CAPITOLO III
Saetta che volando
passa, lanciata a sorte,
senza che si capisca dove
si conficcherà tremante;
foglia secca che dall’albero
strappa il vento,
senza che nessuno indovini il solco
dove tornerà cadendo;
gigantesca onda che il vento
increspa e nel mare spinge,
e gira e passa, e la spiaggia
che cercando va non si conosce;
luce che in tremuli cerchi,
prossima alla fine, sfavilla
ignorandosi quale di essi
per ultimo brilla;
così sono io, che per caso
percorro il mondo, non pensando
da dove arrivo, né dove
i miei passi mi portano.
(G.A. Béquer)
Le trecento
sterline pesavano nella tasca di Ashton
come se fossero state fatte di piombo invece che di frusciante cartamoneta ma
la ragazza mise a tacere gli scrupoli della sua coscienza mentre si avviava
verso l’entrata principale dell’ospedale. Erano passati quattro giorni dalla
sera di quella maledetta festa e per Ashton erano
stati quattro giorni di una tortura indicibile. Sapeva che, se Orlando Bloom si fosse lamentato per il suo comportamento, l’agenzia
avrebbe potuto decidere di non consegnarle il compenso pattuito e, quando il
lunedì Sandra le aveva finalmente messo fra le mani le
trecento sterline, aveva potuto tirare un sospiro di sollievo. Con quel denaro
avrebbe potuto pagare il conto dell’ospedale e presto nonna Martha sarebbe stata dimessa e avrebbero fatto ritorno nel piccolo
appartamento di Drury Lane. La sera prima, dopo aver
cenato, l’anziana signora le era apparsa un tantino
affaticata ma l’aveva tranquillizzata dicendole che, con una notte di riposo,
la mattina dopo si sarebbe sentita sicuramente meglio.
Ashton affrettò il passo:
non aveva molto tempo. Aveva deciso di fare una scappata in ospedale fuori
programma, sapendo quanto nonna Martha amasse vederla
ma erano già le due del pomeriggio e fra un’ora avrebbe dovuto iniziare il
turno delle pulizie da Breworth, Larye
& Cattrebee, un importante studio legale in Brompton Road.
Le porte scorrevoli
dell’entrata si aprirono con un fruscio al suo passaggio e l’infermiera di
turno la salutò con un sorriso, prima che Ashton
facesse di corsa le scale che portavano al primo piano.
Sulla porta della
camera di nonna Martha incontrò Padre Dowell
- Ashton! – Il sacerdote apparve sorpreso – Cosa ci fai qui? -
La
ragazza sorrise – Buongiorno Padre. Sono passata a fare un salutino, come
lei immagino. – disse.
Il
sacerdote non ricambiò il suo sorriso e un tantino stupita
Ashton gettò un’occhiata nella stanza verso il letto
di nonna Martha.
Si
impietrì.
Il sangue le defluì
dal volto e probabilmente si sarebbe afflosciata a
terra se la mano dell’uomo non le fosse scivolata sotto il braccio a
sostenerla.
- E’ successo
stamattina. – mormorò il sacerdote, mentre Ashton si
avvicinava al letto, dove una sagoma sottile era distesa coperta da un lenzuolo
bianco – Mi ha fatto chiamare da un’infermiera dicendo che aveva bisogno del
suo confessore spirituale. -
Ashton fissò il volto
freddo e sereno dell’anziana donna e sentì il cuore come se fosse avvolto da
una morsa ghiacciata. Si accasciò a fianco del letto improvvisamente stanca a
svuotata di ogni energia. Le spalle si curvarono sotto
il peso del dolore e della sconfitta e con la mano tremante sfiorò le dita
intrecciate al rosario scuro: erano terribilmente fredde.
Padre Dowell le posò gentilmente una mano sulla
spalla – Era molto malata. Il cuore non ha retto. Se ne
è andata serenamente. -
Ashton iniziò a
singhiozzare mentre le lacrime colavano dagli occhi, cadendole sulle mani
strette a pugno e sul pavimento lindo dell’ospedale.
Padre Dowell assistette impotente al suo dolore. Poi quando gli
parve che Ashton si fosse un po’ sfogata l’aiutò a
rimettersi in piedi, sostenendone il corpo tremante
- Devi farti forza,
bambina. – le disse con voce ferma – In una delle sue preghiere Martha ha
detto: “Proteggi la mia Ashton che ora è tutta sola
nel mondo“ e tu devi dimostrarle che con l’aiuto del Signore puoi farcela. Le
sue ultime parole sono state per te. -
La piccola chiesa
dell’Oratorio del Sacro Cuore era praticamente deserta
il pomeriggio delle esequie di Martha Simmons. Fatta
eccezione per Ashton e alcuni altri ragazzi della
Casa di accoglienza e pochi vicini di casa, l’anziana
donna non aveva amici. Durante tutto il funerale Ashton
non riuscì a staccare gli occhi dalla bara di legno chiaro in cui si trovavano
le spoglie mortali di nonna Martha ma, quando la cassa uscì, portata sulle
spalle dai vicini verso il suo ultimo viaggio, si fece il segno della croce e
si soffermò un istante.
