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Autore: Gillian Kami    29/01/2011    1 recensioni
Bill non se lo fece dire due volte e tornò a correre, più follemente di prima, con la decisione suicida di perdere l’uso dei propri polmoni e di procurarsi carne greve da lì fino al termine delle ere pur di non fermarsi prima di averla vista. E così fece, sforzando ad ogni costo i suoi limiti.
Alla fine era rimasto da solo in quel assurdo inseguimento e trovava quella coincidenza un disegno particolarmente ironico del destino. Da quando l’aveva incontrata la prima volta, quel pomeriggio di ottobre, rannicchiata contro un muro Bill non aveva difatti fatto altro che inseguirla. Era successo anche quando erano diventati amici, sotto una pioggia incessante di Novembre, ed anche quando si erano messi insieme durante la prima nevicata dell’anno. Pure il giorno del loro addio, quando si erano lasciati, l’aveva seguita col fiatone fino all’aeroporto.
Bill l’aveva sempre rincorsa e quella era semplicemente l’ennesima volta che combatteva contro il tempo per non perderla. Doveva essere per forza il suo fato quello di morire, fisicamente ed interiormente, per afferrare una volta di più quella sfuggente creatura di cui si era innamorato. Ma andava bene anche così: l’amore che provava per Lyric, l’unico che avesse mai nutrito così ciecamente senza mai vederlo appassire di energia un singolo giorno, doveva ovviamente essere pagato con qualcosa dal medesimo valore. Se stesso, ovviamente, era il prezzo minimo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15
Breath
 

 
 
 
Galleggiava o almeno era ciò che credeva.
Il suo corpo era sospeso da terra e percepiva che delle braccia la tenevano stretta.
Chi la stava portando in braccio? Era qualcuno che aveva un buon odore, famigliare.
Sapeva di fresco e penetrante, un profumo piacevole che le ricordava Bill. Ma quell’odore non apparteneva a lui. La pelle di Bill aveva un sapore diverso, era una fragranza più avvolgente e calda.  La persona che la stava trasportando non era lui, ne era certa.
Si rese conto di sentirsi intontita, come se fosse stata a mollo in una nebbia densa come l’acqua fredda. Forse aveva perso coscienza e solo adesso stava emergendo fuori, poteva darsi che il suo fisico avesse deciso di staccare la spina qualche minuto prima.
Probabile, nei momenti peggiori quel suo corpo debole e imperfetto prendeva il comando e cedeva. Sicuramente testa e corpo avevano stretto un accordo e avevano deciso di sedarla. Quasi per certo il suo inutile cuore malato non li aveva persuasi del contrario. Ed eccola lì, inconsapevole tra le braccia di qualcuno.
Ad un certo punto smise di ondeggiare nel vuoto e quelle braccia la posarono delicatamente su qualcosa di morbido. Trovò così la forza di alzare le palpebre e per quel che riuscì a scorgere Lyric riconobbe due occhi nocciola,  i quali la stavano penetrando da parte a parte con serietà e una punta di odio per nulla celato.
Se in quegli anni non era cambiato Tom non l'aveva ancora perdonata, forse non l'avrebbe mai fatto. Lui portava rancore a chiunque facesse del male a Bill e Lyric non pretendeva di certo di essere stata l'eccezione, anzi, lei si era macchiata di una colpa molto grave. Aveva tradito la loro promessa.
Lyric aprì la bocca per dire qualcosa, ma la voce le morì in gola. Cosa poteva dirgli?
Non avrebbe mai ascoltato, non avrebbe mai accettato nessuna giustificazione. 
Le bastò spostare di poco la visuale per incontrare lo stesso colore in un altro paio di occhi e ritrovare Bill le diede sollievo. Se non fosse stato troppo avventato si sarebbe concessa di sorridere, ma aveva già commesso l'azzardo di quel abbraccio ed ora, invece, doveva essere cauta.
L'attenzione di Tom schizzò velocemente da lei a suo fratello.
Mentre trasportava Lyric in braccio, guidato dall'amica di lei lungo il corridoio del Fours Seasons, Bill c'era sempre stato. Era rimasto al suo lato, lo sguardo che continuamente passava da lui e lei, indeciso per chi preoccuparsi di più: se del fratello arrabbiato che sosteneva tra le braccia la fonte della sua rabbia o se della ragazza priva di sensi che aveva appena ritrovato.
“Che situazione di merda!”  pensò Tom.
“Ho perso i sensi?” domandò Lyric dopo qualche minuto di silenzio di troppo. Almeno quando era svenuta tutta quella cappa d'imbarazzo e di contrito mutismo non l'aveva dovuta subire. 
“Sì. Avevamo appena parcheggiato le auto nel garage privato dell'hotel e nel momento in cui sei scesa dalla nostra macchina mi sei crollata tra le braccia.” rispose Kathleyn, sbucando da un angolo. Teneva la cornetta del telefono in mano.
“Non dirmi che vorresti chiamare un dottore.”
“Non dovrei?”
“No, non dovresti.” la riprese con tono molto severo “Sto benissimo. Deve essere stato solo un capogiro causato dal caldo o un calo di pressione improvviso.” Non era vero. Aveva perso i sensi perché la prospettiva dell'imminente colloquio con Bill l'aveva terrorizzata. Lo stretto contatto che avevano mente instabile e corpo debole poi aveva fatto il resto.
Kat posò giù la cornetta per niente rassicurata “Se è ciò che vuoi.”
Tom fece l'indifferente e girò le spalle ad entrambe “Vado ad intercettare Gustav.” disse e si incamminò verso la porta con le mani in tasca e lo sguardo basso. Bill gli sfiorò il braccio “Me la caverò.” gli sussurrò veloce.
Il gemello annuì in sua direzione “Vieni rossa?”
Kathleyn non lo azzannò con una risposta carica di astio per cortesia nei confronti di Lyric, non era la situazione migliore per lasciare sfogo ai propri bisogni di prendersela finalmente con un Kaulitz.
Scoccò un'occhiataccia a Bill prima di seguire Tom, il quale rapidamente era scivolato oltre la porta. Rimasero soli l'uno con l'altro, ancora una volta.
Era davvero sorprendente quanto potesse pesare l'intimità, soprattutto quando ironicamente era stata a lungo un'aspirazione mentre, ora, aveva un che di incombente ed estremamente serio. C'era del surreale in tutto ciò che stava accadendo e Bill non era del tutto sicuro di avere la lucidità sufficiente per affrontarla.
“Siediti, per piacere.” Lyric parlò per prima “Se continuerai a restare in piedi e fissarmi in quella maniera mi innervosirai parecchio.” Naturalmente a Bill non piacque il modo aggressivo in cui lo disse.
“Sei già più che nervosa se non lo hai notato e non credo che cambierà molto se soddisfo o meno la tua richiesta adesso.”
“Da quando sei diventato così maleducato da rispondermi in maniera tanto scortese?”
“Ti sto trattando esattamente come vorresti che ti trattassi.” sapeva quello che stava cercando di fare, ma non avrebbe fatto il suo gioco o almeno, se ci fosse cascato, lo avrebbe fatto per sua scelta spontanea.
“Non dire stupidaggini!”
“Non le sto dicendo. Mi tratti male così che io ti tratti male a mia volta. Vuoi pararti le spalle e portare le responsabilità delle mie eventuali escandescenze solo su di me.” la ragazza restò a fissarlo a bocca serrata dalla tensione, l'inaspettata sorpresa di quella risposta così sagace che lampeggiava nel suo sguardo.
Era impreparata al fatto che Bill sapesse ancora capirla. Era un fatto spaventoso.
Non si sentiva in grado di alzarsi dal letto su cui l'avevano adagiata e restare in quella posizione inerme di fronte a lui l'agitava. Sentiva qualcosa di grave che le appesantiva la sterno e la faceva desiderare di allontanare Bill immediatamente. E adesso cosa poteva essere? Cosa era quella sensazione che mulinava dentro di sé con tanta foga?
“Lyric, ascoltami.” Cercò di apparire calma, ma quando il corpo di Bill fece cenno di avvicinarsi lei si mosse istintivamente nella direzione opposta. Si stava spaventando.
Non era più abituata da tempo alla sua voce, riascoltare poi il suo nome pronunciato con tanta naturalezza dalle labbra di Bill la faceva sentire stranita. Non era cambiato niente neanche per lui?
“Lyric, ascoltami.” Ripeté, paziente. 
Era davvero una situazione spaventosa, sembrava davvero che il tempo non fosse minimamente passato.
Perché si parlavano con tanta disinvoltura? Perché litigavano con sarcasmo e punte di aggressività? Perché si cercavano inconsciamente come avevano sempre fatto? Davvero non era cambiato nulla?
Impossibile o come minimo improbabile.
Lyric lo vide sedersi sulla sponda del letto dove si trovava lei, a qualche centimetro di distanza dal suo fianco.
“Non ti nascondo la rabbia che provo in questo momento. Ne ho provata parecchia, per parecchio tempo, ma non concluderò niente se mi lascerò trasportare da essa come un’idiota. Quindi proverò ad essere paziente e non far precipitare nel disastro ogni cosa. Proverò a non essere stupido quando si tratta di te.”
Bill continuò a guardare in direzione totalmente opposta a quella dove era lei e ciò fu un bene.
Il cuore le si contrasse in un battito un po' più profondo del normale e subito dopo si rilassò in un susseguirsi di palpiti più rapidi del consueto.
“Vorrei che non ti agitassi, adesso.”
“Non mi sto agitando.” mentì Lyric.
“Sì, invece.” Bill le diede una rapida sbirciatina e constatò che si era messa a fissare il soffitto con estremo interesse “Prima, quando hai sciolto il nostro abbraccio, sei praticamente saltata in piedi come se avessi avuto una bomba sotto ai piedi e ti sei messa ad arrancare con lo sguardo in tutte le direzioni possibili pur di non dovermi focalizzare. Eri già nel panico in quel momento.”
Li aveva riportati entrambi sulla Terra in un attimo solo e aveva riportato a galla in pochi secondi tutte le questioni irrisolte che esistevano tra loro, lei aveva deciso di ripristinare le loro distanze. Il che non gli aveva fatto piacere, ma aveva accettato di dover riprendere in mano la realtà delle cose.
Lui e Lyric erano persone vere e solitamente le persone non risolvevano tutto in una volta soltanto, ci voleva un'infinità di tempo e una quantità enorme di parole per chiarirsi. Ci voleva una pazienza sconfinata per rammendare gli strappi e persino loro non erano immuni da questo.
“Tu invece sembri così controllato e contenuto.” lo accusò sarcastica “Ti stai trattenendo parecchio, vero?”
“Con tutta la volontà di cui sono capace se vuoi saperlo.” ammise, sincero.
Non la stava aiutando per niente con tutta quella accondiscendenza, stava rendendo sempre più spaventoso ogni attimo che passava e questo perché non voleva che la trattasse con premura, non doveva essere capace di comprenderla così bene. Si sentiva così vulnerabile. 
Lyric si coprì la faccia con il braccio sinistro, ma anche nel buio di quella cecità imposta lo vedeva, lo sentiva, lì a fianco.
Era una presenza solida fatta di fuoco rovente, Bill era lì.
“Vuoi che ti dica che hai ragione? Sì, sono completamente scombussolata dalla tua presenza e vorrei tanto che non fossi comparso perché così avrei mantenuto la mia serenità.”
“Lo stai facendo ancora una volta” Bill rise un poco, amaramente. “Non ostinarti a fare la dura, per favore. Non provocarmi per forza.”
“Lo preferirei a questo tuo atteggiamento da contenuta persona matura!” le uscì senza potersi controllare “Preferirei che mi attaccassi, che urlassi qualcosa con tutta quella bella collera di cui sei capace quando sei davvero infuriato. In quel caso saprei cosa fare, saprei come comportarmi. Invece, se fai il bravo ragazzo comprensivo, io non posso difendermi.” faticava a tenere il fiato al passo con le sue parole.
“Stupido corpo!”  pensò lei impotente.  
Bill ebbe il coraggio di sfiorarle la mano libera con la punta delle dita “Ora smettila di dire idiozie. Calmati, sei già svenuta prima per la troppa agitazione e non voglio che ricapiti ancora. Mi sono già preoccupato abbastanza per te.”
Era davvero spaventoso che lui parlasse in quel modo. Non doveva essere così naturale il modo in cui toccasse gli argomenti giusti, non poteva comprendere così bene le sue reazioni.
Sentì la mano di Bill avanzare sopra la sua finché non la circondò in un muro di calore. Lyric pensò che era leggermente sudata prima di rendersi conto di quello che stava facendo. Da sotto il braccio le palpebre si spalancarono.
“Lyric, respira.” le disse con quella sua voce consolatrice che tanto aveva rievocato in quei mesi “Sono nella tua stessa condizione se vuoi saperlo, ma voglio prendermi cura di te per quanto mi è possibile, quindi se vuoi possiamo respirare assieme. Con calma, un respiro alla volta, prendiamoci un po' di fiato.”
Inspirò aria e Bill la seguì. Presero fiato assieme e da lì avrebbero ricominciato.
 

