Dopo tantissimo tempo, ecco qua il
tredicesimo capitolo! Mi dispiace, ma ho già spiegato le ragioni del ritardo
nell'altra fiction se sto portando avanti e anche in quella che sto scrivendo
con Candy!
Cercherò di essere più regolare, ora che sto
ritrovando il mio "piano di lavoro"! Anche perché progetto di finirla
presto!
Spero vi piaccia anche questo capitolo!
Un bacione e buona lettura!
Phoenix
TRUTH-PART ONE
-...'acc, che freddo...!-
Olivier si strinse in un abbraccio. Nonostante il mantello
blu e il maglione pesante sotto di esso, moriva dal freddo.
Pessima idea quella di ritirarsi sul balcone della mensa
dell'ospedale per parlare; ora capiva perché tutti i dipendenti e pazienti
fossero dentro, a chiacchierare o a far passare il tempo, piuttosto che lì
fuori. Non aveva mai provato tanto gelo nelle ossa.
Yuriy si chiuse la porta a doppio vetro alle spalle.
Sorrise da un lato della bocca nel vedere il francesino tremare. Vederlo da
vicino, rannicchiato su sé stesso, sembrava ancora più piccolo di quanto se lo
sarebbe mai immaginato!
Stette a fissarlo: quell'immagine così minuta era in grado
di farlo sorridere in una tale situazione, dopo una crisi così forte quasi di
panico, che aveva avuto pochi istanti prima al bar.
Gli si avvicinò e, con una mano sulla schiena, lo invitò ad
avanzare fino all'alta ringhiera di metallo, dipinta di un azzurro che non
poteva non essere notato, in contrasto col grigio della città sottostante.
Olivier vi si appoggiò con i gomiti e abbassò lo sguardo.
Un senso di capogiro lo colse, ma seppe nasconderlo alla meglio.
Sotto di lui, un via vai di macchine su di una grande
strada, bordeggiata da cumuli di neve sporca; smog che rendeva ancora più
grigia l'atmosfera e che formava un ammasso di nebbia bassa; case dal tetto
coperto di neve, più candida, che parevano essere tutte uguali. Poco distante,
alcune cupole a cipolla, blu e oro, irrompevano prepotentemente, contribuendo a
dare colore a quella città così spenta. Com'era diversa la sua Parigi! Così
verde, così colorata, così artistica e così equilibrata!
-Freddo, vero?- sibilò Yuriy, al suo fianco.
Il ragazzino più basso annuì, assente, con lo sguardo perso
nel vuoto sottostante.
-Si, abbastanza...-
Il rosso sorrise.
-Eppure, dovresti saperlo che qui fa freddo.-
Olivier non rispose.
Dopo alcuni secondi, sentì una giacca posarsi sulle sue
spalle tremanti.
Alzò il capo e si voltò verso il russo, stupito; solo
allora si accorse che era rimasto con un semplice maglione blu a righe,
addosso, mentre la sua giacca bianca e arancione era stata tolta per essere
data a lui.
Dapprima rimase molto stupito, a quel gesto: accarezzò con
la mano destra una manica del nuovo indumento, per poi fissare Yuriy negli
occhi.
Questi annuì, serio.
-Mettitela addosso, o finirai assiderato!-
Il francese non commentò: fece come gli era stato ordinato.
Si infilò la giacca sopra il mantellino leggero,
constatando che era piuttosto pesante, scaldata dal calore del corpo del
ragazzo al suo fianco, e che era abbastanza grande per lui. Per un istante, si
sentì ancora più piccolo di quanto fosse in realtà.
L'allacciò velocemente, con le dita affusolate rosse dal
freddo, per poi stringersi nuovamente in un abbraccio.
-Sto molto meglio, grazie.- gli disse, arrossendo un poco.
Yuriy annuì ancora.
-Ma tu...- ricominciò Olivier, -Tu non hai freddo, adesso?-
Il rosso poggiò le mani alla ringhiera, buttando il peso
sulle sue forti braccia. Ghignò, mentre il suo sguardo, dopo aver vagato per le
vie a lui visibili della sua città natale, si poggiò sul ragazzino, che lo stava
fissando di sottecchi.
