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Autore: Yuki Delleran    27/12/2005    2 recensioni
Meiko, Satoshi, Kei, Suzu, Anju, Will, Yuko... storie d'amore dolci e amare... come la marmellata d'arance.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Kei Tsuchiya/Alessandro, Meiko Akizuki/Meri, Satoshi Miwa/Steve, Suzu Sakuma/Suzi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA:

NOTA:

Questa storia mi è stata ispirata dall’ultima messa in onda della serie e dalla voglia di fare giustizia per il povero Satoshi, l’autrice è stata molto ingiusta… In originale la trama doveva essere più fedele al manga che all’anime, ma la voglia di inserire altri elementi come i personaggi americani, l’ha resa un po’ un miscuglio, abbiate pazienza…

Un’altra cosa, la questione del nome: Will, Bill, Willy, non ho mai capito bene come si chiamasse in originale. Io l’ho chiamato William (da non confondere con il cugino William della Mediaset alias Tsutomu Rokutanda), spero che questo non crei confusione.

Ultima precisazione: so bene che non è possibile che un osservatorio si trovi nei pressi di una metropoli come Tokyo, ma fate finta che il telescopio sia puntato dalla parte opposta rispetto alla città. Non siate fiscali, è una fanfiction!

 

DISCLAIMER: Tutti i personaggi appartengono a © Wataru Yoshizumi tranne Yuko Matsudaira che è una mia invenzione quindi se vi risulta antipatica siete liberi di prendervela con me.

 

YUKI-CHAN

 

Personaggi principali:

AKIZUKI MEIKO: 24 ANNI, SCRITTRICE

MIWA SATOSHI: 25 ANNI, ARCHITETTO

TSUCHIYA KEI: 23 ANNI, UNIVERSITARIO, PIANISTA

SAKUMA SUZU: 22 ANNI, UNIVERSITARIA, ATTRICE

KITAHARA ANJU: 24 ANNI, VIOLINISTA

MATHESON WILLIAM: 24 ANNI, ASTRONOMO

MATSUDAIRA YUKO: 30 ANNI, INSEGNATE DI MUSICA

 

Comparse:

KOISHIKAWA MIKI: 24 ANNI, INSEGNATE TIROCINANTE DI LETTERE

MATSURA YU: 24 ANNI, ARCHITETTO

NAMURA SHIN’ICHI “NACCHAN”:  31 ANNI, IMPIEGATO

GRANT MICHAEL: 23 ANNI, STUDENTE UNIVERSITARIO

GRANT BRIAN: 24 ANNI, GIOCATORE DI BASKET

SUO GINTA: 24 ANNI, ALLENATORE DI TENNIS

SUZUKI ARIMI: 24 ANNI, AVVOCATO TIROCINANTE

KIJIMA TAKUJI: 31 ANNI, NEGOZIANTE

MIZUTANI AKIRA: 31 ANNI, NEGOZIANTE

MOU RYOKO: 31 ANNI, INSEGNANTE

GOLDING JINNY: 24 ANNI, MODELLA

O’CONNEL DORIS: 24 ANNI

 

Marmalade Love Stories

Storie d’amore alla marmellata d’arance

di Yuki Delleran

 

1

RITORNO A TOKYO

 

La giovane donna attraversò di corsa l’atrio della stazione e si fermò davanti ad un telefono pubblico per riprendere fiato, posando a terra il leggero bagaglio che potava con sé. Si stava comportando da sciocca, sembrava quasi che stesse scappando, ma lui non poteva certo averla seguita fin lì. Se l’avesse fatto, se almeno avesse tentato di farlo, ora lei non avrebbe sentito questo enorme peso. Invece quando l’aveva vista era rimasto immobile. Non aveva detto una parola mentre la guardava afferrare la borsa e uscire precipitosamente. Del resto non poteva aspettarsi niente di diverso, era sempre stata lei a inseguirlo, mai il contrario.

Con le dita ancora leggermente tremanti, sollevò il ricevitore e compose un numero che solo da poco aveva memorizzato. Rispose una voce nota e squillante che per un attimo le riscaldò il cuore.

«Pronto?... Pronto, chi parla?»

«Miki…»

«Meiko! Sei tu? Come stai

Come sempre la sua più cara amica era entusiasta di sentirla. Era forse l’unico contatto che non aveva perso da quando si era trasferita a Hiroshima.