***

 
Bill stava in perfetto, inviolato, silenzio da quando erano usciti dalla suite di Lyric.
Quei due erano rimasti da soli la bellezza di un'ora intera prima che quella porta sputasse fuori il fratello e nell'arco di quell'attesa spasmodica Tom si era chiesto ripetutamente come il gemello avrebbe reagito.
Cosa si erano detti di così tanto terribile da gettarlo in quello stato ammansito e silente?
Per giunta, ora, Bill si era concentrato ad osservare la propria mano destra come se vi avesse appena scoperto al suo interno qualcosa di speciale che si era però già dissolto. Stava riflettendo, lo intuiva dall'increspatura delle sue labbra, ma sapeva che non doveva inchiodarlo in un interrogatorio, non avrebbe ottenuto molta collaborazione.
“Smettila di guardarmi come se stessi per gonfiarmi e scoppiare.” gli disse Bill che abbandonò la propria mano sopra al ginocchio.
“Ok.” E così Tom si concentrò sulla testa di Gustav, seduto sul sedile di fronte, il quale a dispetto di lui aveva mantenuto un'aria estremamente controllata e serena.
Gustav era permaloso e terribilmente pedante quando era nei suoi momenti peggiori, ma non perdeva mai il senso di ciò che era giusto e corretto. Tom invece era incapace di controllarsi e molto spesso agiva prima di pensare, sbagliando così il novanta percento delle volte. Quanto tempo ancora sarebbe dovuto passare prima che ricevesse un minimo di spiegazioni riguardo al colloquio con lei?
“Senza apparire indelicato potremmo chiederti come è andata con Lyric?” domandò Gustav con tono neutrale “Molto probabilmente Tom salterà giù dalla macchina in corsa se non accennerai a dare qualche informazione e non ci servono altri problemi. Avremmo già da spiegare un mucchio di cose a David e Benjamin.”
“È andata bene.” iniziò Bill pacato “È stato un colloquio particolare.”
“In che senso?” scattò Tom, desideroso di avere più dettagli.
“Ci siamo detti il minimo indispensabile prima di lasciarci.”
“Minimo indispensabile? Siete rimasti rinchiusi in quella camera per un'ora! È impossibile che vi siate messi a fare il gioco del silenzio.”
“Qualcosa del genere, effettivamente.”
Gustav attese che proseguisse mentre Tom si trattenne a stento dal fremere.
“Entrambi non eravamo nelle condizioni per affrontare un discorso serio così all'improvviso, per questo siamo rimasti distesi sul letto a guardare il soffitto finché non ho convenuto che fosse l'ora di andare.”
Bill fece un inaspettato sorriso “Sapete una cosa? I soffitti del Four Seasons hanno davvero delle bellissime rifiniture color panna.”
Gustav ridacchiò “Ottimo risultato direi, potremmo dire a Georg che abbiamo ottenuto qualcosa di interessante da questa nostra fuga. Io invece ho trovato che il panorama dalla terrazza fosse piuttosto piacevole, ma il giardino del Bulgari è imbattibile. È difficile decidere quale dei due sia il più bello.”
“Tieni conto dei gusti personali.” aggiunse Bill, cominciando a parlare rapidamente “Il Four Sesons ha uno stile che rispecchia il gusto di Lyric per le cose vissute e l'eleganza classica mentre il Bulgari ha quell'aria di moderno tipica del lusso attuale. Dipende tutto da ciò che ti da più piacere.”
Tom si stupì che il discorso fosse caduto in quella direzione, ma si tenne per sé i propri pensieri. Gustav sembrava certo di quello che stava facendo e magari quello che diceva aveva un senso.
“Ho pensato anche io che il luogo fosse molto da Lyric, per quanto posso ricordare ha sempre avuto quello stile sofisticato.”
“Già, sembra che non abbia perso quell'aura da signorina di buona famiglia...”
Bill si mise a guardare di nuovo la sua mano destra “Sembra che non sia affatto cambiata. Neanche di una virgola: è sempre la solita che reagisce svenendo o andando in iperventilazione quando si trova di fronte ad una crisi di panico troppo grande.” perché appena prima che si accartocciasse su se stessa e perdesse l'equilibrio aveva visto le ombre del panico nel suo volto troppo pallido “È sempre la stessa che per difendersi attacca con parole dure ed osserva un atteggiamento freddo e schivo.” ripensò a come fosse stato stupefacente ritrovare quel suo comportamento così tipico di quando erano stati insieme e di come, in cuor suo, ciò gli avesse fatto piacere “È sempre la stessa che non me la vuole mai dare vinta e se me lo concede lo fa senza ammettere apertamente che in qualcosa avevo ragione. La stessa che combatte per cavarsela da sola, la stessa che si nasconde....”
Sia Tom e Gustav, in quelle parole, poterono perfettamente ascoltare la corrente frenetica delle riflessioni che si erano messe in moto. Carpirono entrambi la paura, come un suono di sottofondo un po' sordo, ma udibile ad un più attento ascolto, e parallelamente a questa c'era un pizzico di speranza euforica, una voce in primo piano anche se trattenuta per non farsi notare troppo.
“Ragazzi credo di dovervi chiedere ancora un favore.”
“Io di tacchi non ne indosserò più” proruppe Tom “E non avrei la cattiveria di sottoporre Gustav ad una tortura del genere. Gli voglio troppo bene.”
“Grazie Tom. È bello sapere che un amico ti voglia proteggere da certe esperienze.”
“Non scherzerei tanto se fossi in te. Ti assicuro che restare in piedi con quei trampoli è improponibile per un uomo. Bill ci riesce solo perché è un caso a parte.”
“Non fare tante polemiche per appena otto centimetri di tacco! Il tuo problema è che non sei provvisto del benché minimo portamento e comunque stavo per dirvi una cosa seria.”
“E sarebbe l'ora! Sono più di venti minuti che aspetto che tu dica qualcosa di serio!”
“Se stessi zitto Bill potrebbe dire ciò che gli preme e tu potresti ascoltare ciò che vorresti sapere quindi per i prossimi dieci minuti ci faresti il favore di tagliarti la lingua? Grazie anticipato.” 
Tom ingoiò stizzito il suggerimento di Gustav e serrò la bocca mentre Bill convenne mentalmente di doversi comportare con più gentilezza con il fratello, dopotutto lo stava aiutando e lui, accecato come sempre dai propri interessi, non stava prestando attenzione a ciò che provava Tom. Si sarebbe scusato appena fossero stati soli.
“Io e Lyric abbiamo deciso di vederci domani.” annunciò quel “minimo indispensabile”  di cui aveva accennato prima “Le ho detto che avremmo potuto passare il giorno assieme e parlare con calma, se lo voleva. Che saremmo potuti andare da qualche parte a Milano. Le ho detto che con la notte avremmo potuto pensare a cosa dirci e lasciare passare un poco dell'imbarazzo che ci ha colto oggi. Non so se sarò veramente preparato, ma credo di aver preso la decisione più sensata.”
Sia Tom e Gustav colsero il problema che stava dietro il magnifico piano di Bill “E come pensi di convincere Dave a mollarti, libero, per Milano con una ragazza? Piuttosto ti appenderà ad una porta, legando il tuo cazzo con una catena di ferro, e lasciando poi che il sangue ti anneghi il cervello.”
“Ma che schifo Tom!”
“È quello che ti farà!” esplose il gemello indicandolo con un dito accusatorio.
Bill strattonò l'indice di Tom che ancora lo puntava e lo rivoltò all'indietro con l'intendo di romperglielo “Smettila di dire tutte queste stronzate!”
Tom liberò la presa al suo dito e in risposta spintonò la spalla di Bill “Cosa accidenti ti è andato in corto circuito in quello schifo di testa? Vuoi che ti ribadisca il concetto: David Jost, il nostro manager, non ti permetterà di andare a zonzo per una città straniera assieme alla tua ex-fidanzata, con la probabilità che dei paparazzi ti scovino!”
“Lo so! Finiscila di sbraitare cose che so già e per questo che vi sto chiedendo un ultimo favore: in qualche modo dovete aiutarmi a convincerlo.” Bill guardò seriamente suo fratello, supplicandolo in quella maniera per cui Tom non sarebbe mai riuscito a rifiutarsi “Mi sosterrai?”
Per quanto non ci fosse niente di ragionevole in quella sua richiesta negare al gemello l'appoggio per qualcosa di così importante era al di là delle sue capacità. Se Bill fosse stato al suo posto, di certo, avrebbe già accettato.
Infondo rendere felice Bill era sempre stata la prima scelta di ogni suo gesto da quando aveva memoria.
Sbuffò tanto per fare scena “Sì, gigantesco idiota. Ma partiamo svantaggiati visto che siamo di ritorno come colpevoli.”
“E tu cosa ne dici Gustav?”
“Dico che si può fare.” fu la risposta “Se vi fidate di me ne usciremo più o meno indenni.”
“Perché appari così ottimista?” domandò Tom.
“Perché a differenza di voi Kaulitz tendo a non fare il tragico a priori.” Gustav tirò fuori il proprio cellulare “Prima di tutto avvertiamo Georg che stiamo tornando a casa e gli spieghiamo cosa è successo e cosa faremo.”
“E cosa faremo?” chiese Bill innocente.  
“Nulla di particolare, diremo la verità a David e Benji.”
“E ti pare che basterà?” Tom espresse lo scetticismo suo e di Bill.
“Sì, certo. Ti ho detto che dovete avere fiducia in me. Faremo una bella riunione straordinaria tutti e sei insieme e discuteremo come persone civili, per quanto ci sarà possibile. Ciò che è importante è che ci vedano tutti uniti e decisi, dobbiamo mostrare fin da subito una bella coesione di gruppo.”
“Coesione di gruppo?” Tom aggrottò la fronte “E che cavolo significa?”
“Che tu dovrai tenere la bocca chiusa e parlare solo se interpellato.” rispose Gustav portandosi il telefono all'orecchio “Al resto ci pensiamo io, Bill e Georg. Ora fai silenzio.”
“Ma...” Bill gli diede una manata contro l'addome “Ahi!”
“Fai come ha detto Gustav. Ho il sospetto che sappia davvero cosa fare.” non avrebbe mai scommesso che un giorno Bill avrebbe dato manforte ad un ordine di Gustav. Spesso quei due erano in disaccordo su molti punti e quando eccedevano nelle loro singole testardaggini finivano per tirare in piedi litigate impressionanti quindi Tom fu colpito per quel improvviso accordo concesso da Bill.
