nervoso o agitato e il più delle volte funzionava. Forse anche in quel momento aveva bisogno di essere rassicurato. Non poté fare a meno di pensare a lui e per un attimo gli mancò il respiro.
"Piuttosto... secondo te Toni lascerà che Bill gli metta quell'orrendo nome?" L'ansia di Tom cominciava a farsi sempre più grande mentre parlava, ma doveva far in modo che né lui né Andreas pensassero al peggio. Anche se quello stupido presentimento continuava a dilaniargli lo stomaco.
"Tuo fratello è talmente testardo che neanche un mulo può competergli! Non voglio avere un nipote con il nome di un cane! Spero che Toni lo convinca a chiamarlo Axel!" Così dicendo i due ragazzi si misero a ridere e passò una buona mezz'ora prima che uno dei due riprendesse la parola.
"Questa attesa mi uccide!" Esclamò Andreas alzandosi dalla sedia e cominciando a fare avanti e indietro innervosito.
"Andy, è passata solo mezz'ora vuoi stare tranquillo?"
"Ma come faccio? Mia sorella è in sala parto e sta per diventare mamma! E nessuno è ancora venuto a dirci nulla! Qualcosa non va, me lo sento!"
"Non dire così!" Lo ammonì Tom costringendolo a sedersi."Andrà tutto bene!"
Lo ripeté altre cinque volte nelle seguenti due ore, ma Andreas non sembrava mai convinto. Continuava a ripetere di avere un brutto presentimento, dando voce in quel modo anche a quelli che erano i pensieri negativi di Tom.
Il rasta era seduto e mangiava un pacchetto di patatine mentre l'amico continuava a tenere il capo tra le mani e i gomiti sulle ginocchia. E fu in quel momento che Tom avvertì una fitta di dolore allo stomaco così forte che fece cadere il pacchetto di patatine a terra e dovette appoggiarsi al braccio dell'amico per non cadere dritto sul pavimento.
"Tom, che ti prende?" Domandò questi preoccupato. L'angoscia di quella lunga attesa di due ore e mezza si intensificò quando Andreas vide l'amico completamente spiazzato dal dolore.
"Tom?" Continuava a urlare, ma Tom ormai non lo sentiva. L'unica cosa che percepiva era un dolore al cuore e allo stomaco, come un grosso macigno che gli impediva di respirare. Era successo qualcosa a Bill, poteva sentire chiaramente il suo dolore, come se lo stesse provando lui stesso, e voleva solo che smettesse.
"Chiamo un medico!" Urlò Andreas disperato. Tom non dava il minimo segnale di capire le sue parole perché il dolore al petto aumentava, così come la sua preoccupazione per Bill.
Passarono diversi minuti, quando finalmente il dolore cessò e lui alzò gli occhi catturando quantità di ossigeno a tempi irregolari. E quando guardò dritto di fronte a sé, trovò il suo gemello che lo fissava.
"Bill!" Esclamò insieme ad Andreas ed entrambi si avvicinarono a lui smaniosi di notizie.
"Che ci fai qui?" Continuò Tom annaspando "dov'è il bambino, come sta Toni?"
"Non lo come sta... non so come sta il bambino... io non... so... nulla!" Riuscì ad articolare, mentre delle lacrime rigavano il suo volto.
"Che cosa intendi dire?" Sbottò Andreas. Ed ecco di nuovo quella terribile angoscia.
"Ha chiuso gli occhi... e il bambino... ha smesso di... non posso... ho paura, Tomi..." Bill si precipitò tra le braccia del gemello prima che questi potesse esclamare qualsiasi cosa e lo serrò stretto a sé guardando fisso di fronte a lui. Portarono Bill a sedere e cercarono di capire meglio come fossero andati i fatti, ma Bill era troppo scosso e non faceva che piangere.
Nessuno dei tre dichiarò di aver mai provato un'ansia così grande come quella che provarono quel giorno. Il medico arrivò dopo quelli che erano sembrati ore, giorni, mesi, anni!
"Mi dispiace..." esclamò ai tre ragazzi terrorizzati di fronte e lui "ci sono state complicazioni durante il parto. Abbiamo fatto nascere il bambino, ma la situazione era grave. La madre era troppo giovane e il bambino troppo grosso."
"Che cosa sta dicendo, dottore?" Era stato Andreas l'unico ad aver avuto il coraggio di parlare.
"Mi dispiace..." rispose il dottore "la madre non che l'ha fatta."
