Marmalade Love Stories
Storie d’amore alla marmellata d’arance
di Yuki Delleran
2
UNA PERSONA
DECISAMENTE STRANA
Il tavolo della colazione quella mattina era piuttosto
affollato. Miki si era data da fare per preparare
qualcosa il più commestibile possibile, ma nessuno sembrava farci caso. Michael e Brian stavano
bisticciando su quale volo prendere per rientrare, Kei,
seduto di fronte a loro, mescolava con aria assonnata il suo caffè, mentre
William sembrava più interessato ad una rivista di astronomia che stava
sfogliando. Quanto a Yu, correva avanti e indietro da
almeno dieci minuti nel tentativo di uscire in orario e con tutti i capi di
vestiario al posto giusto, maledicendo sé stesso, Satoshi
e la sveglia che non aveva suonato. Gli altri amici dormivano ancora beatamente
nelle stanze.
«… E accidenti anche a Ginta!» esclamò ad un tratto Yu.
«Se non fosse che disturberei Arimi,
andrei di là e lo sveglierei con un calcio!»
Tutti si voltarono verso di lui e vedendo la sua espressione
scocciata scoppiarono a ridere.
«Non essere cattivo, Yu.» lo sgridò Miki. «Avresti potuto
chiedere a Satoshi di chiudere lo studio per oggi.»
«Fatica sprecata. Se dopo la
predica che mi ha fatto osa arrivare in ritardo, se la vedrà con me!»
Il discorso venne interrotto da una
musichetta tintinnante che ricordava il tema di Star Wars
e William si alzò afferrando il cellulare dimenticato sul tavolo del salotto.
«Pronto?... Certo che mi ricordo di
lei e della sua proposta… Come? Ehm… Sì…»
Continuando a parlare si diresse verso la veranda per non
disturbare la colazione, ma la sua voce giungeva comunque
in cucina. Tutti si zittirono di colpo allungando le orecchie il più possibile,
tranne Kei che continuava imperterrito a mescolare il
proprio caffè.
«Si tratterebbe solo di un paio di mesi?...
No, dovrei solo avvertire il mio capo e organizzarmi… Già, problemi di
alloggio…»
L’espressione di Yu passò dallo
stupito al rassegnato mentre Michael ammiccava
commentando sottovoce: «Qualcosa mi dice che torneremo da soli.»
Quando William tornò in cucina si
rivolse a Yu con aria di scusa.
«Ho un favore da chiederti…»
Il ragazzo non attese la domanda e indicò una porta chiusa.
«La camera degli ospiti è tutta tua, però dovrai contribuire
al bilancio.»
Quando Yu
fu uscito, il giovane astronomo si affrettò a spiegare tutto alla padrona di
casa che lo fissava confusa.
«Ricordi? Ieri, dopo essere arrivati, Yu
ha portato Michael e Brian a fare un giro in città,
io invece mi sono recato in un osservatorio appena fuori Tokyo. Lì ho
conosciuto il direttore che in passato ha lavorato con il mio capo a New York,
e mi ha proposto una sorta di scambio culturale. Io mi fermerò qui un paio di
mesi e lui manderà in America alcuni tirocinanti giapponesi. Spero
che questo non ti crei problemi. In questo caso potrei stare in
albergo…»
«Tutt’altro!» esclamò Miki sorridendo. «Sei un amico di Yu,
ti ospiteremo volentieri.»
Michael e Brian si scambiarono un’occhiata.
«Jinny non sarà affatto contenta.»
commentò il fratello maggiore.
«Invece di preoccuparti di loro faresti meglio a pensare
alla povera Doris, te ne sei andato di nuovo senza avvisarla. Sono sicuro che
al nostro ritorno ti aspetta una bella ramanzina.» rispose il più giovane. «Comunque
hai ragione, mi chiedo cosa stia succedendo tra quei due.»
Kei finalmente alzò gli occhi
dalla tazza e si rivolse a Miki.
«Ti ringrazio per l’ospitalità e la bella festa. Purtroppo
ora devo andare, mi aspetta il direttore del teatro
per il prossimo concerto. Quando Suzu
si sveglia puoi dirle che la chiamerò nel pomeriggio?»
Detto questo si congedò gentilmente e uscì.
Uno dopo l’altro tutti gli amici si svegliarono e si
diressero chi a casa, chi al lavoro verso una nuova giornata fitta di impegni.
Kei Tsuchiya
uscì dal teatro sospirando e slacciandosi il primo bottone della camicia. Il
caldo era soffocante in quell’inizio di estate e all’interno era ancora peggio. C’erano volute
ore permettersi d’accordo con il direttore sul suo prossimo concerto. Le luci,
i fondali, le atmosfere… A Kei non importava
niente di tutto questo. Lui l’atmosfera la creava solo con la
sua musica, non aveva bisogno di nient’altro e nemmeno gli spettatori.
