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Autore: Anjulie    27/12/2005    2 recensioni
A volte si cerca nella vita qualcuno da amare e, a volte, non lo si cerca affatto ma capita... l'importante è che sia sempre l'altra metà del cielo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Dominic Monaghan, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO III

Saetta che volando

passa, lanciata a sorte,

senza che si capisca dove

si conficcherà tremante;

foglia secca che dall’albero

 strappa il vento,

senza che nessuno indovini il solco

dove tornerà cadendo;

gigantesca onda che il vento

increspa e nel mare spinge,

e gira e passa, e la spiaggia

 che cercando va non si conosce;

luce che in tremuli cerchi,

prossima alla fine, sfavilla

ignorandosi quale di essi

 per ultimo brilla;

così sono io, che per caso

percorro il mondo, non pensando

da dove arrivo, né dove

i miei passi mi portano.

(G.A. Béquer)    

 

 

Le trecento sterline pesavano nella tasca di Ashton come se fossero state fatte di piombo invece che di frusciante cartamoneta ma la ragazza mise a tacere gli scrupoli della sua coscienza mentre si avviava verso l’entrata principale dell’ospedale. Erano passati quattro giorni dalla sera di quella maledetta festa e per Ashton erano stati quattro giorni di una tortura indicibile. Sapeva che, se Orlando Bloom si fosse lamentato per il suo comportamento, l’agenzia avrebbe potuto decidere di non consegnarle il compenso pattuito e, quando il lunedì Sandra le aveva finalmente messo fra le mani le trecento sterline, aveva potuto tirare un sospiro di sollievo. Con quel denaro avrebbe potuto pagare il conto dell’ospedale e presto nonna Martha sarebbe stata dimessa e avrebbero fatto ritorno nel piccolo appartamento di Drury Lane. La sera prima, dopo aver cenato, l’anziana signora le era apparsa un tantino affaticata ma l’aveva tranquillizzata dicendole che, con una notte di riposo, la mattina dopo si sarebbe sentita sicuramente meglio.

Ashton affrettò il passo: non aveva molto tempo. Aveva deciso di fare una scappata in ospedale fuori programma, sapendo quanto nonna Martha amasse vederla ma erano già le due del pomeriggio e fra un’ora avrebbe dovuto iniziare il turno delle pulizie da Breworth, Larye & Cattrebee, un importante studio legale in Brompton Road.

Le porte scorrevoli dell’entrata si aprirono con un fruscio al suo passaggio e l’infermiera di turno la salutò con un sorriso, prima che Ashton facesse di corsa le scale che portavano al primo piano. 

Sulla porta della camera di nonna Martha incontrò Padre Dowell

- Ashton! – Il sacerdote apparve sorpreso – Cosa ci fai qui? -

La ragazza sorrise – Buongiorno Padre. Sono passata a fare un salutino, come lei immagino. – disse.

Il sacerdote non ricambiò il suo sorriso e un tantino stupita Ashton gettò un’occhiata nella stanza verso il letto di nonna Martha.

Si impietrì.

Il sangue le defluì dal volto e probabilmente si sarebbe afflosciata a terra se la mano dell’uomo non le fosse scivolata sotto il braccio a sostenerla.

- E’ successo stamattina. – mormorò il sacerdote, mentre Ashton si avvicinava al letto, dove una sagoma sottile era distesa coperta da un lenzuolo bianco – Mi ha fatto chiamare da un’infermiera dicendo che aveva bisogno del suo confessore spirituale. -

Ashton fissò il volto freddo e sereno dell’anziana donna e sentì il cuore come se fosse avvolto da una morsa ghiacciata. Si accasciò a fianco del letto improvvisamente stanca a svuotata di ogni energia. Le spalle si curvarono sotto il peso del dolore e della sconfitta e con la mano tremante sfiorò le dita intrecciate al rosario scuro: erano terribilmente fredde.

Padre Dowell le posò gentilmente una mano sulla spalla – Era molto malata. Il cuore non ha retto. Se ne è andata serenamente. -

Ashton iniziò a singhiozzare mentre le lacrime colavano dagli occhi, cadendole sulle mani strette a pugno e sul pavimento lindo dell’ospedale.

Padre Dowell assistette impotente al suo dolore. Poi quando gli parve che Ashton si fosse un po’ sfogata l’aiutò a rimettersi in piedi, sostenendone il corpo tremante

- Devi farti forza, bambina. – le disse con voce ferma – In una delle sue preghiere Martha ha detto: “Proteggi la mia Ashton che ora è tutta sola nel mondo“ e tu devi dimostrarle che con l’aiuto del Signore puoi farcela. Le sue ultime parole sono state per te. -

La piccola chiesa dell’Oratorio del Sacro Cuore era praticamente deserta il pomeriggio delle esequie di Martha Simmons. Fatta eccezione per Ashton e alcuni altri ragazzi della Casa di accoglienza e pochi vicini di casa, l’anziana donna non aveva amici. Durante tutto il funerale Ashton non riuscì a staccare gli occhi dalla bara di legno chiaro in cui si trovavano le spoglie mortali di nonna Martha ma, quando la cassa uscì, portata sulle spalle dai vicini verso il suo ultimo viaggio, si fece il segno della croce e si soffermò un istante.