E in quel momento l'intero mondo cadde sulle spalle di Bill come un carico di mattoni, cogliendolo completamente alla sprovvista. E Tom sentiva il suo dolore.
I due gemelli erano rimasti senza fiato e solo Andreas sembrava non avesse ancora capito la drammatica situazione: e cioè che la sua gemella aveva perso la vita.
"Non può essere..." esclamò mentre il medico cercava di tranquillizzarlo. Le lacrime erano scivolate sul suo volto, come animate da vita propria.
Tom prese Bill tra le braccia, prima che questi finisse dritto per terra e il moro scoppiò in un pianto disperato come se l'intero mondo fosse d'improvviso scomparso ed esistessero solo le braccia di Tom in quel momento.
"Come sta il bambino?" Era stato proprio Tom ad aver avuto il coraggio di porre quella domanda. Non seppe mai come fece a parlare, tanto si sentiva la bocca secca. Aveva un fastidioso groppo in gola e la vista annebbiata.
Quella domanda portò un pizzico di speranza, come una fievole luce che si intravede alla fine di una lunga galleria e Bill alzò il capo guardando il dottore, sperando, pregando, supplicando in una buona notizia. Il viso era ancora contornato di lacrime.
"Sta bene, però non ce la sentiamo di definirlo ancora fuori pericolo. Durante il parto è stato senza ossigeno per qualche secondo. Forse occorrerà metterlo in un incubatrice per qualche giorno."
"Posso vederlo?" Esclamò asciugandosi le lacrime "posso vedere mio figlio?"
"Certo! Lo stanno lavando. Mi segua." Il dottore lo accompagnò lungo il corridoio che Bill non ricordò neanche di aver percorso almeno una decina di volte in quei due giorni.
Toni non ce l'aveva fatta. Le parole del medico non avrebbero mai abbandonato i suoi ricordi.
Alla fine del corridoio c'era una stanza ricoperta da una parete di vetro. Attraverso di esso un'infermiera stava lavando un bambino apparentemente addormentato e gli infilava il pannolino. Era grosso, aveva qualche capello biondo ed era il bambino più bello che Bill avesse mai visto.
Bill si avvicinò al vetro e l'infermiera lo notò. Fece una punturina al bambino e poi lo avvicinò anch'essa al vetro per farglielo vedere più da vicino. Ma guardando Bill degli occhi capì che il ragazzo non voleva solo vederlo attraverso una parete di vetro.
Scosse la testa tristemente e una lacrima rigò la guancia di Bill. Lei gli diceva di no, ma sapeva che quel bambino non aveva una madre? Sapeva che era morta mettendolo al mondo e ora tutto ciò che gli rimaneva era lui? Sapeva che era solo?
Il bambino aprì gli occhi, come svegliato da quell'onda di tristezza. Il moro lo fissò immobile, come pietrificato. Sì, era decisamente suo figlio. Gli occhi nocciola erano uguali ai suoi, ma identici a quelli di Toni. I capelli biondi come i suoi boccoli dorati.
Ma di fronte a quel bambino provò un improvviso odio. Lui lo aveva privato della persona che amava ed ora per colpa di quel bambino, Toni non c'era più.
Bill allungò una mano e toccò il vetro che lo separava da suo figlio. il bambino continuava a fissarlo, mentre si divincolava dalle braccia dell'infermiera sconosciuta, come se avesse capito che quello era suo padre e l'unico punto di riferimento che lo avrebbe guidato nel lungo cammino della vita.
Quello era il suo papà e Bill giurò a sé stesso che avesse sorriso riconoscendolo. Suo figlio gli aveva sorriso.
E l'odio sparì all'istante lasciando il posto a un immenso amore, ma anche tanto dolore.
Aveva il suo stesso sorriso.
"Come si chiama?" Domandò l'infermiera dal vetro.
Bill alzò lo sguardo e la guardò.
"Axel..." rispose "come voleva lei..."
Era il 26 dicembre quando Bill Kaulitz perse colei che aveva amato da tutta la vita, ma in cambio aveva avuto un dono preziosissimo che con il tempo aveva imparato ad amare più della sua stessa vita: suo figlio Axel.

***



"All'inizio non è stato facile." Esclamò Bill sedendosi al muretto freddo del parco giochi. Elena era vicino a lui e aveva il viso contornato di lacrime, mentre Tom e Andreas erano occupati a sorvegliare Axel che aveva deciso di salire da solo sulla parte più alta del castello che dominava il parco.
"Papà, guarda!" Esclamò felice e Bill gli sorrise "Sei altissimo, Axel. Ora però scendi dallo scivolo."
