Eccovi il primo capitolo.
Una domanda: avrei deciso di scrivere capitoli più corti,
per postare
più spesso. Che cosa ne pensate?
Un chiarimento: all’inizio del capitolo, cioè
tutta la parte in
corsivo, il punto di vista di chi narra è quello di Edward.
Ho pensato che
potesse essere un buon modo per introdurre a grandi linee
(perché poi ci sarà
modo di approfondire meglio il passato di entrambi) come è
accaduto che lui sia
diventato il tutore di Bella e perché il suo rapporto con
lei sia sempre stato
così difficile.
Una precisazione: dopo aver letto del passato di Edward,
potrà sembrarvi un pò inverosimile la sua figura
"manageriale" rispetto alla sua età. Tenete però
presente che ho forzato un pò la cosa, perchè non
volevo che la sua età si discostasse troppo da quella di
Bella. Già ritengo che dodici anni di differenza non siano
pochi, oltre non volevo decisamente andare. Quindi prendete il tutto
per quello che è: una storia romantica di pura fantasia.
XD
Concludo dicendo che mi piacerebbe davvero trovare, anche breve, una
vostra recensione.
A presto.
R.
All'età
di sedici
anni avevo perso mia madre. Il vuoto che aveva lasciato nella mia vita
e in
quella di mio padre, ci aveva allontanato ancora di più.
Senza di lei, le
nostre incomprensioni si erano fatte sempre più aspre ed
insanabili.
I nostri rapporti,
da quel momento, erano stati un crescendo di silenzi sempre
più lunghi, sguardi
sempre più schivi, gesti sempre più distaccati.
Ogni giorno
sentivo qualcosa dentro di me spegnersi, come un fuoco caldo e vivo,
che in
mancanza di qualcuno capace di alimentarlo, non potesse fare altro che
lasciarsi morire.
Avevo appena
compiuto vent'anni, quando avevo trovato mio padre, privo di vita, nel
suo
ufficio. Un infarto lo aveva stroncato dopo solo quattro anni dalla
morte di
mia madre.
Tutti, dai veri ai
falsi amici "di famiglia", si erano stretti intorno a me, immaginando
che dietro la mia apparente forza d'animo, si celasse un grande dolore
per
essere rimasto orfano di entrambi i genitori a così breve
distanza.
Nessuno poteva
immaginare, ovviamente, quanto la morte di mio padre mi avesse fatto
capire,
invece, che il vuoto dentro di me era diventato totale.
Non avevo provato
la stessa disperazione che mi aveva indotto a passare giornate intere
seduto
accanto alla tomba di mia madre, piangendo la sua assenza.
Davanti alla tomba
di mio padre, il giorno del suo funerale, avevo solo pensato che
l'indomani,
l'unica differenza, sarebbe stata che la responsabilità di
mandare avanti gli
affari di famiglia sarebbe stato un compito solo mio.
Alla fine, il
vecchio, era riuscito laddove aveva voluto: rendermi altrettanto duro
ed
insensibile come lui, ma in grado di sopportare il peso del cognome che
portavo.
Le imprese dei
Cullen erano colonne portanti dell'economia nazionale, e come unico
erede,
tutti si auguravano che io ne diventassi un altrettanto capace
amministratore.
Non avevo deluso
nessuno, dall'ultimo dei dipendenti al più importante dei
nostri soci, tutti
avevano avuto parole di apprezzamento per come il giovane Edward, nel
giro di
qualche anno, fosse diventato il degno, ed altrettanto infaticabile,
successore
del padre.
Avevo smesso del
tutto di avere una vita mia, se mai ne avessi potuta avere una, e mi
ero
dedicato solo al lavoro.
Questo si
aspettavano da me, questo era quello che avevo fatto da quel momento in
poi.
C'era stata
un'unica eccezione, una sola piccola, inconsapevole, fiammella che non
aveva
mai permesso che quel fuoco dentro di me si spegnesse del tutto:
Isabella Swan.
Era stato l'anno
prima che morisse mia madre, in un pomeriggio estivo, che una bambina
paffutella e sorridente si era affacciata nella mia vita.
