Capitolo 7 - “Sorellona, perché...?”
Sembravano diventati delle statue di marmo.
Immobili, fissavano la porta del magazzino senza sapere cosa dire. Da una
parte, Patricia non riusciva a capacitarsi soprattutto di quello che George
Weasley aveva potuto pensare, anzi, aveva certamente pensato al vederli così
vicini e rinchiusi in una parte del negozio in cui nessun altro poteva entrare
a parte i proprietari e coloro che vi lavoravano; dall’altra, anche se non
voleva ammetterlo, le dispiaceva che fossero stati interrotti. Così, il
nervosismo che prima era scomparso ritornò ma ancora non riusciva a staccare
gli occhi di dosso a quella porta. Fred, dal canto suo, malediva e ringraziava
il fratello allo stesso tempo: si stava divertendo e non capitava tutti i
giorni di vivere una situazione del genere, dopotutto, ma almeno aveva spezzato
quel momento di imbarazzo.
Cinthya, nel mentre, guardava dalla sorella al
suo compagno di scherzo, interrogativa. Iniziò a tirare la manica alla sorella,
ma quella non si mosse. Ritentò e la chiamò, ma ancora nulla. Con uno sbuffo,
prese fiato e gridò “PATRICIAAA!!!!”, facendo sobbalzare entrambi per lo
spavento.
“Allora ci senti.” Borbottò scura in volto.
Patricia fece un sorriso tirato: si era completamente dimenticata di lei.
“Certo che ti sento.” Ribatté. Cinthya sbuffò
ancora una volta.
“Come no...” borbottò ancora, poi si fece
pensierosa. “Sorellona, chi era quello? Perché rideva?” domandò. Patricia e
Fred si scambiarono una veloce occhiata ma dovettero distogliere subito lo
sguardo per non arrossire. Cosa le poteva rispondere? Non poteva dirle la
verità. Fece un sorriso.
“Perché...” iniziò. Lanciò un secondo sguardo a
Fred, come in cerca di ispirazione. “Perché non è normale che... la gente
discuta in un magazzino.” Soprattutto un ragazzo e una ragazza con una bambina
che li guarda, pensò. Ma che spiegazione era?? L’importante era che ci
credesse.
“Perché non è normale?” chiese ancora la bambina.
“Perché di solito se si deve parlare si va in un
bar, si passeggia oppure si resta a casa.” Spiegò cercando di essere il più
convincente possibile. “I magazzini servono solo a raccogliere tutte le merci,
di certo non a discutere.” Ancora una volta la bambina ne chiese il motivo, ma
stavolta fu il ragazzo a risponderle.
“Perché è molto più tranquillo: ci si può sedere
a un tavolo, bere qualcosa e chiacchierare finché vuoi.” Buttò lì. “Qui non c’è
il tavolo, non c’è da bere né è un posto tranquillo.”
“Ma chi era quello? Era uguale a te!” domandò
ancora la bambina. Fred rise.
“Tra fratelli gemelli può succedere.” Le rispose.
“Ed è molto utile averne uno, perché così puoi fare il doppio degli scherzi e
scambiarti le parti quando è necessario.” Cinthya rimase assolutamente
incantata da quella scoperta. Si rivolse alla sorella e iniziò a tirarle la
manica e a saltellare sul posto.
“Lo voglio anche io un fratello gemello!”
esclamò. “Posso averne uno? Eh?” Patricia alzò gli occhi al cielo.
“Non puoi averne uno: i gemelli nascono insieme.”
La bambina stava per fare ancora una domanda ma lei la bloccò in tempo. “Ora basta
domande, dobbiamo tornare da Rosmerta.” Cinthya ammutolì e mise il broncio.
Negli occhi del ragazzo un’ombra era calata ma la sua vivacità la nascose alla
perfezone.
“Sì. Vi accompagno.” Disse arraffando qualche
scatola dei prodotti che il fratello gli aveva chiesto mentre con la bacchetta
faceva muovere quelle più pesanti, poi risalirono la scala. Al vederlo troppo
carico per aprire la porta mosse la mano verso il pomello ma a metà strada si
scontrò con quella del ragazzo; arrossirono.
“Aspetta, ti do una mano.” Disse lei senza
guardarlo, ritraendo subito la mano e prendendogli qualche scatola dalle
braccia, poi uscì velocemente seguita dal ragazzo e dalla sorellina sorridente
e dallo sguardo furbetto che vagava dall’uno all’altra. Posate le scatole sul
bancone, Cinthya tirò una manica a Fred. Questi si chinò sulle gambe per
arrivare alla sua altezza.