Era disposto a tutto pur di vedere Lyric, persino ubbidire a Gustav.
Da lì a meno di venti minuti i Tokio Hotel si ritrovarono tutti seduti attorno ad un tavolo con i signori Jost ed Ebel.
Il batterista spiegò con parole semplici e a grandi linee il perché della loro fuga. Rivelò ai due manager le difficoltà di Bill e di come queste lo stavano ostacolando nel rendimento professionale e nella sfera privata da qualche tempo, aggiunse poi le intenzioni di lui per il giorno seguente.
In quel modo consentì all'amico di alleggerire il peso delle spiegazioni da dare di persona.
“Avresti potuto dirci che quella vecchia storia era tornata a crearti questi problemi.” disse Benjamin con fare particolarmente comprensivo “Piuttosto che scappare come dei criminali e lasciare Georg a pararvi le spalle avreste potuto semplicemente dircelo.” tra i due manager sembrava quello più incline ad un trattamento moderato mentre David non celava per niente il suo disappunto “In qualche modo avremmo trovato una soluzione per consentirti di fare quello che volevi.”
“Invece avete fatto di testa vostra e ci ritroviamo con un avvistamento di Tom e Gustav nel pieno centro di Milano documentato per di più dai fotografi, perché ovviamente eravate troppo impegnati per accorgervi che i paparazzi vi stavano dietro. Siete stati fortunati che Sven se ne sia accorto e li abbia seminati prima di ricongiungervi con Bill.” David appariva davvero adirato “Ho sorvolato sulla vostra sbronza di gruppo a Barcellona recensita da tutti i giornali scandalistici di mezza Europa e posso farlo anche su voi due...” indicò sia Gustav che Tom “...che venite assaliti dalle fans e su Tom che si mette in ridicolo indossando gli stivali di suo fratello, ma avete la minima idea della tragedia che avete sfiorato?”
Puntò su Bill “Posso comprendere le tue difficoltà, ma renditi conto che sei stato graziato se oggi nessuno ti ha beccato con Lyric Hörderlin! La tua storia con lei è una mina vagante e i Tokio Hotel non hanno bisogno di bombe sotto i piedi al momento.”
“Ora stai esagerando David.” intervenne Georg “Non potete impedirci di avere una vita privata e trovandomi coinvolto in una storia sentimentale so quanto costa mantenere in piedi qualcosa di così delicato in mezzo a questa giostra mediatica. So quanto vi preoccupiate e vogliate, in un certo senso, proteggere i Tokio Hotel da tutte le malelingue e le osservazioni inopportune dei giornali, ma non potete far sentire in colpa Bill se vuole vedere Lyric. Essere i Tokio Hotel non può impedirci di essere Georg, Tom, Gustav o Bill. Siamo persone, non solo i musicisti alle dipendenze del management.”
Erano parole gravose e ne furono coscienti tutti quanti in quella stanza.
“La situazione per te è diversa Georg.” cercò di spiegare Benjamin, ma venne interrotto subito.
“So anche questo.” disse il maggiore dei quattro “Io non sono il frontman e di certo non ho addosso la stessa quantità di riflettori che deve sopportare Bill. La posizione che abbiamo io e Lena è privilegiata perché la nostra privacy riusciamo a mantenerla integra, almeno per adesso, invece Bill verrebbe scoperto subito e Lyric con lui.”
“Tieni conto che dire Helena Schneider non è lo stesso che dire Lyric Hörderlin. I giornalisti tentano da mesi di scoprire l'identità della tua ragazza, ma non ci sono ancora riusciti perché siete stati attenti e cauti e noi vi abbiamo aiutato a coprire il tutto, però Helena è una ragazza qualunque. Lyric invece porta un cognome troppo altisonante in Germania, per non parlare della sua posizione negli stati Uniti. Lo scandalo che ne uscirebbe fuori sarebbe colossale.”
Bill fu stupito che loro due sapessero così tanto della posizione di Lyric e si chiese quando avessero avuto il tempo di raccogliere tutte quelle informazioni “Pensi davvero che non ne sapessimo niente, Bill?”
“Penso che avreste potuto dirmelo che eravate a conoscenza di tutte queste cose Dave. Da quando fate le spie?”
“Siamo stati messi al corrente dalla signora Freia Hörderlin.” spiegò David “Eravate entrambi minorenni all'epoca e i Tokio Hotel stavano appena conquistando successo. La decisione di tenere segreta la vostra relazione fu una scelta ovvia date le premesse e il fatto che voi due avevate preso spontaneamente la stessa decisione ci ha facilitato. Giovani come eravate sareste stati rovinati dall'esposizione pubblica della vostra relazione.” fu difficile non arrabbiarsi, ma Bill volle accettare in buona fede le parole di David, sembrava sincero.
“Resta comunque ipocrita e inappropriato che impediate a Bill di seguire in libertà le sue scelte.” Gustav riportò il discorso sulla questione principale “Lui è adulto, per quanto non lo voglia mai dimostrare, e ricordo che Lyric era fin troppo matura già a quindici anni, non sono degli sprovveduti. Se temete che la nostra immagine possa esserne danneggiata in qualche modo non dovete impensierirvi neanche di questo: i Tokio Hotel siamo ancora noi quattro e in quanto tali non temiamo di vederla rovinata. La serenità di uno di noi ha molto più valore dell'immagine.”
E dopo di lui fu il turno di Bill.
“Sono abbastanza grande da prendermi le responsabilità delle mie azioni e vi posso assicurare che non mi lamenterei. Ne è passato di tempo da quando ero solo un ragazzino inesperto ed innocente che accettava la vostra guida con remissività. Ora sono un uomo e su questioni come la mia vita sentimentale non accetto limiti o costrizioni poste come ordini da parte vostra.”
Sia Ebel che Jost si resero conto che davanti a loro stava avvenendo un vero è proprio atto di ribellione.
“Sarebbe un ultimatum il vostro?” chiese Benji scandagliando singolarmente il viso di ognuno di loro “Tom?” si rivolse alla persona rimasta in un sospettoso silenzio da quando la discussione era incominciata.
Per qualche attimo la faccia del chitarrista fu una maschera di cera impassibile, fissava l'invisibilità oltre le teste dei due manager, ma riprese vita in fretta “Sentite, questi tre filosofi ai miei lati fanno troppi giri di parole quindi io ve lo spiego in modo molto più semplice: Bill domani uscirà con Lyric indipendentemente da ciò che desiderate e noi tre non faremo niente per fermarlo perché ci siamo rotti le palle di averlo attorno così alterato. Ce ne fotte in maniera relativa se verrà scoperto domani o tra qualche settimana, tanto sarebbe tutta pubblicità per il gruppo e il far parlare i media è di certo meglio del loro silenzio. Se volete pensare che sia un ultimatum fate pure, ma a dir la verità non vi stavamo chiedendo il permesso.”
Georg ridacchiò appena e Gustav fu interiormente sollevato.
Tom era di certo restio quanto David e Benji nel lasciarlo andare, ma lo aveva aiutato e ciò non poteva essere altro che un altissimo gesto d'affetto. Bill ne fu enormemente colpito e grato.
David si sentiva esausto ma non gli stavano dando molte alternative “Se per te è così importante allora sei libero di intraprendere questa strada.” disse rassegnato e poi uscì in silenzio senza aggiungere altro. 
“Domani gli sarà già passata.” li rassicurò poco dopo Benji alzandosi a sua volta “Sa quanto me che non sono capricci i vostri. Dopo cena ci metteremo d'accordo per organizzarti l'uscita con più sicurezza.” detto ciò si congedò a sua volta.
Contro le loro più tetre aspettative ce l'avevano fatta senza dover sacrificare le proprie vite sull'altare dei loro manager e ciò era una ragione più che sufficiente per essere felici.
“Vorrei fare una piccola richiesta, Bill.” disse Georg serio.
“Ciò che vuoi.” azzardo l'altro senza pensare. Era talmente in debito che sarebbe stato disposto a fare qualunque cosa, anche la più stupida ed imbarazzante. 
“Ora chiamiamo il servizio in camera e ci facciamo portare la cena con una buona quantità di birra scura e mentre mangiamo mi racconti bene come sono andate le cose.”
“Certo.”
Georg poi sorrise furbescamente, come lo stregato di “Alice nel paese delle meraviglie” di Tim Burton: adorabile e contagioso, ma allo stesso tempo inquietante.
“E poi costringerai Tom a rimettersi i tuoi stivali con il tacco e gli faremo fare un giro di passerella lungo il soggiorno.”
“Uhm...” Bill si strinse le spalle “Se ci tieni tanto a vedere qualcosa di così orrido.”
“Piuttosto ti uccido.” minacciò Tom con gli occhi ridotti a due fessure assassine.
“Ho il diritto di vederti! Io vi ho parato il culo.”
“Para il tuo dal lampadario che ti infilerò per quel buco se proverai a dire ancora qualcosa al riguardo.”
“Dai, Tomi. Glielo devo.” Bill gli fece gli occhi dolci, ma Tom non si fece placare da così poco questa volta.
“Io non devo niente a nessuno. Già l'Europa intera mi riderà dietro quando quelle foto usciranno sui giornali, senza contare quanto mi massacrerà Andreas quando lo verrà a sapere. Non ho intenzione di essere pure il saltimbanco di Georg.”
“Lo sei già. Sei il mio personale buffone di corte portatile e ritraibile.”
“Muori Hagen.”
“Dopo che ti avrò visto con i tacchi.”
Gustav inclinò il capo e guardò il cantante con esasperazione. Bill dalla sua parte restò ad assistere all'ennesimo partita di “Tom&Georg fanno gli stupidi” con una grande sensazione di leggerezza addosso. Erano come sempre gli stessi, irrimediabili, due idioti di cui non sarebbe riuscito a fare a meno più Gustav Schäfer, la persona più complicata che conoscesse dopo di lui e che possedeva la straordinaria capacità di essere generoso come pochi amici lo sarebbero stati mai.
 

