Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _Pansy_    29/12/2005    19 recensioni
Tutti almeno una volta ci siamo ritrovati a fantasticare sullo strano, confuso e ambiguo rapporto di questi due particolari personaggi. Molti sono convinti che tra loro scorra amore, altri odio, altri ancora indifferenza, rancore o semplice simpatia, ma … quel è la verità a riguardo? Come si sono conosciuti, qual era il loro carattere, come hanno vissuto i loro primi e ultimi anni ad Hogwarts, cosa è successo o cosa non è successo in quelle mura e fuori nessuno lo sa con chiarezza … certo … ma se avrete la pazienza di seguire questa storia passo dopo passo scoprirete con gran stupore che in fondo, maghi purosangue o meno, non erano nient’altro che ragazzi …
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un auto volante dalla forma ambigua sfrecciava leggera tra le nuvole tinteggiate di rosa e arancio, gonfie della luce dell’ultimo tramonto inglese.
Ogni cosa pareva bruciare sotto quei raggi ramati, rendendo il paesaggio simile ad un enorme e bellissimo falò sfumato dai mille e più colori. Da lassù, la vista era incredibile, ma dopo più di cinque ore passate a fissare fiumi, montagne e case minuscole, comunque, un po’ di quell’effetto magico svaniva, tanto da rendere il tutto quasi monotono e insignificante agli occhi dei tre maghi seduti all‘interno della strana macchina volante.
Uno dei finestrini posteriori della vettura era completamente aperto. Vi entrava un’intensa brezza estiva, che impertinente scompigliava i capelli neri di una ragazza di dodici anni dall’aria triste e stanca. Respirava a pieni polmoni, la testa a ciondolarle inerme su una spalla.
Quel vento tiepido era intriso di odori e profumi … odori e profumi inglesi, forse da lei fin troppo conosciuti.
- Pansy, per favore, chiudi quel finestrino. Inizia a far freddo, non vorrai ammalarti -
La ragazza aprì a fatica gli occhi, scrutando appena la figura torbida della madre.
La sua voce le era giunta gentile, cortese, quasi lontana, ma per Pansy era come se questa le avesse urlato all’orecchio con quanto più fiato aveva in gola per un tempo indefinito.
- Chi se ne importa - sbottò brusca, schiacciandosi contro il sedile posteriore, l’aria a graffiarle feroce il viso - Certamente i Malfoy non si metteranno a piangere se mi becco il raffreddore … o forse sì, in effetti starnutendo potrei infettare la loro costosissima aria -
- Pansy … - iniziò sua madre senza guardarla, il tono che voleva sembrare ragionevole - Sai benissimo che i signori Malfoy ti adorano -
- Sì, mi adorano quanto si può adorare una caccola di Troll attaccata alla suola di una scarpa -
La donna sbuffò esasperata, ma suo padre, che fin’ora se n’era rimasto in silenzio, le lanciò un’occhiataccia attraverso lo specchietto retrovisore, fulminandola all’istante.
- Che cosa hai detto a tua madre? - sibilò, senza toglierle gli occhi di dosso.
- Niente - mormorò rassegnata.
- Bene …- tuonò gelido, continuando a fissarla in tralice - … allora chiudi quel finestrino e cerca di renderti presentabile. Saremo a Greenfresh tra meno di mezz’ora e non voglio che i Malfoy ti vedano così -
Pansy richiuse il finestrino con rabbia, scostandosi con forza un ciuffo ribelle dal viso.
Sapeva bene di avere i capelli aggrovigliati, gli occhi arrossati e una perfetta aria da funerale stampata in faccia, ma non le importava affatto … Lei non voleva tornare dai Malfoy, o per lo meno non quella sera. Non subito dopo una splendida vacanza trascorsa a Kiel, la sua meravigliosa città natale.
“Già … Kiel …” pensò melanconica, appoggiando la fronte al vetro freddo del finestrino, ignorando le lucette che dal basso avevano preso ad accendersi per le strade “Chissà quando e se mai ci ritornerò … ”
Scrollò il capo, ricacciando indietro le lacrime.
Se ripensava al suo paese, infatti, le veniva un fastidioso e ingombrante groppo al cuore … per non parlare, poi, della voglia impellente di piangere e urlare come una piccola mocciosa.
Non ci doveva assolutamente pensare, lo sapeva, ma non era facile per lei dimenticare quei due mesi da sogno lontani da Londra …
Quando aveva messo piede in Germania, in quella terra lontana, così familiare e al tempo stesso così sconosciuta, si era sentita rinascere. Una sensazione strana quanto piacevole l’aveva pervasa nel momento stesso in cui i suoi occhi erano andati a posarsi sulla sua antica città affacciata al Mar Baltico.
Erano quattro anni che non rimirava quella baia stretta e sinuosa che sapeva e profumava di mare… praticamente un’eternità.
Quattro lunghi anni che non vedeva la sua vera casa: quella enorme, abbagliante, dagli antichi coppi grigi e le pareti di pietra calcarea; quella situata in cima alla scogliera e circondata da quel verde così selvaggio e così poco inglese che l‘aveva accolta nei suoi primi anni di vita. Oh com’era bella ai suoi occhi…
Ma, bisognava ammetterlo, non era stato più di tanto il luogo a colpirla: le persone, così simili a lei, erano state la sua vera gioia.
Aveva riabbracciato finalmente i suoi nonni materni, Konrad e Ela Schauenburg, ma anche tutti i suoi vecchi amici d’infanzia.
Aveva rivisto Elizabeth, la sua spigliata migliore amica dai tempi in cui giravano per casa con enormi pannolini bianchi e puzzolenti, e il suo bel fratello sedicenne, Christian, che da quel che ricordava, le rubava sempre i biscotti quando andavano all‘asilo. Entrambi ora frequentavano la scuola di magia e stregoneria di Durmstrang e avevano un sacco di cose da raccontarle a riguardo di quel luogo misterioso. Con loro accanto il tempo era volato.
Tra passeggiate nei boschi, discussioni su quale scuola fosse la migliore e sporadiche prese in giro sul fatto che il tedesco di Pansy necessitasse di una buona spolverata, l’estate era scivolata via fin troppo in fretta.
Era stata così contenta di sentire le buffe storielle di suo nonno, detto “Il Vichingo” (per via della lunga barba raccolta in trecce e la corporatura massiccia) e le lamentele quotidiane di sua nonna su quanto suo padre si fosse rimbambito a darla in sposa a un lattante inglese da scordarsi completamente del fatto che prima o poi sarebbe dovuta tornare in Inghilterra ... e quindi dai Malfoy.
Le era caduto il mondo addosso quel mattino, quando aveva dovuto dire nuovamente addio ai suoi familiari e ai suoi amici per riprendere la sua vita da futura Mrs. Malfoy.
Non si era mai sentita così male in tutta la sua vita. Aveva pianto così tanto e così a lungo per rimanere anche quell’ultima settimana di vacanza a Kiel da scatenare il putiferio in famiglia.
Sua nonna che da sempre detestava suo padre, gli aveva dato del “mostro insensibile”, mentre il signor Parkinson, che se avesse potuto avrebbe gettato la suocera nel fiume più vicino, aveva ribattuto furente che parecchi anni prima anche lei aveva fatto la medesima cosa obbligando la figlia a sposarlo e che quindi non erano poi così differenti.
Il resto del litigio è meglio non riportarlo; primo perché noioso, secondo perché infinitamente lungo. Fatto sta comunque che Pansy, sotto viva richiesta della madre, aveva smesso di far storie saltando in macchina senza fiatare, ponendo così fine a quella sceneggiata.
Il lungo viaggio di ritorno era trascorso nel silenzio totale, interrotto talvolta da alcuni singhiozzi da parte di lei e da brevi e intensi litigi tra i signori Parkinson per la questione “nonna”.
Fortunatamente le cose nell’ultima mezzora si erano calmate … suo padre tuttavia rimaneva ancora di cattivo umore, e il breve scambio di battute di poco prima ne era la prova lampante.
Pansy sbattè ripetutamente le palpebre, distogliendo lo sguardo dal paesaggio ormai buio e vuoto, eccezion fatta per le piccole lucette gialle provenienti dalle sottostanti casa babbane.
Una lacrima amara le rigò involontariamente una guancia. La asciugò in fretta con le dita, rovistando nella borsa alla ricerca dell’ennesimo pacchetto di fazzoletti.
- Siamo arrivati - borbottò suo padre, chiaramente ancora di umore nero, mentre lei si soffiava il naso con una pernacchia degna di Pix, il poltergeist di Hogwarts - Spazzolati i capelli e vedi di comportati bene-
“ Bla, bla, bla e gné gné gné” lo scimmiottò mentalmente la ragazza, mentre con rabbia si passava le dita tra i capelli nel tentativo, inutile, di lisciarli agli angoli della testa “ Neanche a Draco fregasse qualcosa se sono pettinata o meno!”
L’auto prese a planare leggera e invisibile, tra le cime degli alberi del maniero, sfiorando appena la recinzione di ferro battuto, inoltrandosi nel bel giardino curato e ricolmo di fiori colorati.
Come un gatto enorme, la vettura si depositò a terra, scricchiolando dolcemente sulla ghiaia e tornando automaticamente visibile.
Pansy sospirò, stringendo le mani attorno alla maniglia fredda della portiera, ben consapevole che l‘inferno sarebbe iniziato una volta scesa da lì. Ma perché tra tutti i purosangue inglesi, proprio Draco le doveva capitare?
- Erick, Katrina! Ben arrivati!-
La voce odiosamente gentile di Narcissa Malfoy le giunse all’improvviso alle spalle, facendola trasalire. Esitò, osservando con una sgradevole sensazione allo stomaco, la mano di sua madre stringersi calorosamente a quella della donna.
“Ma sì, tanto prima o poi devo scendere” disse tra sé con un sospiro, spingendo lo sportello, uscendo così dall’auto. Le lanterne appese all’elegante porticato in legno antico della casa le abbagliavano gli occhi, sfumando tutto il prato di un intenso bianco-argento. Teneva gli occhi semichiusi, sbirciando appena quella maestosa villa che solitamente adorava, ma che in quel momento non poteva fare a meno di detestare.
Fece per avanzare di qualche passo alla cieca quando due mani gelide le strinsero le braccia, serrandola in una piccola morsa.
- Pansy, mia cara -
Narcissa le deposito due baci striminziti ed eccessivamente formali sulle guance bollenti, facendola trasalire ancora una volta. La donna le sorrideva, ma i suoi occhi non brillavano … era incredibile come quella donna potesse apparire costantemente algida ai suoi occhi, sebbene sempre gentile e cortese.
- Buona sera, signora Malfoy - rispose educatamente lei, strofinandosi le spalle nel tentativo di annullare quella sensazione di ghiaccio sulla pelle.
No, decisamente la sua persona non le era mancata per niente.
Narcissa aveva ripreso a scambiare convenevoli con i suoi genitori, tornando ad ignorarla, cosa che a Pansy non dispiacque affatto. Non si sentiva, infatti, ancora psicologicamente preparata a tenere una conversazione “ben educata” con qualcuno per più di dodici secondi …
Quei pensieri vennero interrotti bruscamente da una vocetta stridula e ossequiosa proveniente da un punto indefinito in zona piedi.
- Signorina, vuol dare a Dobby la sua borsa? Dobby la porta nella sua stanza, insieme ai suoi affetti, signorina -
Dobby, l’elfo domestico dei Malfoy, la fissava dal basso, umile, con gli occhioni a palla che luccicavano, porgendo le mani tremanti in sua direzione. Aveva le dita bendate e il naso più ammaccato e violaceo dall‘ultima volta che lo aveva visto.
Pansy gli porse lo zaino, studiandolo curiosa.