Peter O’Toole le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla con fare rassicurante. Di alcuni anni più vecchio di Ashton e si erano incontrati per la prima volta al consultorio dove lui svolgeva la sua professione di medico e fin da allora il giovane medico era rimasto affascinato da Ashton e più volte aveva insistito perché lei gli concedesse un appuntamento.

- Sono preoccupato per te, Ashton - esordì scrutandola attentamente – Mrs. Simmons ha lasciato un grande vuoto ma tu devi cercare di reagire. Non puoi abbatterti a questo modo. – le disse scrutando gli occhi rossi della ragazza.  

Lei intrecciò le mani che tramavano leggermente  – Ti ringrazio, ma non devi preoccuparti. Sto bene, davvero. -

Peter prese fiato come per farsi coraggio - Lo so che non è il momento, ma tu sai quali sono i miei sentimenti per te e adesso sei rimasta sola… -

Ashton sentì il nodo che aveva in gola farsi ancora più soffocante

- Oggi ho seppellito nonna Martha, Peter. Non voglio fare piani per il futuro. -

Il giovane medico stropicciò i piedi uno contro l’altro, imbarazzato

- Ti capisco ma tu… credi di volermi un po’ di bene? -

Gli occhi blu di Ashton si sollevarono pieni di dolore – Sì ti voglio bene, Peter ma… -

Egli la interruppe, fissandola speranzoso – Io ti amo, Ashton. – le confessò di botto - Mi sei sempre piaciuta, fin da quando ti ho vista per la prima volta, al consultorio e vorrei fare le cose perbene con te. Ho un buon lavoro, non ti farei mancare niente e saremmo una bella coppia. Sono certo che anche padre Dowell sarebbe contento nel saperci insieme. E poi… -

Con il cuore gonfio di pena Ashton lo zittì, cercando di arginare con un breve gesto quel fiume di parole – Ti prego. Non adesso. Io… ho bisogno di stare un po’ da sola, di pensare. -

Peter fece un piccolo cenno d’assenso, un tantino deluso, ma sollevato dal fatto che lei non gli avesse opposto alcun rifiuto categorico. Le strinse leggermente la mano.

- D’accordo. Ne riparleremo quando vorrai. -

Ashton non gli rispose e lui le sorrise incoraggiante

- Vieni? – chiese, indicandole l’uscita della chiesa.

- Vai avanti. Arrivo subito. -

Intuendo che forse lei aveva bisogno di un istante di raccoglimento, Peter non insistette e si avviò verso l’uscita.

Con il cuore spezzato dal dolore Ashton si avvicinò alla cassetta delle offerte in fondo alla Chiesa vuota e silenziosa.

Solo le candele ardevano lentamente sull’altare.

L’immagine del sorriso sfrontato di Orlando Bloom le balenò davanti al viso come una saetta. Tirò fuori dalla tasca del giaccone le trecento sterline e le lasciò cadere silenziosamente nella fessura.   

*****

- E questo è quanto. -

Selene incrociò le braccia sul petto allibita e guardò Ashton in silenzio, aggrottando leggermente la fronte liscia. Era trascorsa quasi una settimana dal funerale di Martha Simmons e Ashton aveva apparentemente reagito a quell’ennesima quella perdita con forza insospettabile. Era ritornata a scuola e aveva ripreso immediatamente a lavorare, gettandosi a capofitto in tutte quelle attività che la tenessero impegnata impedendole di avvertire la solitudine, ma Selene aveva visto la stanchezza segnare di ombre scure gli occhi dell’amica e adesso quella confessione incredibile… Ashton la guardò nervosamente 

- Non dici nulla? -

Selene fece un lungo respiro. 

- Onestamente non saprei che dire. E’ semplicemente sconvolgente. -

Erano sedute nel cortile del St. Dorothea’s College, durante la pausa per il pranzo e Ashton si era decisa a raccontare a Selene tutti i retroscena della disastrosa festa di Sandra, il suo incontro con quell’attore e la sua fuga precipitosa.

- E’ stata una pazzia, adesso me ne rendo conto, ma al momento mi era sembrata davvero una buona idea. – disse scuotendo la testa.