***

 
Diane rimescolò il suo espresso, portando così allo scioglimento il fantasma dell'ultimo granello di zucchero, scomposto ormai da chissà quanto tempo.  Kathleyn si era invece cimentata nella decapitazione crudele di una fetta di melone, con tagli netti e precisi, lasciando poi sparpagliati sul piatto delle porzioni informi color arancio. Anche il suo stomaco aveva deciso di scioperare quella mattina e non era previsto nessun ritorno dell'appetito fin tanto che Lyric non parlava a nessuna delle due.
“Quanto manca all'appuntamento con il lampione?” chiese quest’ultima, smettendo di ammazzare la frutta.
Diane rinunciò a sua volta all'ennesima mescolata e sbirciò velocemente l'orologio al proprio polso “Un'ora e mezza, dovremmo andare a controllare che si sia svegliata?”
“Non credo, sicuramente uscirà dalla sua camera a breve.”
“Quando sono andata a riferirle le indicazioni di Gustav avrebbe potuto almeno rispondermi invece di rimanere in silenzio dietro la porta.” difatti non vedevano Lyric da quando Bill e gli altri si erano congedati il pomeriggio scorso.
“È la nostra punizione.” Kat si rivolse verso la porta che dava sul terrazzo, dove si trovavano lei e Diane, aspettando di vederla uscire “Ed è la pena peggiore che potesse imporci. Sarebbe stato meno fastidioso se si fosse scagliata su di noi, come faccio io di solito.”
“Così invece è tutto più straziante. Escluderci, momentaneamente, è davvero una condanna pesante.”
“Già, con il silenzio che si accumula ogni minuto che passa mi chiedo quanto grande possa essere la frattura tra noi e lei. Ho paura che questa volta possiamo aver osato troppo, Diane.”
“Se abbiamo davvero oltrepassato il limite di quello che potevamo permetterci le chiederemo scusa.” disse Diane dopo una pausa di riflessione “Anche se non sentiamo di avere delle reali colpe le chiederemo perdono, lo faremo se è quello che vorrà sentirsi dire. Non ho paura di aver aperto uno strappo, quello potremmo sempre ricucirlo, più che altro sto in ansia perché Lyric ancora una volta vuole fare tutto da sola.”
“È la solita cocciuta. Se le fosse possibile morirebbe da sola piuttosto che appoggiarsi agli altri. Hai notato che fino all'ultimo Lyric non vuole mai pesare sulle nostre spalle? È davvero cocciuta.” Kathleyn si rabbuiò in volto “Ma dalla sera del concerto ho capito, sai? E dopo averla vista avere quella reazione, quando Bill è comparso di fronte a lei, ne sono stata certa.”
“Hai capito che se c’è Bill lei è disposta a far trapelare la sua debolezza?” Kat si morse un labbro per trattenere un verso di fastidio. Fu un particolare modo di dare l'assenso alla sua domanda.
“Se è Bill ad esserle accanto è capace di liberarsi di ogni sua protezione. Hai capito che lui può farle cambiare direzione.” Diane le dedicò un sorriso tenero, comprendendo quanto costasse all'amica ammettere di essere stata surclassata da Kaulitz “E tutto questo perché Lyric nutre una fiducia completa nei suoi confronti e non sto dicendo che non ne nutra per noi, ma è diverso. Bill è l'unico a cui abbia mai concesso il permesso di toccare l'interezza dalla sua persona, nel bene e nel male. Lui riesce a calmare le sue paure più profonde.”
E su di loro scese una consapevolezza che le turbò.
“Saremo con lei qualunque cosa accada.” disse Kat poco dopo e Diane annuì.
“Qualunque cosa accada ad entrambi.” la corresse.
“Ti senti già in colpa Diane?” la canzonò affettuosamente.
“No.” rispose risoluta “Ma se dovesse succedere il peggio, almeno voglio prendermi la responsabilità dell'infelicità di Bill. Infondo lo sto usando per il mio tornaconto personale.”
“Non fare la penitente, questa colpa da ieri possiamo dividercela in due, anzi, contando Alphonse siamo in tre.”
In quel momento dei passi attenuati annunciarono la presenza di qualcuno e simultaneamente si voltarono verso la porta per assistere a Lyric che entrava nel giardino-terrazza.
Uno dei sopranomi con cui erano solite chiamare Lyric era “Sleeping Beuty”, Bella addormentata, ed era un'abitudine che avevano preso da Alphonse. All'origine di questo nomignolo c'era il fatto che  Lyric avesse l'abitudine di protrarre il sonno ben oltre il risveglio.
Difatti quando si svegliava, per carburare e tornare nel mondo dei vivi, ci metteva molto tempo il che le dava un'aria assopita e sperduta per almeno una quarantina di minuti. In quel momento stava interpretando perfettamente il suo alter ego fiabesco.
Se ne stava in piedi in una posa molleggiata, sulla cima dei gradini che collegavano la suite al terrazzo, e aveva i pantaloni del pigiama afflosciati e spiegazzati mentre la t-shirt extra large penzolava dalle spalle scoprendogliene una. Ma più che l'aspetto di uno caduto erroneamente dal letto, a darle l'aria di una addormentata, c'era il suo sguardo. Appariva annebbiato o vacuo, quasi come se la sua mente stesse elaborando la sorprendente scoperta dell'esistenza del mattino. Era buffa, ma allo stesso tempo dava la sensazione che ci fossero centinaia di pensieri in elaborazione, i quali, erano forse la vera causa di quel suo fare così incerto. Sia Diane che Kat trattennero le lingue, nell'attesa di vedere come si sarebbe comportata.
Lyric prese posto a capo tavola senza averle degnate di un'occhiata, non ne furono offese, non prestare attenzione a niente e nessuno era  nel suo modus operandi da bella addormentata nel bosco. La osservarono mentre appoggiava i gomiti sul tavolo, lasciava uscire fuori un rantolo stanco dalla propria gola e successivamente si metteva a scrutare i resti del melone assassinato da Kathleyn.
Dopo un altro piccolo verso e qualche minuto ancora di mutismo parlò, restando comunque a fissare in basso, verso il mosaico decorativo del tavolo “Ho paura.” se ne uscì con voce molto bassa “Ho davvero tanta paura per questo appuntamento ed è tutta colpa vostra.”
Kat accennò ad aprire bocca, ma Diane le mollò un calcio al ginocchio. 
“Ci ho messo tantissimo prima di riuscire ad addormentarmi e non avete idea di quanto mi sia agita nelle lenzuola, il mio letto sembra un campo di battaglia. Ed è tutta colpa vostra.” si strofinò gli occhi e le tempie le si contrassero un poco “Ma dopo ore passate a riflettere su cosa aveste combinato mi sono resa conto che il danno era stato già stato fatto e io non posso far tornare indietro il tempo.”
Le dita delle sue mani si intrecciarono, il viso sempre nascosto “Sono ancora arrabbiata con voi perché, pur comprendendo le vostre intenzioni, non avete idea di cosa avete scatenato. Voi non siete consapevoli di quanto sarà difficile per me, ora che l'ho rivisto, vivere in pace.” le sue palpebre si chiusero.