“Ma che diavolo gli è successo?” pensò questa, senza accennare a togliergli gli occhi di dosso, soffermandosi incerta sulle sue orecchie da pipistrello bruciacchiate.
Non che gli importasse qualcosa di lui, certo … un elfo, rimaneva pur sempre una creatura inferiore, e lei non badava minimamente a esseri come lui, ma nonostante tutto non riuscì comunque a non chiederselo.
- Dobby! - tuonò Narcissa, d’un tratto, facendo sobbalzare sia lei che il diretto interessato - Quante volte te lo devo ripetere? Mi pare di essere stata chiara l’altro giorno, quando ho detto di non volerti tra i piedi. Esegui i tuoi compiti e vedi di sparire alla svelta. Non mi piace che importuni i miei ospiti … o forse dovrei chiedere a Lucius di rinfrescarti ancora un po’ le idee?-
Dobby saltellò irrequieto, come se all’improvviso si fosse trovato con i piedi immersi nei carboni ardenti. Si portò automaticamente le mani alle orecchie, tremando come una foglia.
- Oh Padron Lucius, no, Signora. No, Padron Lucius, no - mormorò spaventato, prima di smaterializzarsi alla svelta insieme ai bagagli della ragazza.
Pansy fissava ad occhi sbarrati il punto dove pochi istanti prima si trovava l’elfo, la bocca dischiusa in un moto di immenso stupore. Narcissa, al contrario, era una statua di sale.
- Perdonate questa inopportuna intrusione - si scusò brevemente, abbozzando un sorriso cordiale, il tono nuovamente zuccherino - Ma quell’elfo ultimamente si comporta in modo alquanto strano … probabilmente sta solo invecchiando. Pensate che un paio di settimane fa avevo proposto di tagliargli la testa, sapete da noi è tradizione, ma Lucius si è rifiutato categoricamente! E’ sicuro che una buona dose di frustate lo farà tornare come nuovo … io ho i miei dubbi, ma sapete com’è fatto mio marito. Ora se volete seguirmi …-
Pansy strabuzzò gli occhi, ma non aprì bocca, limitandosi semplicemente a seguire i tre adulti, che a pochi passi da lei avevano ripreso tranquillamente a parlare del tempo e di altre sciocchezza del genere come se nulla fosse. La ragazza abbassò lo sguardo sul selciato, illuminato dalle lanterne trasparenti.
“Decapitare gli elfi? Decapitare … oh mio Dio! Ma che tradizione disgustosa!” pensò avvicinandosi sempre più all’ingresso “Cioè chi mai terrebbe la testa di un elfo appesa alla parete come trofeo? Cioè … posso capire gli altri animali, anche papà lo fa, ma gli elfi sono così brutti e raggrinziti! Bah, inglesi …”
I quattro raggiunsero la soglia, entrandovi rapidamente in un leggero borbottio.
La sala d’ingresso era ben illuminata come sempre. Grosse fiaccole guizzavano taglienti scaldando l‘aria, mentre il pavimento di marmo rosso era così lustro e splendente da riflettere il soffitto e qualunque altra cosa fosse presente all‘interno della stanza. I dipinti alle pareti, invece, ritraevano come al solito persone illustri, dalle espressioni altezzose ed eccezionalmente pignole. Pansy trovò la casa identica all’ultima volta che l‘aveva vista. Narcissa nel frattempo aveva ripreso a parlare, indifferente.
- Se volete accomodarvi in salotto, faccio chiamare Draco e servire qualcosa di caldo. Lucius è ancora al lavoro e purtroppo non ho idea di quanto possa tornare … al Ministero ultimamente gli stanno dando del filo da torcere. Quell’Arthur Weasley e la sua nuova Legge per la Protezione dei Babbani ha fatto drizzare i capelli a parecchie persone … - la donna strinse le labbra risentita, ma mai quanto il signor Parkinson che al pari di questa era assolutamente contrario a tutto ciò favorisse Babbani o filo-babbani di ogni sorta. Decisamente questa notizia non lo aggradava per niente. Pansy però, catturata com’era dai suoi pensieri, ascoltava appena i loro discorsi.
Ora che il suo interesse nei confronti di Dobby era svanito, la consapevolezza di ritrovarsi a casa di Draco era tornata ad affliggerla, insieme alla nostalgia per la sua terra ormai lontana.
Non voleva rivedere il fidanzato e ascoltare i suoi stupidi commenti … magari relativi al fatto che così conciata sembrava proprio un pipistrello. Non se la sentiva di affrontarlo e poi, ora come ora l’unica cosa che voleva fare era raggiungere la sua stanza ed essere lasciata in pace. Sbuffò sconsolata, varcando come un condannato a morte la soglia dell’ampio salotto vermiglio.
“Maledizione” pensò imbronciata sedendosi stancamente su una morbida poltroncina tutta frange “Se ci fosse un solo maledettissimo modo per evitare quest’incontro lo utilizzerei all’istante”
Rimuginò a lungo, ignorando il gruppetto di adulti seduti poco più in là, quando un’idea le balenò in mente, costringendola a sorridere.
Forse … ora che ci pensava bene …. c’era un modo per sfuggire all’incontro con Draco. Certo … molti avrebbero potuto fraintendere le sue parole ma, dopotutto chi se ne importava? Se avesse funzionato, anche quella sera si sarebbe risparmiata il disgusto di rivedere la faccia del fidanzato.
Inspirò a fondo, cercando di assumere un’aria umile, da ragazzetta timida e indifesa eliminando in un lampo il muso lungo. Quando si sentì pronta, parlò.
- Signora Malfoy - disse zuccherosa interrompendo con finto dispiacere la conversazione tra questa e i suoi genitori. Narcissa si voltò con eleganza, continuando a sorridere.
- Sì, mia cara?-
- Non faccia scomodare Draco, posso andare benissimo io da lui … gli farò una sorpresa -
Suo padre a quelle parole la scrutò con un sopracciglio inarcato, bloccandosi nell’atto di afferrare una delle pregiate tazzine che si erano appena materializzate sul tavolino da the. Lei non vi prestò la minima attenzione, mantenendo la sua espressione sognante su Narcissa.
- Ottima idea, a Draco sono sempre piaciute le sorprese - squittì (e qui Pansy si trattenne a stento dall‘affermare il contrario) - Ma non preferiresti mangiare prima qualcosa? Hai viaggiato così a lungo e sarai sicuramente affamata …-
Pansy scosse educatamente il capo.
- Non ho molto appetito, la ringrazio - tagliò corto, sorridendole di rimando - E poi, preferisco andare direttamente da lui … sono mesi che non ci vediamo -
Questo era il colpo finale. Se non fosse stata così brava a controllare i propri muscoli facciali, certamente in quel momento, sarebbe scoppiata bellamente a ridere. La scena che le si prestava davanti era, infatti, una delle più buffe che si potesse immaginare. A quelle parole Erick Parkinson e sua moglie avevano spalancato così tanto gli occhi da sembrare vagamente spiritati, lasciando perdere the e pasticcini. Era chiaro che non le credevano, ma non osarono farglielo notare in presenza della signora Malfoy, che da quelle parole era rimasta decisamente colpita.
- Certamente tesoro, va pure … Draco è nella sua stanza - disse con aria deliziata - Sai dove si trova, non è vero? -
- Naturalmente - rispose innocentemente lei, curvando le labbra in un sorrisino sarcastico.
Se la ricordava fin troppo bene la stanza di quel moccioso, visto che il Natale precedente era stata costretta a riordinargliela da cima a fondo al posto di Dobby sotto Maledizione Imperius … se ci ripensava le montava una rabbia …
Con una scrollata di capo, però cancellò quei pensieri, decisa a non rivangare nel passato. Dopotutto si era vendicata degnamente delle sue malefatte durante l’ultimo periodo ad Hogwarts … non valeva certo la pena arrabbiarsi per cose risalenti a quasi un anno prima.
Così, con un sorriso da signorina perbene si congedò dai genitori, ancora piuttosto sospettosi, e dalla futura suocera, sparendo con eleganza alla loro vista, risalendo soddisfatta le lustre scale di quercia che conducevano ai piani superiori.
Ovviamente Pansy non aveva la minima intenzione di passare da Draco. Figurarsi! Sarebbe semplicemente filata in camera sua chiudendo una volta per tutte quella giornata d’inferno. Tra le altre cose poi non vedeva l’ora di farsi una bella dormita.
Aveva sorpassato rapida il primo piano, ignorando le facce arcigne e talvolta spaventose dei ritratti appesi alle pareti, proseguendo dritta e filata verso la meta.
A metà delle scale che conducevano al terzo piano, comunque, non potè fare a meno di fermarsi e tendere le orecchie. Un rumore indefinito, in lontananza aveva preso a ronzare, spezzando il silenzio che aleggiava nella casa. Prestò maggior attenzione a quell’insolito rumore, avanzando di qualche passo. Decisamente proveniva dall’alto.
Pansy annullò in breve la distanza che la separava dal terzo piano, distinguendo con maggiore intensità il punto da dove proveniva quel frastuono. ‘Frastuono’ era certo la parola adatta per definire quel gran sbattere di piatti e urlare isterico che alcuni idioti nel suo mondo continuano a chiamare musica. Uno di questi idioti era chiaramente Draco Malfoy, visto che era proprio dalla porta chiusa della sua camera da letto che proveniva tutto quel baccano assordante.
La ragazza si accostò alla porta di questi in punta di piedi, sbirciando dal buco della serratura. Anche se comunque avesse preso a saltare e a battere le mani come allo stadio certamente lui non l’avrebbe sentita in tutta quella confusione.
Dalla stretta fessura non si vedeva molto a parte un’anta dell’armadio in mogano e le tende argentee ai lati delle finestre. Provò a cambiare posizione, ma era tutto inutile: non si vedeva niente di niente. Era soprapensiero e quando un urlo degno di una scimmia venne ad aggiungersi alle altre grida dei presunti ‘cantanti’, si scostò di scatto dalla porta, rischiando di cadere a terra.
Per un attimo pensò di essere stata scoperta dal ragazzo, ma poi, lentamente, si rese conto che ad urlare era stato sì, Draco ma per un motivo ben diverso da quello che immaginava. Il biondo, infatti, aveva preso a cantare … se così si poteva dire di uno che strepita come un gallo a cui stanno tentando di strappare le penne.
Pansy dapprima strabuzzò gli occhi incredula, poi di punto in bianco prese a ridere come una matta tappandosi automaticamente la bocca con le mani, mentre il fidanzato, in sottofondo continuava a starnazzare parole incomprensibili, ignaro di essere ascoltato. Oh com’era ridicolo!
La mora sentiva il viso in fiamme ed il corpo scosso dai singhiozzi ... Non riusciva a smettere di ridere. Era troppo divertente sentire quella vocetta che non riusciva ad arrivare alla fine della canzone. Si inginocchio a terra il viso tra le mani, trattenendo i singulti. Ora aveva persino le lacrime agli occhi (dovute probabilmente all’ultimo acuto del ragazzo che era suonato particolarmente strozzato).
Pansy dopo parecchi secondi si rialzò da terra, lo stomaco dolorante e le gambe tremule per tutte quelle risate. Draco gracchiava a più non posso: non avrebbe mai smesso di sghignazzare se fosse rimasta lì ad ascoltarlo.
Quando riuscì a reggersi in piedi, spiccò una corsa degna di un elefante imbizzarrito, raggiungendo in un lampo la fine del corridoio entrando nella sua stanza con un tonfo. Si abbandonò sul letto all’istante con una risata rumorosa e gratificante senza curarsi di accendere la luce.
