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Autore: isachan    29/01/2011    7 recensioni
"Forse era stato in quell'istante... quando, passeggiando per le vie della sua Tokyo, Akito le aveva involontariamente sfiorato una mano.
Un gesto normale, ovvio per due fidanzati.
Forse fu proprio in quel pomeriggio che Sana Kurata pensò per la prima volta che la mano di Akito sarebbe stata quella che avrebbe stretto per tutta la vita."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il quinto capitolo! Buona lettura…! ^-^

 

 

 

 

CAPITOLO CINQUE: APPARENZE                                                                   

 

 

A Tsuyoshi, non aveva chiesto nulla.

Eppure c’erano stati momenti nei quali avrebbe dato qualsiasi cosa per trovare il coraggio necessario per porre quella semplice, semplicissima domanda.

“Ci sarà anche lei?”

Quattro parole. Poche, pochissime, anche per uno che di usare le parole ne faceva sempre volentieri a meno.

Quattro parole. Quattro, come gli anni che erano passati dall’ultima volta che Sana aveva respirato la sua stessa aria.

Un tempo così lungo che, se ripensava a quegli ultimi momenti insieme, aveva l’impressione che si trattasse di un’altra vita.

Ma era un’impressione che durava solo un istante, perché poi tornava prepotente la consapevolezza che la vita era la stessa e che lei, di quella vita, gliene aveva fottuta anche troppa.

Se non fosse stato per lei, una vita, forse, non ce l’avresti nemmeno avuta.

Oh, certo… il senso di colpa.

Si, lo sapeva benissimo… era perfettamente cosciente del fatto che, se Sana non ci fosse stata, probabilmente avrebbe posto fine ai suoi giorni quando ancora era troppo piccolo per poter anche solo capire cosa fosse, la morte.

Questa era una cosa che sapevano proprio tutti.

Sana gli aveva insegnato ad amare la vita. Però, quella stessa vita, gliel’aveva portata via.

Il bilancio torna ad essere in pareggio, Sana. Non ti devo più niente.

E allora quel maledetto senso di colpa poteva anche sparire, una volta per tutte.

 

Fu Tsuyoshi che gli aprì il portone, dopo che ebbe suonato il campanello.

- Ciao Akito, vieni entra!

Lo esortò l’amico, e lui non se lo fece ripetere due volte. Con un unico passo fu dentro l’ingresso e già gli sembrò di sentirsi un po’ meglio, visto il bel calduccio che c’era in casa.

Prima di avviarsi verso la camera nella quale si stava svolgendo la festa, Tsuyoshi gli si piazzò di fronte, guardandolo così intensamente che Akito fu costretto a distogliere lo sguardo.

Sapeva benissimo il motivo di quello sguardo. Tsuyoshi stava cercando di fare quello che faceva praticamente da sempre, sin da quando l’aveva conosciuto, sin da quando era diventato il suo migliore amico.

Stava cercando di capire cosa ci fosse, oltre quegli occhi freddi, al di là di quel viso sempre impassibile.

- Non è ancora arrivata. E francamente non so se arriverà.

E, come sempre, aveva capito.

Ad Akito venne quasi da chiedergli a chi si riferisse, ma poi capì che sarebbe stata una domanda quantomeno ridicola, perché sapeva benissimo che Tsuyoshi parlava di lei.

- Non mi interessa.

Che poi, non era esattamente una bugia. Che ci fosse o meno non era importante. Tanto, lei, c’era comunque.

- Ho ritenuto opportuno dirtelo lo stesso.

Akito si strinse nelle spalle e poi si avviò verso il salone a passo svelto.

Non appena lo raggiunse, notò che era praticamente quasi vuoto. Vide la figura snella di Aya che si intratteneva a conversare con Hisae accanto all’enorme tavolo apparecchiato con ogni genere di cibarie possibile e immaginabile. Seduto al tavolo, appunto, Gomi stava già divorando un qualche genere di pasticcino.

Solo in un secondo momento, si accorse di un’altra figura familiare e sentì una strana sensazione nello stomaco.

Seduta sul divano, in un angolo della stanza, con le mani poggiate sulle ginocchia, Fuka lo stava guardando.

Forse era una sua impressione, ma vide una strana paura negli occhi della sua vecchia amica.

“Amica”, forse, non era la parola più adatta per descrivere Fuka. Fuka che era stata la sua prima ragazza, l’unica verosimile alternativa a Sana.

Le si avvicinò, con l’intento di salutarla nel modo più normale possibile. Non appena le fu abbastanza vicino per poterla vedere bene in volto, dovette ammettere che era davvero diventata una bellissima donna. Bella lo era sempre stata, in effetti.