Elena guardò il bambino ridendo e poi posò di nuovo l'attenzione su Bill. Al contrario di lei non aveva pianto mentre raccontava, ma si vedeva chiaramente che stava facendo uno sforzo enorme per rimanere lucido. L'aveva chiamata nel bel mezzo del pranzo di Santo Stefano a casa dei suoi suoceri e con una scusa, dopo mangiato, era sgattaiolata via di casa e aveva raggiunto Bill a casa sua. Avevano parlato per tutto il pomeriggio e Bill le aveva raccontato di come fosse morta Toni. Non poteva ancora credere che la sua migliore amica fosse morta mettendo al mondo suo figlio.
"Crescere un bambino da solo è stata dura. Axel è stato in ospedale dieci giorni. Ha rischiato di morire tre volte, tutte e tre a causa di un'insufficienza respiratoria. Soffre di asma, per questo quando sta male sono sempre preoccupato. I giorni che seguirono la sua nascita non sono stati affatto facili. I primi mesi, soprattutto, perché coincidevano con il nostro primo tour in Europa. Avevamo programmato tutto... che Toni sarebbe stata vicino al bambino in quei mesi che sarei stato via... invece..." esitò un istante e poi riprese a parlare "non era per niente facile accettare il fatto che non fosse più con me... e se io sono qui lo devo esclusivamente a mio fratello."
Sia lui che Elena guardarono Tom impegnato ad acchiappare Axel, che stava scappando furtivo, per un braccio e sgridarlo.
"Quante volte ti ho detto di non farlo? Vuoi che allo zio venga un infarto?" Sbraitava mentre Andreas accanto a lui rideva.
"Andreas... mi odia non è così?" Esclamò Elena asciugandosi una lacrima dal viso.
"No..." rispose Bill "ho sempre pensato che lui fosse forte, ma oggi mi sono accorto che ha sempre sofferto più di me, ma non lo ha mai dato a vedere. O forse io non me ne sono accorto perché ero perso nel mio dolore. Credo che vedendoti, gli ritorni in mente quando Toni era viva... e il modo in cui la vostra amicizia è finita."
Elena chinò il capo e cercò con tutta sé stessa di ricacciare indietro le lacrime. "Sono stata una stupida. Ero così presa da te che ho pensato subito che lei ti avesse portato via da me. Mi sono resa conto solo dopo aver rotto i contatti con lei che mi mancava da morire e forse ero stata troppo accecata dalla gelosia. Ero una bambina all'epoca. Quando l'ho ricercata per chiederle scusa, non sono riuscita a contattarla, fino a ieri quando ti ho incontrato. Sono stata una pessima fidanzata."
Bill rise ricordando quei tempi ormai lontani. Sembravano passati una decina d'anni e tutto apparteneva al passato. Ne ridevano come se non fossero stati neppure loro i protagonisti di quelle storie.
"Perché hai detto che non saresti qui senza Tom?" Chiese poi Elena dopo un minuto di silenzio, in cui avevano guardato Axel scappare dalle grinfie dello zio Tom e scavalcare lo scivolo al contrario. Quando Tom lo aveva riacchiappato gli aveva dato una sberla leggera sul culetto e Axel era scoppiato a piangere. Era un bambino estremamente furbo, perché in quel momento era comodamente rannicchiato tra le braccia dello zio Andy.
"Due anni fa ho cercato di togliermi la vita." Mormorò Bill, come se si vergognasse di quelle parole.
"Come?" Domandò Elena sgomenta.
"Ho cercato di ingoiare dei farmaci. In quel periodo non stavo bene, avevo una ciste alle corde vocali. Più volte avevo pensato di farlo, ma come potevo lasciare Axel da solo? Come potevo privarlo anche di un padre? Aveva già perso la madre. Sarei stato egoista nei confronti di mio figlio e del mio gemello. Ma quel giorno non so cosa pensai. Presi una dosa doppia dei farmaci che mi avevano prescritto e due secondi dopo Tom era accanto a me che cercava di farmeli sputare. Mi sono chiesto più volte come facesse a sapere che cosa volevo fare. Il più delle volte mi sono risposto che lui avesse capito sin da subito che non riuscivo più a vivere, perché noi due siamo così. Capiamo con un solo sguardo ciò che pensa l'altro. Non rischiai di morire, comunque, perché riuscì a farmeli vomitare e non chiedermi come! Non lo ricordo, ma ricordo la sfuriata che mi fece! Fu l'unica volta in cui alzò la voce con me e... lo vidi piangere. Fu orribile. Dopo quella volta ripromisi a me stesso che non volevo più rivedere le lacrime sul suo volto."