-Ma ti pare?- ironizzò. -Non sono mica un francese che
arriva dal caldo regno incantato dei sogni e delle favole, meglio conosciuto
come Parigi!-
Olivier contorse la bocca in una smorfia, non riuscendo a
capire, almeno all'inizio, l'ironia della battuta. Il solo scopo di Yuriy era
quello di alleggerire la tensione.
-Guarda che in inverno fa freddo anche là, sai?!-
-Oh, immagino...- ribatté subito il rosso. -E dimmi un po',
quanti gradi ci sono in pieno inverno?-
Il ragazzino dai capelli verdi alzò lo sguardo al cielo,
pensieroso.
-Umh.. direi.. Direi almeno cinque gradi sotto lo zero!-
Yuriy scoppiò a ridere, meritandosi un'occhiataccia da
parte di Olivier.
-Oh, caspita!!- lo beffeggiò il primo, -direi che allora lì
sì che potresti morire assiderato!-
Si sfregò la fronte con una mano e poi continuò, non
contento della sua risposta:
-Ad una temperatura simile potrei girare in pantaloncini e
canottiera...- bisbigliò, rivolgendo uno sguardo di finta sfida a Olivier.
Questi, in risposta, ghignò.
-Esagerato!-
-Si, magari un pochino..- rispose l'altro, socchiudendo gli
occhi.
-Beh, ma che ci vuoi fare?- riprese subito dopo il
francesino, -D'altronde, è normale che io abbia freddo! Non sono mica un russo
cresciuto nella neve, con una lastra di metallo al posto di una normale pelle
sensibile alla temperatura!-
Alzò le spalle, con aria di superiorità. Yuriy dapprima
rimase sbalordito, visto che mai si sarebbe aspettato una simile frase in stile
botta e risposta da un ragazzino come lui, ma non ci volle molto tempo prima
che la sua bocca si piegò in un mezzo sorriso.
Inspirò profondamente, scrutando Olivier dalla testa ai
piedi.
Sembrava essersi sciolto con lui in poco tempo.
Considerando lo sguardo terrorizzato che aveva visto al loro incontro nei suoi
occhi, quello stesso giorno, quello poteva dirsi un record. Yuriy non ricordò
effettivamente di essere poi così bravo a far sciogliere la gente...
Non smise di sorridere. Olivier era completamente diverso
da lui, da tutti loro, eppure aveva un qualcosa di particolare che lo attirava.
Erano riusciti a sorridere insieme, cosa che non si
sarebbero mai aspettati; erano riusciti a comunicare quasi normalmente; erano
riusciti ad ironizzare e scherzare in una situazione tanto critica.
Non era da tutti, e loro lo sapevano bene.
In poco tempo, anche sulla bocca del francese comparve un
mezzo sorriso, il che rallegrò il russo più di quanto si sarebbe mai aspettato.
Nonostante il relativo bel momento, Yuriy sapeva, come poco
prima era successo, che avrebbe dovuto porgli fine per affrontare discorsi meno
graditi ma sicuramente più seri e necessari. Era un passo che più volte aveva
sognato di compiere, con Olivier. Ora non se lo sarebbe lasciato sfuggire, e
avrebbe cercato di mantenere finalmente la calma senza sprecare l'occasione.
-Olivier, ascolta..- cominciò, insicuro.
Questi lo guardò serio, togliendo con l'abilità di un
attore il suo sorriso dalle labbra.
-Penso che io e te dovremmo parlare con calma.- lo fissò
dritto negli occhi. -Ti va?-
Il più piccolo sospirò, stringendosi ancora di più nella
giacca. Avrebbe tanto sperato che quel momento non fosse mai arrivato; non
sapeva se fosse pronto o meno ad affrontare certi discorsi col russo.
Certamente, ora sarebbe stato sicuro che le sue parole avrebbero rispecchiato,
forse, la realtà: in una qualche maniera assurda, sentiva di potersi fidare
delle parole di quel ragazzo cinico.
Ma purtroppo, era proprio la realtà a spaventarlo a morte.
-Capisco...- si limitò a rispondere. -Penso.. penso di
dover ascoltare prima te.-
Non aveva tutti i torti, e Yuriy era pronto ad ammetterlo.
Prima era lui a dover dare spiegazioni.