In compagnia dei
suoi genitori, Reneè e Charlie Swan, era stata ospite per
qualche giorno a casa
nostra. Il tempo necessario perchè suo padre decidesse di
entrare in affari con
il mio.
Mentre loro due
passavano il tempo rinchiusi nello studio a parlare di clausole
contrattuali e
dividendi, in giardino le loro mogli erano già intente a
gettare le basi di
quella che sarebbe diventata una sincera, solida, seppur breve,
amicizia tra
loro.
Si erano ritrovate
a ridere divertite davanti ai loro figli che cercavano di fare
esattamente l'opposto:
Isabella insisteva perchè giocassi con lei e la sua bambola,
tanto quanto io
cercavo di svignarmela.
Quella bambina,
con quegli occhi nocciola già così espressivi,
aveva trascorso tutto il tempo
cercando di diventare la mia ombra.
Poi erano
ripartiti: gli uomini con la certezza che affari solidi li avrebbero
legati da
quel momento in poi; le donne con la certezza di aver trovato un'amica
su cui
poter contare in ogni frangente; io con l'idea che finalmente non avrei
avuto
più quella bambina tra i piedi; Isabella probabilmente
delusa perchè alla fine
non aveva giocato con lei nemmeno per un minuto.
Dopo
quell’occasione, avevo rivisto Reneè e Charlie
solo il giorno del funerale di
mia madre. Isabella, che aveva solo quattro anni, ovviamente non era
stata
presente.
In seguito avevo
rivisto qualche volta solo Charlie, e ne avevo sempre ammirato i modi
pacati e
cordiali, oltre che la grande capacità di saper sempre
sorridere.
Reneè, forse
tenendo fede a qualche promessa fatta a mia madre, mi era sempre stata
vicina
per quanto gliel'avevo permesso.
Spesso mi aveva
telefonato, o scritto, cercando di farmi sentire quell'affetto materno
che
avevo perso. Ma io ero ormai lanciato verso quel percorso distruttivo
che era
culminato con la morte di mio padre.
Anche in
quell'occasione gli Swan mi avevano fatto sentire la loro presenza
affettuosa.
Isabella l'avevo vista attraverso le foto che mi avevano mostrato, e
nel suo
viso già più di bambina, avevo ritrovato quegli
occhi così caldi, sereni,
sorridenti. Con i suoi otto anni, esprimeva tutta la sua gioia di
vivere e l'innocenza
con cui ancora vedeva il mondo.
Davanti a quella
foto, avevo pensato che se mai avessi potuto, avrei fatto di tutto
perchè
quello sguardo non dovesse mai cambiare. Perchè non dovesse
mai diventare come
il mio, già così disilluso ed amaro, nonostante i
miei vent’anni.
Ma allora non
potevo immaginare che di lì a due anni, il destino mi
avrebbe messo alla prova.
Mio padre era
morto da quasi un anno, quando Charlie e Reneè Swan avevano
ricevuto le prime
minacce di morte. Se all'inizio non gli avevano dato peso, con il
passare dei
mesi, e dell'aggravarsi delle minacce stesse, il loro primo pensiero
era stato
per Isabella.
Se fosse capitato
loro qualcosa, lei sarebbe rimasta completamente sola.
Era stata Reneè a
convincere il marito che io sarei potuto essere quel fratello maggiore
di cui
Isabella avrebbe avuto bisogno se loro fossero improvvisamente mancati..
Mi aveva visto
crescere, mi aveva visto diventare una persona affidabile, matura,
responsabile. Una persona che sicuramente avrebbe saputo garantire alla
sua
bambina un futuro altrettanto solido e sereno.
Alla fine, mi
avevano strappato la promessa che mi sarei occupato di Isabella se
quelle
minacce fossero diventate una realtà.
Non avevo creduto
che sarebbe mai accaduto, così avevo acconsentito solo per
tranquillizzarli in
un momento dove erano già fortemente sotto pressione.
Ma il destino, a
quanto pare, continuava a volermi mettere alla prova: i genitori di
Isabella
erano morti in quella che si era rivelata a tutti gli effetti una
disgrazia.