“Prima di morire mia madre mi fece promettere che avrei fatto di tutto per essere felice e due mesi fa, durante quel guasto all'auto, ho ricordato quelle sue parole. Sono state queste a portarmi qui, avevo dimenticato quel giuramento e sapevo in cuor mio di non averlo rispettato da quando ho lasciato la Germania.” e la sua voce acquisì una nota particolare. C'era rassegnazione e consapevolezza, come se Lyric stesse finalmente obbedendo ad un comando superiore che per troppo tempo aveva contrastato.
“Pensavo di potermi accontentare, pregavo che mi fosse bastato vederlo al concerto, ma mentivo a me stessa ed ora devo fare i conti con ciò che voglio veramente.” finalmente Lyric guardò le sue amiche e mentre faceva ciò un sorriso dalla delicatezza struggente si appropriò del suo volto.
“Ho una paura atroce, ve lo ripeto, ed è perché la mia felicità da parecchio tempo non può coincidere con la sua e questa consapevolezza renderà qualunque mia azione un errore. Non so cosa devo fare, non ho la più pallida idea di come finirà questa storia, ma oggi vorrei lasciare da parte tutti questi dilemmi. Almeno per oggi vorrei solo passare del tempo con Bill.” concluse.
Diane, istintiva com'era, le piombò sulle gambe e la serrò in un abbraccio che non venne rifiutato.
“Facciamolo!” esclamò entusiasta mentre i riccioli biondi coprivano la visuale di Lyric “Io sono sicura che andrà tutto bene!”
Kat rise e sospirò contemporaneamente “Allora iniziamo con il fare colazione e poi pensiamo a darti una sistemata.” e le porse immediatamente il cesto delle brioche.
Lyric, liberata dalla presa d'acciaio di Diane, ne prese una alla marmellata di boschi.
Iniziò a gustarla in silenzio “Sono davvero così brutta oggi?” chiese poco dopo.
“Sei orrida” risposte la rossa e Diane le regalò un altro calcio al ginocchio “Ma è la verità!” protestò.
“Ora è semplicemente trasandata, ma dopo che si sarà lavata e vestita sarà splendida come al solito.”
Ci fu un momento di calma prima che Lyric reagisse a quelle parole sbiancando in volto e lasciando cadere nel piatto la brioche.
“Che c'è?” domandò Diane.
“Non so cosa mettermi.” se ne uscì preoccupata “E mancano meno di quarantacinque minuti all'appuntamento...”
Le due amiche ebbero una voglia incredula di ridere. Non avrebbero mai creduto nella loro vita di poter vedere un giorno Lyric trovarsi in crisi per una questione di vestiario.
Lei sapeva sempre cosa mettersi. Lo sapeva indipendentemente dall'evento, dal tempo, dai casi, ma in quel momento appariva sinceramente incapace di trovare una soluzione a quell'insignificante problema.
“Tu sai sempre cosa metterti.” la sfotté Kat “Cosa ci sarebbe di diverso oggi?”
“Bill non deve avere impressioni sbagliate.”
“Del tipo?”
“Del tipo: questo è un appuntamento romantico.”
“Non lo è?”
“No.”
“Ah, ne sei sicura?”
“Sì.” disse in tono lapidario. 
“Vacci vestita così.” fu allora l'ironico suggerimento di Kathleyn.
Ricevette il terzo calcio della giornata.
Continuando di quel passo si sarebbe dovuta sottoporre ad un intervento di chirurgia ricostruttiva. Se non avesse saputo che Diane era una cintura marrone di karate a Kat sarebbe piaciuto sfidarla ad un sano incontro corpo a corpo, per farle pagare quella violenza gratuita al suo ginocchio, peccato che dietro a quell'immagine innocente c'era un maledetto drago asiatico che sapeva tirare calci alla Bruce Lee.
“Dico sul serio.” scandì Lyric guardandola torva, si portò una mano nella parte bassa dello sterno e tocco da sopra la t-shirt del pigiama la cicatrice rosata reduce dall'operazione che aveva subito mesi addietro, in seguito all'incidente in macchina con Kat.
“A meno che Bill non decida di spogliarti non credo che vedrà quella piccola cicatrice.” l'anticipo Diane cogliendo la sua preoccupazione infondata. Lyric annuì, doveva riprendere il controllo della ragione, e saltò giù della sedia, diretta spedita verso il bagno della sua stanza.
“È così normale!” commentò Diane raggiante una volta che l'amica si fu eclissata “Vero?”
Kat le riservò una mezza smorfia “Non parlare come quel poeta da quattro soldi di Alphonse, non c'è bisogno di stupirsi così tanto.”
“Ah no? Quando l'hai mai vista nella nostra lunga convivenza agitarsi per cosa indossare ad un appuntamento con un ragazzo?” Diane appoggiò il mento sopra alle mani incrociate, i gomiti adagiati sul tavolo, e le regalò un'espressione da schiaffi “Parli proprio tu che hai passato un mese intero per convincere Lyric ad accettare le avances di Lawrence Wright e il mese seguente a lamentarti del fatto che Lyric fosse così incapace di relazionarsi con l'altro sesso in maniera normale. Sei ipocrita.”
Kat non prestò attenzione al commento “Smettila di blaterare e vai a prepararti! Dobbiamo portarla dalla pertica.”
Diane le fece una pernacchia, assottigliando gli occhi in due lame.
“Sul serio, Diane, non gongolare di felicità per queste piccole conquiste. Non è ancora tutto così sicuro, lo sai bene quanto me. Dall'appuntamento di oggi Lyric deciderà il daffare e sono convinta che non mi piacerà per niente quello che finirà per stabilire.”
“Non ti va ancora a genio l'idea che scelga Bill, vero?”
Kat sbuffò “Esatto. Ne hai parlato tu prima, il senso di colpa c'è già e dovremmo affrontarlo. Tutta quello che accadrà da adesso in avanti aggiungerà colpa su colpa e non mi piacerà dovergli chiedere scusa quando Lyric gli dirà la verità.”
“Esistono molti modi di salvare una vita umana.” la solennità con cui Diane lo disse la bloccò nel ribattere “La felicità di Lyric mi è sempre apparsa come la meta da conquistare. La sua serenità e la sua gioia sono ciò di cui ha bisogno e questi elementi sono legati al vivere accanto a lui. So che ti farà venire il latte alle ginocchia quello che sto per dire, ma è la verità: Bill è il solo ed effettivo modo che esista per salvare Lyric. Se, e ricorda che per me quel se non è ancora diventato un quando, lei morirà voglio che lo faccia da persona felice.”
“E Bill? Della sua salvezza che mi dici?”
Diane guardò in direzione dell'interno della suite “A quella ci penserà Lyric. Non devi per forza pensare sempre al peggio. L'equazione per quei due è la stessa.”
Kat borbottò qualcosa tra sé mentre si alzava e sgranchiva la schiena “Aaaah! Non ci capisco assolutamente niente, ma avere fiducia è ciò che sto facendo da quando ho accettato il tuo piano, quindi non farà del male a nessuno se continuo lungo questa condotta.”
Diane le sorrise alzandosi a sua volta “Davvero?”
“Sì, sembra strano dirlo, ma ho fiducia in te e nelle tue idee strampalate.”
“Grazie.”
“Non ho detto che per questo tu sia diventata una persona normale. Resti sempre un nanetto orientale completamente fuso di testa.”
“Quanto sei dolce.” si incamminarono verso le loro stanze “Anche io ho fiducia in te, ma resti sempre la solita spilungona repubblicana ottusa ed intrattabile.”
“Repubblicana?”
“Al mi ha detto che se te lo dicevo ti arrabbiavi.”
“Ho un ragazzo idiota.”
“Bè, te lo sei scelta tu quindi, se fai un conto, tra i due sei tu la più stupida.”
“Sei migliorata con le battute acide.”
“Ho avuto te come maestra.”
 

