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Autore: Per_Aspera_Ad_Astra    31/01/2011    5 recensioni
Tre diverse persone. Tre diversi caratteri. Tre diverse paure.
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’amaro sapore del caffè allungato si faceva spazio nella mia gola dopo aver inondato la lingua e aver mandato recezioni nervosi al cervello. Era estremamente buono. Il calore che emanava quella bevanda aveva creato una sensazione di piacere immensa, ma non solo nella mia bocca ma anche le piccole particelle che fluttuavano nell’aria erano arrivate fino alla mia narice facendomi sentire un profumo intenso di caffè appena tritato; quel bar era il mio preferito in questo paese, aveva sempre dei dolciumi e calde bevande nuove ma soprattutto buonissime…la loro arma segreta era proprio la “brownie”, la torta per eccellenza americana, quel gusto intenso del cioccolato la faceva risaltare con quei piccoli pezzi di nocciola. Un peccato a cui non si può dire di no. Sussultai appoggiando rumorosamente la tazza sul tavolo di noce scuro, mentre cercavo di non dare nell’occhio pulì quelle poche gocce cadute sempre sul tavolo e la piccola tovaglietta beige.
-Dannatissimo cellulare- sussurrai a denti stretti mente appoggiavo delicatamente il fazzolettino sporco su un piattino.
Shan.
Il nome di mio fratello brillava imperterrito sul display del mio BlackBerry, che diavolo voleva adesso? Non potevo nemmeno bermi un caffè in santa pace?
-Che diavolo vuoi?- risposi bruscamente sempre sussurrando le parole per far si che nessuno si girasse per guardarmi male.
- ‘Giorno eh…- mi rimproverò mentre la risata sonora di Tomo mi assordò l’orecchio destro
-Fa stare zitto quel bosniaco, digli che è solamente grazie a noi se non è cenere sotto terra- risi alla mia battuta mentre la leggera smorfia di mio fratello di approvazione mi fece capire che gli era piaciuta – comunque che vuoi? Adesso non posso neanche bere un caffè in santa pace?- sbuffai mentre con la piccola forchetta portavo vicino alla bocca un pezzettino di torta scura. - Avvertirci di questa tua grande uscita? E da due gironi che non vedo la faccia di mio fratello sai? Visto che se sotto la “mia tutela” devo sapere dove sei-
Mi strozzai con la cioccolata di quella torta, tossì per togliermi quel fastidioso bruciore alla gola e tolsi tutto definitivamente sorseggiando quel po’ si caffè rimasto -Sotto la tua cosa?- domandai incuriosito
-Tu sei il fratello minore ed io ti proteggo. Qualcosa che non va?- ironizzo la frase, mentre il grido di Tomo terminò con “incesto” e una grossa risata
-Quando lo vedo lo uccido, digli di non mangiare tanta carne- dissi minaccioso
-Lo farò. Ti dicevo che non ti vedo da più di due giorni da quella inutile festa, ricordo solo che te ne sei andato con due ragazze e poi sei sparito nel nulla. Hai qualcosa da raccontarmi?- mi chiese malizioso.
Sorrisi vicino la cornetta, sentivo le guancie farsi calde e una piccola scossa percorrermi la schiena.
Era vero, più di due giorni fa eravamo andati a una di quelle feste “ sesso, droga e alcol”, in una di quelle che il giorno prima sai di non fare cazzate mentre il girono dopo ti ritrovi in un letto di ospedale per aver fatto una gastroscopia; oltre a ricordarmi quelle due belle ragazze brune e i loro sospiri non mi ricordo più nulla.
-Tu mi hai chiamato solo per questo?- cercai di non fargli capire che da li a poco sarei andato a fuoco
-NON SOLO. PER DIRTI CHE SEI IN UN RITARDO ASSURDO- gridò la voce di Emma dall’altra parte della cornetta
-Ritardo?- chiesi a bassa voce, ma quando guardai l’ora sul mio orologio da polso un brivido freddo mi ghiacciò i muscoli e le articolazioni – le..le..di-dieci?- dissi intimorito
- Jared fa presto altrimenti qui si scatena una bufera- mi disse chiudendo la chiamata bruscamente
-Cazzo!- esclamai con un tono di voce un po’ troppo alto perché la gente davanti a me si girò sorridendomi.