- Mi dispiace solo non essere stata qui ad aiutarti. – Selene era sinceramente mortificata, ma Ashton le sorrise – Non ha importanza, so che lo avresti fatto e questo basta. -

- Sai chi è lui? – chiese Selene guardinga

Ashton annuì piano e scrollò impercettibilmente le spalle – Un tizio dal nome strano: probabilmente un attore e Sandra lo conosceva. Credo che un po’ tutti a quella festa lavorassero nel mondo dello spettacolo. -

- Hai detto che ti ha presa per un’accompagnatrice… -

- Sì… e lo sembravo davvero. Il vestito che Sandra mi aveva prestato era scollatissimo. – Ashton sbirciò Selene visibilmente imbarazzata – Lui… quel tizio, mi ha portato in una stanza e mi ha fatto delle proposte decisamente inequivocabili. –

- Ti ha baciata! – Il viso di Selene si illuminò di curiosità e Ashton non poté fare a meno che annuire

- Ed è stato bello? -

- Selene! – Ashton la fissò inorridita ma poi, di fronte allo sguardo furbo dell’amica, non poté trattenere un sorriso. Era impossibile prendersela con lei!

- Su dai… - Selene la guardò con malizia – Dimmi almeno se ti è piaciuto. -

Gli occhi di Ashton si addolcirono un poco ricordando la violenta emozione che aveva provato al contatto delle labbra di lui.

- E’ stato molto bello. – sussurrò piano. Poi il ricordo di quelle mani avide sulla sua pelle nuda la fece rabbuiare di nuovo – Fino a quando non ha cercato di sfilarmi il vestito. – precisò. 

Selene le sorrise soddisfatta. 

- Un bacio come si deve da un bel ragazzo… diciamo che come inizio non c’è male – la prese in giro e Ashton arrossì leggermente

- Non direi, dato che cercato di mettermi le mani addosso – ribatté puntigliosa – E come se non bastasse adesso ci si mette anche Peter – borbottò irritata e Selene le sorrise comprensiva.

- Alla fine il dottor O’Toole ha deciso di farsi avanti. Te lo dicevo io che quello è stracotto di te ma tu non mi credevi… -

Ashton si passò una mano sulla fronte – Non voglio sentire parlare di uomini per almeno un millennio – dichiarò convinta – Portano solo guai. -

Selene sorrise a quell’affermazione così drastica. Nonostante Ashton fosse decisamente dotata di un solido buon senso a volte si comportava come uno struzzo e preferiva mettere la testa sotto la sabbia – Su, su non ti angosciare, gli uomini non sono tutti uguali. – decretò - Riconosco che come prima esperienza di festa mondana è stata un disastro ma a quei ricevimenti capita: sono tutti un po’ ubriachi. Non è successo nulla di irreparabile. – Le sorrise con brio – Pensa piuttosto che forse hai sfondato il naso di un giovane e sconosciuto attore emergente. Se mai diventasse famoso, cosa di cui dubito, potrai sempre vantarti di aver contribuito alla realizzazione del suo profilo migliore! -

Ashton sorrise divertita a quell’immagine buffa– Effettivamente potrei. – replicò con aria seria. Selene rise nel vederla più sollevata e continuò

- Oppure potrai sempre dire di aver stroncato la carriera di uno sporcaccione! -

- Decisamente è stata proprio una bella lezione. - confermò

- Gancio sinistro? -

- Un uppercut in piena regola! -

Risero insieme e mentalmente Ashton ringraziò Selene per esserle così vicina. Aveva un’incredibile capacità di sdrammatizzare ogni cosa, riducendola a proporzioni accettabili ma proprio in quel momento decisero di materializzarsi accanto a loro Sandy Happleby e le sue degne amiche Kristin Templeton e Tiffany Olsen.

- Bene, bene, bene. – il tono di voce di Sandy era tutto un finto zucchero e miele – Ecco qui la Portrainy e la Winter che ridono insieme. – esclamò senza rivolgersi a nessuno in particolare e battendosi leggermente il mento con la rivista che aveva in mano – Eppure la Winter non ha grandi motivi per essere felice. Com’è che siete così allegre? -

La Templeton e la Olsen risero come se Sandy avesse detto la cosa più spassosa del mondo e Selene strinse le labbra furiosa.

Sandy Happleby era la figlia di un noto giornalista della BBC e non perdeva mai occasione per prendersi gioco di Ashton, deridendola per il quartiere dove viveva, per il suo lavoro, per i vestiti da poco prezzo. Pensare che, vista da lontano o ad un’occhiata distratta, Sandy presentava una rassomiglianza impressionante con Ashton Winter, tanto da essere state scambiate più volte l’una per l’altra, ma osservandola da vicino chiunque si sarebbe accorto delle differenze.