*** 

 
“Pensi di restare chiuso lì dentro ancora a lungo?”
La risposta fu un prolungato verso di silenzio.
“Non ti starai per caso truccando, vero?” il dubbio era fondato, si parlava sempre di suo fratello  “Non è una buona idea, sai che non devi farti riconoscere per strada.”
Bill ci aveva impiegato giusto qualche secondo per recuperare dei vestiti che non dessero nell’occhio, per i suoi standard ovviamente.  Anche se addosso lui un paio di jeans, la prima t-shirt che aveva trovato in valigia ed una felpa nera non erano garanzia di anonimato. Di truccarsi non si doveva neanche accennare.
“Evita anche di metterti il tuo solito cappellino di lana, quello è segno distintivo di Bill Kaulitz versione casalinga.”
Ancora silenzio, Tom si divertiva un mondo a parlare con nessuno.
“Bill?” sì alzò dal letto e andò a bussare alla porta “Mi devo preoccupare?”
“Ci sono!” Si aspettò che aprisse, ma non accadde. Bill proseguì a starsene nascosto in quel buco di bagno “Dammi qualche minuto, Tom.”
“Ma che diamine stai facendo?” Tom si morse l’interno delle guance.
“Mi sto preparando.” Lo liquidò semplicemente al che Tom capì che non avrebbe ottenuto niente di meglio. 
Bill dal bagno udì il suono di una porta sbattuta con troppa forza.
Sbuffò, finendo contemporaneamente di lavarsi i denti e poi sbatté lo spazzolino dentro il borsellino.
Tornò a fissare il suo riflesso allo specchio: poteva competere per pallore con un cadavere. Non era esattamente l’aspetto con cui aveva pensato di presentarsi a Lyric, ma non c’era tempo per un grande ripristino. Lei era già arrivata, David glielo aveva annunciato dieci minuti prima ed ora lo stava aspettando nella suite di Gustav. Non sarebbe mai stato pronto, neanche se avesse passato anni in quel bagno a cercare di riprendersi un minimo di decenza. Disperato ravvivò con una manata brusca il lungo ciuffo di capelli che gli cadeva sul volto e con una smorfia si fece una linguaccia “Sei orrido.” sentenziò “Inguardabile!”
Uno strato spesso e incatramato di matita nera sarebbe stato più che utile in quel momento, ma come aveva detto Tom poca fa non era la mossa più furba da fare per passare inosservato. Si arrese alla sua catastrofica bruttezza e uscì dal bagno rifiutandosi di guardare un secondo di più il suo volto deturpato dalla stanchezza.
Se solo avesse dormito più di un paio di ore, ma come era prevedibile pensare la notte l’aveva passata insonne, a rotolare sul letto in preda ad un vociare assordante di pensieri.
Raccattò il suo portafoglio e il cellulare dal comodino, poi li infilò entrambi nelle tasche posteriori dei pantaloni. Solitamente non avrebbe potuto farlo con una delle sue paia di jeans skinny, ma quella mattina era tornato ad un paio di Diesel dalle dimensioni più che normali. Seguì il consiglio fraterno e non prese neanche il suo confortante cappellino di lana optando invece per un capello marcato NY che Tom aveva provato a rifilargli perché troppo piccolo per la sua testa.
Sfidava lui a far entrare il capoccione del gemello dentro a quel cappello, improponibile.
Lo avrebbe indossato una volta fuori dall’albergo.
Sì guardò attorno cercando ancora qualcosa che gli fosse utile da portare, ma non c’era niente di indispensabile da trascinarsi dietro. Stava solo tergiversando più che poteva.
“Oh, andiamo!” brontolò esasperato da se stesso “Un po’ di palle Bill! Sii un uomo con le palle!”
Andò verso la porta, ma una volta che la mano fu sulla maniglia si accorse che una cosa indispensabile l’aveva dimenticata eccome: le sue scarpe. Era ancora in pantofole e calzini. Latrò di esasperazione ancora una volta e si diede contro per un altro paio di minuti. Epiteti come ‘deficiente’ e ‘imbecille’ volarono da una parte all’altra della camera ed erano tutti rivolti a lui medesimo.
“Le scarpe, coglione! Stavi per uscire con le pantofole!” il che non lo avrebbe aiutato a passare inosservato, soprattutto perché le sue pantofole erano a forma di cagnolino. Anche Tom ne aveva un paio, le aveva comprate per entrambi qualche mese fa in un mercatino a Los Angeles, in un momento di completa assenza di assennatezza.
Riparato a quell’ultimo inconveniente lasciò finalmente la stanza, con la sensazione sempre presente di non essere assolutamente pronto per quell’appuntamento. Oltre al modo in cui si presentava, che non era il problema maggiore, c’era di fatto la sua impreparazione ad affrontare qualsivoglia discorso con lei.
Non aveva la remota idea di cosa avrebbe detto o su di cosa voleva andare a parare. Passare ore e ore senza dirle niente era sicuramente una prospettiva alquanto patetica e fare discorsi a vuoto gli sembrava quanto mai inadeguato. Ma non poteva essere immediatamente serio, ne tanto meno poteva essere troppo superficiale.
Erano da secoli che non aveva un appuntamento con una donna, forse dalle ere del Giurassico. Se solo fosse stata una donna qualunque non ci sarebbero stati così tanti problemi, ma si stava parlando di Lyric.
Lei era molto più di una qualsiasi donna del mondo. Era la donna di cui era follemente innamorato da sei anni della sua vita. Sei anni!
Chi diavolo non si sarebbe fatto sotto dal terrore? Quale razza di insensibile animale sarebbe riuscito ad essere impassibile e distaccato? La ragione non aveva nulla a che fare con tutto questo.
La camminata dagli estremi opposti del corridoio fu estremamente rapida, anche se dubitava di aver mai fatto così pochi metri con uno stato d’animo simile, forse solo la sera del primo concerto ufficiale dei Tokio Hotel. Oh sì, decisamente ciò che provava era molto vicino al miscuglio di paura atroce ed euforia paradisiaca di quella volta.
Era sorpreso che non se la stesse facendo addosso per quanto era teso.
Digrignò i denti, si fermò e sbatté con la schiena contro uno dei muri del corridoio.
“Dai, puoi farcela benissimo. Ieri sei stato fantastico, davvero! Sei stato semplicemente grandioso, non sembravi neanche devastato dalla sua vicinanza. Super, sul serio, un grande!” prese a mormorarsi una specie di discorso d’incoraggiamento “Ora vai là, la saluti e poi uscite dall’albergo. Puoi farcela, tira fuori solo le palle Bill.”
Annuì “Posso farcela.”
Detto ciò arrivò alla meta, ma fuori dalla porta trovò Georg e Tom in una posizione persino più ambigua di quella che aveva lui due minuti prima. Tom era appoggiato contro il muro, vicino alla teca di un estintore, mentre Georg aveva le mani sulle spalle del fratello e pareva proprio premerlo contro la parete beige scuro.
Bill si bloccò a qualche metro da loro, perplesso. 
“Ascoltami Tom, dico sul serio, sai che non ti mentirei mai. Penso proprio che tu ti debba trattenere.”
“Lo so, lo so, ma pensi che per me sia facile?! Non posso farlo!” Tom sembrava frustrato e quasi sofferente, Bill lo intuì dalla linee disegnate attorno alla sua bocca e da quelle rughe sulla sua enorme fronte a lampadina.