Sbuffai a causa del mio troppo ritardo e poi perché non volevo lasciare quella suggestiva e incredibile mattinata in quel modo.Il sole usciva timido tra le piccole nuvole bianche mentre le veloci macchine del Montana facevano avanti e indietro per la via trafficata; il paradiso era a due passi da me e non lo sapevo.
Lasciai i soldi per i conto che mi avevano portato con qualche spicciolo per la mancia del cameriere che fortunatamente non mi aveva buttato fuori dopo che avevo fatto un macello per parlare al telefono con mio fratello; uscì dal locale e una leggera e fresca scia di vento mi scompiglio i capelli biondi, vedevo la gente in preda ai loro impegni: gente che parlava senza smettere si annuire, gente che correva perché era in ritardo e ancora gente che tranquillamente con qualche bustina di carta si aggirava per la città godendosi gli ultimi spirargli di un inverno gelido.
Feci qualche passo per avviarmi al viale alberato, stendendo la mano feci segno a una di quelle tante macchine gialle di fermarsi. Stranamente al primo colpo feci colpo.
-Buongiorno, dove la porto?- mi disse un uomo abbastanza alto con un cappuccio di lana sulla testa. Non si girò per guardarmi in faccia ma grazie allo specchietto interno riuscì a guardare i suoi occhi cerulei
- Per favore mi porti nella contea di Buffalo, Cochrane- gli annunciai distendendomi sul sedile
- Non è lontano da qui signore- si dichiarò con voce rauca mettendo in moto l’auto – con meno di dieci minuti saremo lì- mi disse continuando
- Perfetto- mi rassicurai mentre mettendomi comodamente vicino al finestrino guardavo le immagini scorrere velocemente sotto i miei occhi, creando un linea dove tutti i color si univano come un grande arcobaleno.
Quella sera ci sarebbe stato il BloodyBalls per l’ultima volta nella storia della band 30 Seconds To Mars, si, perché avremmo smesso di essere quel genere di band “mistero e sangue” e ci saremmo buttati sulla vera musica rock: quella musica che ti faceva sentire vere emozioni, quella che ti rimbomba nelle orecchie cosi tanto da farti male, quella musica che ti fa asciugare le lacrime dopo una lunga litigata. Era stata proprio questa a farmi mettere in piedi dopo tutte le batoste che avevo preso. Mi aveva salvato la vita.
Sette anni fa avevo cominciato a sentirmi una merda, una persone inutile e senza scopo ma soprattutto senza anima; aveva cominciato ad andare tutto storto: la mia vita amorosa, la mia vita sociale e quella della mia carriera. Tutto stava andando a puttane e io non sapevo come rimediare, pensavo di riuscire a mettere tutto sotto un grossissimo masso e cominciare tutto da capo, ma non era andata cosi…la ragazza mi si voltò contro, la band si stava quasi per sciogliere mentre i miei amici mi prendevano o per pazzo o per un gay. Ero in preda al panico più assoluto. Non sapevo dove mettere mano per salvare quella vita che avevo, non avevo più nulla per combattere o per lottare e andare avanti; fino a quando un giorno mi stancai di stare in mezzo alla mediocrità che non mi dava nessun frutto cosi decisi di buttarmi a capofitto da quel grattacielo di insicurezze e paure. Stavo ancora cadendo, e sapevo che ancora la risposta era lontana da me.
-Signore, siamo arrivati- mi ricordò l’autista del taxi facendomi rivenire dai miei pensieri
-Oh, si grazie- cominciai disorientato – quanto le devo?-
- Offre la casa- mi sorrise facendomi vedere i denti perfetti e bianchi dal piccolo specchietto -Ma…non posso…- dissi confuso.
-Non si preoccupi, mi ripagherà in un altro modo. Una prossima volta-
Ringraziai il “tipo” molto gentile dell’auto e mi avviai al marciapiede parallelo che mi avrebbe portato direttamente in quel teatro dove ci saremmo esibiti tutti in questo ultimo “Ballo insanguinato”, ero eccitatissimo per questa idea che mie era venuta: finire in bellezza dopo un bel ballo con una signing line, per farsi che tutti gli echelons che si trovavano lì dentro avrebbero avuto un rapporto diretto con noi. Io amavo i rapporti diretti.
