This is blasphemy, this is madness! Madness? THIS. IS. SPARTA!
Non sapeva quando aveva cominciato ad impazzire.
Nel senso più stretto della parola; letterale.
Pazzia.
Aveva accusato lui così tante volte di esserlo che ormai aveva perso il conto,
catturato nel limbo tra Martin e John.
Perché lui era diventato pazzo, eccome se lo era diventato.
Non poteva essere normale pensare a lui così tante volte nell’arco della
giornata, soprattutto se lo vedeva ogni giorno per un buon numero di ore sul
set e doveva lavorarci assieme.
Buffo di come la mente ogni tanto si distaccasse dal corpo, prendendo strade
che la portavano in paesi fatti di caramelle e stecche di zucchero, con le
casette di marzapane e le strade di glassa al cioccolato e… i suoi capelli.
Il solito ciuffo scuro gli entrò nella visuale, facendolo quasi strozzare con
la sua stessa saliva.
“Benny, non…” si schiarì la voce. ”Non ti ho sentito entrare.” Raschiò sul
fondo della gola. Odiava le sue improvvisate così terribilmente da Sherlock.
Anzi, così terribilmente da Benedict. Più lo conosceva e più si convinceva che
quel ragazzo uomo avesse davvero qualcosa a che fare con il detective. E
di certo non era solo l’intelligenza spropositata o la struttura ossea.
Si muoveva come lui, parlava come lui, ragionava come lui.
Terribile, terribile.
Gli pizzicò una guancia.
“Smettila.” Lo minacciò, già di ritorno dalla città di zucchero filato con
tanto di tono di voce quantomeno normale.
Gli scompigliò i capelli.
Era terribilmente irritante quando lo utilizzava come bambola personale.
Ci mancava solo che si mettesse a fargli le treccine o gli piazzasse qualche
assurdo fiocco rosa in cima alla testa. Oh, peggio di tutto, che lo
costringesse a prendere il tè con lui. Vestito di pizzi e crinoline.
Rabbrividì al solo pensiero.
“Martin, sei richiesto sul set.” Gli comunicò, quasi stesse facendo un annuncio
in un qualunque supermercato.
Sbuffò e si sottrasse da quella stretta infernale che ancora gli molestava la
guancia dolorante.
Si avviò alla porta, continuando a sbirciare Benedict con la coda dell’occhio –
amava saltargli addosso quando meno se lo aspettava, distruggendogli la schiena
con il suo metro e ottanta di gambe – e vedendolo agitare la mano, con un
sorriso da un orecchio all’altro.
Se prima si era chiesto come facesse a continuare a considerarlo ragazzo e non
uomo, ora aveva una nuova conferma: aveva i comportamenti di un sedicenne
particolarmente idiota.
Scese le scale, arrivando nello spiazzo fuori dal set ricostruito del 221B,
adocchiando Steven che gli faceva cenni dall’altro lato del capannone.
Si avviò con calma, le mani affondate nelle tasche.
Benedict, di fatto, non era un uomo.
Era un bambinone troppo cresciuto, dalle gambe chilometriche, i ricci
indomabili e gli zigomi alti.
Erano quelli che fregavano chiunque provasse ad indovinare la sua età. Gli
zigomi.
E gli occhi, senza dubbio.
Quei terribili occhi di colore indefinito che, quando credevi di aver
identificato come azzurro si trasformavano sotto i tuoi occhi in un freddo grigio
dopo essere stati colpiti da un minimo riflesso di luce.
C’era da impazzire.
Per quello era diventato pazzo.
Pazzo.
Matto da legare.
Pu-pazzo da legare.
Il Cappellaio Matto.
No, ok, quello non c’entrava.
E nemmeno Alice della Disney, se era per quello.
Ecco cosa succedeva quando passavi troppo tempo con Benedict Cumberbatch ed il
suo cervello gigantopico, con tanto di neurone abbinato: cominciavi fare
associazioni mentali ai limiti dell’assurdo.
E ti rendevi conto troppo tardi che non avevano il benché minimo senso.