Erano usciti una
sera per recarsi ad un'asta di beneficenza e Charlie aveva perso il
controllo
della macchina a causa della strada resa scivolosa dalla neve che aveva
iniziato
a cadere, precipitando in una scarpata. C'erano stati dei testimoni a
smentire
qualsiasi ipotesi che quelle minacce ricevute fossero state messe in
atto,
oltre che ai controlli della polizia sul buon funzionamento
dell’auto.
Quando ne ero
stato informato, solo due giorni dopo, mi ero immediatamente recato a
casa
loro. Avevo trovato Isabella ancora incapace di credere che i suoi
genitori
fossero davvero morti, lasciandola di fatto sola al mondo..
In quei due
giorni, era rimasta in compagnia della tata che si occupava di lei
quando i
suoi genitori si dovevano assentare. Una donna dall'espressione dolce,
che
l'aveva tenuta stretta a sè per tutto il tempo.
Mi ero ritrovato
totalmente impreparato davanti a quegli occhi pieni di un dolore che io
avevo
conosciuto così bene quando mia madre era morta.
Il pensiero subito
successivo era stato che non sarei mai stato in grado di mantenere
quella
promessa fatta a me stesso: non avrei mai saputo riportare gioia e
serenità in
quello sguardo, non io, non l’Edward che
ero diventato.
Avevo
immediatamente avvertito l'esigenza di allontanarla da me, di non
affrontare
quei fantasmi che mi avrebbero probabilmente trascinato ancora
più a fondo.
Le avevo rivolto
la parola lo stretto indispensabile, lasciando che fosse la sua tata ad
occuparsi di lei per tutto il tempo che mi era occorso a decidere come
garantirle quel futuro solido che avevo promesso ai suoi genitori.
Quando, alla fine,
avevo trovato nel St. Marie la soluzione migliore, ero stato io stesso
a
comunicarglielo.
Per la prima volta
soli, nello studio di suo padre, mi ero ritrovato faccia a faccia con
quella
bambina che da quel momento avrebbe avuto solo me come unico
riferimento
familiare.
Avevo provato un grande
senso di inadeguatezza, di incapacità a rapportarmi con il
suo bisogno di
ricevere conforto.
Ero stato il più
possibile chiaro e rapido nell'esporle quanto avevo deciso per lei.
Avevo
cercato di farle capire che sarebbe stata la soluzione migliore per
lei, perchè
potesse continuare ad avere una vita normale, e non gravata dai miei
continui
viaggi di lavoro. Avrebbe ricevuto un'istruzione più che
adeguata, così,
insieme alla possibilità di vivere con ragazze della sua
stessa età e con cui
stringere amicizia. Avevo cercato, insomma, di farle credere che
sarebbe stata
molto più felice che non se fosse rimasta accanto a me.
Ne ero convinto,
di agire per il meglio, e per il meglio di entrambi.
Ma ancora una
volta, non avevo fatto i conti con la vita stessa.
Tanto più avevo
cercato di allontanarla, tanto più lei era stata capace di
rimanermi dentro.
La bambina paffuta
che mi inseguiva con la sua bambola, la bambina che mi fissava
sorridente da
una foto, la ragazzina che mi accoglieva quando andavo a trovarla
speranzosa
che fosse la volta in cui mi sarei dimostrato più affettuoso
con lei, e poi
ancora la ragazza che mi teneva testa ogni volta di più nel
corso degli anni,
erano state capaci di legarmi a lei come non avrei mai voluto che
accadesse.
Isabella era
diventata molto importante per me, ed ora che non avrei più
potuto tenerla
lontana, mi ero ritrovato costretto ad affrontare quei fantasmi che
avevo
respinto per così tanto tempo: la paura di non sapere
più amare, e di
conseguenza la paura di vederla uscire definitivamente dalla mia vita.
Non sapevo come
sarebbe andata a finire, sapevo solo che non avrei rinunciato a tentare
di
costruire con lei quel rapporto affettuoso che mi ero sempre negato.
Avrei portato
Isabella con me, nell'unico posto dove mi sarei davvero sentito libero:
sulla
mia barca a vela, tra le onde del mare.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
L'aereo su cui si
erano imbarcati, dopo aver lasciato il St. Marie, era sembrato
familiare a
Bella. Una volta a bordo aveva capito il perchè: una
elegante e discreta C
faceva capolino sul tessuto raffinato dei comodi sedili.