Entrambe brune, Sandy aveva un fisico dalle curve abbondanti, ben modellato dalla palestra, un bel sorriso e un naso grazioso ma i suoi occhi grigi erano piuttosto piccoli e mancavano le lunghe ciglia che rendevano più profondo lo sguardo color zaffiro di Ashton. Anche se i suoi lineamenti erano piacevoli e regolari non erano altrettanto delicati e raffinati, né il sorriso altrettanto luminoso. Sandy diventava furiosa di fronte al paragone che veniva automaticamente fatto tra loro due e che la vedeva sempre perdente nei confronti della ragazza di St. Giles. Provava una sorta di maligno piacere ogni volta che riusciva a metterla in difficoltà, anche se Ashton, contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, sembrava accettare le sue battute sferzanti con una pacata dignità che la faceva infuriare ancora di più. Il desiderio più profondo di Sandy era quello di vederla finalmente schiacciata dalla vergogna e non perdeva mai occasione per riversarle addosso tutta la sua rabbia il suo disprezzo.    

Di fronte alla sua battuta pungente Ashton sostenne i loro sguardi altezzosi senza battere ciglio

- No, per la verità parlavamo di boxe - ribatté educatamente.

- Boxe? – Kristin Templeton la fissò incredula ridendo come una gallina ma, al contrario di Ashton, Selene non fu così magnanima

- Puoi anche chiuderti quella vecchia ciabatta che ti ritrovi al posto della bocca, Sandy, – cantilenò, usando il suo medesimo tono e facendole il verso – è assolutamente inutile che ti affanni tanto: la tua è solo invidia. -

Sandy sbuffò con derisione

- Invidiosa io! E di cosa? Del suo mucchio di stracci? Della baracca affollata dove vive? – Rise sarcastica, imitata immediatamente dalle altre due – Piuttosto da come ridete tutte giulive si direbbe che finalmente la Winter abbia trovato qualche morto di fame che se la piglia – disse, rivolgendosi direttamente ad Ashton – Dimmi carissima, gli piacciono le tue toppe da Cenerentola o per l’occasione sei riuscita a scollarti di dosso un po’ del tuo solito lerciume? -

Ashton arrossì leggermente per l’imbarazzo ma Selene sorrise quasi con gentilezza

- Ricordati Sandy che Cenerentola alla fine sposa sempre il suo principe, mentre invece le sorellastre… -

- Un poveraccio morto di fame, ci scommetto - sbuffò Sandy con derisione – Mi meraviglio che tu, Selene, non riesca a capire la differenza. -

Gli occhi azzurri di Ashton la fissarono con gelida calma ma Selene incrociò le braccia sul petto e fissò Sandy e le altre con ironia – La differenza sta nel cuore di un uomo. Uno che non si preoccupi degli abiti che indossi, quanto piuttosto di come fare a sbarazzarsene – ribatté maliziosa. Poi squadrò Sandy con una lunga occhiata valutativa –  Mi sembra che nessuno sia così impaziente di ammirare tutta la seta e i pizzi di cui vai cianciando. -

Il viso rotondo di Sandy Happleby si colorò di rabbia

- Attenta Selene, ti dai un sacco di arie per via della tua famiglia e per il fatto che hai vissuto all’estero e via dicendo, ma io so bene che razza di sgualdrina sei! -

Kristin e Tiffany si lasciarono sfuggire una risatina divertita di fronte a quello scambio di battute ma gli occhi verdi di Selene assunsero improvvisamente una durezza adamantina 

- Onestamente non so che ambienti frequenti tu – replicò gelida – ma dal momento che non ci siamo mai incontrate fuori dalla scuola dubito fortemente che potessi essere io. Non è che per caso mi hai scambiata con qualche tua collega? -   

Sandy strabuzzò ancora di più gli occhi per l’affronto

- Sei una vera strega, Selene – esclamò, sputando ogni parola come se fosse intrisa di veleno – Ma direi che per una volta hai ragione. Questi sono gli ambienti che frequento io –  affermò con superiorità. Con aria noncurante srotolò la rivista che teneva in mano mostrando il finalmente il motivo per cui si era avvicinata. Ne guardò la copertina con attenzione come se la stesse vedendo per la prima volta – Non credo proprio che tu possa vantarti di partecipare a certe occasioni mondane. Mio padre lavora alla BBC conosce un sacco di gente famosa. Proprio questa sera danno un ricevimento al Four Season dove saranno presenti parecchi divi di Hollywood e io andrò con lui. –

Guardò Ashton e Selene con aria di scherno e Selene aggrottò un tantino la fronte non riuscendo a comprendere dove quella vipera volesse andare a parare

- Mah, se pensi che mi tagli le vene dal desiderio di conoscere qualche belloccio tutto muscoli e niente cervello… - prese a dire ma Sandy la interruppe con aria di sufficienza

- Sei così rozza Selene che non puoi capire. -

Selene stava per ribattere quando Tiffany Olsen lanciò un gridolino entusiasta

- Sandy conoscerà lui! – disse indicando la rivista che l’altra teneva fra le mani