Peter O’Toole le si avvicinò e le posò
una mano sulla spalla con fare rassicurante. Di alcuni anni
più vecchio di Ashton e si erano incontrati
per la prima volta al consultorio dove lui svolgeva la sua professione di
medico e fin da allora il giovane medico era rimasto affascinato da Ashton e più volte aveva insistito perché lei gli concedesse
un appuntamento.
- Sono preoccupato
per te, Ashton - esordì scrutandola attentamente –
Mrs. Simmons ha lasciato un grande
vuoto ma tu devi cercare di reagire. Non puoi abbatterti a
questo modo. – le disse scrutando gli occhi rossi della ragazza.
Lei intrecciò le
mani che tramavano leggermente – Ti ringrazio, ma non devi preoccuparti. Sto bene, davvero. -
Peter prese fiato come
per farsi coraggio - Lo so che non è il momento, ma tu sai
quali sono i miei sentimenti per te e adesso sei rimasta sola… -
Ashton sentì il nodo che
aveva in gola farsi ancora più soffocante
- Oggi ho
seppellito nonna Martha, Peter. Non voglio fare piani
per il futuro. -
Il giovane medico
stropicciò i piedi uno contro l’altro, imbarazzato
- Ti capisco ma tu…
credi di volermi un po’ di bene? -
Gli occhi blu di Ashton si sollevarono pieni di
dolore – Sì ti voglio bene, Peter ma… -
Egli la interruppe, fissandola speranzoso – Io ti amo, Ashton. – le confessò di botto - Mi sei sempre piaciuta,
fin da quando ti ho vista per la prima volta, al consultorio e vorrei fare le cose perbene con te. Ho un buon lavoro, non
ti farei mancare niente e saremmo una bella coppia.
Sono certo che anche padre Dowell sarebbe contento
nel saperci insieme. E poi… -
Con il cuore gonfio
di pena Ashton lo zittì, cercando di arginare con un
breve gesto quel fiume di parole – Ti prego. Non
adesso. Io… ho bisogno di stare un po’ da sola, di pensare. -
Peter fece un piccolo
cenno d’assenso, un tantino deluso, ma sollevato dal fatto che lei non gli
avesse opposto alcun rifiuto categorico. Le strinse leggermente la mano.
- D’accordo. Ne
riparleremo quando vorrai. -
Ashton non gli rispose e
lui le sorrise incoraggiante
- Vieni? – chiese,
indicandole l’uscita della chiesa.
- Vai avanti.
Arrivo subito. -
Intuendo che forse
lei aveva bisogno di un istante di raccoglimento, Peter non insistette e si avviò verso l’uscita.
Con il cuore
spezzato dal dolore Ashton si avvicinò alla cassetta
delle offerte in fondo alla Chiesa vuota e silenziosa.
Solo le candele
ardevano lentamente sull’altare.
L’immagine del
sorriso sfrontato di Orlando Bloom
le balenò davanti al viso come una saetta. Tirò fuori dalla
tasca del giaccone le trecento sterline e le lasciò cadere silenziosamente
nella fessura.
*****
- E questo è quanto. -
Selene incrociò le braccia sul petto allibita e guardò Ashton
in silenzio, aggrottando leggermente la fronte liscia. Era trascorsa quasi una
settimana dal funerale di Martha Simmons e Ashton aveva apparentemente reagito a quell’ennesima quella
perdita con forza insospettabile. Era ritornata a scuola e aveva ripreso
immediatamente a lavorare, gettandosi a capofitto in tutte quelle attività che
la tenessero impegnata impedendole di avvertire la solitudine, ma Selene aveva
visto la stanchezza segnare di ombre scure gli occhi
dell’amica e adesso quella confessione incredibile… Ashton
la guardò nervosamente
- Non dici nulla? -
Selene fece un
lungo respiro.
- Onestamente non
saprei che dire. E’ semplicemente sconvolgente. -
Erano sedute nel
cortile del St. Dorothea’s College, durante la pausa per il pranzo e Ashton si era decisa a raccontare a
Selene tutti i retroscena della disastrosa festa di Sandra, il suo
incontro con quell’attore e la sua fuga precipitosa.
- E’ stata una
pazzia, adesso me ne rendo conto, ma al momento mi era sembrata davvero una buona idea. – disse scuotendo la testa.
- Mi dispiace solo
non essere stata qui ad aiutarti. – Selene era sinceramente mortificata, ma Ashton le sorrise – Non ha importanza, so
che lo avresti fatto e questo basta. -
- Sai chi è lui? –
chiese Selene guardinga
Ashton annuì piano e
scrollò impercettibilmente le spalle – Un tizio dal nome strano: probabilmente
un attore e Sandra lo conosceva. Credo che un po’ tutti a quella festa lavorassero nel mondo dello spettacolo. -
- Hai detto che ti
ha presa per un’accompagnatrice… -
- Sì… e lo sembravo
davvero. Il vestito che Sandra mi aveva prestato era scollatissimo.