-Buongiorno signor Leto, i sui compagni lo stanno aspettando nella Hall del palazzo- mi annunciò un signore con dei bianchi baffi alla reception
-Grazie- cominciai a camminare con un passo veloce, quando me li ritrovai tutti seduti a ridere e scherzare a un tavolino in fondo alla sala.
-Scusate il ritardo- mi scusai prendendo posto vicino ad Evan
- Tanto ormai ci siano abituati- cantilenò Brian mentre giocherellava con il cucchiaino – sono dodici anni che ti conosciamo-
- Se voi mi avreste avvertito di…- non finì la frase che tutti alzarono lo sguardo su di me
- Hai avuto tu l’idea- dissero tutti all’unisono – se tu non avessi avuto quest’idea i giorni prima di capodanno potevamo stare tranquilli a casa a riposarci- continuò Emma – siamo in tour da due anni, siamo anche stanchi Jared –
Un cattivo pensiero verso Emma mi balenò per la testa, ma lo cacciai immediatamente perché era una delle segretarie più efficienti che avevo avuto, o forse l’unica che aveva accettato di fare questa cosa.
- Dai, vatti a preparare, io e Shan dobbiamo solo sporcarci e siamo pronti- concluse Tomo con un tono calmo e deciso – avremmo cosi il tempo di accordare gli strumenti con Brian e Josh –
- Va bene, allora vado a cambiarmi e poi ci rivediamo qui tra un quarto d’ora. Emma ci pensi tu poi a fare il lavoro del sangue?- chiesi mentre mi alzavo
- No, per questo viene Nicole – mi disse Emma alzando gli occhi al cielo per poi guardare gli altri – l’ho chiamata poco fa, dovrebbe arrivare fra un’ora-
Spostai la sedia vicino al tavolo e mi diressi verso l’ascensore, lasciandoli lì a chiacchierare su questioni che forse non mi avrebbero nemmeno interessato ma alcune volte mi sentivo davvero escluso anche dalle discussioni più sciocche. Speravo sinceramente di essermi sbagliato. Arrivai al piano superiore e mi incamminai in quel luminosissimo corridoio pieno di stanze e di numeri finché non trovai il mio camerino.
La stanza era invasa dall’oscurità ma quando entrai il sensore di movimento accese la luce istantaneamente facendo si che la stanza si illuminasse con una luce calda e soffice, quasi se mi accogliesse in un abbraccio.
Posai il cellulare sulla grande cassettiera di noce illuminata violentemente da un sole accecante che si intravedeva nella finestra sopra il letto, sempre di noce, ricoperto con lenzuola bianco panna e beige come la pavimentazione di moquette; un tappeto di media larghezza era al centro della stanza e illuminava con un tocco di eleganza il centro di quella camera.
Un bigliettino, con la scrittura di Emma, era attaccato allo specchio sopra la cassettiera dove c’era scritto che il vestito si trovava nell’armadio vicino al letto. Mi avvicinai e lo aprì facendo scattare la serratura e con una grosso suono sordo le ante sia aprirono facendoli vedere il vestito ricoperto dal cellofan; lo sganciai dall’asta dell’armadio e lo appoggiai su letto per vederlo meglio : era davvero bello. Tutto quel bianco che si aggiungeva ad ogni particolare faceva risaltare le cuciture nere delle spalle e dei pantaloni, mentre le converse nere di pelle davano quel sottile tocco di colore. Amavo gli abbinamenti più strambi e casuali, mi davano sicurezza e mi facevano distinguere dalla massa tutta uguale e piatta.
Entrai nel bagno della camera, e mentre mi toglievo i vestiti mi guardavo nello specchio che rifletteva la mia immagine, ma soprattutto i difetti che negli anni si facevano sempre più marcati e più spessi: stavo invecchiando e non volevo ammetterlo.