“Come non puoi farlo? Guarda che è una cosa semplicissima. Prendi un bel respiro e ti trattieni la lingua dentro la bocca.”
Lingua? Che lingua?”  
“Ma la mia lingua vuole uscire eccome!” protestò l’altro emettendo contemporaneamente un sbuffo vistoso “Ho una voglia matta di usarla e fare un bel po’ di casino!”
“Non a tutti piace essere attaccati in quel modo.” Proseguì Georg continuando ad avere un tono di voce pacato e giudizioso, anche se autoritario “A me non è piaciuto per niente come l’hai usata qualche minuto fa e se persino io sono stato urtato dal tuo modo di fare così, diciamo, troppo irruento prova a chiederti come si è sentita lei. Tu devi darti una controllata, compreso?”
Bill si raschiò la gola rumorosamente. Questi si voltarono in contemporanea.
“Mi dovete per caso confessare qualche sordido segreto?” chiese indicando la loro posizione “Non è esattamente la giornata adatta per dirmi che avete una relazione segreta. Sapete quanto sia liberale nei confronti delle coppie omosessuali, davvero...”
Tom e Georg se ne uscirono con due identiche espressioni sbalordite, con tanto di bocche semiaperte e arcate sopraccigliari tese verso l’alto “Ma che cazzo stai dicendo?” balbettò il fratello.
“No, sul serio. Che cosa state dicendo voi piuttosto?” mosse la mano con quel suo tipico fare da cartone animato indicandoli ancora una volta “Siete in un corridoio d’albergo, Georg ti sta premendo contro un muro e tu glielo lasci fare, per di più fate discorsi sul fatto che hai voglia di usare la lingua, ma a lui non piace troppa irruenza.”
Georg solo dopo quelle parole mollò la presa sulle spalle di Tom e portò le mani in alto come a discolparsi “Tu hai appena insinuato una vera stronzata. Ti pare? Con Tom? Se fossi lontanamente gay non mi abbasserei mai a provarci con lui. Dio, che idea malata ti è venuta in mente?”
“E voglio ben dire!” proruppe Bill avvicinandosi a loro “Oggettivamente Tom è un bel uomo, ha preso tutto da me, ma seriamente, sai che orrenda fine avresti fatto se ti fossi innamorato di lui. Ti faccio più intelligente di così Georg.”
“Oh, non sta accadendo davvero. No, non può averlo pensato sul serio.” Tom prese a sussurrare quelle parole alzando gli occhi verso il soffitto “Ragazzo, tu sei davvero un idiota.”
“Questa volta gli do ragione, Bill sei un idiota.” Confermò Georg che si lasciò scappare comunque una risata.
In quel momento la porta della suite davanti alla quale si stavano intrattenendo si aprì e Gustav li guardò uno ad uno “Ehi, si sentono le vostre voci da dentro. Che state facendo?”
“Tu lo sapevi che Georg e Tom hanno una tresca segreta e limonano nei corridoi degli hotel a nostra insaputa?”
Gustav rimase perplesso giusto qualche attimo, poi uscì anche lui nel corridoio e chiuse la porta.
“Sì, lo sapevo che si frequentavano, ma non volevano dirtelo perché sapevano che avresti poi spiattellato tutto a Lena e avresti messo nei guai Georg.”
“Eh?” esclamò il maggiore dei quattro. Quando Gustav decideva di essere sarcastico ci andava giù pesante. Il modo serio con cui si espresse, poi, poteva quasi insinuare il dubbio che stesse dicendo la verità.
“Gustav, non assecondare Bill che ci crede.” Tom glielo chiese supplichevole.
“E come avrei dovuto rispondere? Lo hai sentito anche tu, dovevo dire una cavolata adeguata alla sua, in quanto a fantasia non sono da meno.” Rise “Ora che ne dici di entrare, Bill?”
“Oooh! Rinuncio a capirvi, mi spiegherete quando sarò tornato.” Li liquidò il loro cantante “Mi state facendo perdere tempo.”
“Ma sentitelo!” Gustav gli impedì di ricominciare con Tom e lo strattonò per un braccio, trascinandolo verso la porta “Sentì, fregatene. Ora vieni dentro.”
Bill ritornò con i piedi per terra ed entrò nella suite. Si aspettò di vederla immediatamente, invece ciò che trovò furono le sue due amiche, entrambe sedute sul divano del salottino.
“Finalmente!” Kathleyn non si risparmiò dall’essere sgarbata quando lo vide “Lo trovo abbastanza detestabile che certa gente ritenga la puntualità un optional.” Aggiunse con un sorriso piuttosto finto.
Bill sorpassò sul commento, già da ieri aveva capito di non essere tra le persone preferite di quella riccia, rossa e spilungona. Non sapeva il perché e scoprirlo era l’ultimo dei suoi interessi attualmente.
Diane lanciò un’occhiata di avvertimento alla propria amica prima di salutare Bill.
Il suo fortunatamente fu un sorriso più che sincero “Buongiorno Bill!” esclamò allegra.
“Ciao, Diane. Lei dov’è?” 
“È andata un secondo in bagno, se non ti dispiace Gustav.”
“Per niente.” E si accomodò sul divano su cui era seduta anche Diane.
Bill preferì restare in piedi e per non avere l’aria di uno stoccafisso incrociò le braccia al petto, assumendo una posa meno rigida. Almeno ci provò.
Georg e Tom richiusero la porta solo in quel momento, erano rimasti fuori a parlatore tra loro ancora qualche minuto.
Nel passargli di fianco Georg gli diede una pacca sulla spalla, poi si stravaccò poco elegantemente su uno dei poggiapiedi “Allora, a causa del guastafeste prima non abbiamo avuto modo di presentarci.” Incominciò lui rivolgendosi alle due ospiti “Io sono Georg, piacere. Loro sono Gustav, Tom e ovviamente Bill.”
“Io sono Diane, ci siamo conosciuti ieri.”
“Già, come dimenticarti? Hai praticamente rapito i Tokio Hotel e non è impresa da tutti.” Quel commento la fece arrossire “Mentre tu sei?”
Kat incrociò lo sguardo del bassista e si limitò ad un laconico “Potete chiamarmi Kat.”
Tom si avvicinò all’orecchio del fratello “Quella mi sta sul cazzo.”
Bill annuì d’accordissimo “Idem. È semplicemente irritante. Dovevi sentirla qualche minuto fa, ha starnazzato contro di me come se fosse dio sceso in terra.” Bisbigliò a sua volta in tedesco.
“Magari è il tipo che ha perennemente il ciclo e riversa tutto su gli altri.”
“Può darsi, ma più probabilmente non le vado a genio.”
“Starle a genio? Bill, quella sembra odiarti in maniera viscerale. Ogni volta che si nomina il tuo nome fa una lieve smorfia all’angolo della bocca e le vengono le rughe sulla fronte. ”
Il gemello alzò le spalle come se la cosa non lo toccasse minimamente “Non le ho fatto niente, cosa vuoi che me ne freghi se quella acida mi odia.”
Tom rise “Se non fosse così rompi cazzo un pensierino lo farei, anche se temerei per la mia vita una volta a letto. Credo che sarebbe capacissima di soffocarmi per il solo fatto che ho la tua stessa faccia.”
“Perché devi sempre finire per parlare di sesso?” gli diede uno schiaffetto alla testa.
“Per essere stronza è stronza, ma devi ammettere che è una stronza piuttosto attraente. Non è il mio genere, ma nella vita bisogna provare.”
“Se dovessi andare a segno, cosa di cui dubito proprio perché hai la mia stessa faccia, allora spero che tenti di soffocarti per davvero mentre ci state dando dentro.”
“Quanto sei insensibile. Guarda che a dire certe cose, se dovessero accadere, poi te ne penti.”
Bill rise e scosse la testa, solo Tom riusciva a farlo sentire così sereno con poche parole.