“Oh oh oh … che vocetta sublime … abbiamo un tenore in famiglia!” pensò sarcastica rotolandosi sul letto e sbattendo i pugni sul materasso nel tentativo di calmarsi. Oh se l’avessero sentito Millicent, Tracey e Daphne … il loro amore dalla voce d’angelo!
Trascorse un’infinità di tempo prima che questa riacquistasse il controllo di sé.
La ragazza inspirò ed espirò a fondo cercando di recuperare il fiato ... cosa non certo da poco.
Quando si sentì padrona delle sue azioni accese la luce, ascoltando la voce di Draco attutita dalla distanza e dal mare di stanze e porte che li separavano. Non riuscì a trattenere un’altra serie di risatine nel vedere Icaro, il suo gatto grigio, nascondersi sotto il letto, lasciando fuori solamente la coda che spazzolava frenetica la moquette panna.
- Povero Icaro … - fece lei, tirandolo fuori e grattandogli le orecchie con fare rassicurante, mentre questo tentava di ritornarsene sotto il letto al sicuro da quegli strepiti - … suppongo che questo “coro angelico” sia per te un inferno … si beh in effetti, lo sarebbe per chiunque. Cavolo ma non si sente mentre canta? Altro che le Banshee delle Brughiere …-
Con un’ultima risata, lasciò andare il gatto, il quale sparì di filato da dove era venuto con un miagolio sordo. Si guardò attorno divertita, trattenendo un‘altra ondata di risa.
I suoi bagagli erano già stati recapitati e le sue cose sistemate a dovere nelle mensole e negli armadi. Cercando di non scoppiare nuovamente a ridere, almeno per pietà nei confronti di Icaro, che sembrava già di per sé spaventatissimo, prese a spogliarsi e prepararsi per la notte.
Una volta filata sotto le coperte, tuttavia, trovò la “serenata” di Draco tutt’altro che divertente.
Ora che aveva perso gran parte del suo fascino, infatti, sentire quelle grida oscene la disturbava e basta. Passarono secondi, minuti, decine di minuti … e nulla pareva mutare. Quella maledetta ‘musica’ non accennava a diminuire.
Ora, era decisamente stanca. Lo stress del viaggio, i pianti isterici e lo stomaco vuoto avevano preso a farsi sentire, ma con quel baccano infernale era praticamente impossibile chiudere occhio e metterli a tacere. Pansy sbuffo irritata, scalciando sotto le coperte.
Certo, poteva sempre alzarsi e andare a spaccare un vaso in testa all’adorato fidanzato e al suo maledetto stereo, ma … non voleva vederlo. E nemmeno la prospettiva di fargli un bernoccolo in testa l’allettava al punto da dissuaderla del incontrarlo.
- Malfoy smettila!! Chiudi il becco e abbassa il volume! - urlò al vuoto, tappandosi le orecchie con il cuscino, sprofondando sotto le lenzuola. La musica nonostante l’urlo non diminuì, prova lampante che il ragazzo non l’aveva sentita.
Pansy, rassegnata e un tantino isterica, si rigirò a lungo nel letto, lanciando maledizioni a destra e a manca fino a che, dopo quello che le parve un tempo infinito, lui smise di cantare e il rumore assordante di martellare tra le pareti. Si alzò a sedere, le orecchie tese a captare ogni suono. Silenzio assoluto, solo un vago frusciare dall‘esterno.
- Oh grazie Signore! - esclamò sventolando le mani in aria, sistemando le coperte con un mezzo sorriso sollevato.
Un secondo dopo però la musica riprese, sempre martellante, ma leggermente diversa dalla precedente … Draco aveva semplicemente cambiato canzone, anche se a orecchio non sembrava affatto. Questo era troppo.
- Nooooo! - gridò Pansy portandosi disperata le mani tra i capelli, ricadendo distesa sul letto con un tonfo sordo.
Decisamente sarebbe stata una lunga, lunghissima nottata …

***


Il mattino seguente, quando Pansy aprì gli occhi, il sole era già alto da un pezzo e la città di Greenfresh più rumorosa e pimpante che mai.
A svegliarla non era stata, infatti, la luce intensa proveniente dalle finestre aperte o l‘elfo domestico di casa Malfoy, ma il rombo assordante di un veicolo babbano utilizzato da qualche contadino nelle vicinanze per arare i campi.
La ragazza, che in un primo momento aveva dimenticato di essere tornata in Inghilterra, a quel frastuono infernale era balzata giù dal letto, cadendo sulla moquette in un groviglio di lenzuola, pensando, tra le altre cose, si trattasse di uno dei soliti trucchetti di Elizabeth per farla alzare.
Ma non era così e se ne accorse fin troppo presto, ricordando ogni cosa.
Fu, forse, per questo motivo, sommato al mal di testa dovuto alle urla di Draco che l’avevano accompagnata sino a notte fonda, che si diresse di mala voglia nella sala da pranzo dei Malfoy per fare un minimo di colazione.
Erano le dieci passate, ma la casa era avvolta nel silenzio più totale. Per Pansy, a differenza di quel che si potrebbe immaginare, quella quiete fu un vero toccasana: primo perché non ne poteva più di urla e strepiti, secondo perché ciò stava a significare che non avrebbe dovuto conversare con nessun Malfoy nemmeno quella mattina.
L’intera villa sembrava, infatti, completamente deserta. Nemmeno Dobby si vedeva in giro.
“Strano” pensò Pansy scendendo gli ultimi gradini con fare annoiato “Di solito scorrazza sempre su e giù per la casa sistemando quadri e spolverando specchi … uhm, probabilmente è ancora terrorizzato da ieri sera …”
Raggiunse alla svelta la sala da pranzo, rimuginando tra sé. Lo stanzone era anch’esso vuoto, ma il lungo tavolo non era quello di sempre. Questa volta era graziosamente apparecchiato per due, con al centro un mazzo di pomposi girasoli freschi che illuminavano la sala. Si guardò intorno spiazzata, avanzando si qualche passo. Ora che ci faceva caso c’erano fiori enormi un po’ dappertutto.
Pansy nel vedere il tutto così addobbato trattenne a stento una smorfia. Certamente era stata un’idea di Narcissa … poteva metterci la mano sul fuoco. In fondo, dopo quello che le aveva detto ieri sera prima di coricarsi, probabilmente questa si era illusa che tra lei e Draco scorresse amore a fiumi … che stupidaggine …
- Sapevo che me ne sarei pentita - mormorò, afferrando una fetta di pane tostato e prendendo ad imburrarla senza entusiasmo - Sicuramente ora mi ritroverò questo spettacolino sotto il naso tutti i giorni … magnifico -
A quest’idea si sentì ancor più depressa, tanto che decise di fornirsi di qualche toast e finire il suo pasto in giardino lontana da tutte quelle inappropriate romanticherie. Era certa che al suo posto Draco avrebbe fatto lo stesso, se non peggio.
Uscì di casa, sbocconcellando in silenzio il suo misero pasto sulla gradinata principale.
Era una delle rare mattinate limpide e fresche della stagione e l’aria era pesta del profumo di fiori... Decisamente l’ideale per farsi una passeggiata in quella sorta di parco privato dalle innumerevoli attrattive.
Il giardino dei Malfoy in effetti era più simile ad un boschetto che non ad un comune cortile, visti gli alberi secolari, i rosari e i rampicanti sempreverdi. Per non parlare poi della presenza di una serra degna di Hogwarts e una piscina titanica.
Pansy, che non aveva la minima intenzione di rientrare in casa e rischiare così di incontrare Draco o qualche altro membro della famiglia, optò quindi per farsi un bel giro solitario in quell’angolo di paradiso finendo i suoi toast.
Dapprima gironzolò a vuoto, spargendo le briciole di pane agli uccellini di turno, poi, annoiata decise di spingersi ai limiti della tenuta, verso le scuderie di Lucius.
Pansy non riusciva a comprendere ancora il motivo per cui il signor Malfoy tenesse nella sua proprietà una serie di magnifici stalloni purosangue visto che non li cavalcava mai e a stento se ne curava. Lei la considerava un cosa un po’ assurda visto il costo di quegli adorabili ‘puledri’.
“Ma probabilmente” pensò la ragazza, superando la piscina cristallina illuminata dal sole “ Per lui è come collezionare francobolli o tappi di bottiglia … gli basta mostrargli agli amici o vederli di tanto in tanto per essere contento … cavolo, è peggio di papà”
Avanzò ancora, zigzagando tra i cespugli e i cedri imboccando lo stretto sentiero di ghiaia che l’avrebbe condotta da Caramello, il cavallo che preferiva tra tutti proprio per la sua dolcezza e il bellissimo manto ambrato. A differenza di quel che si potrebbe pensare, infatti, lei adorava gli animali dolci e coccoloni.
Pochi metri ormai la separavano dalla stalla, quando qualcosa attirò bruscamente la sua attenzione.
Rannicchiato di fronte al portone di legno, intento a rosicchiare un osso enorme, c’era Cerbero; il grosso dobermann di Draco. Pansy a quella vista rabbrividì non poco.
Era cresciuto parecchio dall’ultima volta che l’aveva visto, doveva ammetterlo. Ora non era più un cucciolo cicciottello e morbido, ma un possente cane nero e cioccolato, dalle zampe affusolate e le orecchie dritte come spilli. Snello, dalla presa salda e da quel che sembrava, estremamente veloce.
Pansy ricordava fin troppo bene quel cagnaccio e i suoi dispetti, per desiderare di andarlo a salutare o ritrovarselo vicino.
Perciò come se nulla fosse prese ad arretrare il più silenziosamente possibile tra le begonie per tornarsene da dov‘era venuta. C’era quasi riuscita quando Cerbero alzò lo sguardo dall’osso (ormai a pezzi), annusando l’aria. La ragazza si bloccò nuovamente trattenendo il respiro.
Si irrigidì ancor più quando gli occhietti scuri del cane presero ad indugiare sulla sua figura: l’aveva scoperta.
- Ehm … ciao Cerbero - fece lei, con un mezzo sorriso, rimanendo immobile - Ti ricordi di me, non è vero?-
Questi si alzò da terra, digrignando i denti minaccioso, l’osso tra l’erba morbida, ormai dimenticato. La mora tentò di scacciare dalla mente il pensiero di essere diventata lei il suo prossimo spuntino di metà mattina.
- Cerbero … s-sono io, avanti su … Pansy … - tentò di nuovo, la voce tremula.
Mentre parlava non riusciva a togliere gli occhi di dosso dai dentini affilati che il cane continuava ad esibirle, ringhiando. Di certo, non l’aveva riconosciuta, visto che ora puntava addirittura le zampe anteriori sul terreno, stringendo il naso di velluto.
- S-su bello … buono … n-non mi riconosci …? Andiamo non … - ma non finì la frase perché Cerbero prese ad abbaiare contraendo le zampe posteriori, prendendo lo slancio. Stava per attaccarla ... ne era certa. A quel punto la situazione prese a precipitare.
Pansy si lasciò sfuggire un gridò raggelante e senza pensarci su due volte si voltò e prese a correre più che poteva tra i cespugli. La sua tuttavia non fu un buona mossa, considerato il fatto che quel gesto improvviso e inconsulto, fece scattare definitivamente il cane che con un balzo si diede al suo inseguimento, i denti in bella mostra a sferzare l’aria.
La ragazza correva a più non posso, urlando come una pazza, ignorando i ramoscelli degli arbusti più bassi che le graffiavano le braccia e le caviglie. Era troppo spaventata per farlo.
Correva tra la vegetazione nel tentativo di ostacolare Cerbero e tenere il suo muso aguzzo lontano dalle sue gambe, ma la cosa non sembrava funzionava poi molto, visto che sentiva sempre il suo fiato sulla pelle e il rumore dei suoi balzi felpati a pochi centimetri da lei.