– Ashton sbirciò Selene
visibilmente imbarazzata – Lui… quel tizio, mi ha portato in una stanza
e mi ha fatto delle proposte decisamente inequivocabili. –
- Ti ha baciata! – Il viso di Selene si illuminò
di curiosità e Ashton non poté fare a meno che
annuire
- Ed è stato bello? -
- Selene! – Ashton la fissò inorridita ma poi, di fronte allo sguardo
furbo dell’amica, non poté trattenere un sorriso. Era impossibile prendersela
con lei!
- Su dai… - Selene la guardò con malizia – Dimmi almeno se ti è
piaciuto. -
Gli occhi di Ashton si addolcirono un poco
ricordando la violenta emozione che aveva provato al contatto delle labbra di
lui.
- E’ stato molto
bello. – sussurrò piano. Poi il ricordo di quelle mani avide sulla sua pelle
nuda la fece rabbuiare di nuovo – Fino a quando non ha
cercato di sfilarmi il vestito. – precisò.
Selene
le sorrise soddisfatta.
- Un bacio come si
deve da un bel ragazzo… diciamo che come inizio non c’è male – la prese in giro e Ashton arrossì
leggermente
- Non direi, dato
che cercato di mettermi le mani addosso – ribatté
puntigliosa – E come se non bastasse adesso ci si mette anche Peter – borbottò irritata e Selene le sorrise comprensiva.
- Alla fine il
dottor O’Toole ha deciso di farsi avanti. Te lo dicevo io che quello è stracotto di te ma tu non mi credevi… -
Ashton si passò una mano
sulla fronte – Non voglio sentire parlare di uomini
per almeno un millennio – dichiarò convinta – Portano solo guai. -
Selene
sorrise a quell’affermazione così drastica. Nonostante Ashton
fosse decisamente dotata di un solido buon senso a
volte si comportava come uno struzzo e preferiva mettere la testa sotto la
sabbia – Su, su non ti angosciare, gli uomini non sono tutti uguali. – decretò
- Riconosco che come prima esperienza di festa mondana
è stata un disastro ma a quei ricevimenti capita: sono tutti un po’ ubriachi.
Non è successo nulla di irreparabile. – Le sorrise con
brio – Pensa piuttosto che forse hai sfondato il naso
di un giovane e sconosciuto attore emergente. Se mai diventasse
famoso, cosa di cui dubito, potrai sempre vantarti di aver contribuito alla
realizzazione del suo profilo migliore! -
Ashton sorrise divertita a quell’immagine
buffa– Effettivamente potrei. – replicò con aria seria. Selene rise nel vederla
più sollevata e continuò
- Oppure potrai sempre dire di aver stroncato la carriera di
uno sporcaccione! -
- Decisamente è stata proprio una bella lezione. - confermò
- Gancio sinistro?
-
- Un uppercut in
piena regola! -
Risero insieme e
mentalmente Ashton ringraziò Selene per esserle così
vicina. Aveva un’incredibile capacità di sdrammatizzare ogni cosa, riducendola
a proporzioni accettabili ma proprio in quel momento decisero di
materializzarsi accanto a loro Sandy Happleby e le sue degne amiche Kristin
Templeton e Tiffany Olsen.
- Bene, bene, bene.
– il tono di voce di Sandy era tutto un finto
zucchero e miele – Ecco qui la Portrainy e la Winter che ridono insieme. –
esclamò senza rivolgersi a nessuno in particolare e battendosi leggermente il
mento con la rivista che aveva in mano – Eppure la Winter
non ha grandi motivi per essere felice. Com’è che
siete così allegre? -
La Templeton e la Olsen
risero come se Sandy avesse detto la cosa più
spassosa del mondo e Selene strinse le labbra furiosa.
Sandy Happleby era la figlia di un noto giornalista della BBC e
non perdeva mai occasione per prendersi gioco di Ashton, deridendola per il quartiere dove viveva, per il
suo lavoro, per i vestiti da poco prezzo. Pensare che, vista da lontano o ad
un’occhiata distratta, Sandy presentava una
rassomiglianza impressionante con Ashton Winter, tanto da essere state scambiate più volte l’una per
l’altra, ma osservandola da vicino chiunque si sarebbe
accorto delle differenze.
Entrambe brune, Sandy aveva un fisico dalle curve abbondanti, ben modellato
dalla palestra, un bel sorriso e un naso grazioso ma i suoi occhi grigi erano
piuttosto piccoli e mancavano le lunghe ciglia che rendevano più profondo lo
sguardo color zaffiro di Ashton.