- Ciao, Matsui.

 La salutò, facendo un piccolo cenno con il capo.

- Ciao, Hayama.

Rispose lei, accennando un piccolo sorriso. Sembrava visibilmente in imbarazzo e Akito giunse alla conclusione che quel leggero tremore che avvertì nella voce della donna, potesse essere la logica conseguenza di quell’unica notte che avevano passato insieme.

Forse quattro anni sono ancora troppo pochi per dimenticare.

- Come ti và la vita, Matsui?

La vide stringersi nelle spalle e abbassare il volto, notevolmente a disagio.

- Diciamo che và.

Akito si lasciò scappare una mezza risata.

- Queste sono le mie risposte, Matsui! Sono io quello di poche parole. Tu, invece, sei quella che parla a macchinetta!

Anche Fuka, rise un poco. Un riso amaro, tetro. Così diverso rispetto al suono della sua risata allegra.

- Bè, Hayama, nella vita si cambia.

 Disse lei, cercando di dare alle sue parole il tono più ironico possibile. Ma non ci riuscì e quelle poche lettere arrivarono alle orecchie di Akito piene di una freddezza tale che lui sentì distintamente un pezzo di cuore congelarsi e staccarsi da tutto il resto.

Forse una cosa come quella che abbiamo fatto noi due, Fuka,  non la si dimentica mai.

E Akito non poté fare altro che riconoscere quanto Fuka avesse ragione.

 

 

 

                                                                       ***

 

 

Se qualcuno gliel’avesse chiesto, non sarebbe stata in grado di spiegare quello che provò quando il viso allegro e felicemente commosso di Aya le si presentò di fronte, più tenero e dolce che mai.

- O mio Dio, Sanachan! Alla fine sei venuta!

Gridò la sua vecchia amica, stringendola immediatamente in un soffocante abbraccio. Sana ricambiò il gesto, mentre sul suo viso un sorriso sincero prendeva il posto dell’espressione smarrita e spaventata che aveva avuto fino ad un attimo prima.

- Secondo te potevo mancare?

Scherzò poi, staccandosi da lei e risistemandosi i lunghi capelli ramati dietro le spalle.

- Certo che no! Ma vieni di là… ci sono già tutti!

La esortò Aya, prima di notare finalmente la presenza di Naozumi alle spalle di Sana.

- Ah, Naozumi! Ci sei anche tu!

Gli si avvicinò, dandogli un veloce abbraccio seguito da una leggera pacca sulla spalla.

- Ma non state lì impalati! Sana, Naozumi, andiamo!

Disse, aumentando il sorriso, se possibile, ancora di più. Poi prese la mano di Sana e iniziò a condurla verso la stanza nella quale si stavano svolgendo i festeggiamenti.

Sana si bloccò un istante, piantonando i piedi su una delle piastrelle chiare dell’ingresso.

Nel vederla improvvisamente immobile, anche Naozumi e Aya si fermarono, preoccupati.

- Amore c’è qualcosa che non và?

Chiese lui, apprensivo. Aya, invece, non disse nulla. Piuttosto, si limitò a fissare il volto di Sana, scandagliandone ogni minimo particolare, conscia di aver già capito il motivo di quella frenata improvvisa.

D’altronde, anche Naozumi sembrava aver compreso perché non si mostrò affatto stupito quando Sana abbassò gli occhi senza dare una risposta alla sua domanda.

Aya le si avvicinò e la strinse nuovamente in un abbraccio.

- Non avere paura.

Le sussurrò piano, talmente piano che solo lei poté sentire. A Sana, per un attimo, parve di essere tornata indietro nel tempo. Quando, nei momenti difficili, che si trattasse di un compito in classe andato male o di una furiosa litigata con Akito, Aya riusciva sempre a trovare le parole giuste per farla stare meglio. Era un po’ come la voce della coscienza, lei. E proprio come la coscienza, era sempre stata in grado di decifrare i suoi pensieri, anche quelli più nascosti, trasformandoli in parole, frasi che riuscivano a spiegare tutto quello che lei non riusciva a dire.

Quanto le era mancata quella voce calma e paziente!

- Grazie, Ayachan.

Le disse in un orecchio, sorridendole luminosa, prima di prendere la mano del suo Naozumi e di ricominciare a camminare sicura, seguendola in salotto.

 

 

 

                                                                       ***

 

 

Com’era facilmente prevedibile, non appena lei e Naozumi misero piede nella sala addobbata a festa, gli sguardi di tutti i presenti si focalizzarono su loro due.