Ovviamente, non
avevano potuto che prendere un volo della compagnia aerea Cullen. Una
delle
tante attività che contribuivano a renderlo uno degli uomini
più facoltosi d’America.
Sicuramente era anche
quello il motivo per cui loro due erano gli unici occupanti di tutta la
lussuosa business class.
A conferma delle sue
giuste supposizioni, era apparsa quasi subito una hostess che aveva
rivolto ad
Edward un'occhiata cordiale e rispettosa.
- Sig. Cullen,
l'equipaggio voleva farle sapere che è un vero piacere
averla a bordo. Il
Capitano la informa anche che, dopo il decollo, vorrebbe avere la
possibilità
di ospitarla in cabina, per un suo personale saluto di benvenuto.
Edward aveva
gratificato la donna di un sorriso altrettanto cordiale.
- Ringrazi l'intero
equipaggio per questo caloroso benvenuto. Ed informi pure il Capitano
che sarà
un piacere anche per me ricambiare il suo saluto.
Poi aveva rivolto lo
sguardo verso di lei.
- Che ne dici,
Isabella, può interessarti visitare la cabina di pilotaggio
di un Boeing 787?
L'aveva assolutamente
presa in contropiede con quella domanda, ma davanti al sorriso
amichevole che
le aveva rivolto l'hostess, si era sentita in dovere di dare un'unica
risposta.
- Certo, più che
volentieri.
Era tornato a
guardare la donna.
- Bene, credo farà
ancora più piacere sapere al Capitano che la mia gradita
ospite è curiosa di
conoscere tutti i segreti di un buon pilota.
La donna aveva
mostrato chiaramente di gradire molto i modi affabili e cordiali del
suo
diretto superiore. In effetti, Edward era stato più che
perfetto nel dare la
giusta importanza all'intero equipaggio.
Non aveva potuto fare
a meno di domandarsi dove fosse nascosta tutta quella
capacità quando era con
lei che si rapportava.
Poi aveva cercato di
scacciare quel tipo di pensiero, certa che non l'avrebbe aiutata ad
affrontare
la situazione in cui si trovava con il suo tutore.
"Santo Cielo,
davvero ha intenzione di portarmi in vacanza con lui? E noi due soli? E
dove
poi?"
Domande simili, e
tante soprattutto, continuavano a ronzarle in testa, senza avere il
coraggio
però di porle al diretto interessato.
- Benissimo, Sig. Cullen
informerò subito il Capitano. Adesso, però,
devo chiedervi di allacciare le
cinture, tra qualche minuto saremo pronti per il decollo.
Le tremavano talmente
le mani all'idea che stava lasciando dietro di sè tutte le
certezze su cui si
era basata sino adesso la sua vita, che Bella aveva avuto
difficoltà ad eseguire quella
semplice richiesta.
Erano state le mani
più sicure, e decisamente più ferme, di Edward a
compiere quell’operazione al
posto suo. Ottenendo che per un attimo le loro mani si erano sfiorate.
Se lui non aveva dato
segno di averlo notato, per Bella era stata come essere colpita da una scossa
elettrica. Non perchè non era mai stata sfiorata da nessuno, ma perchè
era con lui che
non aveva mai avuto nessun tipo di contatto.
Era diventata
improvvisamente conscia che quello era stato il gesto più intimo
che
avessero mai condiviso in tutti quegli anni. Non c’era
mai stato un
abbraccio, o una carezza affettuosa, nemmeno nei momenti più
duri che aveva
passato subito dopo la morte dei suoi genitori.
Tutto questo le aveva
fatto capire quanto davvero fossero distanti, sconosciuti. E
soprattutto quanto
lei fosse imbarazzata dalla sua presenza.
"Come può
pensare che mi faccia piacere trascorrere del tempo con lui, dopo che
ha
mostrato tanto disinteresse per me?"
Niente, proprio non
le riusciva di concentrarsi su qualcosa che l'aiutasse a calmarsi un
pò.
- Hai paura di
volare?