Quando arrivò finalmente davanti a Steven – che il capannone si allungasse
durante le passeggiate? Eppure quando girava lì intorno con Benny, le
passeggiate sembravano sempre troppo corte -, non si stupì di ritrovarlo alle
sue spalle.
Scosse solo la testa, sconsolato, senza nemmeno chiedergli come avesse fatto ad
arrivare prima di lui, visto il netto svantaggio.
Giraffa.
Gambe da giraffa, ecco il segreto del suo successo.
Vide che gli sorrideva; le mani affondate nel tascone della felpa e la testa
leggermente inclinata come se cercasse di leggergli nella mente.
Incredibile come riuscisse a stare bene con qualunque cosa.
Avrebbe dovuto provare con un sacco di iuta, magari sarebbe riuscito a farlo
sembrare goffo come accadeva sempre a lui, invece di farlo risplendere di luce
propria sia che fosse in jeans e felpa come in quel momento o in completo
elegante e cappotto sul set di Sherlock.
E quando Benny si voltò, seguendo il dito di Steven che indicava qualcosa al di
là della macchina da presa, il suo sguardo cadde inevitabilmente sul suo
posteriore. Di nuovo.
Distolse in fretta lo sguardo, socchiudendo gli occhi e pizzicandosi la base
del naso.
Era impossibile, aveva un fondoschiena talmente perfetto, talmente da Benny che
era impossibile non guardarlo almeno una volta al giorno.
O una decina.
Oh, e va bene, almeno un centinaio ogni ora.
Ed ogni volta lo richiamava, come le sirene con Ulisse, invitandolo a scoprire
i segreti di quelle cuciture, i giochi d’ombra tra le pieghe del tessuto.
I fianchi stretti, le gambe lunghe, il collo terribilmente osceno – quasi più
del fondoschiena, lo faceva andare decisamente fuori di testa -, il viso da
ragazzino e i riccioli scuri appena sotto le orecchie.
Si allontanò discretamente, cercando di ritirarsi di nuovo all’interno del 221B
prima che qualcuno notasse il rigonfiamento insolito al cavallo dei suoi
pantaloni.
Forse, si disse richiudendo la porta dell’edificio dietro di sè ed afflosciandovisi
contro, succedeva come durante il servizio militare. In mancanza di organismi
di sesso femminile ti dovevi trovare un modo alternativo di passare il tempo,
magari coinvolgendo un soldato del tuo reggimento.
Si lasciò scivolare a terra, mentre avvertiva la voce di Benedict farsi sempre
più vicina oltre la porta.
Quanto c’aveva messo ad accorgersi che era sparito, con il cervello che si
ritrovava? Tre, quattro secondi? Era anzi anormale che ci avesse messo tutto
quel tempo per trovarlo, essendo sicuramente riuscito a ricostruire le
dinamiche esatte della sua fuga qualche millesimo di secondo dopo.
Forse succedeva come durante il servizio militare.
O forse no.
Non sono
tanto normale, ma un angolino devo pur averlo anche io:
Prometto che
prima o poi mi sparo un colpo in testa e smetto di ammorbarvi, giuro ù_ù
Però per ora vi tocca sorbirmi ancora un pochetto, soprattutto ora che ho
deciso di dare il via a questa nuova coppia (non so quanto possa essere nuova,
ma per ora credo non vi siano storie su di loro), come promesso oggi pomeriggio
su Facebook, dopo aver gridato vendetta per quei doppiatori oscenamente osceni
che faranno la loro comparsa dal 18 febbraio.
Bè, che dire?
…
…
Sono passata a slasharli anche come attori, non solo come personaggi, e so di
non aver reso loro giustizia come meritavano (per niente, hanno una
caratterizzazione minima, qui -.-‘’), ma avrete presto mie notizie
(sinceramente non so se sia una buona od una cattiva cosa, a questo punto ._.)
riguardanti Benny e Martin, non ho intenzione di lasciarli così *risata
malvagia*
Bene, non ho scritto cose sensate come da contratto, ho rovinato altri due
attori ed ho trovato un altro titolo assurdo, perciò… brindiamo tutti insieme!
- J