Anche se i suoi lineamenti erano piacevoli e regolari non
erano altrettanto delicati e raffinati, né il sorriso altrettanto luminoso. Sandy diventava furiosa di fronte al paragone che veniva automaticamente fatto tra loro due e che la vedeva
sempre perdente nei confronti della ragazza di St. Giles. Provava una sorta di maligno piacere ogni volta che
riusciva a metterla in difficoltà, anche se Ashton,
contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, sembrava accettare le sue battute
sferzanti con una pacata dignità che la faceva
infuriare ancora di più. Il desiderio più profondo di Sandy
era quello di vederla finalmente schiacciata dalla vergogna e non perdeva mai
occasione per riversarle addosso tutta la sua rabbia
il suo disprezzo.
Di fronte alla sua
battuta pungente Ashton sostenne i loro sguardi
altezzosi senza battere ciglio
- No, per la verità
parlavamo di boxe - ribatté educatamente.
- Boxe? – Kristin Templeton la fissò
incredula ridendo come una gallina ma, al contrario di Ashton, Selene non fu così magnanima
- Puoi anche
chiuderti quella vecchia ciabatta che ti ritrovi al posto della bocca, Sandy, – cantilenò, usando il suo
medesimo tono e facendole il verso – è assolutamente inutile che ti affanni
tanto: la tua è solo invidia. -
Sandy sbuffò con
derisione
- Invidiosa io! E di cosa? Del suo mucchio di stracci? Della baracca
affollata dove vive? – Rise sarcastica, imitata immediatamente dalle altre due
– Piuttosto da come ridete tutte giulive si direbbe
che finalmente la Winter abbia trovato qualche morto
di fame che se la piglia – disse, rivolgendosi direttamente ad Ashton – Dimmi carissima, gli piacciono le tue toppe da
Cenerentola o per l’occasione sei riuscita a scollarti di dosso un po’ del tuo
solito lerciume? -
Ashton arrossì
leggermente per l’imbarazzo ma Selene sorrise quasi con gentilezza
-
Ricordati Sandy che Cenerentola alla fine sposa
sempre il suo principe, mentre invece le sorellastre… -
- Un poveraccio
morto di fame, ci scommetto - sbuffò Sandy con
derisione – Mi meraviglio che tu, Selene, non riesca a capire la differenza. -
Gli occhi azzurri di Ashton la fissarono con gelida
calma ma Selene incrociò le braccia sul petto e fissò Sandy
e le altre con ironia – La differenza sta nel cuore di un uomo. Uno che non si preoccupi degli abiti che indossi, quanto piuttosto
di come fare a sbarazzarsene – ribatté maliziosa. Poi squadrò Sandy con una lunga occhiata valutativa – Mi sembra che nessuno sia così impaziente di
ammirare tutta la seta e i pizzi di cui vai
cianciando. -
Il viso rotondo di Sandy Happleby si colorò di rabbia
- Attenta Selene, ti dai un sacco di arie per via della tua
famiglia e per il fatto che hai vissuto all’estero e via dicendo, ma io so bene
che razza di sgualdrina sei! -
Kristin e Tiffany si lasciarono sfuggire una
risatina divertita di fronte a quello scambio di battute ma gli occhi verdi di
Selene assunsero improvvisamente una durezza adamantina
- Onestamente non
so che ambienti frequenti tu – replicò gelida – ma dal
momento che non ci siamo mai incontrate fuori dalla scuola dubito fortemente
che potessi essere io. Non è che per caso mi hai scambiata
con qualche tua collega? -
Sandy strabuzzò ancora
di più gli occhi per l’affronto
- Sei una vera
strega, Selene – esclamò, sputando ogni parola come se fosse intrisa di veleno
– Ma direi che per una volta hai ragione. Questi sono
gli ambienti che frequento io – affermò con superiorità. Con aria noncurante srotolò la
rivista che teneva in mano mostrando il finalmente il motivo per
cui si era avvicinata. Ne guardò la copertina con attenzione come se la
stesse vedendo per la prima volta – Non credo proprio che tu possa vantarti di
partecipare a certe occasioni mondane. Mio padre lavora alla
BBC conosce un sacco di gente famosa. Proprio questa
sera danno un ricevimento al Four Season dove
saranno presenti parecchi divi di Hollywood e io andrò con lui. –
Guardò Ashton e Selene con aria di scherno e Selene aggrottò un
tantino la fronte non riuscendo a comprendere dove quella vipera volesse andare a parare
- Mah, se pensi che
mi tagli le vene dal desiderio di conoscere qualche belloccio
tutto muscoli e niente cervello… - prese a dire ma Sandy
la interruppe con aria di sufficienza
- Sei così rozza Selene che non puoi capire. -
Selene stava per
ribattere quando Tiffany Olsen
lanciò un gridolino entusiasta
- Sandy conoscerà lui! – disse indicando la rivista che
l’altra teneva fra le mani
- Oh si! – le fece eco Kristen – E’ così bello!