Elena lo guardò tristemente mentre Bill sorrideva. "Ora sto bene. Per quanto sia dura. Non lascerei mai mio figlio e mio fratello. Sono le persone più importanti della mia vita ora. Oggi sono quattro anni che Toni se n'è andata ed è ora che torni a vivere."
In quel momento Andreas si presentò di fronte ai due giovani e, dopo aver squadrato Elena, si rivolse a Bill. "Tuo figlio si è fatto la pipì addosso."
"Cosa?" Sbottò Bill infuriato "Tomi, quante volte ti ho detto che non lo devi far ridere troppo? Con questo freddo poi!"
Il gemello lo guardò storto. "Non è colpa mia se tuo figlio ha la vescica piccola!" Gridò da lontano.
"Il solito stupido! Scusa, Elena, torno subito!" Mormorò e lei fece un cenno del capo mentre il moro si allontanava e rimaneva sola con Andreas.
"Ti ha raccontato tutto?" Domandò dopo un po' prendendo il posto vuoto lasciato da Bill. La freddezza nella sua voce non eguagliava minimamente il freddo che aleggiava nell'aria causato dalla neve.
"Sì..." rispose un po' intimorita. "Ma non mi ha detto di cosa è morta..."
Andreas chinò il capo. "I dottori ci hanno detto che ha avuto un'insufficienza respiratoria, ma credo che neanche loro sanno con esattezza che cosa sia successo. Bill ha raccontato successivamente che è morta con Axel tra le braccia. Forse lo sforzo è stato troppo... e tu sai che lei non era forte..."
Elena chinò il capo e scoppiò in un pianto silenzioso.
"Lei avrebbe voluto che tu fossi con lei quel giorno..." sbottò Andreas d'improvviso.
Elena lo guardò confusa asciugandosi le lacrime sul viso.
"L'ultima volta che l'ho vista mia sorella mi ha raccontato che le mancavi... e... mi aveva fatto promettere che se le fosse successo qualcosa tu... ti saresti presa cura di Axel... che avresti aiutato Bill. Sono stato egoista e non ho mantenuto la promessa e di questo... me ne rammarico."
Elena stavolta scoppiò in singhiozzi mentre fissava Andreas sbigottita e questi continuò. "Sono sicuro che prima di morire... mia sorella abbia pensato a te. Voleva che fossi tu la madre di suo figlio."
"Perché me lo dici adesso? Perché me lo dici dopo quattro anni?" Riuscì ad articolare. Sentiva una grandissima rabbia nei confronti di Andreas, ma allo stesso tempo gli era grata. Toni non l'aveva odiata per come si era comportata.
"Ti aveva perdonata." Rispose Andreas ignorando la domanda. "Mi dispiace, sono stato uno stupido."
"Come lo sai?" Chiese di nuovo Elena tra i singhiozzi.
"Era la mia gemella." Il ragazzo chinò il capo. "E sapevo che lei voleva davvero che tu diventassi la madre di Axel. Io non... non posso perdonarti per il modo in cui hai lasciato mia sorella." Continuò e di nuovo assunse un tono freddo.
"Non pretendo che tu lo faccia." Rispose Elena.
"Però... voglio mantenere la promessa che feci a Toni quattro anni fa... vuoi conoscere Axel? E' un bambino meraviglioso. Ha molto di Toni... e merita una donna che lo ami come fosse una madre... se non vuoi assumerti questo ruolo, puoi promettermi di provare a conoscerlo?"
Elena alzò il capo davvero stupita da quella proposta. Per tutto il Natale non aveva fatto altro che pensare all'incontro che aveva avuto con Bill ed Axel e voleva conoscere il bambino con tutte le sue forze, anche se la cosa la spaventava un po'.
"Certo..." esclamò infine "ne sarei felice..."
"Bene."
Tom venne loro incontro sfregandosi le mani e guardandoli preoccupato. "Tutto bene?" Esclamò "Bill sta bene?"
"Sì, Tom, Bill sta bene!" Rispose Andreas. "Andiamo in casa che muoio di freddo?"
"Sì! Elena rimani a mangiare a cena? Axel sarà contento di averti con noi stasera!"
"Beh... certo lo sarei anch'io!"
"Ottimo!" Esclamò Tom e così dicendo entrarono in casa infreddoliti.