-Io e tua sorella siamo sempre stati molto amici.-
Il suo sguardo tornò alla sua città.
-Lo so, me ne parlava spesso.- rispose il francese, senza
guardarlo.
-Probabilmente allora di queste storie saprai già tutto.-
ribatté il rosso, tranquillo.
Olivier annuì con poca fermezza.
-Potrei dire di sì. Mailiya mi diceva spesso che stavate
sempre insieme, anche la notte. Vi allenavate insieme, mangiavate insieme...
Insomma, tutto insieme.-
La sua voce fu interrotta da un singhiozzo dovuto al
terribile groppo in gola che stava tentando di crearsi nuovamente. Deglutendo
pesantemente, lo cacciò giù. Non era proprio il momento per scoppiare a
piangere, né tanto meno per provare gelosia nel sapere la sorella così
attaccata ad un'altra persona che non fosse lui, il suo fratellino.
-Ogni tanto mi raccontava qualche scena divertente,
oppure... più semplicemente, mi diceva che le mancavate.-
Smise di parlare, in attesa di una risposta da parte di
Yuriy, che non tardò ad arrivare:
-Le voglio davvero bene, Olivier. E penso che anche lei me
ne voglia.-
L'altro annuì con fervore, sotto lo sguardo speranzoso del
ragazzo più alto.
-Si, te ne vuole tanto.-
-E tu..- riprese subito il secondo, -... se sei convinto di
quello che hai appena detto, se hai sentito le stesse frasi dette da tua
sorella, perché hai sempre dubitato di me e di noi?-
Il suo tono non voleva avere un tono di accusa, ma
sfortunatamente lo prese.
Tuttavia Olivier non si lasciò scoraggiare, dovendo forse
ammettere di cominciare a pensare di essere lui nel torto.
-Come tutte le persone, mi baso sull'evidenza: la vostra
performance alla finale non è stata esattamente di buon esempio.-
-Si, lo so...- rispose Yuriy, abbassando ancora di più il
tono.
-Io non so più cosa credere.- ammise a bassa voce il più
piccolo, mentre gli occhi si fissavano sulla ringhiera azzurra, sotto i suoi
gomiti.
Il rosso lanciò qualche colpo di tosse e scosse la testa,
prima di poter dare una risposta:
-Credi a me.- disse serio, -Tutto quello che hai visto è
stata solamente una recita. Quel vecchio ci manipolava, possibile che tu non
l'abbia ancora capito?-
Olivier strinse i pugni.
-Certo che l'ho capito! Tuttavia...-
Si bloccò, senza motivo.
Yuriy non disse niente, nell'attesa che fosse lui a
ricominciare il discorso da dove l'aveva interrotto.
-Mia sorella ha tentato di spiegarmi quello che stava
succedendo ma...-
-... ma tu le hai attaccato il telefono in faccia, non è
così?-
Il francese sobbalzò a quella risposta schietta.
Si voltò verso il rosso, sbigottito.
-Come diavolo lo sai?!-
Questi alzò le spalle, imitando il fare dell'altro di
prima.
-Ero di fianco a lei quando l'hai chiamata e... l'hai
piantata in asso senza nemmeno salutarla di persona.-
Il ragazzino abbassò il capo, mortificato. Una lacrima gli
scese veloce, ma lui subito l'asciugò. Era vero, non si era nemmeno degnato di
salutarla prima della sua partenza. Quanto ci era stato male, e quanto soffriva
ancora! Se solo lei l'avesse saputo...! Ma ormai poteva essere troppo tardi per
dirglielo... per chiederle scusa.
Che stronzo che era stato! Faceva schifo!
Quanto odiava dover pensare che forse sua sorella non
avrebbe mai potuto ascoltare le sue scuse; che non avrebbe mai potuto
perdonarlo; che fosse caduta in quel maledetto coma ancora convinta che suo
fratello ce l'avesse a morte con lei, per una questione che si era rifiutato di
ascoltare, da grandissimo testardo che era sempre stato!
-Hai sbagliato, ma mi fa piacere che tu ne sia
consapevole.- disse Yuriy, senza mollarlo con lo sguardo, mentre altre lacrime
ora avevano ripreso a scorrere sulle sue guance arrossate dal freddo.