–
Sandy girò il settimanale
patinato che teneva fra le mani con aria di trionfo e provocando un ululato da
parte delle due ragazze sue amiche. Sorrise con aria di scherno
- Scommetto che per
conoscere Orlando Bloom metteresti da parte tutta la
tua altezzosa superiorità, Portrainy – disse
Selene fissò la
copertina della rivista GQ che raffigurava il famoso attore Orlando Bloom in uno dei tanti servizi che ultimamente gli venivano dedicati. Aveva visto il “Signore degli Anelli” al
cinema e, nonostante l’avesse trovato piuttosto bello nel suo complesso, il suo
personaggio preferito rimaneva il brutto e deforme Gollum.
Non riusciva proprio a condividere la passione improvvisa che gli attori della
trilogia avevano suscitato negli ormoni di orde di
ragazze sue coetanee.
- Ci sarà anche Dominic Monaghan alla festa! – aggiunse Tiffany rapita – E’
terribilmente carino con quell’aria da folletto malizioso. Cielo, Sandy come sei fortunata! Se mai lo dovessi incontrare
credo che sverrei! -
Ironicamente Selene
inarcò un sopracciglio di fronte alla smaccata manifestazione di quell’oca
giuliva ma la Happleby non
aveva ancora terminato di lanciare i suoi strali e con aria di sufficienza aprì
la rivista proprio alla pagina dell’articolo, dove un’altra foto di Orlando lo
ritraeva questa volta nei panni di Will Turner, il personaggio che aveva interpretato nel suo
ultimo film “The Pirates of Caribbean”.
- Oh si! E sono entrambi strepitosamente belli, famosi e single! –
affermò Sandy con l’aria di chi ha appena vinto alla
lotteria – Cenerò al loro tavolo questa sera e, naturalmente – disse calcando
un tantino la voce - chiederò loro degli autografi per
voi, ragazze. Ne vuoi uno anche tu, Winter? -
Ashton non rispose e
rimase a fissare imbambolata il volto sorridente dell’uomo che da poco più di
una settimana popolava i suoi incubi. Il sangue le defluì dal volto e divenne
mortalmente pallida.
Selene liquidò Sandy con una scrollatine di
spalle - Sai cosa gliene frega… - iniziò a dire, poi si interruppe accorgendosi
dell’espressione frastornata di Ashton
- Ashton, che hai? – chiese preoccupata, temendo che si
sentisse male
- E’ lui. -
Selene non capì e Ashton, continuando a fissare attonita la fotografia sul
giornale ripeté - E’ lui, Selene… -
Selene seguì lo
sguardo di Ashton e per un
attimo fissò il giornale interdetta, poi la comprensione si fece strada nella
sua mente con incredibile chiarezza
- Non può essere… -
mormorò. Si girò di scatto e strappò la rivista dalle mani di Sandy Happleby - Dai qua un
attimo, per favore -
- Ehi! – protestò
l’altra – Ridammela immediatamente! – esclamò,
cercando di riprendersela
Ma Selene aveva già
spinto la rivista tra le mani di Ashton,
leggendo rapidamente l’articolo: “L’attore
più sexy e famoso del momento è sicuramente l’inglese Orlando Bloom, nato a Canterbury, Kent,
il tredici gennaio millenovecentosettantasette…
- Sei sicura? –
chiese trattenendo il fiato. Il giornale dava solo poche sommarie informazioni
ma Ashton non parve farci
neppure caso, ipnotizzata dal primo piano sorridente dell’attore.
Le sue dita si contrassero leggermente – Si, sono sicura – mormorò in un
soffio, ancora incredula.
Selene si raddrizzò con un sospiro – E’ pazzesco. -
Ashton chiuse lentamente
la rivista e subito Sandy gliela strappò dalle mani,
incrociando le braccia sul petto – Cosa pensavi di
fare? – l’apostrofò sgarbatamente
Ashton non rispose e Sandy fu come colpita da un ‘intuizione
fissandone il volto stralunato – Ah, ho capito! – esclamò -
Vorresti forse farci credere di conoscerlo? – Sandy
diede un colpetto alla rivista con la punta del dito – Lui è
Orlando Bloom! Non si abbasserebbe neanche a
guardarla una stracciona come te! -
Kristen e Tiffany risero sprezzanti e Ashton
non rispose. Gli occhi di Sandy si strinsero maligni.
Non riusciva a sopportare che quella piccola bastarda frequentasse
quella scuola esclusiva e si mettesse al pari di loro che provenivano da
famiglie prestigiose ma, in realtà, la sua cattiveria era alimentata
soprattutto dalla consapevolezza che Ashton possedeva
un fascino e una grazia innegabili che lei non sarebbe mai riuscita ad
eguagliare, neppure con i migliori artifici del mondo.