«Ehm… abbastanza bene…» rispose Meiko esitante. Come poteva dirle quello che aveva appena fatto?

«Meno male! Non ci sono problemi, vero? Ci sarai stasera? Alla festa per l’inaugurazione della nuova casa, intendo. Ti aspettiamo tutti! Sai, Ginta e Arimi sono già arrivati. Dicevano di essere troppo curiosi. Anche Kei e Suzu. Però non hanno fatto attenzione e adesso la strada di fronte è zeppa di giornalisti, siamo assediati! Yu ha fatto fatica a uscire per andare all’aeroporto a prendere i suoi amici americani… Ehi, cos’è stato? Era il fischio di un treno? Meiko, sei alla stazione?»

La ragazza quasi non si era resa conto del rumore che aveva interrotto il fiume di parole dell’amica.

«Eh? Ecco… sì… però… ho avuto un contrattempo. Non so se riuscirò ad essere lì per questa sera.»

La voce di Miki suonò subito delusa.

«Cosa? Che peccato, ci tenevo tanto! Niente di grave spero

«No, no, non preoccuparti. Solo… un piccolo inconveniente.»

«Promettimi che la prossima volta che verrai a Tokyo ci vedremo.» disse Miki. «Sono mesi che ci sentiamo solo per telefono.»

«Ma certo. Ora ti saluto. Scusami ma ti devo proprio lasciare. A presto.»

Meiko riappese la cornetta pentendosi istantaneamente delle bugie raccontate all’amica. In realtà si trovava a poche fermate di metropolitana dalla nuova casa dove lei e Yu si erano stabiliti e quella da cui stava chiamando era la stazione di Tokyo. La stessa stazione dove, in quella che ormai le sembrava un’altra vita, aveva tentato di impedire all’uomo che amava di lasciarla e dalla quale era a sua volta partita per riconquistarlo. Frammenti di dolorosi ricordi passati si sovrapposero a quelli più recenti spingendola sull’orlo delle lacrime.

No, non avrebbe mai potuto andare da Miki. La casa sarebbe stata piena di risate e di allegria, gli amici si sarebbero riuniti e lei non solo non era dell’umore giusto per festeggiare, ma avrebbe rovinato l’atmosfera anche agli altri. Non poteva andare nemmeno dai suoi genitori, l’idea di sorbirsi una predica o un litigio la disgustava. Al momento e con i pochi soldi che aveva con sé, l’unica alternativa possibile era passare la notte all’hotel della stazione. L’indomani avrebbe deciso cosa fare del resto della sua vita.

 

La mezzanotte era passata da un pezzo ma Meiko non riusciva in nessun modo a prendere sonno. Il pensiero dell’espressione colpevole di Ryoko e di quella rassegnata di Shin’ichi la tormentavano. Possibile che fosse stata così cieca? Così concentrata sui suoi problemi da non vedere… Sì, era possibile, in fondo erano mesi che l’editore le stava col fiato sul collo pregandola di scrivere qualcosa di nuovo. La sua immaginazione sembrava svanita. Prosciugata da una vita che si faceva giorno dopo giorno più monotona e a cui aveva finito per diventare insofferente.

Quando riaccese la luce rinunciando definitivamente all’idea di dormire, la sveglia sul comodino segnava le cinque del mattino. Ad uno sguardo più attento di quello che aveva dato la sera prima, la stanza si rivelò fredda e spoglia. Completamente anonima. Era tornata a Tokyo dopo quattro anni di assenza per questo? Improvvisamente venne presa dalla necessità di vedere una faccia amica e senza fermarsi a riflettere si alzò, si vestì e lasciò la stanza. Fortunatamente la metropolitana era già in funzione e meravigliosamente deserta. Si vedevano solo sporadici operai dall’aria stanca che rientravano dal turno di notte e impiegati altrettanto sciupati che si recavano su un posto di lavoro troppo lontano. Quella vista trasmise alla giovane un senso di tristezza e squallore. Quelle persone erano davvero soddisfatte della vita che conducevano? E lei? Appariva squallida come loro? Scacciò quel pensiero poco costruttivo e tentò di godersi il tragitto in tutta tranquillità. Era raro riuscire a conquistarsi un posto a sedere su quella linea e Meiko si ripropose di prenderla di nuovo a quell’orario insolito.