Corse a più non posso, spezzando parecchi rami, ma dopo pochi minuti, prese a mancarle il fiato e un dolore atroce al fianco la costrinse a rallentare un poco. Fu per pura fortuna che Cerbero non le addentò in quel momento un polpaccio, cosa che la motivò parecchio a riprendere la velocità iniziale se non a superarla.
Girava in tondo alla ricerca di una scappatoia e nessuno pareva sentire le sue urla. Non ne poteva più né di correre né di gridare, ma non voleva nemmeno morire tra quelle fauci acuminate.
Ad un tratto la vegetazione prese a diradarsi, anche i cespugli e i rosari sparirono alla sua vista e il cane acquistò velocità: nulla, ora gli impediva di raggiungerla liberamente con un balzo. Uscì in uno spiazzo. Davanti a loro ora vi era solo erba fina e l’immensa piscina baciata dal sole di casa Malfoy che aveva superato poco prima.
Pansy aveva le tempie, il cuore e ogni singola parte del suo corpo che batteva all’impazzata e ciò le impediva di riflettere con lucidità. Fu forse questo il motivo che la spinse a spiccare con le sue ultime forze un salto e a tuffarsi in acqua in un mare di goccioline … dimenticandosi così di non saper nuotare. Voltò il capo giusto in tempo per vedere Cerbero fermarsi a bordo piscina, prima che le acque la avvolgessero con un spruzzo gelido, coprendole la visuale.
Dapprima l’acqua fredda sulla pelle sudata e dolorante fu un vero sollievo; ma poi, quando iniziò a mancarle l’aria e i suoi piedi presero ad annaspare a vuoto, desiderò ardentemente tornare a terra con il cane alle calcagna.
La pozza era fonda, più fonda di quanto si sarebbe immaginata e il suo corpo non sembrava avere la minima intenzione di tornare in superficie e galleggiare come si deve … e qui al terrore subentrò il panico, che la costrinse a fare le cose più stupide che si potessero pensare.
Dimenava braccia e gambe in modo frenetico, aprendo e chiudendo i palmi delle mani nel tentativo di afferrare qualcosa di inesistente. Intorno a lei non vi era nulla, solo acqua.
La sua testa riuscì ad emergere qualche secondo per puro miracolo, ma inutilmente. Il tempo a sua disposizione, infatti, non era decisamente sufficiente per sputare l’acqua ingerita, riempire i polmoni e chiedere aiuto.
Sprofondò e riemerse un paio di volte, continuando ad agitarsi. Le doleva la testa e non riusciva a pensare ad altro che all’ossigeno che diminuiva di secondo in secondo. Si sentiva incredibilmente pesante.
Dopo un tempo indefinito in quella situazione incerta, avvenne l’irreparabile: perse il controllo delle proprie gambe e per il terrore si lasciò sfuggire un grido che le riempì solamente la bocca d‘acqua dolce, sprigionando bollicine.
Ora era come se i suoi arti non rispondessero più ai suoi comandi; erano come due pezzi di legno inutilizzati e pesavano … pesavano da morire. Ansava e i vestiti iniziavano a farsi più ingombranti, trascinandola sempre più in basso verso il fondo luccicante. Non riusciva più a risalire.
La testa iniziò a farsi sempre più leggera, gli occhi a socchiudersi e i rumori a farsi pressoché inesistenti mentre lei scendeva giù contro la sua volontà, come un sassolino in mare …
All’improvviso però accadde qualcosa, ma era così intorpidita che non riuscì subito a capacitarsi con chiarezza di cosa stesse succedendo. Sapeva solo che stava risalendo verso la luce e che qualcosa le stringeva la vita, impedendole di tornare dov‘era: sembrava un sogno, tutto era velato e anche i suoni erano ovattati e lontani.
Quando infranse la superficie dell’acqua e inspirò le prime boccate d’aria, però, si risvegliò di colpo, riacquistando lentamente padronanza delle braccia e delle sue facoltà mentali. Senza pensare si aggrappò con foga alla cosa che la trascinava avvicinandosi ancor più ad essa, decisamente spaventata all‘idea di tornare sul fondo o che questa la lasciasse andare.
- Pa … Pansy m-mi stai … mi stai … strozzando, mo-mollami - ansò una voce vicinissima al suo orecchio, smettendo di trascinarla, galleggiando come un tappo di sughero.
Pansy spalancò gli occhi di scatto nel riconoscere la voce. Davanti a lei una matassa di gocciolanti capelli biondi. Ancora confusa, iniziò a rendersi conto a poco a poco che la ‘cosa’ non era nient’altro che Draco e che lei gli si era praticamente appiccicata contro, le braccia strette al suo collo e il volto a un centimetro dal suo.
Automaticamente allentò la presa, scostandosi da lui quel tanto che bastava per non avere il suo viso proprio a portata di naso. Draco non si lamentò più, sbuffando quanto lei per uscire da lì. Nonostante la situazione, Pansy non riuscì a non sentirsi a disagio e vagamente in imbarazzo.
Un istante dopo cozzarono entrambi contro il bordo piscina e subito dopo si accasciarono stanchi sull’erba calda, respirando a fatica.
Pansy si rotolò di lato, lasciandolo definitivamente andare. Sputacchiava acqua e allo stesso tempo tentava di allontanare dal viso la matassa di capelli bagnati che le si erano appiccicati ovunque.
L’aria non le era mai sembrata così fresca e buona come in quel momento. Inspirò ed espirò avidamente, riprendendo lentamente a ragionare con lucidità.
Ora che lo spavento era passato sentiva persino la fastidiosa sensazione dei vestiti bagnati sulla pelle e il freddo che ne comportava. Gli occhi le bruciavano un po’.
- Stai … stai bene? -
Pansy si voltò a fatica, socchiudendo gli occhi alla luce del sole. Draco si reggeva su un gomito, completamente fradicio, la fronte corrugata, respirando affannosamente. Era stato lui a parlare.
- Sì … - mormorò gocciolante, ancora un po’ imbambolata - … G-grazie per … -
- Stupida - la interruppe subito mettendosi a sedere, strizzandosi la maglia - Come ti è saltato in mente di tuffarti in piscina! Devi esserti bevuta il cervello … non lo sai che potevi rimetterci le penne là dentro? -
Pansy provò a parlare, ma lui riprese di filato, sempre più stizzito. Ormai aveva riacquistato tutto il fiato necessario per tornare il brontolone di sempre.
- Che razza di … fortuna che oggi avevo deciso di alzarmi presto per allenarmi a Quidditch ed ero nelle vicinanze, se no ora potevi già essere bella che morta, brutta stupida che non sei altro! Ma probabilmente credendoti la solita So-Tutto-Io pensavi di riuscire a imparare a nuotare in una vasca di tre metri in quattro e quattr’otto, vero? -
La ragazza strinse i pugni tra l’erba, gli angoli degli occhi che le pizzicavano per la rabbia e una voglia crescente di mollargli un ceffone in piena faccia.
- E’ stato il tuo stupidissimo cane a farmi cadere in acqua, pezzo di somaro! - sbraitò lei, scattando in ginocchio tremante, un po’ per il freddo un po’ per l’indignazione - Cos’è, gli hai insegnato personalmente ad aggredirmi non appena mi vede? -
Draco si inginocchiò a sua volta di scatto, spruzzando acqua da tutte le parti come un leone bagnato.
- E’ addestrato a togliere dai piedi chiunque non faccia parte della famiglia e decida di addentrarsi nella proprietà senza permesso! Non è colpa sua! -
- Infatti la colpa è tua che non gli hai insegnato a riconoscermi! Perché se non te lo ricordi, stupidissimo moccioso, anch’io faccio parte della famiglia! -
Urlavano entrambi come pazzi, l’uno di fronte all’altro, ma nessuno dei due pareva farci caso.
- Lo so, Pipistrella! Tecnicamente Cerbero avrebbe dovuto riconoscerti, ma visto che in questi due mesi hai ripreso il tuo maledetto accento tedesco e sei diventata ancor più racchia di quando sei partita, ci credo che non ti ha riconosciuta e ti ha scambiata per una befana! -
- Ah chi hai dato della befana, brutto frignone stonato?! -
- Vedi altre befane racchie qui attorno a parte te? A me non sembra proprio! -
I due erano tornati ad ansare e a guardarsi in cagnesco, ma adesso per un motivo ben diverso.
Pansy era livida, tanto che il minimo di gratitudine che aveva avuto nei confronti del fidanzato era sparito all’istante come neve al sole. Uno spiffero gelido, comunque, placò i suoi bollenti spiriti, facendola trasalire.
Non era una giornata fredda, ma nemmeno afosa o estremamente calda. Era ovvio che bagnata fradicia com’era bastasse un soffio per farla tremare come una foglia. Doveva avere certamente le labbra viola, visto il tempo che aveva perso a cianciare all’aperto insieme a quell’idiota del suo salvatore. E pensare che non voleva nemmeno vederlo …
- Bene - sbottò ad un tratto, alzandosi in piedi furente, le braccia strette attorno alle spalle e i capelli a gocciolarle agli angoli del viso come serpenti neri - Visto che ci siamo già scambiati i nostri soliti convenevoli e non abbiamo più nulla da dirci, io andrei anche ad asciugarmi! Spero con tutto il cuore che tu cada dalla tua maledettissima scopa mentre ti alleni … con permesso!-
Detto questo, sparò il naso in aria e senza più degnarlo di uno sguardo si avvio verso la porta di casa con un cipiglio da gran donna offesa. Cerbero ora se ne stava in disparte, la lingua penzolante … sembrava vagamente soddisfatto di sé stesso e di ciò che aveva combinato.
“Cagnaccio della malora” pensò scorbutica, superandolo alla svelta, svoltando l’angolo “Tra lui e il suo padrone non so chi sia il più insopportabile”
Raggiunse in breve la porta di servizio, appoggiandovisi contro arrabbiata e stanca. Si strizzò i capelli, tutta intirizzita, borbottando tra sé maledizioni e insulti. Si tolse le scarpe e ne fece uscire l’acqua che le impregnava, stropicciando i calzini fradici e cercando di scrollarsi di dosso più acqua possibile. Le sembrava, infatti, piuttosto maleducato entrare in casa e spargere pozzanghere ovunque. Stava per entrare, quando Draco spuntò dal suo stesso angolo, bloccandola.
In mano teneva una scopa da Quidditch e nell’altra una scatoletta piena di comuni palline gialle; Cerbero lo seguiva, giocando con una di queste tutto contento.
- Non azzardarti ad entrare - borbottò imbronciato, avvicinandosi. Lei per tutta risposta drizzò la schiena antipatica, fissando il vetro opaco della porta.
- Perché no? Ho freddo e voglio asciugarmi -
- Hai idea del disastro che combineresti entrando conciata così? - sbottò risentito, appoggiando la scopa e le palline - Ma probabilmente no, mocciosa come sei … -
Pansy spalancò la bocca indignata, lasciando perdere la porta.
- Oh, illuminami Grande Uomo dalla maturità eccelsa! Cosa dovrei fare allora, beccarmi un accidenti, per te e il tuo lucidissimo pavimento?-
Draco le si avvicinò sbuffando impaziente. Ora che lo guardava bene, aveva qualcosa di diverso … sembrava un po’ più alto e meno pelle e ossa del solito. Ma forse, era l’ombra dei pini a giocarle un brutto tiro.
- Chiamo Dobby e gli chiedo di portare degli asciugamani - ribattè indifferente, aprendo la porta e ficcandoci la testa dentro. Un secondo dopo, urlava a squarciagola il nome dell’elfo. Andò avanti così per un po’, ma di Dobby neanche l’ombra.