Ci fu un lunghissimo istante di silenzio, nel quale le sembrò di soffocare.

Inutile dire che la prima testa che notò fra quel mare di teste familiari, fu quella sempre biondissima di un Akito abbandonato contro il muro, con una mano nella tasca dei jeans e l’altra che reggeva un bicchiere quasi vuoto.

Stavolta il cuore le si fermò davvero. E, insieme al cuore, si fermò anche tutto il resto, tutto il mondo, tutte le persone in quella stanza che, di fronte al ciuffo biondo e sempre disordinato di Akito, parevano ora incredibilmente lontane.

Lui la guardò di rimando, negli occhi la solita aria di imperscrutabile indifferenza, prima di portarsi il bicchiere alle labbra per continuare a bere, incredibilmente tranquillo.

La prima cosa che pensò, non appena fu di nuovo in grado di concepire un pensiero, fu che il ragazzo, l’uomo, che le stava di fronte, proprio dall’altro lato della stanza, non era cambiato affatto.

Forse era un po’ più alto, e i capelli sembravano più lunghi. Per il resto, aveva esattamente lo stesso viso che ricordava. Gli occhi, quegli occhi così dannatamente belli, erano identici a quelli che, a volte, ancora la tormentavano, infestandole i sogni.

Poi accadde tutto in un istante, una frazione di tempo ancora più breve del battito di un cuore, e lui si staccò dal muro al quale stava poggiato e prese a camminare verso di lei.

Stregata da quella visione, neppure si accorse che al suo fianco, Naozumi era diventato improvvisamente teso.

- Ciao.

Disse Akito, non appena le fu abbastanza vicino, nella voce il solito tono freddo e distaccato.

D’istinto, lo guardò negli occhi e le venne spontaneo chiedersi come fosse possibile che due occhi come quelli, colorati come il sole, potessero invece essere freddi e taglienti come il ghiaccio.

- C.. ciao.

Balbettò, incerta e ancora frastornata dall’effetto che, nonostante i suoi innumerevoli buoni propositi, lui era ancora in grado di esercitare sul suo debole cuore.

Stupido, stupidissimo cuore!

Restarono per un po’ così, muti e immobili, mentre i loro occhi parlavano già di tutto.

Fu Naozumi a interrompere quella strana e surreale scenetta.

- Ciao, Hayama! Ne è passato di tempo, eh?

Akito a mala pena lo guardò, senza preoccuparsi di nascondere l’astio che aveva sempre nutrito nei suoi confronti.

- Già.

- Noto che sei sempre uno che ama parlare.

Akito neppure rispose. Quell’uomo aveva la capacità di farlo innervosire anche senza dire nulla, figuriamoci se si metteva anche a fare battute.

Oh, no. Non avrebbe retto oltre all’impulso irrefrenabile di togliere quello stupido sorrisino da quel faccino da pubblicità.

Quindi, per evitare di correre inutili rischi, decise che la cosa migliore da fare era allontanarsi da lui, o meglio…da loro.

Perché, si. Vederlo stringere con tanta vanità la mano di Sana non contribuiva certo a fargli passare la voglia di prenderlo a pugni.

Così gli diede le spalle e si avviò verso Tsuyoshi, che fin dall’inizio, preoccupato come al solito, aveva osservato tutta la scena e che lo attendeva paziente dall’altro lato del grande salone.

 

 

 

                                                                       ***

 

 

“- Fukachan, sai che ti voglio un sacco di bene e che sei la mia migliore amica, vero?

- Su, Sanachan, spara. Cosa devi chiedermi?

- Cosa ti fa pensare che dove chiederti qualcosa? Non posso semplicemente dirti che ti voglio bene?

Fuka alza le sopracciglia e scuote la testa, prima di picchiettare la spalla di Sana con dei piccoli buffetti affettuosi.

- Sanachan, ti conosco da troppo tempo per non sapere che quando inizi un discorso con frasi del tipo “sai che ti voglio bene” o “sei l’amica migliore del mondo”, devi chiedermi un favore.

- Uff… è così poca la fiducia che riponi nella tua cara amica?

- Proprio perché sei una “cara amica” certi tuoi atteggiamenti li capisco al volo.

Sana incrocia le braccia al petto, nascondendo un poco i piccoli fiorellini colorati disegnati sul minuscolo vestitino che ha scelto di indossare per quella che ama definire “una sana passeggiata tra amiche in compagnia di un po’ di sano shopping!”. Si, le chiama tutte così, le loro uscite pomeridiane. E Fuka ogni volta non può fare altro che sorridere, perché è assolutamente consapevole del fatto che Sana ha l’assurda tendenza di dare un nome ad ogni cosa. Nomi lunghi ed insensati, ovviamente.