La rabbia prese il
sopravvento – Sei solo un’imbrogliona che crede di
prenderci in giro! – esclamò – Orlando Bloom è uno degli attori più famosi di Hollywood e tu sei solo una
nullità! -
Selene aprì bocca
sdegnata da quell’attacco gratuito e dalle parole villane ma, prima che potesse
ribattere per le rime, Ashton si alzò in piedi di
scatto, come mossa da una furia incontrollabile, e i suoi occhi color zaffiro
percorsero alteri il viso di Sandy Happleby con una calma raggelante
- Stranamente per
la prima e unica volta nella tua vita hai perfettamente ragione, Sandy – le disse quasi con
gentilezza – Lui non mi conosce affatto. -
Poi senza dire
altro girò sui tacchi allontanandosi rapidamente dalla sua aguzzina e
costringendo Selene a correrle dietro per raggiungerla.
Sandy rimase di sale a
quella frase sibillina ma poi sorrise soddisfatta. Per una volta quella
pezzente con manie di grandezza era scesa dal suo piedistallo e aveva reagito
di fronte alle sue provocazioni e finalmente aveva visto Selene Portrainy abbandonare quella sua aria di sprezzante
superiorità.
*****
- Sei stato
rifiutato da una puttana! -
Parecchie teste di coloro che erano seduti ad un tavolo del Ivy Restaurant si
voltarono verso Dominic Monaghan
incuriosite e Orlando incenerì l’amico con uno sguardo
- Gradirei che tu
abbassassi un po’ la voce, Dom – replicò
asciutto, rigirando il vino nel bicchiere – Non amo fornire materiale per i
pettegolezzi. -
Dominic annuì
dispiaciuto – Scusa – mormorò con un tono di voce più basso. Il suo viso
solitamente allegro era attraversato da un’espressione di
completa incredulità – Solo non riesco a crederci. -
- A cosa? – il tono
di voce di Orlando era profondamente ironico – Al
fatto che quella sgualdrina abbia afferrato il mio anello e abbia esitato un
solo istante a colpirmi e fuggire via come se avesse i diavoli alle calcagna? -
Sul viso di Orlando un ematoma violaceo grosso come una moneta faceva
bella mostra di sé a distanza di una settimana dalla festa. La sera prima si
era dovuto sorbire una cena al Four Season in
compagnia di tutta una serie di esponenti della
televisione inglese e aveva dovuto rispondere pazientemente alle domande dei
giornalisti, mostrarsi disponibile e sorridente, e soprattutto inventare una
frottola plausibile per quel livido che da alcuni giorni gli segnava il volto.
Ma a sua sorella
Samantha la scusa che aveva propinato a tutti, e cioè
di avere sbattuto la faccia contro l’anta aperta di un pensile della cucina
mentre cercava di prendere un bicchiere, era apparsa a dir poco inverosimile
- Che fossi un
disastro d’uomo questo era assodato, così come pure la
tua innata tendenza all’autolesionismo, ma per la verità non ti facevo così
cretino. - aveva commentato asciutta, il lunedì mattina quando al termine delle
lezioni alla Guidhall era passata a trovarlo. Lui,
che aveva passato l’intero fine settimana sdraiato sul divano con la borsa del
ghiaccio sopra il naso, aveva borbottato qualcosa sulla sua cronica invadenza
ma Samantha non vi aveva fatto caso, troppo abituata alle loro schermaglie.
Aveva insistito per medicarlo, piazzandogli sul naso una quantità industriale
di pomata per attenuare il gonfiore e, non paga di averlo incremato
a dovere, si era messa a girellargli per casa con aria saccente, notando il
disordine che vi regnava sovrano e facendogli montare un nervoso da manuale.
- Non hai ancora
pensato a trovare qualcuno che si occupi di questo casino? – gli aveva chiesto
tirando su da terra un paio di orribili calzini verde
mela.
- Ho provato a dire
a Martin di fare un po’ d’ordine – aveva
risposto lui irritato, riferendosi al suo assistente personale – Ma come
colf lascia parecchio a desiderare. -
Sua sorella si era
guardata attorno con aria decisa – Non puoi andare avanti così, devi assumere
una governante, una cameriera… -
- Robin mi ha detto che mi manderà qualcuno, lascia perdere.