Mi avvicinai allo specchio e accarezzai con un dito la piccola ruga sotto l’occhio, scesi verso il piccolo livido scuro e scavato che creava l’occhiaia…poi c’era quella vena dell’occhio destro che pulsava ansiosamente sotto la pelle. Respirai a pieni polmoni. Avevo vissuto la mia vita nei peggiori dei modi e senza accorgermene sarei anche scomparso nello stesso modo in cui la gente mi ricordava, o cercava almeno di ricordare quello stupido nome che appariva su tutte le riviste di gossip dopo una lunga e noiosa intervista piena di bugie e menzogne – si perché nelle interviste si mentisce sempre pur di avere un po’ di notorietà- ma io non lo facevo mai, io non dovevo mentire per essere uno dei primi su quelle stupide riviste. Inventavano loro per me.
L’acqua calda che usciva dal diffusore della doccia scivolava silenziosa e piacevole sul mio viso e sul mio corpo facendolo rabbrividire, i capelli si avvicinavano cosi tanto alla pelle quasi da sembrare incollati e pesanti sulla testa mentre tutte le goccioline piccole e aguzze pungevano la pelle facendo si che i peli superflui sulla mia pelle si alzassero come recettori. Presi la spugna e con quel po’ di sapone strofinai leggermente la mia pelle facendola arrossare dopo il mio passaggio, quasi come un massaggio i muscoli irrigiditi si scioglievano e si rilassavano sotto il passaggio dolce dei pori della spugna; mi insaponai, quindi, i capelli con uno shampoo profumato passando come un pettine le dita tra i capelli per poi massaggiarmi le tempie con le mai insaponate. Accesi nuovamente l’acqua calda della doccia che aveva fatto annebbiare i vetri limpidi e bagnati della doccia, l’acqua mi cingeva come un lungo abbraccio mentre sempre con le mani accarezzavo il mio corpo per togliere i rimasugli di schiuma, ma quando aprì gli occhi verso il basso non era l’acqua che veniva risucchiata nello scarico ma bensì sangue denso e acceso che veniva divorato dal ciclone di quel buco nel bel mezzo della doccia. Spalancai gli occhi e la prima cosa che feci fu guardarmi le spalle ma dietro di me non c’era nessuno, mi controllai ogni centimetro del mio corpo e quando fini di perlustrare il sangue colorato di un rosso acceso era sparito; uscì dalla doccia infreddolito per il cambio di temperatura infatti mi coprì immediatamente con un accappatoio appeso all’altezza della doccia. Cominciai a strofinare quel tessuto ruvido sulla mia pelle, sulla testa e anche sulle insenature del mio corpo e dopo che mi sentì soddisfatto lo buttai in un angolo della stanza – non provavo né paura né ansia per quello che mie era successo, cosa a me molto strana, ma era meglio cosi non volevo trasmettere la mia tristezza a nessuno. Tutto sarebbe stato rinchiuso nelle stanze oscure del mio cuore –
Mi infilai velocemente i boxer, calzini e corsi velocemente nella camera per non perdermi più freddo di quanto non me ne stavo già prendendo, indossai i pantaloni aderenti bianchi – che facevano risaltare le sottili gambe – e la camicia di un soffice cashmere che accarezzava dolcemente la mia pelle, infine la giacca e annodai quel fastidioso fiocco dello stesso colore dei pantaloni. Mi avvicinai allo specchio e cominciai ad ispezionarmi: i capelli umidi facevano ancora cadere delle piccole goccioline di acqua sulle tempie, gli occhi arrossati coprivano ormai il bagliore che avevano prima nonostante fossero chiari e poi c’era ancora quella vena sotto l’occhio che era lo specchio interiore di me stesso, quando quella si ingrossava e pulsava ero in uno stato di ansia pura, come mi trovavo in quel momento, era grossa e visibilissima anche da un miglio e non sapevo perché era diventata cosi. Prima stavo cosi bene.

Il sangue.

Mi tolsi quell’immagine dalla mia mente e mi voltai toccandomi le tempie, tutto stava andando storto quel giorno e non sapevo come ricominciare da capo, ma anche questa volta la calma che mi si era creata svanì immediatamente quando una piccola presenza calda e leggera mi passo dietro la schiena strisciando dietro di me. Respirai a lungo questa volta prendendo più aria possibile e mi voltai anche questa volta e come prima oltre allo specchio e alla luminosa cassettiera non c’era nient’altro, ma come se fosse un sogno la mano che sbatteva sulla porta mi fece rinvenire.