“A quanto pare non avete perso il vizio di bisbigliarvi segreti anche quando siete in pubblico.” La voce di Lyric li sorprese alle loro spalle “Comunque, per tua informazione Tom, Kat è già occupata ed è parecchio innamorata. Lascia perdere. Neanche tu sei il suo genere.”
Ed entrambi i Kaulitz si rividero quattordicenni, fuori dai cancelli della scuola in quel pomeriggio di Autunno, mentre interrompevano la loro sequela di complicità fraterna e si voltavano verso di lei. Come tanti anni prima la presenza di quella particolare persona era nuovamente riuscita ad azzittirli. 
Bill non trovò niente di più intelligente da fare che osservarla. Stentava ancora a credere che l’aveva nuovamente di fronte agli occhi, reale e viva. Niente allucinazioni questa volta. 
“Tom è il genere delle infermiere che pensano di redimere il cattivo della situazione.” Disse la prima cosa che gli venne in mente “E la tua amica, invece, sembra proprio il tipo che i cattivi della situazione li stronca in due.” aggiunse.
“Ti ha per caso detto qualcosa di sgarbato?” chiese lei intuendo subito del perché di quella battuta ironica.
“Sì, ma non l’ho considerata.” Confermò lui e la piacevole sensazione di naturalezza che c’era tra loro due lo resero subito un piccolo uomo felice. Sulla bocca di Lyric si abbozzò una tenue espressione di divertimento.
Non aveva mai imparato ad essere immune dalla gioia che aveva dividere qualche parola con Bill.
“Anche questo è un tuo tipico comportamento: ignorare deliberatamente chiunque decida di odiarti.”
“Quindi lo ammetti che la tua amica mi odia.”
“Nessuno mi pare te lo stava nascondendo.”
“E il motivo di tanto odio?”
Lyric sospirò “Sinceramente non ne ho idea, ma in parte deve essere colpa mia.”
Tom dal canto suo, come tanti anni prima, si sentì estraniato e allontanato. Un po’ come gli altri del resto.
“Bene, allora, se non avete di meglio da fare che confabulare in una lingua che io e Diane non possiamo capire perché non ve ne andate? Sarà meglio farlo iniziare questo appuntamento.” Kat interruppe l’idillio tra quei due molto bruscamente e Tom gliene fu grato. Si era appena guadagnata un punto-simpatia nella sua graduatoria.
Bill roteò gli occhi e si morsicò la lingua .
“Kat! Sei simpatica come del Mochi vecchio sui vestiti.” Diane si alzò dal divano e andò incontro a Lyric “Anche se il modo non è stato molto delicato ha ragione, ora potete andare.”
“Grazie.” L’amica afferrò la borsa che Diane le stava porgendo “Se avrete bisogno di qualcosa contattatemi sul cellulare.” Buttò un’occhiata a Kathleyn e si scrutarono molto seriamente “Non provare neanche a dirlo.” l’ammonì, tirando fuori un cappellino dalla sua Marc Jacobs.
“Io non ti stavo per dire niente.”
“Oh, sì! Eccome, ma tranquilla. Farò la brava.”
“Sarà meglio.”
 “Andiamo?” Bill l’afferrò per un polso e si diresse verso la porta. Doveva allontanarsi prima che decidesse di farla finita con l’educazione e cominciasse a fare lo stronzo con quella piattola riccioluta.
“Divertitevi!” fu l’ultima e accorata raccomandazione di Diane prima che quei due sparissero.
“Non ci ha neanche salutati quell’ingrato.”
“Oooh, Tom se le presa.”
“Taci Georg! Lo sai anche tu cosa intendo. Quando c’è lei tutto il resto sparisce.”
“E Tom non ha ancora smesso di essere un fratello geloso e possessivo.” Pure Gustav lo sfotté “Facevi così anche in passato, ricordi?”
“Fin troppo bene, grazie.”
“Scusate, ma forse non è chiaro il concetto: io e Diane non capiamo una sillaba di tedesco.” Kathleyn si fece notare, ancora, e Diane questa volta la rimproverò apertamente “Sei davvero impossibile! La finiresti di essere così intrattabile? Mi faresti un piacere enorme. Non puoi semplicemente essere contenta che stia filando tutto liscio? No, devi per forza mettere mano alla tua lingua biforcuta ed essere arcigna. Quando fai così mi chiedo quanti anni hai.”
L’amica fu sul punto di ribattere, ma all’ultimo si trattenne. Calò il silenzio.
“Allora, avete impegni per il pranzo?” a Georg non piaceva la tensione nell’aria.
Aveva già Tom in procinto di andare giù di testa, non aveva bisogno che si aggiungesse anche l’amica di Lyric.
Gustav lo appoggiò “Siete ufficialmente invitate a restare a pranzo con noi.”
Diane non perse l’occasione “Sì, per favore. Ci piacerebbe molto restare se non vi diamo troppo disturbo.”
Kathleyn bofonchiò un sì.
Si alzò dal divano e andò alla finestra. Tom le guardò la schiena chiedendosi cosa la spingesse ad essere così contraria, era convinto che lei fosse felice quanto lui del fatto che quei due andassero a zonzo insieme.
In quello stesso istante Bill e Lyric erano in ascensore, diretti al piano terra.
“Da quando ti lasci dare ordini?”
“Kat non mi dato nessun ordine.”
“A me pareva che te ne avesse dato uno sottointeso.”
“Uhm…”
“Che c’è?”
“Non sapevo che sapessi leggere nel pensiero della gente.” Lyric abbassò lo sguardo, le stava ancora tenendo il polso.
“So ciò che ho visto. Cosa significa che farai la brava?”
“Significa che cercherò di non mettermi nei guai, anche se il fatto di stare con te aumenta le possibilità di rischio.”
Bill accarezzò con il pollice il suo polso e spuntò sulle sue labbra una tipica espressione smaliziata “Io non ti ho mai messo nei guai quando stavamo insieme.”
Ebbe un fremito per via di quel gesto inaspettato “No, non mi hai mai messo nei guai, però ti piaceva sconvolgermi la vita. Lo facevi sempre, consapevole o meno che fossi.” ed indicò la sua mano e quel dito che proseguiva a passare lentamente sulla sua pelle “E penso che non ti sia passato il vizio neanche adesso.”
“Sciocchezze.” Lasciò andare delicatamente la presa “Sei sempre stata tu a scombussolarmi la vita. Non che mi dispiacesse, lo sai. Adoravo la tua capacità di rendere ogni cosa memorabile.”
Le porte dell’ascensore si aprirono e Bill le fece segno di precederlo.
Prima di uscire però gli prese il cappellino che teneva in mano e glielo mise in testa “Guarda che a me piaceva terribilmente come riuscivi a sconvolgermi. E credo proprio di non aver ancora perso questo vizio.”
Detto ciò si incamminò, seguita da un Bill pieno di aspettative.
 
 
 
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Non ci credo, sono riuscita a finire questo capitolo.
Wow, credo che una mia amica esclamerà “Era ora!”
Non ho molto da dire, i miei neuroni sono fusi. È passato così tanto tempo che avrò già perso tutti i lettori che mi seguivano, spero che qualcuno commenti e legga questo parto epocale. Per i vecchi lettori che leggeranno dico: scusate.
Per i nuovi: benvenuti.
Ora vi lascio alla lettura di questo capitolo, abbastanza corto per i miei standard, ma mi è parso chiaro che se avessi insistito con l’idea iniziale che avevo al riguardo sarebbe diventato un poema troppo prolisso.
Spero che il prossimo capitolo non esca troppo distante da questo. Buona lettura.
Gillian Kami.
 
 
 
 
 
 

 
 
   
 
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