“Stupido elfo” lo sentì borbottare, mentre faceva cenno al cane di entrare in casa e di andarlo a recuperare. Cerbero, come se avesse capito perfettamente l’ordine del padrone, sparì trotterellando per quella che sembrava una lavanderia, salendo le scale.
- Probabilmente non ti ha sentito - fece Pansy con una scrollata di spalle sedendosi sull’erba, stanca di restarsene in piedi ad aspettare. Draco imitò il suo gesto poco più in là, appoggiando la schiena alla parete.
- Impossibile - disse con calma, togliendosi a sua volta le scarpe - Anche se fosse dall’altra parte della casa avrebbe dovuto sentirmi comunque. Gli elfi hanno un udito eccellente, lo sai. No, mi ha sentito perfettamente è che da un mese a questa parte è diventato… strano: brucia la colazione, si dimentica di dar da mangiare a Cerbero, non stira le mie camice, non rifà i letti … sembra distratto. Non capisco perché papà non abbia voluto tagliargli la testa, dubito che se ne sia affezionato vista la mazzata che gli ha dato la settimana scorsa … -
- Ma perché voi inglesi tagliate la testa agli elfi? - domandò d’impatto, ricordandosi le parole di Narcissa della sera prima. Ma anche perché, sotto sotto, non aveva la forza per riprendere il litigio di poco prima e l’argomento “Elfi” era un diversivo più che accettabile per cambiare discorso.
Draco sembrava del suo stesso parere, perché continuando a strizzarsi gli abiti bagnati, continuò a parlare come se nulla fosse.
- Non lo fanno tutti gli inglesi … anzi, a dir la verità sono sempre meno quelli che lo fanno. Noi però l’abbiamo sempre fatto … cioè i parenti di mamma e papà l’hanno sempre fatto. Ad avviare la tradizione è stata, infatti, una mia prozia, una Black, ma adesso non mi ricordo come si chiama -
- Black? - chiese Pansy corrugando la fronte perplessa.
- E’ il cognome di mia madre - tagliò corto lui, smettendola di grondare acqua da tutte le parti, prendendo finalmente a rilassarsi contro il muro.
La ragazza si fece pensierosa, aveva già sentito da qualche parte quel cognome, ma non ricordava esattamente né dove né quando. Certamente molto tempo fa, forse quand’era piccola, chi può dirlo… ma in fondo non era poi così importante.
- Certo che i tuoi parenti sono strani … - disse senza pensare, con la testa ancora rivolta ai misteriosi Black - Insomma … decapitare gli elfi … che stupidaggine … -
Draco la fissò in tralice, nuovamente stizzito.
- Beh suppongo che anche in Germania ci siano delle tradizioni strane, no? Tipo mangiare in nemici o cose simili … non siete tutti un mare di selvaggi laggiù? -
Pansy sentì le guance acquistare calore, le mani riprendere a tremare. L’idea di rimanere calma, era evaporata all’istante. Ora sì che il biondo l’aveva fatta arrabbiare … mai offendere la sua terra di fronte a lei. Sin da piccola, infatti, aveva avuto un forte senso patriottico … forse troppo vista la situazione.
- Innanzitutto - iniziò lei brandendo un dito minacciosa - i tedeschi sono cento volte più civilizzati di voi puzzoni inglesi con le vostre manie di grandezza da lattanti dell‘asilo nido. Secondo, Malfoy, sei un grande ignorante, visto che se avessi studiato un po’ in tutta la tua vita sapresti che i cannibali non si sono mai visti in Germania. E terzo, gran somaro che non sei altro, se proprio un giorno dovrò sposarti (cosa per cui ho ancora forti dubbi) vedi di essere un po’ meno tedescofobo se non vuoi prenderle di santa ragione! -
Draco aprì bocca perplesso, ma Pansy scosse la criniera corvina, sbottando irata.
- E se hai un po’ di cervello non osare chiedermi cos‘è un tedescofobo! -
Il biondo si era alzato in piedi, l’aria irritata e un tantino umiliata. Aveva la mascella contratta e i capelli umidi sparati in aria da tutte le parti. Era pronto a ribattere per le rime, offeso di tutto punto, ma una serie di lamenti da dietro la porta di servizio attirarono la sua attenzione, zittendolo.
Entrambi si voltarono giusto in tempo per vedere Cerbero e Dobby uscire in giardino. Quest’ultimo si dibatteva freneticamente, piagnucolando e sbattendo le orecchie agli angoli della testa.
Il cane, infatti, lo trascinava per il colletto della veste, facendolo ondeggiare come uno yo-yo gigante sul pavimento, strisciandogli il posteriore. Se Dobby non fosse stato così disperato la scena sarebbe stata persino divertente.
Draco fece cenno a Cerbero di lasciarlo andare, facendolo rotolare a terra come un ammasso di abiti sporchi e smessi. Piagnucolava ancora.
- Si può sapere dov’eri finito? - ringhiò - Non hai sentito chiamare? -
Dobby singhiozzava sempre più forte, il naso a terra in un inchino forzato e umile. Si massaggiava la collottola dolorante e nel vederlo così conciato Pansy non riuscì a non provare un minimo di pena per quel povero mostriciattolo spelacchiato.
- Padroncino, Dobby sistemava la stanza della signorina e … -
- Non m’interessa cosa stavi facendo! - tuonò Draco, la voce simile a una puntura - Quando ti chiamo pretendo che tu corra all’istante, chiaro? -
Dobby annuì tramante, contorcendosi le dita bendate.
- Bene … - fece il ragazzo, guardandolo come si può fare con una gomma da masticare attaccata a una scarpa nuova di zecca - E ora portaci due asciugamani. Muoviti! -
L’elfo s’inchinò un’ultima volta, smaterializzandosi alla svelta. Un istante dopo era di nuovo in mezzo a loro con due soffici e ampi asciugamani perlacei stretti tra le mani.
Pansy li prese entrambi, avvolgendosene uno intorno alle spalle come una sorta di candido mantello, fissando ancora quell’esserino smilzo venir maltrattato dal fidanzato. Prima di congedarlo, infatti, Draco gli aveva ordinato di sbattersi la testa contro il muro un paio di volte, tanto che questi sparì barcollando, oltre la porta, reggendosi la testa come un pallone.
- Lo sai Draco, sei proprio un mostro - lo apostrofò lei severa, lanciandogli il suo asciugamano con foga - Che bisogno c’era di fargli spuntare altri due bernoccoli! -
Lui la fissò con sufficienza, gettandosi in spalla la salvietta.
- Mio padre ha detto che con lui bisogna adottare il pugno di ferro, per non fargli dimenticare chi comanda. E’ come un mulo: va avanti solo a bastonate -
Pansy alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo rassegnata. Lei certo non amava gli elfi. Anzi, a dir la verità la maggior parte delle volte li trattava malissimo o non li degnava nemmeno di uno sguardo, ma le sembrava davvero assurda questa teoria del “più le dai, più ci guadagni” … e poi Dobby era già messo male di suo! Non ne vedeva l’utilità.
- Beh secondo me, il metodo di tuo padre non funziona poi molto - borbottò con una scrollata di spalle, aprendo la porta di servizio per entrare nella stanzetta che odorava di detersivo. Draco la seguì, afferrando scopa e scarpe da terra.
- I metodi di mio padre funzionano sempre - ribattè lui indispettito - … o per lo meno meglio di quelli di una mocciosa brutta e racchia come te che non sa un accidenti di come funzionano le cose-
Pansy non disse niente, limitandosi a stringere le labbra e a scoccargli un’occhiata omicida. Quando però furono in cima alle scale a chiocciola che portavano all’atrio della sala da pranzo, con un colpo ben assestato lo spinse a terra, facendolo inciampare su alcuni gradini. In un istante, Draco si ritrovò a rotolare a cerchio verso il basso accompagnato dalla fedele scopa e da un mare di palline gialle sulla testa.
L’intenzione della ragazza non era stata certo questa, ma la trovò ugualmente divertente. Anche perchè lui non si era fatto proprio un bel niente visto il modo in cui ora le urlava contro, brandendo la scopa come una sciabola d‘altri tempi.
- Stupida! Avresti potuto rompermi l’osso del collo! - le urlò rialzandosi di scatto, scivolando per poco sulle palline che ricoprivano il pavimento - Bella riconoscenza per averti salvata … ma aspetta che torno su e vedrai! E ringrazia che nella caduta la mia Nimbus nuova non si sia rotta o saresti già morta!-
Pansy, a cui le minacce del fidanzato non avevano fatto un baffo, continuò a ridere, ma nel posare gli occhi sulla scopa, il sorriso andò sempre più affievolendosi.
In effetti, ora che lui gliel‘aveva fatto notare, quella che reggeva tra le mani non era la solita vecchia Comet Duecentossessanta di Lucius. Era decisamente più lucida e sinuosa. I rami della coda, inoltre, erano perfettamente allineati e di un fiammante marrone scuro, neanche lontanamente simile al color caco della precedente. Non credeva ai suoi occhi.
- Hai una Nimbus? - chiese questa a bocca aperta, studiandolo dall’alto sorpresa - Tuo padre ti ha comprato una Nimbus Duemila? -
Draco parve gonfiasi di orgoglio come un tacchino il giorno del ringraziamento.
- Duemilauno - precisò con finta noncuranza, accarezzandone il manico soddisfatto - Ultimo modello. Quella di Potter a confronto è legna da ardere … -
Risaliva le scale lento, perso nella contemplazione della sua scopa al punto tale da dimenticarsi di prendersela con lei per averlo fatto ruzzolare a terra. Pansy d’altro canto se n’era già scordata da un pezzo, presa com‘era dal rimuginare tra sè. Ora procedevano fianco a fianco verso l‘uscita.
- E che te ne fai se non sei in squadra? - si informò lei, un sopracciglio inarcato - Ad Hogwarts non ci è concesso portare scope così tanto per fare, lo sai no … -
Draco sghignazzò, pomposo come non mai.
- Ma io sono in squadra … o per meglio dire, ci sarò tra una settimana -
Pansy lo fissò scettica, entrando nell’atrio che dava alla sala da pranzo, ancora odiosamente ingombra di fiori colorati ed eccessivamente profumati. Draco alla vista del mazzo di girasoli sul tavolo strizzo il naso schifato.
- Non dirmi che questa cosa orribile è per noi! - esclamò disgustato, girando intorno al vaso - Mio Dio, mamma dev’essere impazzita!-
Detto questo, però, non fece più caso alle decorazioni, fiondandosi direttamente sui toast e la pancetta fredda, riempiendosi fino all’orlo il bicchiere di Succo di Zucca e trangugiando il tutto neanche fosse stato a digiuno da tre mesi. Tiger e Goyle se paragonati a lui, in quel momento, potevano passare tranquillamente per due uccellini dal becco pieno. E’ proprio vero che chi va con lo zoppo impara a zoppicare …
La ragazza distolse lo sguardo da quello spettacolo raccapricciante, sedendosi dall’altra parte del tavolo, con una smorfia, cercando di riprendere la conversazione come se nulla fosse.
- Io non mi illuderei se fossi in te - disse fissando con intensità una posata, ignorando gli “Gnam gnam” e i “Glu glu” del fidanzato - Di entrare in squadra, intendo. L’unico che se ne và è Higgs, il Cercatore e certamente non sarai l’unico del Serpeverde ad ambire a quel posto -
Draco ingurgito in fretta e furia un’intera fetta di pane tostato, riassumendo una parvenza seria … o quasi vista la marmellata che gli ricopriva metà faccia e i vestiti e i capelli ancora umidi e stropicciati.