Olivier non disse più niente; non esternò i propri
pensieri, per il semplice fatto che pensava che a Yuriy non sarebbero
interessati, in quel momento. Il loro discorso non doveva divagare.
-In ogni caso...- riprese a fatica il primo, -so bene che
Borkov vi manipolava, tuttavia, dicevo, devo dire che allora recitate molto
bene..-
Il volto di Yuriy si contorse in una smorfia di disappunto.
-Cosa sta insinuando?! Che ti stia solo raccontando un
sacco di frottole?!-
Olivier non rispose: forse aveva esagerato.
-Se le cose stessero davvero come dici tu, mi risparmierei
del fiato prezioso per stare qua a cercare di farti capire come stanno davvero
le cose! Sappi bene che, come sono sempre stato sincero con tua sorella, adesso
lo voglio essere anche con te!-
Inspirò profondamente, e socchiuse gli occhi, indeciso se
proseguire o meno; se dirlo o meno..
-Penso di poter affermare di tenere a te quasi come tengo a
Mailiya, anche se non te l'ho mai dimostrato, per testardaggine tua, oppure
mia... o semplicemente per mancanza di occasioni per farlo. In fondo, sei
sempre suo fratello, no? Se non contassi niente, me ne infischierei persino di
quello che potresti pensare.-
Ecco, l'aveva detto.
Il diretto interessato si portò una mano alla bocca e prese
a fissarlo come se fosse stato un alieno. Si sarebbe aspettato davvero di
tutto, da quel russo, ma non quello! Come poteva tenere a lui?
Non obiettò, non avrebbe saputo cosa dire. Non ci sarebbero
state parole adatte.
Annuì ancora, per l'ennesima volta, lievemente sconvolto;
dopo di ché, tornò a fissare la ringhiera azzurra.
-Beh ma.. andiamo avanti!-
Yuriy cercò di risvegliarsi e di lasciar perdere ulteriori
divagazioni. Era assolutamente vero quello che aveva appena detto, lui lo
pensava seriamente!
Chissà se quel francese minuto finalmente si fosse
convinto..?
Se non fosse stato per la sua espressione stupita, avrebbe
di certo capito anche da solo che le cose stavano come avrebbe sperato.
Olivier sentiva ancora quasi come un muro che separava lui
e il compagno di sua sorella, eppure quelle parole lo avevano colpito. Lo
sguardo di Yuriy, nel pronunciarle, era fiero e sicuro di sé, forse velato da
un lieve velo di tristezza.
E poi, sapeva bene che un tipo come lui, per quanto potesse
dire di non conoscerlo affatto, non si sarebbe mai permesso di dire una cosa
simile, se non fosse stata vera. Avrebbe potuto mentire sull'Organizzazione,
sulla realtà dei fatti... ma non sulle realtà interiori; non fino a quel punto.
-Sono sincero, Olivier, credimi.- bisbigliò per sicurezza
il rosso.
-Si.. io.. ti credo.- rispose fermo l'altro.
-Non perdere tempo a parlarmi dell'Organizzazione, ormai
penso di aver capito..- spiegò gentilmente, come suo solito, il ragazzino,
-oppure, se proprio pensi che debba sapere altro, fallo, ma cerca di essere più
preciso, entra nei particolari.-
Sospirò.
-E soprattutto..- continuò, triste, -parlami di te e mia
sorella.. e.. di come è finita su quel letto d'ospedale!-
Le toccò la fronte: era fredda, per quello che era riuscito
a sentire, perché metà di essa era ricoperta da un grosso cerotto.
Ricordava bene la ferita che vi sottostava, fino troppo
bene.
Si voltò verso i suoi compagni, ancora seduti sulle
rispettive sedie, che sembravano essere ormai diventate di loro proprietà. Il
suo posto era il letto, di fianco a quello della compagna.
Si stropicciò un occhio con prepotenza.
La disperazione stava diminuendo, ma la preoccupazione no;
anzi, quella non voleva smettere mai di crescere, incessantemente.
-Vado a vedere dove sono finiti.-
A quella frase, Sergey lo fissò nei suoi occhi verdissimi,
ma molto cupi.