Che fosse il suo manager a occuparsi di quei dettagli
tecnici. Peccato che questa volta avesse avuto un impegno
urgente e per non perdere l’appuntamento Kei fosse
stato costretto a presentarsi di persona, nonostante la notte in bianco appena
trascorsa. Seccante. A rendere tutto ancora più lungo e noioso ci si era
messa una strana tipa che aveva interrotto più volte il suo colloquio
sostenendo per chissà quale motivo di avere diritto a
un carnet di biglietti scontati. Il direttore l’aveva tenuta a bada a stento e
terminato di chiarire i dettagli con Kei l’aveva
trascinata nel suo ufficio. Quando il ragazzo se ne era
andato era ancora lì.
Stava ancora rimuginando tra sé quando una voce sconosciuta
chiamò il suo nome.
«Signor Tsuchiya! Aspetti per
favore!»
Kei si voltò aspettandosi la
solita fan a caccia del solito autografo, ma si trovò di fronte la donna del
teatro. Era davvero bizzarra. Aveva lunghi capelli scuri raccolti alla bell’e meglio con una molletta di
legno colorato da cui sfuggivano diversi ciuffi. Anche
i suoi vestiti erano strani, sembravano di cotone grezzo tinto a mano. Su una
spalla portava una borsa ricamata con motivi floreali in oro e diversi colori. Quando alzò la testa dopo averlo raggiunto, Kei si trovò a fissare due occhi azzurrissimi. Nel
complesso non si poteva dire che passasse inosservata.
«Per fortuna sono riuscita a raggiungerla!» esclamò. «Volevo
scusarmi con lei per aver disturbato il suo colloquio.»
«Nessun problema.» rispose Kei freddamente.
«Mi permetta di offrile un caffè per farmi perdonare.»
«Non è necessario.»
Kei si chiedeva cosa volesse
quella donna. Visto l’orario e la noia che gli aveva dato avrebbe dovuto come
minimo offrirgli il pranzo.
«Insisto.»
Così, senza neanche saperne il motivo, Kei
si trovò seduto in un caffè insieme a lei, davanti a
due tazze fumenti e a un panino che aveva ordinato per placare la fame che
iniziava a farsi sentire.
«Mi chiamo Matsudaira Yuko e faccio l’insegnate di musica.»
si presentò la donna con un sorriso dolce. «La
prossima settimana accompagnerò i miei studenti ad una rappresentazione ma i
biglietti fornitici dal teatro non erano scontati. Siccome si tratta di una materia secondaria, i genitori dei
ragazzi non sono disposti a sborsare tutti quei soldi, così sono stata
costretta a venire a chiarire il disguido. Mi scuso ancora per il disagio che
le ho causato.»
«Non si deve preoccupare.» disse Kei. «Trovo piuttosto ingiusta la reazione dei genitori dei
suoi studenti. Io ritengo che la musica sia un grande arricchimento per lo
spirito e che quindi non abbia prezzo.»
«Detta da una persona che può permettersi di affittare un
teatro, questa affermazione perde di valore.»
Spiazzato da quelle parole, Kei si
rese conto di aver fatto una gaffe e arrossì.
«Le chiedo scusa, non era mia intenzione essere presuntuoso.»
«Si figuri.»
Rimasero in silenzio per diversi minuti sorseggiando i loro
caffè, durante i quali Kei sentì
accrescere il proprio disagio, poi Yuko parlò di
nuovo.
«Sa, ero davvero curiosa di
conoscerla. Una mia collega, una tirocinante che ha da poco iniziato a lavorare
nel nostro istituto, mi ha parlato spesso di lei. Dice di conoscerla bene e che
è una persona squisita.» disse. «Così mi sono incuriosita
e sono venuta a un paio di suoi concerti. Se devo essere sincera non mi aspettavo molto, ma ho dovuto
ricredermi. Lei ha un talento davvero straordinario.»
Kei non sapeva più come
comportarsi. Certo, era abituato a sentirsi lodare, adulare addirittura, ma la
schietta sincerità con cui Yuko l’aveva criticato e
poi apprezzato era una novità.
«La ringrazio.» si
limitò a rispondere. «Posso sapere in quale istituto insegna?»
«Alla scuola elementare Haruno. La
collega che mi ha parlato di lei si chiama Koishikawa, davvero la conosce?»
Per poco Kei non scoppiò a ridere.
«Miki, c’era da aspettarselo!»
esclamò. «Credo che sia l’unica che possa definirmi una persona squisita. Certo
che la conosco, attualmente è una delle mie più care
amiche, ci conosciamo dai tempi del liceo.»
Yuko guardò l’orologio e si alzò
interrompendo la conversazione.
«Mi piacerebbe molto rimanere a parlare con lei, ma
purtroppo si è fatto tardi.» disse
appoggiando sul tavolo i soldi del conto. «Mi ha fatto davvero piacere
conoscerla e spero di vederla ancora, magari al suo prossimo concerto.»
Detto questo uscì di corsa dal bar prima che Kei potesse offrirsi a sua volta
di pagare.
Yuko Matsudaira.