- Ok, hai vinto! Volevo chiederti se potevi aiutarmi a studiare matematica, visto che gli esami di maturità sono pericolosamente vicini e io sono terribilmente indietro per colpa del mio lavoro.

- Sempre colpa del lavoro, eh?

- Cosa vorresti dire? Che è colpa mia se non ho abbastanza tempo per studiare come te?

L’espressione offesa che appare sul volto di Sana, per Fuka, è incredibilmente divertente.

- Assolutamente no, Sanachan! Cosa te lo fa pensare?

Scherza poi, sperando di farla arrabbiare ancora di più.

- Sono troppo felice per arrabbiarmi con te, quindi non proseguirò oltre questo argomento.

- Come mai così felice? C’entra qualcosa con il fatto che stamattina hai visto Akito?

Non c’è dubbio, l’espressione che assume Sana quando si parla di Akito è la migliore tra tutte le sue mille espressioni.

- No, non c’entra nulla. Sono felice perché oggi c’è un sole stupendo. Perché dev’essere sempre colpa di Akito se sono di buono o di cattivo umore?

Fuka si stringe nelle spalle.

- Forse perché è il tuo ragazzo e lo ami follemente?

- Oh, non è affatto vero. Lo amo come ogni ragazza ama il suo fidanzato.

Fuka la osserva girare il viso per nascondere il rossore che, di certo, le sta colorando le guance e non può fare altro che lasciarsi andare ad un sorriso.

A volte si ritrova a pensare alla fortuna che hanno avuto Sana e Akito. Insomma, devi stare proprio simpatico al destino se, a soli undici anni, ti ha fa incontrare l’amore della tua vita.

- Allora Fukachan, mi aiuterai a studiare oppure no?

La fortuna, comunque, deve aver baciato anche lei e Takaishi, visto che si sono conosciuti ancor prima di Akito e Sana.

- Certo, Sanachan. Non potrei sopportare il peso di non vederti passare l’esame per colpa mia.

E poi, altro favore per il quale ringraziare il destino o la fortuna, c’è l’amicizia che la lega a Sana e che l’ha fatta sentire parte di lei sin dal loro primo incontro.

Com’è che si dice? “Anime affini”.

- Ah, Fukachan…Guarda che, comunque, quello che ti ho detto prima lo penso davvero.

-  Dici così tante cose che mi perdonerai se non ricordo con esattezza ciò a cui ti stai riferendo.

- Spiritosa! Intendevo quando ti ho detto che ti voglio un sacco di bene. Dicevo sul serio, lo sai si?

La vede sorridere del suo sorriso migliore, bellissimo come solo un sorriso di Sana può essere.

- Certo che lo so. Ti voglio un sacco di bene anch’io, Sanachan.”

 

 

 

                                                                       ***

 

 

Quando la vide entrare, ebbe il fortissimo istinto di alzarsi dal divano e di correre ad abbracciarla forte, fortissimo. Di dirle che, nonostante tutto, nonostante il tempo, lei le voleva ancora un gran bene e che sarebbe stata per sempre la sua migliore amica.

Poi la vocina dentro di lei, chiamatela coscienza o razionalità, aveva parlato e le aveva caldamente suggerito che certe manifestazioni d’affetto non sarebbero state opportune. Specialmente se rivolte ad una di quelle persone alle quali nascondi un segreto grande come il mondo.

Quindi, era rimasta immobile sul divano, tra l’attesa e la paura che Sana si accorgesse della sua presenza.

Poi aveva visto Akito muoversi verso di lei e salutarla, nonostante la scomoda presenza di Naozumi, proprio nello stesso modo, con la stessa gelida freddezza, con cui aveva salutato anche lei poco tempo prima, non appena era arrivata alla festa.

Quando Akito si allontanò dalla coppia hollywoodiana, capì che era arrivato il momento. Che Sana si sarebbe irrimediabilmente accorta della sua presenza.

E infatti accadde che Sana girò il viso e, incontrando i suoi occhi, diede vita ad un bellissimo sorriso.

Il sorriso non l’hai perso comunque, vero Sana?

- FUKACHAN!

Urlò quasi correndo verso il divano sul quale stava seduta e gettandole le braccia al collo.

- Ciao, Sanachan..

- Mio Dio, Fukachan!! Come stai? Non sai quanto mi sei mancata! Cosa fai? Lavori? Sei andata all’università? Sei….