– aveva replicato Orlando con una noncurante scrollatina
di spalle sperando di finirla lì, ma Samantha non aveva desistito
- Ma dico: sei un
attore famoso, hai comprato una casa che è una meraviglia, guadagni tanti soldi
che potresti fartene un tappeto e non riesci a trovare
uno straccio di domestico che venga a pulire questo schifo? -
Orlando aveva
scalpitato per quella che sentiva come una critica non meritata – Robin ha detto che deve esaminare
un po’ di persone… sai, la privacy, tutti quei problemi sulla riservatezza…. -
- E intanto vivi nello sporco più assoluto – Samantha aveva
aperto la porta di un bagno con l’aria severa di un’ispettrice d’igiene,
chiudendola subito dopo con una smorfia disgustata – Possibile che ci voglia
così tanto a trovare una governante? Fai come Tom Cruise: una bella clausola sul contratto che le vieta di
spifferare a destra e a manca tutti i tuoi vizi
vergognosi ed è fatta. -
Orlando l’aveva guardata storto – Non ho vizi da nascondere, io. -
Senza degnarlo
neppure di un’occhiata Samantha era passata alla sua camera, enumerando sulle
dita con spietata puntigliosità
- Canti sotto la
doccia credendoti Frank Sinatra
con risultati del tutto discutibili, mangi la farinata d’avena la sera
stravaccato sul divano di fronte alla televisione sbriciolando dappertutto, sei
un disordinato cronico, pigro e sciatto, ci metti un secolo a prepararti,
allaghi il bagno tutte le volte che ci metti piede… -
Si era interrotta per un istante, soffermandosi ad ammirare il bellissimo letto
italiano in ferro battuto che il fratello aveva comperato un paio di mesi prima
e che le piaceva moltissimo. Di fronte letto sfatto, che sembrava la cuccia del
cane, si era sentita muovere a compassione, quasi più per l’indegno uso di quel
mobile meraviglioso che non per le condizioni in cui lui dormiva. Aveva
afferrato il lembo del lenzuolo bianco con l’intenzione di rifargli almeno il
letto, ma un paio di boxer scozzesi bianchi rossi e blu erano
sbucati dal candore delle lenzuola. Immaginando il motivo per
cui si trovassero in quel letto e soprattutto con quale compagnia lui
avesse potuto dormirci, aveva lasciato andare il lenzuolo con aria disgustata -
… e per finire… – disse raccogliendo da terra l’ennesimo paio di calzini,
questa volta di un brillante color geranio -
semini calzini e mutande ovunque. -
Lui aveva avuto la
decenza di arrossire leggermente e arrendendosi alle indiscutibili motivazioni
della sorella le aveva promesso che avrebbe rimediato
qualcuno al più presto, dando incarico al suo avvocato perché gli stilasse un
contratto di ferro che lo tutelasse completamente da qualsiasi rivelazione sua
vita privata.
La serata al Four Season poi, era stata
un disastro. A tavola gli era stata piazzata al fianco una certa Sandy Happleby, la figlia di Charles Happleby, un giornalista
della BBC, che lo aveva sfinito con le sue chiacchiere insulse e i suoi
tentativi di smaccata seduzione. Dal momento che Orlando era più che mai deciso
a non permettere alle mani dell’intraprendente fanciulla
di infilarsi nei suoi pantaloni sotto la tovaglia, tutta le cena era stata
un’estenuante rincorsa a salvaguardare la stabilità dei propri indumenti intimi,
impedendogli di godersi la cena e facendolo innervosire alquanto.
Dopo essersi alzato
da tavola pienamente convinto di aver subito gli
assalti più lascivi di tutta la sua vita, il suo umore già pessimo aveva subito
un netto peggioramento quando Sandy gli si era
appiccicata contro, implorandolo di ballare.
Il suo corpo
formoso strettamente allacciato al suo non gli aveva provocato alcuna
particolare emozione e il profumo pesante e generosamente sparso gli aveva
fatto ricordare contro la sua volontà un altro ballo e un’altra festa in cui un
lieve sentore di gelsomini che si era sprigionato dai capelli di Ashton quando l’aveva stretta a
sé.
Appena concluso quel pensiero si era dato del cretino da solo.
Ashton assomigliava in
maniera pazzesca a Galatea e forse era per quello che l’aveva colpito così
tanto, ma era solo un’accompagnatrice, per non dire di peggio, e lui non
riusciva a togliersela dalla testa! Gli sembrava di essere rimasto il ragazzino
sedicenne che era partito da Canterbury dieci anni prima per venire a studiare
a Londra: stregato dalla prima sottana che aveva visto passare!
Profondamente
irritato con se stesso, aveva addotto la scusa di una banale emicrania e aveva
lasciato la festa appena dopo mezzanotte, ben deciso a risolvere a modo suo
l’intera faccenda.
Aveva bisogno di
distrarsi. Aveva bisogno di una donna: chiamò Melissa Mallory.
La ragazza era
stata più che felice di sentirlo e dopo alcuni
convenevoli lo aveva invitato a bere qualcosa a casa sua. Non erano neppure
arrivati al letto.
Melissa era bella,
esperta, e decisamente aveva ben chiaro come
divertirsi e lui le aveva lasciato condurre il gioco, cercando di annebbiarsi
la mente in quel corpo morbido e accogliente. Fare sesso con lei era stato come
appagare un bisogno fisiologico, qualcosa di fisico e naturale come bere o
dormire, ma per qualche oscuro motivo era rimasto insoddisfatto. La smania che
aveva non era minimamente diminuita e se ne era andato
da casa di Melissa prima dell’alba.
Il giorno dopo
aveva invitato Dominic a pranzo all’Ivy.