-Staranno parlando, suppongo.- ribatté il gigante. -Lascia
stare, li disturberesti.-
Boris non lo stette sentire.
-E' da parecchio che mancano.-
Si diresse verso la porta, veloce.
-Io vado.- si limitò a dire, prima di aprirla e
richiudersela successivamente alle spalle.
Sergey sbuffò, spazientito.
-Quanto è cocciuto, quando ci si mette!-
Ivan lo imitò, incrociando le braccia al petto, ma senza
dire una parola.
Fu allora che il primo lo guardò di sbieco, prima di
alzarsi dalla sua postazione e sedersi poi al fianco di Mailiya, sul suo letto,
nella speranza di riuscire a farle ancora più compagnia.
Aveva cominciato a soffiare un vento ancora più gelido e
pungente, quando Yuriy, dopo un lungo discorso, forse il più lungo di tutta la
sua vita, si zittì.
Era stato abbastanza particolareggiato? Lo sguardo di
Olivier non gli diceva niente: era assente e inespressivo.
Gli aveva parlato dei piani, ormai falliti della Borg; del
dolore di Mailiya e della sua codardia, quando era tornata dalla Francia, dopo
l'operazione al cuore; del suo, di dolore, nel sapersi la causa di quello della
compagna.
Gli aveva parlato del giorno della finalissima, quando lei
lo aveva salvato.
Gli aveva parlato della loro notte insieme, a piangere.
Gli aveva parlato di quel terribile sacrificio, che l'aveva
fatta cadere in coma; della sua disperazione, quando aveva saputo che l'aveva
fatto per salvare tutti loro.
Aveva parlato della loro disperazione... e della loro
rivolta.
Olivier aveva ascoltato ogni singola parola, senza
interferire. Sapeva che ora sarebbe toccato a lui.
Yuriy non sarebbe comunque stato in grado di dire altro.
Non lo fissava in volto, ma dai suoi singhiozzi poteva capire che raccontare, e
ricordare, per lui era stato troppo.
Non lo aveva mai visto soffrire, ma di una cosa era certo:
era una sofferenza sincera.
Si asciugò le lacrime che aveva pianto in silenzio, con
sguardo vuoto, insieme al russo.
-Contate davvero tanto per lei, se ha deciso di
sacrificarsi per voi.- disse piano. -Non so che altro dire, mi dispiace. Non
giudico quello che ha fatto, anche se, come potresti benissimo immaginare,
avrei preferito che ne rimanesse totalmente fuori.-
Yuriy non rispose, perché Olivier aveva perfettamente
ragione: sì, si sarebbe immaginato benissimo che l'avrebbe pensata in quel
modo.
D'altronde...
-... anche io avrei preferito ne fosse rimasta fuori, cosa
pensi? Proprio lei, che non c'entrava niente...-
Il rosso strinse i pugni, mentre il francese, nel vederlo,
ricordò la scena di isteria che aveva avuto al bar. Sarebbe potuto scoppiare
ancora da un momento all'altro, ricominciando a blaterare quelle parole
rabbiose di cui solo ora aveva davvero capito il senso, ricollegando il tutto.
Gli mise una mano sul braccio e sentì i suoi nervi tesi.
-Cerca di calmarti Yuriy. Ragiona: disperarsi, ora, non le
servirà di certo.-
-Lo so!- rispose freddo questi, -Vorrei solo capire perché
è così cocciuta!! Cosa le è saltato in testa?!-
Olivier sbuffò, dopo aver deglutito sonoramente, nel
tentativo di seguire per primo il consiglio che aveva dato a Yuriy.
Facile a dirsi, ma a farsi... era tutta un'altra storia.
Eppure doveva tener duro, specialmente ora che aveva capito che la colpa non
era di nessuno, se non di sua sorella stessa.
Guardò Yuriy tremare. Quanto ci aveva messo ad incolparlo?
Forse meno di un secondo, da quando l'aveva visto in ospedale. Sicuro delle sue
ragioni, si era persino rifiutato di ascoltarlo.
Ma ora era tutto diverso. Quel ragazzo aveva sì fatto degli
errori, ma non aveva deciso lui di farli scontare a Mailiya al posto suo.