Era involontariamente
sobbalzata, ancora incapace di credere che avrebbe sentito quella voce
parlarle
costantemente, rivolgendole altre mille domande ancora, forse, per
conoscerla
davvero meglio.
- No... no.
- Ma sei comunque
nervosa, giusto?
- Forse è più giusto
scombussolata.
- Giusto. Hai
ragione. In fondo ho rovinato i tuoi piani.
Bella aveva
immediatamente cercato il suo sguardo, per capire se la frase fosse
stata
volutamente polemica.
- I miei piani? Fino
a prova contraria, mi pare sia stato tu a dirmi che non potevi essere
presente
alla cerimonia per il diploma, che non saresti potuto arrivare nemmeno
oggi, e
che i tuoi impegni ti avrebbero permesso di arrivare al St. Marie solo
nel pomeriggio di domani.
Lo aveva guardato con
più acredine, ora.
- E che quindi, solo
domani saremmo partiti. Io non ho fatto proprio nessun piano. Io sono
rimasta a
disposizione delle tue esigenze, come sempre
è stato del resto, mi pare!
Aveva sentito
vagamente un rumore farsi più forte, probabilmente i motori
dell'aereo entrati
in funzione.
Non aveva paura di
volare, ma di partire per quel viaggio sì. Dove l'avrebbe
portata?
Bella era sempre più
convinta di dover trovare il modo di evitare la compagnia di Edward,
dato che
non avrebbe portato a nulla di buono.
In fondo, avrebbe
dovuto pazientare ancora poco più di un mese, e poi non
avrebbe più dovuto rendergli
conto delle sua azioni.
Sarebbe stata libera
di mandarlo al diavolo, lui e tutto quello che le aveva sempre fatto
passare
con il suo modo di comportarsi.
- Però festeggiare
rientrava nelle tue esigenze. Quindi mostrarti
dispiaciuta che io abbia
anteposto i miei impegni a te, in questo caso appare un pò
fasullo, non credi?
I loro occhi si
stavano misurando ancora più che le loro parole.
Non riusciva a capire
dove volesse andare a finire con quella conversazione, ma di certo
Bella sapeva
che in ogni caso non sarebbe finita bene.
- Ti rendi conto che
stiamo parlando di una semplice festa? Organizzata dal St. Marie stesso
per
giunta!
- Le feste, specie
quelle tra studenti di istituti così rigidi,
non sono mai qualcosa di semplice,
Isabella. E parlo per esperienza personale, credimi.
Stava davvero
esagerando, ora. Forse si stava dimenticando che proprio per colpa sua,
lei quell’esperienza
non aveva potuto farla!
- Forse, se mi fosse
stata data anche a me la possibilità di sperimentare,
ne avrei fatto tesoro
e ci sarei arrivata da sola!
Due ironici occhi
verdi, avevano accompagnato un altrettanto sorrisetto.
- Come tuo tutore,
Isabella, ho sempre cercato di mettere la mia esperienza
al tuo servizio. Perché lasciarti correre rischi
inutili, quando potevo invece evitarlo?
Bella non riusciva a
capacitarsi che stessero parlando davvero di una festa, come di
un’occasione in
cui chissà cosa le sarebbe potuto succedere.
Ma prima di poter
ribattere, l’aereo aveva iniziato a rollare sulla pista, i
motori spinti al
massimo per effettuare il decollo.
Guardando fuori dal
finestrino, aveva visto scorrere sempre più veloce la verde
campagna svizzera.
Si stava giusto
chiedendo se in futuro sarebbe tornata magari a vivere proprio
lì, in Svizzera,
visto che era diventato per lei un luogo così familiare,
quando le parole di Edward
avevano avuto il potere di paralizzare qualsiasi suo pensiero.
- Perché, Isabella,
avrei dovuto lasciare che tu soffrissi ancora davanti
all’ennesimo rifiuto di
Matt Davenport, sapendo benissimo che lui non avrebbe agito
diversamente, dal
momento che sono stato io stesso ad obbligarlo?
Lo so, lo so adesso
vorreste la mia testa perché vi ho lasciato sul
più bello! Però mettetela così:
almeno sapete già quale sarà la prossima domanda
che Bella rivolgerà ad Edward!
XD.