- Oh si! – le fece eco Kristen – E’ così bello! –

Sandy girò il settimanale patinato che teneva fra le mani con aria di trionfo e provocando un ululato da parte delle due ragazze sue amiche. Sorrise con aria di scherno

- Scommetto che per conoscere Orlando Bloom metteresti da parte tutta la tua altezzosa superiorità, Portrainydisse

Selene fissò la copertina della rivista GQ che raffigurava il famoso attore Orlando Bloom in uno dei tanti servizi che ultimamente gli venivano dedicati. Aveva visto il “Signore degli Anelli” al cinema e, nonostante l’avesse trovato piuttosto bello nel suo complesso, il suo personaggio preferito rimaneva il brutto e deforme Gollum. Non riusciva proprio a condividere la passione improvvisa che gli attori della trilogia avevano suscitato negli ormoni di orde di ragazze sue coetanee.

- Ci sarà anche Dominic Monaghan alla festa! – aggiunse Tiffany rapita – E’ terribilmente carino con quell’aria da folletto malizioso. Cielo, Sandy come sei fortunata! Se mai lo dovessi incontrare credo che sverrei! -

Ironicamente Selene inarcò un sopracciglio di fronte alla smaccata manifestazione di quell’oca giuliva ma la Happleby non aveva ancora terminato di lanciare i suoi strali e con aria di sufficienza aprì la rivista proprio alla pagina dell’articolo, dove un’altra foto di Orlando lo ritraeva questa volta nei panni di Will Turner, il personaggio che aveva interpretato nel suo ultimo film “The Pirates of Caribbean”.  

- Oh si! E sono entrambi strepitosamente belli, famosi e single! – affermò Sandy con l’aria di chi ha appena vinto alla lotteria – Cenerò al loro tavolo questa sera e, naturalmente – disse calcando un tantino la voce - chiederò loro degli autografi per voi, ragazze. Ne vuoi uno anche tu, Winter? -

Ashton non rispose e rimase a fissare imbambolata il volto sorridente dell’uomo che da poco più di una settimana popolava i suoi incubi. Il sangue le defluì dal volto e divenne mortalmente pallida.

Selene liquidò Sandy con una scrollatine di spalle - Sai cosa gliene frega… - iniziò a dire, poi si interruppe accorgendosi dell’espressione frastornata di Ashton 

- Ashton, che hai? – chiese preoccupata, temendo che si sentisse male

- E’ lui. -

Selene non capì e Ashton, continuando a fissare attonita la fotografia sul giornale ripeté - E’ lui, Selene… -

Selene seguì lo sguardo di Ashton e per un attimo fissò il giornale interdetta, poi la comprensione si fece strada nella sua mente con incredibile chiarezza

- Non può essere… - mormorò. Si girò di scatto e strappò la rivista dalle mani di Sandy Happleby - Dai qua un attimo, per favore - 

- Ehi! – protestò l’altra – Ridammela immediatamente! – esclamò, cercando di riprendersela

Ma Selene aveva già spinto la rivista tra le mani di Ashton, leggendo rapidamente l’articolo: “L’attore più sexy e famoso del momento è sicuramente l’inglese Orlando Bloom, nato a Canterbury, Kent, il tredici gennaio millenovecentosettantasette…

- Sei sicura? – chiese trattenendo il fiato. Il giornale dava solo poche sommarie informazioni ma Ashton non parve farci neppure caso, ipnotizzata dal primo piano sorridente dell’attore.

Le sue dita si contrassero leggermente – Si, sono sicura – mormorò in un soffio, ancora incredula.

Selene si raddrizzò con un sospiro – E’ pazzesco. -

Ashton chiuse lentamente la rivista e subito Sandy gliela strappò dalle mani, incrociando le braccia sul petto – Cosa pensavi di fare? – l’apostrofò sgarbatamente

Ashton non rispose e Sandy fu come colpita da unintuizione fissandone il volto stralunato – Ah, ho capito! – esclamò - Vorresti forse farci credere di conoscerlo? – Sandy diede un colpetto alla rivista con la punta del dito – Lui è Orlando Bloom! Non si abbasserebbe neanche a guardarla una stracciona come te! -

Kristen e Tiffany risero sprezzanti e Ashton non rispose. Gli occhi di Sandy si strinsero maligni. Non riusciva a sopportare che quella piccola bastarda frequentasse quella scuola esclusiva e si mettesse al pari di loro che provenivano da famiglie prestigiose ma, in realtà, la sua cattiveria era alimentata soprattutto dalla consapevolezza che Ashton possedeva un fascino e una grazia innegabili che lei non sarebbe mai riuscita ad eguagliare, neppure con i migliori artifici del mondo.