-Non lo so...- rispose il ragazzino, dopo quell'attimo di
silenzio. -E' vero: quando si mette in testa una cosa, non c'è verso di farle
cambiare idea.-
Il russo tirò su col naso.
Non sapeva quello che Olivier stesse pensando, ma dallo
sguardo poteva intuire che non ce l'avesse con lui.
Per sicurezza, però, riempì i polmoni d'aria e glielo
chiese direttamente:
-Tu... ce l'hai con me? Sii sincero, per favore. Cosa
pensi, dimmelo!-
Il francese scosse il capo.
-Perché dovrei avercela con te? Se le cose stanno come dici
tu, non ce n'è ragione.-
Sospirò.
-E' difficile dirti quello che penso, perché non penso
niente di particolare. Posso solo limitarmi a dirti che dobbiamo aspettare e
sperare che quel suo gesto di pazzia si risolva alla meglio.-
Yuriy sorrise, per quanto gli riuscì.
Dal canto suo, Olivier era rimasto molto scioccato da
quello che aveva saputo. Non pensava che sua sorella potesse mai arrivare a
tanto per loro; dovevano essere molto più importanti per lei di quello che si
sarebbe immaginato, e quell'importanza non poteva nascere dal nulla, di quello
ne era consapevole.
Che avesse da sempre sbagliato nel giudicarli? Probabile,
anche se non ancora del tutto sicuro.
C'era un qualcosa che manteneva ancora una specie di muro
tra lui e quei ragazzi, nonostante fosse convinto della sincerità del loro
capitano, ma era comprensibile.
-Mi dispiace..- sibilò Yuriy, -Non so che altro dire.-
Abbassò lo sguardo alla strada che passava sotto di loro.
C'era per caso altro da dire?
-Forse dovrei ringraziarla per quello che ha fatto, ma so
che non ci riuscirei mai.-
Olivier lo guardò curioso.
-E' logico!- ribatté subito l'altro, a quello sguardo, -Non
ci riuscirei mai perché, per salvarmi, ha accettato il rischio di lasciarci per
sempre...-
Fece una pausa.
-... ben sapendo che io, se dovesse ancora succedere, non
resisterei a lungo. Mi ha condannato ad un prezzo ben più alto da pagare, senza
pensarci, anche se so che il suo non è stato egoismo. Voleva solo aiutarmi...-
Il ragazzino scosse il capo, confuso.
-Significa davvero così tanto per te?-
Si voltò a fissarlo negli occhi, e subito lo stesso fece
l'altro. Olivier voleva essere sicuro che la sua risposta fosse sincera.
Tuttavia il rosso non pronunciò una parola: non sarebbe
servita. Il suo sguardo serio e sicuro aveva risposto già da sé. Uno sguardo
così sicuro che quasi Olivier si sentì uno stupido ad avergli chiesto una cosa
simile, in quanto la risposta l'avrebbe potuta intuire anche da solo, senza
alcun dubbio sulla sua veridicità.
Non seppe come mai, ma arrossì e fu costretto a tornare a
fissare la ringhiera.
-Vi ho trovati, dannazione!-
Una voce stridula si perse alle loro spalle.
Si voltarono all'unisono, quasi spaventati, e videro con
loro stupore la figura di Boris ritto di fronte alla porta a doppio vetro. No
l'avevano nemmeno sentito arrivare, tanto erano impegnati e assorti nel loro
discorso.
-Boris, che ci fai qui?!- domandò giusto per occasione il
capitano della squadra.
Il francese rabbrividì: proprio ora, che sembrava star
riuscendo ad abbattere lentamente quel muro tra lui e Yuriy, doveva arrivare
quell'altro!
Si morse il labbro inferiore. Quello sguardo cupo, quegli
occhi verdi taglienti e quell'espressione terribile e tirata sul suo volto lo
rendevano ancora più temibile di quanto già non sembrasse, o peggio, non fosse.
Non ci poteva fare niente: lo terrorizzava.
Yuriy se ne accorse e, ancora prima che Boris potesse
rispondere alla sua domanda, strattonò il ragazzino di fianco a lui.
-Hey, che fai?!- gli
sibilò. -Pensi sia il caso di fare certe facce?!-
-Hun..- e deglutì, prima di uno sbuffo scocciato dell'ultimo
arrivato.