-Chi è?- esclamai avvicinandomi alla porta
- Evan –
-Dimmi- feci trovandomelo davanti con un foglietto in mano
- Sei già pronto?- mi domandò
- Si, Emma mi ha detto che tra un po’ dovrebbe venire Nicole. Sto aspettando lei- conclusi mentre gli feci cenno di entrare
-No, grazie. C’è un tipo sotto che ti aspetta, dice che avevate programmato un’intervista-
-Un’intervista?- gli domandai incuriosito
-Si, mi ha detto che ieri sera gli hai chiamato dicendogli che avevi da dirgli una cosa eclatante- si dichiarò portandosi dietro l’orecchio il ciuffo ribelle che aveva davanti gli occhi. Non mi ricordavo assolutamente di aver chiamato quell’uomo per l’intervista ma visto che due giorni fa avevo bevuto e avevo fumato fino a vomitare…pensavo che quella cosa era successa a causa di quella dannata festa.
-Si…va bene.- cominciai grattandomi la testa – mi libero di lui in pochi minuti-
- Ok, io vado a dirlo a gli altri. Non metterci tanto ve bene?- mi fece un grosso sorriso e ritornò da dove era venuto.
Scesi le scale in tutta fretta abbottonandomi l’ultimo bottone della camicia mettendomi bene in riga per non sembrare un vagabondo come il mio solito, scegli gli ultimi scalini saltandone qualcuno e passando vicino la reception
- Salve, qualcuno voleva vedermi? – chiesi all’uomo anziano dietro il bancone
- Se mi ricorda il suo nome posso vedere – mi disse regalandomi un grosso sorriso sotto i bianchi baffi - Leto. Jared Leto – gli dissi dandogli anche in uno dei miei “ricercatissimi” sorrisi
- Si..un certo…- la voce venne bloccata da un uomo che grido il mio nome
-Sono io!- gridò un signore con un berretto nero che gli copriva praticamente il viso – Sono io che la cercavo- mi porse la mano quando intravidi il suo profilo-
- Ah..salve. Senta ci sarebbe un grosso contrattempo…- cominciai con una scusa
- Aspetti prima di parlarmi di contrattempi, io sono…-

**

- Jared, Jared, Jared, Jared, Jared - sentivo un coro che intimava il mio nome ma non sapevo da dove provenisse. Il rumore si espandeva nella grossa stanza piena di grosse luci che illuminavano solamente il soffitto mentre il resto era opaco e non visibile.
- Mi vedi?- rimbombò la voce del giornalista
- CHI SEI?- urlai rovinandomi la voce per la serata
- Il tuo migliore amico-co-co- l’eco della voce si faceva tetra e cavernosa
- TOMO? SHANNON? BRAX? EVAN? TERRY? CHI SEI? HAI PAURA CHE IO LO VENGA A SAPERE?- non capivo chi tra questi mi poteva fare questo stupido scherzo e mentre fissavo il soffitto una luce ancora più forte illuminava tutto il resto della stanza, facendomi vedere finalmente che era ricoperta di specchi che riflettevano me stesso.
Ogni specchio aveva la sua particolarità: oltre al colore rifletteva di più l’altezza della persone, il colore della pelle, quella degli occhi facendoti diventare complessivamente perfetto ma sgombro visto uno per uno; c’erano specchi opachi, rotti e non scorniciati o sagomati ed erano gli unici che riflettevano il vero me stesso
-Hai visto come ti vede la gente?- la voce continuava a ronzare in quello spazio immenso
- Perché la gente mi vede cosi?- dissi incamminandomi per vedere le imperfezioni che la gente riusciva a vedere; oltre ad essere quelle fisiche molti vedevano anche quelle interiori: la violenza, la passività, la non curanza. Erano tutti esatti. – Come fanno a vedere tutti queste cose?- gli domandai, ma nessuno mi rispose fino a quando capì che gli specchi rotti e opachi si moltiplicavano - E chi è invece che mi riesce a vedere cosi?- domandai ancora incuriosito da questo macabro gioco
-La gente che ci tiene davvero a te – annunciò una figura che si intravedeva dallo specchio davanti a me. Mi voltai. Ero solo. – Quelle persone che non interessava se tu avevi tutti quei difetti, tu eri nel loro cuore comunque- un’altra figura si fece avanti nello specchio alla mia destra, ma anche sta volta nessuno era vicino a me.