Una persona decisamente strana, ma che in un certo
senso lo incuriosiva. Anche a lui sarebbe piaciuto
rivederla.
Era sera quando Satoshi rientrò
esausto dall’ufficio. Mai come in quella giornata erano
capitati allo studio clienti insoddisfatti di questo o di quel progetto.
Yu aveva tentato di tenerli a bada il più possibile e
si era anche offerto pazientemente di ridisegnare alcune parti difettose, ma
questo non aveva impedito al ragazzo di sentirsi frustrato. Forse era vero che
capitavano giornate in cui tutto andava male. Rientrando sperava di poter fare
una certa chiacchierata con Meiko che progettava da
tutto il giorno, ma quando vide nell’ingresso un noto paio di scarpe di vernice
rosse, dovette ricredersi. I guai non erano ancora finiti.
«Suzu!» esclamò entrando in
soggiorno dove le due ragazze sedevano al tavolo. «Quante volte devo ripeterti
di avvertire prima di venire a casa mia?»
«Bentornato, cugino!» rispose la ragazza bionda con un
sorriso solare. «Quando Miki
mi ha detto che Meiko era in città e si trovava a
casa tua, non ho potuto fare a meno di precipitarmi qui!»
«Non sgridarla, Miwa.» intervenne Meiko all’altro capo
del tavolo. «Mi ha fatto piacere avere compagnia e poi è stata tanto gentile da
accompagnarmi a prendere le mie cose in albergo. Abbiamo fatto la spesa e preparato
la cena. Spero ti piaccia.»
«Non dovevi disturbarti.» rispose Satoshi, ma i suoi occhi dicevano chiaramente che gli
faceva molto piacere. «A proposito, Suzu, chiama Tsuchiya. Era preoccupato perché avevi il cellulare spento
e ha telefonato a me in studio. Temeva che fossi caduta
preda di qualche paparazzo.»
Suzu assunse un’espressione
seccata.
«Allora ogni tanto si ricorda che esisto! Naturalmente vengo
sempre dopo il suo pianoforte e Kitahara Anju. Dubito che lo chiamerò, che soffra un po’ anche lui!»
«Smettila con questa storia e non fare la bambina!» la rimproverò
Satoshi. «Anzi, per favore, vai a
casa. Sono stanco e non ho voglia di ascoltare le tue beghe amorose con
il novello Beethoven.»
La ragazza si alzò con aria irritata e si diresse verso
l’ingresso.
«Ospitale come sempre, cugino.» disse. «Meiko,
sono stata molto felice di vederti. Ti fermerai qualche giorno, vero? Allora ci
vedremo ancora.»
Detto questo uscì e si chiuse la porta d’ingresso alle
spalle.
Satoshi sospirò.
«Il ciclone è passato.»
Quando si accorse del silenzio prolungato che regnava dall’altro
capo del tavolo, alzò la testa perplesso. Meiko era rimasta immobile al suo posto, con la testa
china.
«Mi dispiace.» mormorò. «Sono stata troppo
invadente, non volevo darti fastidio. Ho addirittura preparato la cena
senza chiederti il permesso…»
Satoshi si alzò, fece il giro del
tavolo e si fermò davanti a lei appoggiandole le mani sulle spalle.
«Ascoltami bene. Non c’è niente che tu possa fare che possa
darmi fastidio, chiaro?» Sorrise. «Rientrare dall’ufficio e trovare una
splendida ragazza che ha preparato la cena per me è il
massimo!»
Ritrovato il sorriso, Meiko si
apprestò a portare in tavola i piatti che aveva cucinato mentre Satoshi chiacchierava degli avvenimenti della giornata.
Forse era troppo presto per il discorso che si era prefissato. Meglio aspettare
un altro po’.
«A proposito, c’è una novità.» disse ad un certo punto. «Ti ricordi William Matheson, l’amico astronomo di Yu?
Ha trovato un ingaggio all’osservatorio appena fuori Tokyo e si fermerà in
Giappone per un paio di mesi.»
«Oh, bene! E’una bella notizia. Mi
sembra andasse molto d’accordo con Matsura.»
«Già, avresti dovuto vedere la sua faccia mentre me lo
raccontava. Yu è entusiasta di averlo per casa
proprio adesso che hanno iniziato la convivenza. Miki
invece sembra davvero felice di ospitarlo, non è il tipo da farsi di questi
problemi.»
Meiko sorrise.
«Hai ragione. Spesso è capitato che mi chiedesse di fermarmi
a dormire senza preavviso. Lei è fatta così, è sempre
disponibile con tutti. A proposito di questo, dovrei chiederti un grosso
favore, Miwa.»
Satoshi alzò gli occhi dal piatto
e nonostante l’espressione leggera, il suo sguardo si fece serio.
«Se per te non è un problema vorrei potermi fermare qui per
qualche tempo.»
Il ragazzo la fissò dritto negli occhi, leggendovi una muta
preghiera.
«Nessun problema.» rispose. «Questo pollo al curry è
delizioso.»
CONTINUA…