La rabbia prese il sopravvento – Sei solo un’imbrogliona che crede di prenderci in giro! – esclamò – Orlando Bloom è uno degli attori più famosi di Hollywood e tu sei solo una nullità! -

Selene aprì bocca sdegnata da quell’attacco gratuito e dalle parole villane ma, prima che potesse ribattere per le rime, Ashton si alzò in piedi di scatto, come mossa da una furia incontrollabile, e i suoi occhi color zaffiro percorsero alteri il viso di Sandy Happleby con una calma raggelante

- Stranamente per la prima e unica volta nella tua vita hai perfettamente ragione, Sandy – le disse quasi con gentilezza – Lui non mi conosce affatto. -

Poi senza dire altro girò sui tacchi allontanandosi rapidamente dalla sua aguzzina e costringendo Selene a correrle dietro per raggiungerla.

Sandy rimase di sale a quella frase sibillina ma poi sorrise soddisfatta. Per una volta quella pezzente con manie di grandezza era scesa dal suo piedistallo e aveva reagito di fronte alle sue provocazioni e finalmente aveva visto Selene Portrainy abbandonare quella sua aria di sprezzante superiorità.

*****

- Sei stato rifiutato da una puttana! -

Parecchie teste di coloro che erano seduti ad un tavolo del Ivy Restaurant si voltarono verso Dominic Monaghan incuriosite e Orlando incenerì l’amico con uno sguardo

- Gradirei che tu abbassassi un po’ la voce, Domreplicò asciutto, rigirando il vino nel bicchiere – Non amo fornire materiale per i pettegolezzi. -

Dominic annuì dispiaciuto – Scusa – mormorò con un tono di voce più basso. Il suo viso solitamente allegro era attraversato da un’espressione di completa incredulità – Solo non riesco a crederci. -

- A cosa? – il tono di voce di Orlando era profondamente ironico – Al fatto che quella sgualdrina abbia afferrato il mio anello e abbia esitato un solo istante a colpirmi e fuggire via come se avesse i diavoli alle calcagna? -

Sul viso di Orlando un ematoma violaceo grosso come una moneta faceva bella mostra di sé a distanza di una settimana dalla festa. La sera prima si era dovuto sorbire una cena al Four Season in compagnia di tutta una serie di esponenti della televisione inglese e aveva dovuto rispondere pazientemente alle domande dei giornalisti, mostrarsi disponibile e sorridente, e soprattutto inventare una frottola plausibile per quel livido che da alcuni giorni gli segnava il volto.

Ma a sua sorella Samantha la scusa che aveva propinato a tutti, e cioè di avere sbattuto la faccia contro l’anta aperta di un pensile della cucina mentre cercava di prendere un bicchiere, era apparsa a dir poco inverosimile

- Che fossi un disastro d’uomo questo era assodato, così come pure la tua innata tendenza all’autolesionismo, ma per la verità non ti facevo così cretino. - aveva commentato asciutta, il lunedì mattina quando al termine delle lezioni alla Guidhall era passata a trovarlo. Lui, che aveva passato l’intero fine settimana sdraiato sul divano con la borsa del ghiaccio sopra il naso, aveva borbottato qualcosa sulla sua cronica invadenza ma Samantha non vi aveva fatto caso, troppo abituata alle loro schermaglie. Aveva insistito per medicarlo, piazzandogli sul naso una quantità industriale di pomata per attenuare il gonfiore e, non paga di averlo incremato a dovere, si era messa a girellargli per casa con aria saccente, notando il disordine che vi regnava sovrano e facendogli montare un nervoso da manuale.

- Non hai ancora pensato a trovare qualcuno che si occupi di questo casino? – gli aveva chiesto tirando su da terra un paio di orribili calzini verde mela.

- Ho provato a dire a Martin di fare un po’ d’ordine – aveva risposto lui irritato, riferendosi al suo assistente personale – Ma come colf lascia parecchio a desiderare. -

Sua sorella si era guardata attorno con aria decisa – Non puoi andare avanti così, devi assumere una governante, una cameriera… -

- Robin mi ha detto che mi manderà qualcuno, lascia perdere. – aveva replicato Orlando con una noncurante scrollatina di spalle sperando di finirla lì, ma Samantha non aveva desistito

- Ma dico: sei un attore famoso, hai comprato una casa che è una meraviglia, guadagni tanti soldi che potresti fartene un tappeto e non riesci a trovare uno straccio di domestico che venga a pulire questo schifo? -

Orlando aveva scalpitato per quella che sentiva come una critica non meritata – Robin ha detto che deve esaminare un po’ di persone… sai, la privacy, tutti quei problemi sulla riservatezza…. -

- E intanto vivi nello sporco più assoluto – Samantha aveva aperto la porta di un bagno con l’aria severa di un’ispettrice d’igiene, chiudendola subito dopo con una smorfia disgustata – Possibile che ci voglia così tanto a trovare una governante? Fai come Tom Cruise: una bella clausola sul contratto che le vieta di spifferare a destra e a manca tutti i tuoi vizi vergognosi ed è fatta. -