- Vuoi dire che tutti mi sopportano?- una vena di tristezza entrò nella mia domanda
-Dimmi tu se quello che dico è vero…- una immagine di Emma mi apparve sullo specchio più grande.
[…Pensa sempre di saper tutto. Lui non si rende conto che la sue era è finita. L’era del suo gruppo è finito, lui ha fatto crollare tutto quello che insieme avevamo costruito. Ho deciso di fare questo lavoro perché ero emozionata ed eccitata di intraprendere una cosa nuova, ma dopo un po’ ho capito che tutto era incentrato su di lui e su quella brutta cera che ha…]
Un pugno nello stomaco.
Mi apparve Braxton e l’immagine di Emma svanì immediatamente.
[...Lo conosco da poco tempo per dire che è un uomo cattivo, sicuro di se e brutale ma posso dire che è una delle poche persone che se non vedessi i suoi occhi insicuri e frustrati non lo seguirei mai in capo al mondo. La sua insicurezza mi fa pena…Lui mi fa pena…]
Un altro pungo nello stomaco.
Questa volta invece Brian, Evan e Josh erano in quel grosso specchio e proprio come Emma , svanì Braxton.
[Che dire per noi Jared era come un fratello maggiore, sempre disponibile carino e gentile. Poi però arrivò la fama nel 2005 e del Jared gentile e caro nemmeno l’ombra; ci ha praticamente messi tutti da parte per godersi la sua gloria – che ovviamente prese con i denti- ma ne fece un’altra persona. Se avessimo la possibilità ce ne andremmo subito…]
Ancora una volta un pugno mi trafisse lo stomaco facendomi inginocchiare per terra.
Questa volta era Tomo.
 […Me lo ricordo ancora nel provino del 2003 quando insieme a Shannon mi scelsero per entrare a far parte de 30 Seconds To Mars – la mia band preferita- ero eccitatissimo perché sentivo che si confrontavano fra di loro su quello che avevo fatto. Fu lui a dirmi che entravo nella band con un sorrisone a trentadue denti; mi ricordo ancora le sue parole “Tomislav, tu entri a far parte dei Mars. Complimenti”. Ero davvero felicissimo. Poi tutto cambiò: lui, suo fratello e gli amici vicino a me. Jared copriva le scene di tutti..e lo odio per questo perché non mi ha fatto emergere per quello che ero…lui mi ha coperto. Dovrebbe andare all’inferno per questo…]
Mi sentì quasi morire.
-Allora come ti senti?- la voce era vicinissima a me
-Bastardo- alzai gli occhi al cielo quando la sua grossa mano mi coprì il viso imprigionandomi mani e piedi, per poi con un grosso cacciavite arrugginito mi taglio gran parte del vestito bianco fino ad arrivare al braccio. Urlai quando arrivò infondo alla pelle sentendola lacerata.
-Sai che con questo puoi morire?- disse continuando a scendere anche sul torace.
-Per..per..ché fai questo?- non riuscì a parlale perché il sangue scorreva velocemente.
[…Mio fratello era la persona più importante della mia vita, la mia luce ed era tutto quello che potevo desiderare da una persone che era vicino a me. Molte volte mi chiedevano se fossi davvero fidanzato con lui per il bene che gli volevo e per le attenzioni che gli davo, questo mi faceva spesso ridere quando glielo raccontavo..perché la gente per non credere ad un’amicizia pura credeva a incesti e molto altro; ma ovviamente come tutte le cose partite bene la fine non si prospetta come l’inizio: è cominciato a cambiare, vedeva gente non adatta a lui e questo mi preoccupava anche tropo alcune volte perché ero arrivato al tal punto di chiamare la polizia. Come ero stupido. Ha lui non serve il bene che gli voglio, lui sa cavarsela da sola –come mi battibeccava spesso- ed è per questo che non vedo l’ora che ci sia il momento giusto per scappare da quella bolla che gli ho creato. Cosi una volta per tutte si renderà conto che la vita non è cosi facile come sembra…]
Volevo tenermi la testa perché tutte quelle parole me la facevano girare al tal punto da farmi male ma le mani erano bloccate in un nodo lungo e stretto che non faceva passare il sangue alle articolazioni, le mani pungevano e bruciavano: il sangue che circolava ormai era diventato troppo poco sarebbero andate in cancrena.