- Calma, calma Sana! Una domanda per volta…!

Scherzò, prendendole le mani per invitarla a prendere fiato.

Non hai perso né il sorriso, né la parlantina!

Sana rise, tirandosi un piccolo pugno sul capo e scombinando appena i capelli perfetti.

- Si, hai ragione. Scusa…

- Figurati! Ricordo bene quanto ami parlare!

Cercò di non fare caso a quella strana sensazione che provò nel dire quelle parole. Perché le sembrò che ricordare i tempi in cui le sue giornate erano piene delle parole a raffica e spesso insensate della sua ex migliore amica ( non era forse così, dopotutto?) le facesse venire una fottutissima voglia di piangere.

- Allora… prima domanda: come stai?

Fuka rise di gusto. Si, era incredibilmente bello riempirsi le giornate dei discorsi assurdi di Sana.

- Oh, sto benissimo. Me la cavo. E tu? Vedo che ti sei sistemata bene!

Le disse, facendo l’occhiolino e muovendo il capo in direzione di Naozumi che parlava allegramente con Aya.

Sana arrossì.

E non hai perso neanche il vizio di arrossire, quando si parla di sentimenti.

- Bè diciamo che non mi lamento. E tu?

- Io cosa?

- Voglio dire… tu e Takaishi?

Fuka abbassò lo sguardo. Dopotutto, sapeva che prima o poi gliel’avrebbe chiesto.

- Ci siamo lasciato molto tempo fa.

- Oh!

- Tranquilla. È tutto passato, ormai. Eravamo…. Come si dice? Incompatibili!

Sana aggrottò le sopracciglia, pensierosa. E Fuka si ritrovò a pensare che se una notizia del genere gliel’avesse data una diecina di anni prima, avrebbe dovuto fare fuoco e fiamme per fermare le urla isteriche che, ne era certa, Sana avrebbe lanciato.

Ma sei una donna, ora. E una donna cresciuta certe cose non le fa più, vero?

- Strano… avrei scommesso che sareste stati insieme per sempre!

- Le cose cambiano, Sana.

- Lo so…

Però sarebbe bello tornare indietro.

- E poi, sai, ho perso una scommessa anch’io.

- Ah, si? Su cosa avevi scommesso?

Almeno in questo non era cambiata. Nel capire certe cose sarebbe stata sempre incredibilmente lenta.

- Su te e Akito.

Nel silenzio che seguì la sua risposta, avrebbe potuto giurare di aver sentito distintamente qualcosa spezzarsi nel petto della donna che le stava di fronte.

E non seppe capire bene cosa fosse, se imbarazzo, sorpresa o nostalgia, la smorfia alla quale Sana diede vita, nella speranza, forse, di farla somigliare ad un sorriso.

 

 

 

                                                                      

                                                                       ***

 

 

 

Il resto della serata passò senza lasciare segni troppo evidenti, ma solo se per “evidenti” intendiamo i segni visibili agli occhi degli altri.

Perché, anche se non erano stati evidenti, le risate forzate di Sana, gli sguardi nascosti di Akito e l’espressione finta serena di Fuka, un segno dovevano averlo lasciato per forza.

Comunque nessuno, a parte loro tre, si era accorto di nulla.

Meglio così. Almeno le apparenza erano riusciti a salvarle.

 

 

 

                                                                       ***

 

- Come ti sono sembrati?

- Di chi parli?

- Di Sana e Akito ovviamente!

Si strinse nelle spalle, continuando a spazzare il pavimento per liberarlo dai segni lasciati dalla festa appena terminata.

- Mah… come sempre.

- In che senso?

Le sorrise un poco.

- Innamorati.

L’espressione che poi vide sul volto di Aya gli fece capire che anche lei aveva avuto la sua stessa impressione.

 

Forse non erano stati poi così bravi neppure a salvare le apparenze.

 

 

 

                                                                       /*/

 

Nota dell’autrice: Finalmente sono riuscita a descrivere i vari “incontri”.. xD mi è piaciuto parecchio scrivere questo capitolo, perché è pieno di pensieri introspettivi dei protagonisti e io amo scavare nelle teste dei personaggi delle mie storie (anche se, in questo caso, si tratta di pensieri quasi tutti abbastanza tristi.. xD).

Per qualsiasi domanda o curiosità, aspetto le vostre recensioni! J

E, ovviamente, il solito “grazie” a chi continua a dirmi sempre quello che pensa. Siete voi che mi spronate a continuare!

A presto.. ^-^

 

   
 
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