Si riscosse dai
suoi pensieri e rigirò il cibo che aveva nel piatto con fare distratto. Dom scosse il capo e si passò una mano sul volto cercando
di concentrarsi
- Non ricordo molto
di quella sera, ero parecchio ubriaco ma mi sembra di
avere riaccompagnato Ashton con l’auto prima di
salire a casa mia con Sandra. – rifletté, cercando di ricordare
- Questo significa
solo che doveva correre a truffare qualche altro ingenuo. – ribatté Orlando
caustico.
Dom era visibilmente
costernato - Santo cielo, Orlando! Sei uno degli attori più famosi del mondo,
la maggior parte delle donne farebbe carte false per infilarsi nel tuo letto,
pagate o meno! -
- Evidentemente lei
non era una di queste. -
L’amico lo guardò dubbioso – Eppure quella sua amica, Sandra, non ha
fatto tante storie per seguirmi a casa. -
- Forse era solo
più onesta di quella piccola strega. -
Dominic bevve un sorso di
vino bianco dal bicchiere. Orlando era davvero nero e lui non ricordava di
averlo mai visto così incazzato per una donna. Si
vedeva lontano un miglio che dovevano girargli all’ennesima potenza.
- Sei sicuro di non
averla spaventata? – si azzardò a chiedere – Mi sembrava
molto giovane e un po’ imbarazzata a quanto ricordo. –
Orlando sbuffò
irritato – Mi ha seguito in camera, Dom. Qualunque
ragazza che non voglia tenerti compagnia si sarebbe rifiutata di allontanarsi
dalla festa. Non credo che volesse veramente ammirare
le stelle dal balcone. –
Dom ingoiò un boccone
di pietanza fissando uno sguardo eloquente sul piatto che Orlando aveva davanti
e che non aveva minimamente toccato. Improvvisamente si rese conto
dell’assurdità della situazione e, ignorando il cipiglio dell’amico, si lasciò
sfuggire una breve risatina
- Sembra quasi uno
scherzo di cattivo gusto: proprio tu che eri fermamente contrario a questa
storia delle accompagnatrici, hai scelto prima di tutti e sei stato preso in
giro da una di loro. Certo era incredibilmente bella, ma… Ehi! Un momento! – Il
volto di Dominic si fece improvvisamente serio e i
suoi occhi azzurri si spalancarono, mentre la comprensione si faceva strada
nella sua mente – Adesso capisco! Tu l’hai scelta!
L’hai scelta solo perché assomiglia in modo
stupefacente a quella statua che si trova a casa tua, quella che hai scolpito…
come si chiama? –
Orlando lo fissò
tetro – Galatea. –
- Quella. – Dom puntò la forchetta contro di lui – Ecco perché sei così furioso. Non riesci ad accettare che la versione in
carne ed ossa della tua donna ideale ti abbia
rifiutato. –
Compiaciuto della
sua analisi spicciola si infilò in bocca un’altra
forchettata. Orlando non rispose e si limitò a bere un altro sorso di vino dal
bicchiere.
L’espressione
del viso di Dom si fece sfrontatamente maliziosa -
Sei terribilmente perverso. – annunciò in modo teatrale di fronte
all’ostinato silenzio di Orlando – Ma devi credere al
vecchio Dom: il cuore di quelle donne là si scalda
solo con le sterline… e tante! -
- Questo lo so
anch’io – ribatté brusco – ma non ho intenzione di
farmi derubare da quella piccola sgualdrina. – Si appoggiò allo schienale della
sedia con noncuranza mentre i suoi occhi si accendevano di una luce cattiva – Rivoglio indietro il mio anello. -
Dominic smise di mangiare
e appoggiò la forchetta sul lato del piatto
- Oh, no – disse,
mentre lo fissava serio in volto – Conosco quell’espressione. Tu non lo fai per
l’anello. Vuoi vendicarti perché lei ti ha piantato in asso. -
Lui non rispose e Dominic si rabbuiò di colpo. Conosceva Orlando piuttosto
bene e sapeva che quando si metteva in testa una cosa non c’era verso di fargli
cambiare idea. Se l’amica di Sandra l’aveva in qualche
modo offeso, avrebbe pagato con gli interessi il suo comportamento.
Orlando era fatto
così, odiava perdere, e quella ragazza lo aveva umiliato e colpito. Era chiaro
che non l’avrebbe perdonata tanto facilmente.
Di fronte al suo
sguardo eloquente capitolò.
- E va bene. Non so dove abiti Ashton
ma ti darò il numero di telefono di Sandra se è questo che vuoi. – Gli scoccò
un’occhiata sarcastica, scribacchiando qualcosa su un foglietto che un cameriere
gli aveva prontamente portato ad un suo cenno - Dopotutto non siamo qui per quello? -
Orlando sorrise a
sua volta e si allungò oltre il tavolo a battergli un’affettuosa manata sulla spalla
- Non mi
deludi mai, Dom. -
Ringrazio tutti coloro che continuano a leggerete questo mio piccolo delirio e soprattutto la sora Moon che non deve fare la modesta!!! J
Auguro a tutti di cuore un anno nuovo pieno di gioia e di cose belle!!!!
Ad maiora!