***



"Papà, devo dirti una cosa..." Axel chinò la testolina bionda e prese a torturarsi le dita, mentre Bill guardava il figlioletto incuriosito. Gli stava mettendo un paio di pantaloni puliti, quando il bambino aveva esclamato quella frase e da come si torturava le dita, sembrava sul punto di fargli un'importante confessione.
"Che cosa, amore? Non ti sei divertito oggi?"
"Sì che mi sono divertito! Anche con Elena! Ma non è quello che voglio dirti. Axel... ti ha detto una bugia ieri mattina..."
Bill sorrise e prese Axel in braccio portandolo in sala. "Davvero?" Domandò sorpreso.
"Sì. Papà non dice mai le bugie ad Axel e ora Axel si sente in colpa." Il piccolo prese di nuovo a torturarsi le dita e Bill gli afferrò le mani paffutelle tra le sue.
"Forse c'è qualcosa che posso fare per non far sentire Axel in colpa..." sussurrò.
Il bambino scosse la testa. "Ricordi quando ti ho detto che avevo sognato il principino Axel?"
"Sì!" Rispose Bill confuso. Non capiva che cosa c'entrasse il sogno con la bugia.
"Ricordi che mi hai chiesto se avevo trovato la Stella Magica?"
"Sì!" Ripeté Bill ancora più confuso.
"Beh, ti ho detto che mi sono svegliato prima, ma in realtà io ho trovato la Stella Magica. Era la mamma."
Bill sgranò gli occhi per la sorpresa e si portò velocemente una mano in volto prima di soffocare un singhiozzo.
"Quando siamo entrati nella foresta e zio Gustav ha ucciso i mostri... la mamma si è avvicinata ad Axel e gli ha sorriso. Era bellissima, vero papà? Ed era uguale alla foto che mi ha regalato zio Andy."
Bill rifletté qualche istante. Ora che ci pensava quando Axel l'aveva sognata non aveva ancora visto la foto di Toni che gli aveva regalato Andreas.
"Hai sognato la mamma?"
"Due volte. Mi sorride e mi dice che mi vuole tanto bene, poi se ne va... ma mi lascia sempre questa..." il bambino corse in camera e tornò poco dopo con un piccolo oggetto in mano.
"Ma è la stella che ti ha regalato Ronny!" Esclamò Bill.
Axel scosse il capo. "E' la Stella Magica, papà."
Bill sorrise e poggiò una mano sulla testa bionda del suo bambino. Come aveva potuto pensare anche per un solo istante, di lasciare Axel da solo in quel mondo così ingiusto? Come avrebbe potuto perdersi quel meraviglioso momento assieme a suo figlio?
Strinse la stella tra le mani e poi la riconsegnò ad Axel. In un certo senso aveva trovato anche lui la sua Stella Magica quel giorno.
"Allora questa è tua! Custodiscila bene, mi raccomando, è preziosa. E' la mamma che ti protegge con la sua luce e il suo immenso amore."
Axel sorrise e asciugò una lacrima del papà, mentre la porta si spalancava di colpo.
"Elena rimane a mangiare da noi!" Sbottò Andreas mentre entrava seguito da Tom ed Elena che chiacchieravano.
"Allora, Axel, prepari la cena o no?" Domandò lo zio fingendosi accigliato.
"Ma... ma..." balbettò Axel "io non so cucinare..."
"Ma come? E' il tuo compleanno o sbaglio?" Esclamò Elena portando il suo viso vicino a quello del bambino.
"No, non sbagli, Elena..." rispose il piccolo scendendo dalle braccia paterne "ma io non so cucinare e ho fame!"
Andreas scoppiò a ridere ed Elena prese il bambino in braccio portandolo in cucina offrendosi di aiutare Axel a cucinare.
"Tutto bene?" Domandò Tom sedendosi accanto a Bill sul divano.
"Sì." Rispose il moro "grazie, Tomi... ancora una volta senza di te, io non sarei qui..."
"Non dirlo neanche!" Tagliò corto Tom imbarazzato e Bill sorrise.
Era fortunato ad avere un gemello come Tom che si prendeva così tanta cura di lui e di suo figlio.
Era fortunato ad avere un amico come Andreas che lo aveva sempre sostenuto.
Ma soprattutto era fortunato ad avere un figlio come Axel che era l'ultimo dono che Toni gli aveva lasciato.
Presto si aggiunsero a cena Georg, Gustav, Katrine, Nicole, Gordon e Simone, e la giornata passò meravigliosamente per il piccolo Axel e il suo papà. Per la prima volta in quattro anni, Bill era di nuovo felice.

   
 
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