- Lo so … - fece lui, il tono superiore, mentre si serviva un’altra porzione di bacon e tornava a riempirsi la bocca - … ma di sicuro nessun altro a parte me offrirà alla squadra sette Nimbus Duemilauno … è una garanzia che non si può rifiutare, mia cara -
Pansy, forse per il fatto che questi aveva ripreso a mangiare come un barbone, non era sicura di aver capito bene le sue parole. Per un attimo le era sembrato di aver sentito parlare di sette Nimbus Duemilauno … ma di sicuro si era sbagliata. Lucius non avrebbe mai comprato così tante scope solo per far entrare il figlio in squadra … era ridicolo e poi, diciamocelo, il signor Malfoy non era così stupido da buttare i suoi soldi al vento.
- Ehm … cos’è che hai detto? - chiese, infatti, la mora, sforzandosi di guardarlo in faccia nonostante il ruminare disgustoso del ragazzo. Lui, posò forchetta e coltello, piuttosto seccato tornando a fissarla.
- Ho detto che se mi scelgono, con me si prendono anche sette Nimbus Duemilauno. Per questo sono sicuro di entrare in squadra … -
Allora aveva capito benissimo, non si era sbagliata. Indignata, spalancò la bocca, stringendo le braccia al petto. Sapeva che Draco era uno disposto a tutto pur di entrare a far parte della squadra di Quidditch del Serpeverde e che quando si impuntava otteneva tutto ciò che voleva con le buone o con le cattive, perciò doveva esserci abituata ai suoi trucchetti meschini, ma addirittura questo …
- Non è giusto! - sbraitò, infatti, togliendogli il piatto da sotto il naso per attirare la sua attenzione
- Potrebbero esserci giocatori migliori di te che attendono di essere scelti da mesi! Daphne, per esempio, è bravissima a volare e voleva partecipare alle selezioni per … -
- Daphne è una ragazza - la interruppe Draco, stizzito, cercando di riprendersi il piatto - Lei non può giocare a Quidditch … a Serpeverde le donne non giocano me l‘ha detto Flitt! -
- Perché no? - sbottò lei, irritata, sottraendogli per ripicca anche la caraffa di Succo di Zucca - A Grifondoro e a Corvonero sono quasi tutte ragazze! -
- E infatti la Coppa del Quidditch non l’hanno mai vinta! - ribattè lui piatto, il tono ovvio di chi ha detto che due più due fa quattro - E poi … le ragazze non sono fatte per volare. Ora posso riavere la mia colazione? -
Pansy che teneva ancora la portata del ragazzo in cima alla testa, non accennò a muoversi, fissandolo come un insetto dalle zampette sudice particolarmente grosso. Chiaramente non gli avrebbe ridato il piatto neanche sotto tortura.
- Ah è così? “Le donne non sono fatte per volare”! E per cosa sarebbero fatte secondo te, eh? -
Draco, appoggiò con forza i gomiti al tavolo, gli occhi due lamelle di ghiaccio. La mora non mosse un muscolo, ma fu seriamente tentata di arretrare, appoggiando il corpo allo schienale rigido della sedia. Il ragazzo, infatti, aveva allungato così tanto la testa verso di lei, tanto da sfiorare il vaso di girasoli con un ciuffo di capelli. Ora erano decisamente faccia a faccia, come due bestie pronte ad aggredirsi da un momento all‘altro.
Pansy non potè non notare ancora una volta che qualcosa nel suo aspetto era cambiato, ma non sapeva dire con certezza cosa ci fosse di diverso.
- Beh se proprio lo vuoi sapere - sentenziò d’un tratto il biondo, sibilando come un serpente arrabbiato - Mi hanno detto che voi ragazze siete buone solo per …-
Ma Pansy non sentì le sue ultime parole, attirata dal ticchettio famigliare prodotto dagli stivaletti di Narcissa sul pavimento, seguiti da un tonfo piatto, come di un qualcosa di pesante che viene depositato a terra in fretta e furia. Si era voltata di scatto, non cogliendo la fine della frase ... Inutile, inoltre, chiedere a Draco di ripetere, visto che all’entrata della madre in sala, si era zittito all’istante tornando “l’angioletto tutto carino e beneducato della mamma” ... patetico …
Narcissa indossava un completo da giorno di uno sfavillante color indaco e tra le mani reggeva la posta e una borsetta rettangolare in tinta con il vestito. Sorrideva e a giudicare dal modo in cui sgambettava per la stanza aveva trascorso una piacevolissima giornata.
“Beata lei” pensò la mora, ancora incerta se attirare o meno l’attenzione della donna che, felice e immersa nei suoi pensieri, non li aveva ancora degnati di uno sguardo “Io invece ho rischiato di morire sbranata, poi affogata e poi martoriata a colpi di scopa dal mio fidanzato … decisamente oggi non è la mia giornata”
In quel momento, la donna lasciò perdere la posta, che butto di malagrazia sul tavolo accompagnata dalla borsa, concentrandosi su di loro. Il sorriso le scomparve dalle labbra, quando i suoi occhi azzurri andarono a posarsi sui vestiti bagnati dei due.
- Buongiorno signora Malfoy -
- Mamma -
Entrambi i ragazzi la salutarono indifferenti, come se invece di avere un aspetto a dir poco indecente (Draco in particolare visto che aveva pure la bocca sporca di marmellata) fossero perfettamente asciutti e pettinati come due piccoli Lord Inglesi.
Narcissa sembrava più sorpresa che arrabbiata, anche se il suo sguardo non poteva che esprimere disgusto.
- B-buongiorno, ma che … che cosa vi è successo? Perché siete così zuppi? -
Prima che Pansy ebbe anche solo il tempo di pensare a rispondere, Draco aveva già spiegato per lei, con il suo pomposo e strascicato tono da maestro dell‘universo.
- Pansy è caduta in piscina e io l’ho ripescata … niente di grave, mamma. Solo qualche ammaccatura… -
La donna spostò la sua attenzione dal figlio a lei, l’aria un tantino preoccupata. Solo in quel momento, la ragazza si accorse di tenere ancora il piatto del ragazzo sopra la testa.
Lo riabbassò imbarazzata, evitando di guardarla negli occhi. Si sentiva una perfetta cretina e per lo più le era caduta una strisciolina di pancetta in testa.
- Tesoro, ti conviene stare più attenta quando cammini a bordo piscina … - la richiamò questa, il tono perennemente pacato, ma velato di quella che Pansy definiva “una patina di ghiaccio”
- … Draco non sarà sempre lì a salvarti, spero tu te ne renda conto …-
- Ma veramente io … - tentò di spiegarsi la mora, leggermente offesa per quel richiamo che non la faceva passare altro che per una stupida che non sa reggersi in piedi - … io non camminavo a bordo piscina, io stavo …-
- Stava tentando di attirare la mia attenzione - s’intromise il biondo, come al solito, con un ghigno insopportabile stampato in faccia, senza guardarla - Mi allenavo a Quidditch e Pansy, probabilmente per mettersi in mostra, si è messa a giocare con l’acqua … poi è scivolata ed è caduta dentro, naturalmente non potevo lasciarla lì … -
Pansy spalancò la bocca, troppo sorpresa per spiccicare parola. Ma cosa andava farneticando quel lattante? Lei mettersi in mostra, per lui? Ma neanche morta! Narcissa non poteva certo bersi una panzana del genere … non stava né in cielo, né in terra …
- Oh questo spiega tutto - fece invece la donna, con un sorriso malizioso a curvarle le labbra - Le ragazze innamorate a volte sono così sciocche! Solo … Pansy ti prego di non farlo mai più, non so cosa sarebbe accaduto se … -
La ragazza scatto in piedi di colpo, le mani tremanti strette lungo i fianchi. L’asciugamano le era addirittura caduto alle spalle in un turbinio bianco, lasciandola nuovamente al freddo, ma lei non vi prestò attenzione.
- “Ragazze innamorate”?! - sbraitò senza alcun contegno, dimenticandosi le buone maniere e l’educazione in generale - Io non sono innamorata di lui! Non mi piace nemmeno un po’ … ma si è guardato allo specchio?! Sta inventando solo un mare di sciocchezze come al solito! -
Narcissa la fissava ad occhi aperti, l’espressione allo stesso tempo sorpresa e risentita. Non pareva particolarmente soddisfatta nel sentire quelle parole su suo figlio e se la mora fosse stata abbastanza in sé da smetterla di urlare e dimenarsi, probabilmente si sarebbe resa conto che era meglio tenere la bocca chiusa e cambiare discorso alla svelta, magari aggiungendo una buona dose di “mi dispiace”.
Ma, invece, la mora continuò ad infierire, non curandosi affatto del ghigno sempre più ampio che il ragazzo continuava a ostentare tranquillo, sicuro di non essere notato dai presenti. Era chiaro che aveva parlato a sproposito per provocarla ...
- Pansy, smettila, santo cielo! - sbraitò Narcissa tutta impettita, dopo una serie di epiteti non proprio carini nei confronti del figlio - Un po’ di contegno per favore, questo linguaggio certo non ti si addice e certamente i tuoi genitori non approverebbero -
La donna utilizzava un tono leggero, per niente grave, ma nonostante tutto i suoi occhi brillavano di una luce che non aveva assolutamente nulla di comprensivo. Sembrava quasi si trattenesse, dall’insultarla a sua volta. La mora la ignorò bellamente, e per tutta risposta non accennò minimamente a cambiare tono … era stufa di prendersi sempre la colpa di tutto, passando per stupida o sciocca.
- Certo, i miei genitori non approverebbero il mio comportamento - sbottò incrociando le braccia compunta - Ma non me ne importa un granché visto che se dipendesse da loro e da voi non farei altro che sorridere e leccare i piedi a quel … quel … coso senza cervello! -
E con uno scatto furibondo della mano, indicò il fidanzato che, come da copione, eliminò il ghigno all’istante, assumendo in compenso un‘espressione perplessa e indispettita.
Narcissa, d’altro canto, si era eretta in tutta la sua altezza, lo sguardo di ghiaccio. Di certo ora non era più né preoccupata né men che meno felice. A Pansy, in quel momento, ricordò benissimo una di quelle finte nobildonne con la puzza sotto il naso e l’aria scandalizzata che si vedono nei film di vecchia data.
- Avviserò immediatamente i tuoi genitori dell’accaduto - proclamò piatta e incolore, come se stesse semplicemente leggendo la lista della spesa - E’ chiaro che alcuni tratti del tuo carattere debbano essere modificati, credo che un corso accelerato di buone maniere prima di Hogwarts, sia quello che fa al caso tuo. A giudicare dalla tua insolenza, debbo purtroppo immaginare che finora ti debba essere stato insegnato ben poco a riguardo …-
Pansy strinse convulsamente i pugni, ma non aprì bocca, il viso una maschera di bronzo. Avrebbe dato tutto il denaro che possedeva per poterle saltare addosso e strapparle i capelli, ma non poteva e lo sapeva bene. Era già nei pasticci fino al collo e non erano trascorse nemmeno ventiquattrore dal suo arrivo a Greenfresh … decisamente avrebbe fatto meglio a controllarsi.
Draco, neanche a dirlo era l’immagine fatta a persona della soddisfazione. Era chiaro che quella situazione era per lui fonte di infinito divertimento ... probabilmente aveva atteso quel momento per tutta l’estate.
- Bene - sentenziò dopo un tempo infinito, riacquistando un tono che doveva essere indifferente - Se è questo quello che pensate, signora, e cioè che io sia troppo sveglia per vostro figlio … perché è chiaro che sia così … toglierei il disturbo … o pensate forse che anche questo sia troppo maleducato da parte mia? -
Narcissa, non mosse un muscolo continuando a fissarla in tralice.