-..ti..prego..liberami le mani…devo lavorare..con queste- gli implorai mentre delle lacrime più pungenti di aghi mi scendevano sulla guancia
-Adesso soffri vero? Tu mi hai fatto soffrire cosi!- mi urlò nell’orecchio mentre con una spinta mi fece cadere.
Si mise a cavalcioni sopra di me e vidi finalmente il suo viso, era quella persona che avevo amato per molto tempo..e adesso cosa fa? Mi odia? -Tu…non…- premette un dito sulle mie labbra e si avvicinò a me - Pentito eh?- rise sommessamente – …questa tua colpa la pagherai nell’inferno sai? Dove tu sei nato, nel centro della terra- con lo stesso cacciavite marchiò il mio viso premendo più che poteva – cosi quando morirai vedranno tutti quello che ti ho fatto. Finalmente sarò ricordato anche io. –
La paura si ripercuoteva per tutto il corpo come una scarica elettrica che arrivava fino ai piedi per poi risalire emanando pulsioni al cervello per farmi sentire il dolore che stavo provando, e come se fosse una ricezione il mio fisico cominciò ad agitarsi con dei movimenti che non prevedevo.
-Non sapevo soffrissi si crisi di panico sai?- si alzò respirando a pieni polmoni- mi hai rovinato la vita in soli cinque anni, facendomi provare rancore e tristezza allo stesso tempo. Non sai quante volte mia moglie mi aveva pregato di non pensarci perché ormai era tutto passato e non potevo tornare indietro…ma no! Non potevo! Tu mi perseguitavi con il tuo stupido pianto e quei stupidi lamenti pregandomi di non andarmene, come un pulcino spaurito correvi per cercarmi per riprendermi sotto la tua ala protettiva. Poi invece hai cominciato ad attaccarmi senza senso, perché io non ero più degno del tuo stupido gruppo vero? Io ti avevo rovinato la vita, io ero colpa di tutti i tuoi problemi. E TU SEI COLPEVOLI DEI MIEI!- urlò a squarcia gola tirandosi con le unghie la pelle delicata e bianca del viso
. -Io..non..volevo- cominciai cercando di mettermi in piedi mentre vedevo che ormai il sangue stava impregnando il vestito ormai strappato - …tu sei andato via, lasciando tutti…tu eri la…carica…- mi accovacciai su me stesso per sentire meno dolore.
Serrai gli occhi e li strinsi per cercare di mandare via le parole del mio staff ma soprattutto quelle di mio fratello - scusami..se hai rimesso la tua carriera…p-per questo. Scus…- non riuscì a terminare la parola che una revolver era piantata sulla mia pancia
- Scusa per cosa? PER COSA!?- carico la pistola
-Ti..prego..non farlo. Non farlo…non farlo..- lo supplicai guardandolo fisso negli occhi, incontrando i suoi di un colore cangiante.
Avevo davvero paura adesso, il cuore mi batteva a mille sentendolo quasi in gola…la testa mi girava e gli occhi erano umidi e gonfi. Mi ero trovato sui film in queste condizioni molte volte, ma ogni volta mi alzavo sempre sporco di vernice per poi andare nel camerino a lavarmi e ritornare come nuovo sul set. Questa volta non mi sarei alzato di nuovo. Questa volta era per sempre.
- Dimmi il tuo ultimo desiderio- mi disse con voce tremante. Stava piangendo.
-Lo..so che non lo vuoi. Lo so!-
- A-addio, Jared - posiziono il dito sul grilletto
-MATT!-


…e poi…niente più…







Tutti avevate capito chi era questo famoso personaggio dietro una mascera d'oro. Ok, non sono capace a fare queste cose XD. Scusate ma questo cpaitol è uno dei peggiori che abbia mai scritto...mi spiace davvero!
Alla prossima e grazie a tutti!

  
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