Quando uscì di nuovo per strada la città si stava svegliano e le auto si erano fatte più numerose, anche se tutto sembrava ancora avvolto dalla nebbia rassicurante del sonno. Era piacevole crogiolarsi in quell’illusione, anche se sapeva che di lì a poco Tokyo sarebbe tornata ad essere la metropoli caotica e chiassosa che era sempre stata.

Il posto che stava cercando si trovava poco distante e lo rintracciò senza difficoltà. Svoltando un angolo le si aprì davanti agli occhi la vista del quartiere residenziale ancora silenzioso. Era una zona graziosa, con molto verde lungo le strade e vi si respirava un’atmosfera familiare. Si fermò davanti a una villetta con un piccolo giardino dall’aspetto molto curato. Sulla targhetta sopra la cassetta della posta si poteva leggere “KOISHIKAWA E MATSURA”. Era molto diversa dalla villa bifamigliare su cui Meiko aveva visto quella stessa targhetta anni addietro, ma decisamente più adatta ad una giovane coppia non ancora sposata. Allungò la mano verso il campanello e si bloccò a mezz’aria lanciando un’occhiata all’orologio. Non segnava ancora le sei. Presentarsi a casa di qualcuno a quell’ora era poco meno di un atto criminale.

Sospirando sulla propria impulsività, Meiko si voltò per andarsene quando la porta della villetta si spalancò per lasciar uscire tre figure dall’aria assonnata. Due erano indubbiamente Miki e Yu, la terza era un giovane uomo dai capelli neri. Portava una camicia spiegazzata e parzialmente infilata in un paio di jeans sbiaditi. Nel complesso aveva un aspetto piuttosto trasandato. Dopo una serie di saluti, lo sconosciuto si voltò per raggiungere il cancello e fu allora che Meiko si trovò a fissare due profondi occhi blu.

«A… Akizuki?» balbettò il ragazzo strofinandosi gli occhi per accertarsi che non si trattasse di un’allucinazione.

«Cosa? Miwa?» fece Meiko quasi più stupita di lui.

Non ebbe il tempo di dire altro che si trovò stretta nell’abbraccio di Miki, che aveva superato di slancio l’amico per saltarle al collo.

«Meiko! Allora sei venuta! Sono così felice di vederti!» esclamò la ragazza. «Hai l’aria stanca, hai viaggiato tutta la notte? Non era necessario che te la prendessi tanto, i guasti non sono colpa di nessuno.»

«Guasti?» fece Meiko confusa.

«Ai treni. E’ per questo che ieri hai detto di non poter venire, vero? L’inconveniente di cui mi parlavi.»

La ragazza capì l’equivoco in cui era caduta l’amica ma annuì ugualmente poiché le consentiva di non dare le spiegazioni necessarie sulla sua presenza lì in quel momento.

«Vorrei tanto farti entrare a riposare,» continuò Miki. «ma purtroppo non abbiamo più un posto libero. La stanza degli ospiti è occupata da Anju e Suzu, Michael e Brian si sono addormentati sul divano, e Willy e Kei hanno occupato entrambe le poltrone. Nel mio letto sta dormendo Arimi…»

«… e nel mio quel matto di Gintadisse Yu sopraggiungendo. «Se non si sveglierà tra poco farà tardi al lavoro.»

«Non c’è pericolo.» disse Miki facendogli l’occhiolino. «Sia io che Ginta abbiamo preso un giorno di ferie. Comunque il problema resta. Non se ne parla di lasciar andare via Meiko dopo che è venuta fin qui.»

«Bhè, la casa di Satoshi è grande…» suggerì Yu.

«Cosa?! No, no, non preoccupatevi! Ho preso una stanza all’hotel della stazione.»

Meiko si era sentita arrossire senza una ragione a quell’eventualità. Quando spostò lo sguardo sul giovane rivide il sorriso affascinate del rappresentante degli studenti dei tempi delle scuole superiori. Non si era mai resa conto che le fosse mancato.

«Non esiste che tu vada in uno squallido albergo quando casa mia è a due passi. Forza, seguimi.» disse Satoshi passandole un braccio attorno alle spalle e trascinandosela dietro verso un’auto parcheggiata all’angolo.

A metà strada si voltò di nuovo.

«A proposito, buon riposo, Miki. Quanto a te, Yu, ci vediamo allo studio tra due ore. Ti voglio impeccabile come al solito!» esclamò.

Yu rispose con una smorfia reprimendo uno sbadiglio.