Pansy, senza abbassare minimamente lo sguardo, le fece un largo e pomposo inchino che di serio non aveva proprio niente, poi si voltò la schiena dritta e il mento sollevato, mormorando un chiaro e sarcastico “Besten Dank” sparendo oltre la porta della sala.
Era ormai giunta ai piedi della scalinata, quando sentì distintamente la voce di Draco chiedere alla madre:
- Che ha detto? -
- Non lo so, ma di certo nulla che una buona ed educata purosangue inglese avrebbe detto. Ma non temere tesoro cambierà, dovrà cambiare … non permetterò certo che mio figlio se ne vada in giro con una rozza tedesca, come compagna … e Lucius dovrà ascoltarmi questa volta, non mi interessa se … -
Per Pansy era troppo. Non aveva più intenzione di ascoltare quei due. Afferrò con foga il corrimano della scalinata, fino a farsi diventare le nocche delle dita bianche, prendendo a salire furente come non lo era mai stata, sfuggendo a quei discorsi.
Narcissa non le era mai stata particolarmente simpatica, certo e finora si era limitata a sopportarla, ma adesso poteva dire con certezza che la detestava di tutto cuore.
“Come si permette quella di darmi della rozza?” pensò arrabbiata, camminando così velocemente che pareva corresse per le scale “ Maleducata a me? Maleducata … quella strega! E suo figlio cosa dovrebbe essere, allora? Un Troll uscito male!? Oh gli è andata bene che non gli ho presi entrambi a calci nel sedere! Si credono tanto intelligenti quei due, ma non sanno nemmeno che Besten Dank significa Grazie Tante … che branco di ignoranti … oh sono in casi come questi che Potter e Weasley mi diventano incredibilmente simpatici! Spero solo che se Malfoy entra in squadra come Cercatore, Potter gli soffi sempre il boccino sotto il naso facendogli fare la figura dell‘idiota … tanto mica me ne frega qualcosa di vincere la Coppa del Quidditch!”
Tutta presa dal rimuginare e formulare possibili piani sull’eventuale uccisione del ragazzo e della rispettiva madre, si chiuse in camera con un botto fragoroso, infilandosi all’istante sotto la doccia, gettando a terra gli abiti bagnati.
Si sentiva sul punto di esplodere da un momento all’altro, tanto che a stento prestava attenzione all’acqua calda che le picchiettava violentemente la pelle.
Di certo per lei, anche quell’anno, le cose non sarebbero stata affatto facili.

***



Nei giorni che seguirono Pansy ebbe a pentirsi molte volte di quel suo breve quanto intenso scambio di battute con la signora Malfoy.
Ma non tanto per la sfuriata di suo padre che ne era seguita quella sera, o per il successivo litigio con Draco che si era concluso in un mare di lacrime da parte sua e con lei che gli rovesciava in testa una caraffa piena d’acqua, ma per le continue, asfissianti e noiose lezioni di etichetta che Narcissa, l’aveva obbligata a seguire fintanto avesse alloggiato dai Malfoy.
La donna non aveva scherzato affatto quando l’aveva minacciata di insegnarle personalmente “le buone maniere” e Pansy se n’era accorta fin troppo in fretta, visto che il giorno seguente al fattaccio questa le aveva già distribuito una sorta di orario delle lezioni da seguire.
Le lezioni (anche se sarebbe più corretto definirle prove di resistenza) si tenevano tutte le mattine, dalle nove alle dieci, e tutti i tardi pomeriggi, dalle otto alle nove e trattavano ogni volta tematiche diverse e allo stesso tempo incredibilmente noiose; come, ad esempio, il resistere elegantemente alle provocazioni, cosa per cui Pansy non era affatto ferrata, o il sapersi dominare in pubblico e mantenere una sorta di freddo rispetto nei confronti altrui, il tutto seguito da insulse e snervanti ore di danza, cucito, portamento e di tutte quelle altre sciocchezze che nell’ottocento sarebbero state perfette, ma che in un secolo come il loro facevano piuttosto ridere.
Pansy, infatti, trovava il tutto una gran perdita di tempo visto e considerato che lei non era né una principessina, né una nobile dama … ma era inutile da parte sua provare a ribellarsi e rifiutarsi di seguire il corso … sarebbe stata solo un ulteriore matassa di guai da sbrogliare prima dell‘inizio della scuola e lei certo non aveva, né il tempo, né la voglia di ridursi anche quell‘anno a fare da aiuto elfa a Dobby … anche se a dirla in privato, questi ne aveva un disperato bisogno.
Così l’ultima settimana di agosto prese a scivolare lentamente tra un giro di valzer e un punto croce fino ad arrivare alla temuta e desiderata ultima notte a casa Malfoy.
Pansy, in quel momento, era rannicchiata sul tappeto persiano dell’immenso salotto, tutta presa dallo sfogliare i suoi nuovissimi e numerosissimi libri di Difesa Contro le Arti Oscure e a sgranocchiare una ciotola di noccioline caramellate.
Il camino era spento e la stanza, viste le sue dimensioni mastodontiche, non era illuminata a sufficienza dal lampadario grondante di candele bianche e mollicce. L’atmosfera che aleggiava nel salone era, quindi, complessivamente cupa e fredda, ma Pansy che ormai ci era abituata non vi prestava la minima attenzione.
Era immersa nella lettura di A Merenda Con La Morte, uno degli affascinanti e avventurosi testi di Gilderoy Allock, il suo scrittore preferito, e nulla sembrava sfiorarla.
Lei, infatti, adorava Gilderoy Allock. Sin da quando aveva imparato a leggere, le sue imprese l‘avevano rapita, dando libero sfogo alla sua immaginazione e al suo senso eroico. Era incredibile il modo in cui quell’uomo dalle fattezze celestiali riuscisse a compiere tali e avvincenti imprese e a narrarle con altrettanta maestria … ancora non riusciva a credere che l’indomani l’avrebbe conosciuto di persona!
Già, perché Gilderoy Allock, come aveva scoperto solamente qualche ora prima, sarebbe divenuto a breve il suo nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.
Era impazzita di gioia quando quella sera a cena, parlando dell’imminente partenza per Hogwarts, era saltato fuori l’argomento.
Narcissa, una volta tanto, aveva persino smesso di fare la sostenuta nei suoi confronti, prendendo a parlarle come una sorta di amica di come qualche giorno prima avesse acquistato la sua autobiografia Magicamente Io e di come l’avesse trovata appassionante.
Anche Pansy aveva abbandonato per qualche minuto quella sua aria indifferente per condividere le sue conoscenze a riguardo, e doveva ammettere di essersi persino divertita a discutere con lei di alcuni passi del libro … almeno fino a quando Lucius non si era irritato di ascoltarle, cambiando istantaneamente argomento, facendola sprofondare nuovamente nella noia più totale.
Per il resto della cena, l’unica cosa che le aveva impedito di addormentarsi sulla zuppa di piselli era stato il vivo il desiderio di correre in camera sua, afferrare qualche libro e ripassare alcuni punti salienti delle avventure del suo eroe. Era stata così presa da Gilderoy Allock che per tutto il tempo non aveva prestato la minima attenzione a quello che il signor Malfoy diceva a Draco a proposito della scuola … aveva accennato ad alcuni cambiamenti … ma come già detto, lei non vi bado se non superficialmente, al punto tale da scordarsene completamente non appena infilato il naso tra le pagine del suo beniamino. Ma torniamo al presente …
Era da circa un’ora che sottolineava azioni e appuntava dettagli sulle entusiasmanti imprese di Allock, ma il suo entusiasmo non accennava a smorzarsi di una virgola. Insomma, avrebbe frequentato per un anno o forse più Allock, il famoso Gilderoy Allock! Mica era una cosa da poco…
“Chissà … ” pensò tra sé, sfogliando le pagine con una dolcezza quasi ridicola “ Chissà se ad Hogwarts riuscirò a strappargli un autografo … oh magari! Mamma mia … ancora poche ore e lo vedrò di persona … e mangerò addirittura le sue stesse cose!”
Era così emozionata e concentrata a sognare ad occhi aperti che a stento si accorgeva del tempo che passava. Ignorava il ticchettio dell’orologio e con esso lo sfrigolare leggero della cera che colava dalle candele; sembrava vivesse in un mondo a parte, tanto che quando Cerbero le sgusciò accanto, scivolando quatto quatto sulla moquette per rubarle le noccioline, non se accorse nemmeno.
Fu solo quando allungò la mano per afferrare il contenitore che si rese conto di non essere sola.
Per poco non le venne un colpo, nel posare gli occhi sulla sua figura nera, incredibilmente maestosa. In un primo momento provò ad allontanarlo con qualche spinta, ma questi solido come una roccia, per tutta risposta diede un ringhio sommesso, facendole ritrarre le mani di scatto.
Aveva il muso infilato nella ciotola e sgranocchiava di tutto gusto quello che doveva essere il suo spuntino serale. Ad un tratto prese addirittura a masticare vistosamente, sbavando dappertutto, contento come una pasqua.
- Stupido cane!- urlò la ragazza, improvvisamente arrabbiata, sottraendo alla svelta i suoi appunti e i suoi testi alla bava appiccicosa dell’animale - Scommetto che se potessi parlare e ti mettessero una parrucca bionda in testa saresti uguale a Draco! -
- Chi è che dovrebbe essere uguale a me? -
Pansy si voltò di scatto nel sentire la voce del ragazzo alle sue spalle.
Il diretto interessato era spuntato dall’ombra del salone, l’aria curiosa e una tazza di quella che doveva essere cioccolata calda stretta in mano. Era già in pigiama e la vestaglia grigia che indossava spolverava leggermente il pavimento. Visto così faceva un po’ ridere … anche perché aveva delle ciabatte che erano tutto un programma.
- Il tuo cane … - rispose la mora con semplicità, la stizza sostituita in breve da quella visione estremamente buffa - Comunque … carino il pigiama, quello di Super Wizard l’hai buttato a lavare?-
Draco strinse gli occhi a due fessure sottili, rigirandosi la tazza calda tra le mani. Pansy non riuscì a reprimere una risata ... era così ridicolo!
- Divertente … - sbottò lui per niente convinto, sedendosi pesantemente sul divano - E comunque il pigiama di Super Wizard l’ho gettato l’anno scorso … tu al contrario però, da quel che ho potuto vedere, tieni ancora quello con le paparelle e gli unicorni di quando avevi dieci anni -
- Non è vero - ribattè lei arrossendo appena. In effetti, ad essere sinceri, aveva ancora un pigiama con le paperelle e gli unicorni anche se ovviamente non lo stesso di due anni fa. Draco per tutta risposta sorrise, sorseggiando con aria assente la sua cioccolata.
- Ma davvero? Oh beh … allora quello che Dobby stirava l’altro giorno con gli unicorni rosa e i pulcini gialli sarà stato certamente di qualcun altro, magari di papà … ce lo vedo proprio conciato così …-
Pansy lo fissò imbarazzata, poi, nella sua mente prese a farsi largo un immagine … istantaneamente cominciò a ridere come un pazza, ricadendo sulla moquette con un tonfo, le mani strette al petto scosso dai singhiozzi. Draco, d’altro canto, se la rideva quanto lei, tanto che per poco non si strozzava con la bevanda fumante, sputacchiando dappertutto. Entrambi avevano avuto la stessa esilarante visione:
L’immagine di un compunto e indifferente Lucius Malfoy che si aggira per casa con un pigiamino rosa cosparso di papere, in effetti, avrebbe fatto sbellicare chiunque … figlio e nuora compresi.
Pansy era ancora presa a ridere, la mente annebbiata da un immaginario signor Malfoy con una papalina a fiori in testa. Rideva così intensamente al punto tale da non rendersi nemmeno conto che Draco, riacquistato il controllo dei muscoli facciali, le si era avvicinato, afferrando senza permesso uno dei suoi libri e prendendo a leggerlo.