Orlando l’aveva guardata storto – Non ho vizi da nascondere, io. -

Senza degnarlo neppure di un’occhiata Samantha era passata alla sua camera, enumerando sulle dita con spietata puntigliosità

- Canti sotto la doccia credendoti Frank Sinatra con risultati del tutto discutibili, mangi la farinata d’avena la sera stravaccato sul divano di fronte alla televisione sbriciolando dappertutto, sei un disordinato cronico, pigro e sciatto, ci metti un secolo a prepararti, allaghi il bagno tutte le volte che ci metti piede… - Si era interrotta per un istante, soffermandosi ad ammirare il bellissimo letto italiano in ferro battuto che il fratello aveva comperato un paio di mesi prima e che le piaceva moltissimo. Di fronte letto sfatto, che sembrava la cuccia del cane, si era sentita muovere a compassione, quasi più per l’indegno uso di quel mobile meraviglioso che non per le condizioni in cui lui dormiva. Aveva afferrato il lembo del lenzuolo bianco con l’intenzione di rifargli almeno il letto, ma un paio di boxer scozzesi bianchi rossi e blu erano sbucati dal candore delle lenzuola. Immaginando il motivo per cui si trovassero in quel letto e soprattutto con quale compagnia lui avesse potuto dormirci, aveva lasciato andare il lenzuolo con aria disgustata - … e per finire… – disse raccogliendo da terra l’ennesimo paio di calzini, questa volta di un brillante color geranio -  semini calzini e mutande ovunque. -

Lui aveva avuto la decenza di arrossire leggermente e arrendendosi alle indiscutibili motivazioni della sorella le aveva promesso che avrebbe rimediato qualcuno al più presto, dando incarico al suo avvocato perché gli stilasse un contratto di ferro che lo tutelasse completamente da qualsiasi rivelazione sua vita privata.

La serata al Four Season poi, era stata un disastro. A tavola gli era stata piazzata al fianco una certa Sandy Happleby, la figlia di Charles Happleby, un giornalista della BBC, che lo aveva sfinito con le sue chiacchiere insulse e i suoi tentativi di smaccata seduzione. Dal momento che Orlando era più che mai deciso a non permettere alle mani dell’intraprendente fanciulla di infilarsi nei suoi pantaloni sotto la tovaglia, tutta le cena era stata un’estenuante rincorsa a salvaguardare la stabilità dei propri indumenti intimi, impedendogli di godersi la cena e facendolo innervosire alquanto.

Dopo essersi alzato da tavola pienamente convinto di aver subito gli assalti più lascivi di tutta la sua vita, il suo umore già pessimo aveva subito un netto peggioramento quando Sandy gli si era appiccicata contro, implorandolo di ballare.

Il suo corpo formoso strettamente allacciato al suo non gli aveva provocato alcuna particolare emozione e il profumo pesante e generosamente sparso gli aveva fatto ricordare contro la sua volontà un altro ballo e un’altra festa in cui un lieve sentore di gelsomini che si era sprigionato dai capelli di Ashton quando l’aveva stretta a sé.  

Appena concluso quel pensiero si era dato del cretino da solo.

Ashton assomigliava in maniera pazzesca a Galatea e forse era per quello che l’aveva colpito così tanto, ma era solo un’accompagnatrice, per non dire di peggio, e lui non riusciva a togliersela dalla testa! Gli sembrava di essere rimasto il ragazzino sedicenne che era partito da Canterbury dieci anni prima per venire a studiare a Londra: stregato dalla prima sottana che aveva visto passare!

Profondamente irritato con se stesso, aveva addotto la scusa di una banale emicrania e aveva lasciato la festa appena dopo mezzanotte, ben deciso a risolvere a modo suo l’intera faccenda.

Aveva bisogno di distrarsi. Aveva bisogno di una donna: chiamò Melissa Mallory.

La ragazza era stata più che felice di sentirlo e dopo alcuni convenevoli lo aveva invitato a bere qualcosa a casa sua. Non erano neppure arrivati al letto.

Melissa era bella, esperta, e decisamente aveva ben chiaro come divertirsi e lui le aveva lasciato condurre il gioco, cercando di annebbiarsi la mente in quel corpo morbido e accogliente. Fare sesso con lei era stato come appagare un bisogno fisiologico, qualcosa di fisico e naturale come bere o dormire, ma per qualche oscuro motivo era rimasto insoddisfatto. La smania che aveva non era minimamente diminuita e se ne era andato da casa di Melissa prima dell’alba.

Il giorno dopo aveva invitato Dominic a pranzo all’Ivy.