«Che seccatura quando il tuo migliore amico è anche il tuo socio…»

Quando salirono in macchina, un’elegante decappottabile argentata, Meiko si rivolse di nuovo a Satoshi.

«Ora puoi pure portarmi alla stazione. So che hai accettato di ospitarmi solo per non far sentire in colpa Miki, ma non devi darti pensiero. Ho davvero preso una stanza in albergo.»

Il ragazzo la fissò stupito.

«E casa mia è davvero qui vicino. Dopo quattro anni che non ti vedo, cosa ti fa pensare che ti lascerò scappare così?»

All’espressione scandalizzata di Meiko, si affrettò ad aggiungere: «Oh, lo so che sei una donna sposata. Ti assicuro che non ho nessun fine diverso dall’ospitalità amichevole. Ho solo una gran voglia di ricordare i bei tempi andati in tua compagnia, Akizuki… anzi, scusami, dovrei dire Namura.»

La ragazza abbassò gli occhi e si limitò a rispondere: «Va bene Akizuki.»

 

Quando l’auto si fermò di fronte a una villetta dalla forma insolita, Meiko spalancò gli occhi. Era grande quasi il doppio di quella di Miki e Yu e dipinta di un pallido colore celeste. Davanti all’ingresso si stendeva un piccolo giardino con cespugli di rose ai lati e un giovane ciliegio in un angolo.

«Che bella casa!» esclamò Meiko. «Complimenti!»

«Davvero ti piace? Mi fa molto piacere.» rispose Satoshi orgoglioso. «E’ una mia creatura. L’ho progettata insieme a mio padre durante l’ultimo anno di liceo e una volta costruita è diventata un po’ il simbolo dello studio Miwa & Matsura’.»

«Uno studio tutto vostro? Ricordo che Miki mi aveva accennato qualcosa. E’ fantastico!»

«Già. Inizialmente lavoravamo entrambi con mio padre, poi abbiamo deciso di staccarci e aprire uno studio indipendente. E’ stato un colpo di testa e per il momento siamo ancora agli inizi, ma l’attività è abbastanza avviata da permettere a me di mantenete questo gioiellino e a Yu di iniziare la convivenza.»
Satoshi guidò l’ospite all’interno e le mostrò le stanze fino all’accogliente camera degli ospiti. La carta da parati celeste e i mobili di legno chiaro la davano un aspetto quasi infantile e Meiko si trovò a sorridere. Satoshi aprì le imposte e la luce filtrò attraverso le tende candide rendendola ancora più graziosa.

«Accomodati e fai come se fossi a casa tua. Ti assicuro che non è una frase fatta quindi mettiti pure comoda.» disse.

«Ma non sarà un disturbo per…» Meiko esitò. «… la tua fidanzata?»

«Questa casa è mia e solo mia. L’unica donna che ha il permesso di entrarci è mia madre e anche lei viene molto di rado, quindi basta scrupoli, ok

Davanti al suo sorriso accattivante Meiko si sentì quasi in colpa.

«Cosa sto facendo? Se continuo così non sarò migliore di lui…»

«Purtroppo tra poco devo andare in ufficio, quindi vado a farmi un doccia. Mi dispiace di lasciarti sola ma non posso farne a meno.» continuò. «Se vuoi preparati un tè o qualcosa da mangiare trovi tutto in cucina, nella credenza di fronte ai fornelli.»

Detto questo si allontanò nel corridoio sotto lo sguardo di Meiko brontolando: «Se Miki e Yu si azzardano ad organizzare di nuovo una festa in un giorno lavorativo, è la volta buona che li pianto in asso…»

Quando Satoshi uscì dal bagno, la casa era silenziosa. Troppo silenziosa, si disse colpito da un’idea improvvisa.

«Non se ne sarà andata?»

Armeggiando con la cravatta nel tentativo di fare un nodo decente, prese a girare tutte le stanze e infine scoprì che Meiko si era addormentata sul letto della camera degli ospiti. I lunghi capelli ramati si erano sparsi sul cuscino finendole anche sul viso e quando Satoshi le si accostò per allontanarli notò che aveva le guance bagnate di lacrime. Mentre indugiava con le dita sulla pelle umida, Meiko afferrò la sua mano nel sonno.

«Shin-chan… perché…» mormorò.

A quelle parole l’espressione del ragazzo si oscurò. Si liberò delicatamente dalla stretta e uscì.

 

CONTINUA…

 

 

   
 
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