- Pansy … - fece lui, poco dopo, la voce tremula per il riso trattenuto, attirando la sua attenzione
- Mi vuoi spiegare il significato di questo … ehm … pfff … Pansy-cuore-Gilderoy? -
La ragazza saltò a sedere di scatto, strappandogli con foga il libro di mano, l’espressione d’un tratto seria e le gote rosse per il riso e l‘imbarazzo. Cavolo, si era completamente dimenticata di Allock… che stupida era stata a lasciare i suoi appunti a portata di mano!
Questa volta era Draco a ridersela di gusto accasciato contro il bracciolo di una poltrona, preda ai singhiozzi. Il biondo era rosso come un peperone e tra i singhiozzi ripeteva in continuazione la frase “Pansy-cuore-Gilderoy”, sbellicandosi sempre di più ogni qual volta pronunciasse quella parola. Sembrava incapace di smettere.
Pansy al contrario non poteva essere più scura e arrabbiata.
- Smettila! - urlò lei - Draco piantala! Non fa ridere neanche un po’! -
Ma il ragazzo non pareva sentirla, troppo preso a contorcersi dalle risate per prestarle particolare attenzione. La smise solamente quando questa, esasperata, gli lanciò in piena faccia uno dei suoi libri, facendolo sprofondare nella poltrona come un bambolotto gigante.
Comunque, quando Draco riemerse da tutti quei cuscini non era né arrabbiato né stizzito, ma anzi, sembrava ancor più divertito di prima, tanto che, come se nulla fosse, aprì a caso una pagina di A Merenda Con La Morte prendendo ad inventare sue ipotetiche frasi d‘amore.
- Pansy-cuoricino-Allock ci starebbe bene qui … - disse indicando il primo capitolo - Oh ma aspetta un po’ … no forse è meglio Pansy-più-Allock-uguale-amore … oh no, no Pansy e Allock per sempre è perfetta come augurio di inizio capitolo! -
Pansy, sempre più rossa, gli strappò il libro di mano, prendendo ad urlargli contro di tutto e a colpirlo con il volume un po’ ovunque, dimenticando all’istante gli insegnamenti di autocontrollo di Narcissa di quella settimana.
Draco per tutta risposta prese a ridere più forte, sibilando tra i singhiozzi “Oh mio Dio ti piace Allock? Uh … quel fesso tutto bigodini …”.
Andarono avanti così per una decina di minuti buoni, finché il ragazzo, approfittando di un momento di silenzio, dovuto al fatto che la compagna riprendeva fiato dopo tutte quelle urla e quelle librate, disse, sempre con il sorriso sulle labbra:
- Certo che … quest’anno avrai il tuo bel da fare … cioè … (e qui venne interrotto da un‘altra ondata di risa) … tra Allock e Zabini … chi sarà il prescelto? Poveretto … chiunque sia non lo invidio per niente … -
- Oh smettila! - sbottò nuovamente lei, raccogliendo in fretta e furia le sue cose per defilarsi alla svelta - Sei solo geloso perché entrambi sono cento volte meglio di te! -
Draco, a giudicare dal fatto che aveva smesso di ridere e si era fatto tutto serio, non aveva gradito affatto il commento.
- Io geloso di quei due idioti? - sibilò, piazzandolesi davanti - E perché dovrei, scusa? Blaise ad Hogwarts ha la stessa importanza di un fagiolo sgusciato e per quanto riguarda Allock … beh, quell’uomo è assolutamente patetico! Papà dice che a stento sarà capace di schiantare una ranocchia … ma forse non lo fa perché lo spostamento d‘aria potrebbe scompigliargli qualche ricciolo! -
Pansy strinse con più forza i libri al petto, guardandolo in cagnesco, sempre più arrabbiata.
- Tuo padre è solo geloso di Allock, per questo parla così! Scommetto che non sa fare la metà delle cose che ha fatto lui, ecco perché … -
- A no? - la interruppe lui un sopracciglio inarcato e un ghignetto sarcastico stampato in faccia
- Pensi davvero che Allock sia un mago migliore di mio padre anche dopo quello che ha detto questa sera? -
Pansy strabuzzò gli occhi, la bocca ancora aperta nell’atto di completare la frase. Lei non aveva ascoltato un bel niente di quel che Lucius aveva detto a tavola … quindi, come poteva sapere?
Incerta, si limito a dilettarsi in una serie di “ehm” e “uhm”.
- Lo sapevo che non avevi ascoltato un tubo - tagliò corto lui, tutto pomposo, facendola sentire una perfetta idiota - Ma non ti preoccupare ti spiegherò io … dovresti ritenerti fortunata ad avere un ragazzo come me, sai? -
- In effetti, faccio un fioretto tutte le sere … - ribattè lei sarcastica, alzando gli occhi al cielo.
Draco storse a malapena il naso, riprendendo a sorseggiare la cioccolata; era evidente che si era trattenuto dal dire qualcosa di estremamente offensivo. Comunque, dopo alcuni secondi, in cui la sua bocca venne letteralmente spalmata di cioccolata, riprese a parlare.
- Papà ha detto che quest’anno ad Hogwarts ne succederanno delle belle, cioè belle per noi … (e qui le sue labbra si curvarono in ghigno sinistro) … per i mezzosangue mica tanto -
Pansy corrugò la fronte, in attesa questi proseguisse il racconto.
- Sai … è un po’ difficile da spiegare, ma … - riprese lui, sforzandosi di ricordare le esplicite parole del padre - Beh, da dove comincio? … uhm, sì … hai mai sentito parlare della Camera dei Segreti?-
La ragazza si rabbuiò, abbassando il capo pensierosa. Dopo all’incirca un paio di secondi, comunque, scosse il capo in un evidente diniego. Poteva provarci quanto voleva, ma non le sembrava di aver mai sentito parlare di nulla ad Hogwarts o fuori che potesse riferirsi a una qualche Camera Segreta.
“Forse …” pensò stupidamente, ignorando il sorrisino del fidanzato a quella notizia “ Si tratta di un ala privata del castello dove vengono stipati i mezzosangue … una sorta di mega sgabuzzino per gente scadente”
Rimase in silenzio, in attesa che Draco riprendesse a parlare. Era curiosa di sapere cosa fosse questa misteriosa stanza, ma il biondo non pareva voler continuare la conversazione visto che aveva cambiato espressione e ora, sembrava particolarmente concentrato in tutt’altra cosa.
Pansy non ci mise molto a capire cosa lo avesse distratto.
Dobby, l’elfo domestico, se ne stava zitto zitto in un angolo poco illuminato vicino alla soglia, le orecchie appuntite, tese a captare ogni sillaba; in quel momento sembrava tutto fuorché il solito vecchio e pietoso Dobby.
- Che diavolo stai facendo? - gli sbraitò contro il ragazzo, con la sua ormai inconfondibile gentilezza da bulletto affermato - Stavi origliando, eh? Aspetta che lo …-
L’elfo, però, riacquistata la sua aria umile, lo interruppe di scatto, scuotendo vigorosamente il capo e prendendo a balbettare tutto preoccupato.
- No, no padroncino … Do-Dobby è venuto perché … perché vo-vostra madre ha ordinato … ha o-ordinato di dirvi di andare a … a letto. Domattina do-dovete alzarvi p-presto si-signori … -
Draco lo fissò enigmatico per qualche secondo, poi, come se nulla fosse scrollò le spalle e prese a sbadigliare. Strisciò lentamente verso l‘elfo, passandogli bruscamente la tazza di cioccolata ormai vuota.
- Adesso andiamo … - sibilò indifferente - … vattene -
Dobby non se lo fece ripetere due volte. Augurò frettolosamente loro la buona notte e com’era solito fare, sparì con uno sciocco in un’altra ala del maniero, lasciandoli nuovamente soli.
Draco sbadigliò nuovamente.
- E’ meglio che andiamo a dormire … - disse piatto, avviandosi tranquillo verso le scale che davano ai piani superiori - … vieni? -
Pansy non accennò a muoversi, limitandosi semplicemente a issarsi meglio i libri di Allock tra le braccia. Era pensierosa e chiaramente non aveva voglia di andare a dormire ... sinceramente, in quel momento, l’unica cosa che le premeva era riprendere la conversazione di poco prima.
- Che cos’è la Camera dei Segreti? - domandò d’impulso, bloccandolo nell’atto di uscire dalla stanza - Prima non me l’hai detto …-
Questi non si voltò nemmeno, riprendendo a camminare ... sembrava che in quei dieci minuti di silenzio tutto il suo entusiasmo fosse svanito.
- Te lo spiego domattina - borbottò, infatti, raggiungendo la soglia - ’Notte Parkinson … -
- No aspetta! - lo richiamò lei, correndogli dietro, non senza una certa difficoltà vista la pesantezza dei volumi che reggeva - Io voglio saperlo adesso! -
Non ricevette risposta e quando uscì dal salone per parlargli di persona, il ragazzo era già sparito. L’ingresso era vuoto e silenzioso … nemmeno un eco di passi in lontananza. Draco pareva essersi volatilizzato nel nulla; nemmeno in cima alle scale si notava la sua presenza … era come evaporato.
Rassegnata, la mora prese a salire rumorosamente le scale che conducevano alla sua camera da letto, la testa immersa in una nube di pensieri.
“ Probabilmente devono esserci dei passaggi segreti …” pensò questa, tamburellando distrattamente le dita sul tomo Un anno con lo yeti “… altrimenti l’avrei visto salire … non può essersi smaterializzato nel nulla! Mica lo sa fare …”
“Oh quanto avrei voluto sapere cos’era questa Camera dei Miei Stivali!” continuò lei con un sbuffo, qualche piano più su mentre si richiudeva alle spalle la porta della sua stanza “Ma quello stupido elfo doveva arrivare proprio in quel momento? Forse era meglio se lo decapitavano … beh pazienza, in fondo, vorrà dire che lo saprò domani … giorno più, giorno meno … che differenza fa?”
Così, senza particolare entusiasmo ripose i suoi libri di Difesa Contro le Arti Oscure nel baule per Hogwarts, prendendo a controllare che non vi mancasse nulla.
Non sapeva ancora che il giorno seguente, colta dall’entusiasmo della partenza e da tutto ciò che ne comportava, non avrebbe più pensato alla Camera dei Segreti, né a quello che Draco le aveva detto a proposito dei mezzosangue… ma dopotutto, prima o poi, l’avrebbe scoperto comunque.

***



Salve e buone feste a tutti! Scusate il ritardo mega, ma tra la scuola, le feste e il resto non ho avuto molto tempo per questa fic … senza contare inoltre che alcune parti le ho dovute riscrivere tre volte perché non mi convincevano per niente! Non pensavo che la stesura del primo capitolo de “La Camera dei Segreti” fosse così complessa … ma va beh … tralasciamo!
Perdonatemi e considerate questo capitolone (mi sono resa conto che più passa il tempo più i miei capitoli si allungano) una sorta di regalo di Natale ritardatario!!!
Comunque … il secondo anno sta per iniziare … cosa succederà? Mistero (beh … più o meno)!
Non mi dilungo e passo come al solito ai ringraziamenti:

Un grazie immenso come una casa va ovviamente a tutti, ma in particolare a coloro che hanno recensito e cioè:

Entreri
Kathlyne
Sere
Katia37
Minami77
Franceskina
Dracontessa
Meggie


Vi ringrazio tutti quanti per i bellissimi commenti!!

Ps. Scusate ancora il ritardo clamoroso … spero non succeda mai più!!

BUON NATALE (in ritardo)!!!
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _Pansy_