Si riscosse dai suoi pensieri e rigirò il cibo che aveva nel piatto con fare distratto. Dom scosse il capo e si passò una mano sul volto cercando di concentrarsi

- Non ricordo molto di quella sera, ero parecchio ubriaco ma mi sembra di avere riaccompagnato Ashton con l’auto prima di salire a casa mia con Sandra. – rifletté, cercando di ricordare

- Questo significa solo che doveva correre a truffare qualche altro ingenuo. – ribatté Orlando caustico.

Dom era visibilmente costernato - Santo cielo, Orlando! Sei uno degli attori più famosi del mondo, la maggior parte delle donne farebbe carte false per infilarsi nel tuo letto, pagate o meno! -

- Evidentemente lei non era una di queste. -

L’amico lo guardò dubbioso – Eppure quella sua amica, Sandra, non ha fatto tante storie per seguirmi a casa. -

- Forse era solo più onesta di quella piccola strega. -

Dominic bevve un sorso di vino bianco dal bicchiere. Orlando era davvero nero e lui non ricordava di averlo mai visto così incazzato per una donna. Si vedeva lontano un miglio che dovevano girargli all’ennesima potenza. 

- Sei sicuro di non averla spaventata? – si azzardò a chiedere – Mi sembrava molto giovane e un po’ imbarazzata a quanto ricordo. –

Orlando sbuffò irritato – Mi ha seguito in camera, Dom. Qualunque ragazza che non voglia tenerti compagnia si sarebbe rifiutata di allontanarsi dalla festa. Non credo che volesse veramente ammirare le stelle dal balcone. –

Dom ingoiò un boccone di pietanza fissando uno sguardo eloquente sul piatto che Orlando aveva davanti e che non aveva minimamente toccato. Improvvisamente si rese conto dell’assurdità della situazione e, ignorando il cipiglio dell’amico, si lasciò sfuggire una breve risatina

- Sembra quasi uno scherzo di cattivo gusto: proprio tu che eri fermamente contrario a questa storia delle accompagnatrici, hai scelto prima di tutti e sei stato preso in giro da una di loro. Certo era incredibilmente bella, ma… Ehi! Un momento! – Il volto di Dominic si fece improvvisamente serio e i suoi occhi azzurri si spalancarono, mentre la comprensione si faceva strada nella sua mente – Adesso capisco! Tu l’hai scelta! L’hai scelta solo perché assomiglia in modo stupefacente a quella statua che si trova a casa tua, quella che hai scolpito… come si chiama? –

Orlando lo fissò tetro – Galatea. –

- Quella. – Dom puntò la forchetta contro di lui – Ecco perché sei così furioso. Non riesci ad accettare che la versione in carne ed ossa della tua donna ideale ti abbia rifiutato. –

Compiaciuto della sua analisi spicciola si infilò in bocca un’altra forchettata. Orlando non rispose e si limitò a bere un altro sorso di vino dal bicchiere.

L’espressione del viso di Dom si fece sfrontatamente maliziosa - Sei terribilmente perverso. – annunciò in modo teatrale di fronte all’ostinato silenzio di Orlando – Ma devi credere al vecchio Dom: il cuore di quelle donne là si scalda solo con le sterline… e tante! -

- Questo lo so anch’io – ribatté brusco – ma non ho intenzione di farmi derubare da quella piccola sgualdrina. – Si appoggiò allo schienale della sedia con noncuranza mentre i suoi occhi si accendevano di una luce cattiva – Rivoglio indietro il mio anello. -

Dominic smise di mangiare e appoggiò la forchetta sul lato del piatto

- Oh, no – disse, mentre lo fissava serio in volto – Conosco quell’espressione. Tu non lo fai per l’anello. Vuoi vendicarti perché lei ti ha piantato in asso. -

Lui non rispose e Dominic si rabbuiò di colpo. Conosceva Orlando piuttosto bene e sapeva che quando si metteva in testa una cosa non c’era verso di fargli cambiare idea. Se l’amica di Sandra l’aveva in qualche modo offeso, avrebbe pagato con gli interessi il suo comportamento.

Orlando era fatto così, odiava perdere, e quella ragazza lo aveva umiliato e colpito. Era chiaro che non l’avrebbe perdonata tanto facilmente.

Di fronte al suo sguardo eloquente capitolò.

- E va bene. Non so dove abiti Ashton ma ti darò il numero di telefono di Sandra se è questo che vuoi. – Gli scoccò un’occhiata sarcastica, scribacchiando qualcosa su un foglietto che un cameriere gli aveva prontamente portato ad un suo cenno - Dopotutto non siamo qui per quello? -

Orlando sorrise a sua volta e si allungò oltre il tavolo a battergli un’affettuosa manata sulla spalla

- Non mi deludi mai, Dom. -

 

 

 

Ringrazio tutti coloro che continuano a leggerete questo mio piccolo delirio e soprattutto la sora Moon che non deve fare la modesta!!! J

Auguro a tutti di cuore un anno nuovo pieno di gioia e di cose belle!!!!

Ad maiora!

  
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