“Mi vieni a trovare?” Fred sospirò: presi
com’erano in quel periodo dal lavoro era difficile riuscire a staccarsi, anche
nei finesettimana, tanto che spesso non riuscivano a passare da casa nemmeno la
domenica. Cinthya aveva capito che qualcosa non andava e lo guardò
supplichevole. “Per favore.” Mormorò con un filo di voce. Il ragazzo, al
vederla con quel viso da cane bastonato imitato alla perfezione, scoppiò a
ridere.
“Da grande ti vedrei bene come una di quelle
attrici dei film Babbani!” commentò scompigliandole la frangia bionda con la
mano e lei sorrise compiaciuta. “Non potrò venirti a trovare spesso, ma quando
avrò un attimo libero verrò, okay?” La bambina annuì vigorosamente raggiante. “Piuttosto,
vieni tu qui da noi! Io e George abbiamo un sacco di roba qui dentro, te la
faremo vedere.”
“Sììiiii!!” esultò Cinthya saltellando sul posto.
In quel momento arrivarono Madama Rosmerta e la sorella. Fred si alzò e con un
sorriso ironico fece un profondo inchino alla donna.
“Madame.” Le prese una mano. “E’ un onore averla
nel nostro umile, si fa per dire, negozio.” Rosmerta rise.
“Adulatore di un Weasley.” Disse. “Vedi di non
portarmi fuori strada la bambina.” Fred spalancò gli occhi in una espressione
scandalizzata ma non fece in tempo a rispondere che da dietro spuntò il
gemello.
“Mi fiderei poco, fossi in te.” Ribatté con un
ghigno poi la salutò con una stretta di mano. “Fratellino, poche smancerie o
rischi di fare ingelosire qualcuno.” Scherzò dandogli una pacca sulla spalla.
Quella frase provocò un certo fastidio in Patricia che però, da buona parente
di Minerva McGranitt, non lo diede a vedere.
“Allora ce l’hai la ragazza, Fred.” Scherzò
ironica. “Povera lei, non la invidio.” Fred ghignò.
“No, non ce l’ho.” Ribatté lui incrociando le
braccia. “Ma scommetto che per Natale mi rifarò.” Patricia scoppiò a ridere.
“Non contarci.” Disse semplicemente mentre George
sghignazzava dietro le spalle del fratello. Cinthya, al vederlo di nuovo ridere,
lo guardò interrogativa.
“Sorellona,” disse. “perché George ride sempre?”
domandò innocentemente. Patricia alzò gli occhi al cielo mentre la risata di
George aumentava di volume.
“Perché si diverte con poco.” Rispose, ma i dubbi
di Cinthya non erano spariti. Si portò una mano sotto il mento e lo osservò attentamente.
“Ma cosa c’era di divertente?” domandò ancora e
stavolta fu Rosmerta a risponderle, molto schiettamente.
“Te lo spiegherò quando sarai un po’ più grande,
bambina.” La prese per mano e consegnò al gemello ancora sghignazzante una
scatola di Boccali Autorempienti, la pagarono e dopo una vigorosa stretta di
mano tra i gemelli e Rosmerta si avviarono all’uscita.
“Ricordati che hai promesso di venirmi a trovare!”
disse la bambina a Fred sulla porta che le rispose alzando un pollice. Patricia
uscì per ultima.
“Salutami tua sorella, George: l’ho persa di
vista da un po’.” Il ragazzo sorrise e si strinsero la mano.
“Guarda che è anche mia sorella.” Si intromise
Fred in quel momento, piccato dall’utilizzo del singolare ma soprattutto da
quel tono famigliare con il fratello. Patricia gli ghignò.
“Sì. Ma io con te, dopo quello che hai combinato
oggi, non ci parlo.” Ribatté. Voltò loro le spalle e se ne andò di corsa per la
strada vuota e polverosa di Diagon Alley.
“Tornate a trovarci!” gli urlarono dietro in coro
i gemelli. Rientrati nel negozio, George batté una pacca sulla spalla del
fratello. “Sei senza speranze, fratellino.” Commentò.
“Io non credo. Scommettiamo?” lo provocò
allungandogli una mano. L’altro ridacchiò. “Cinque galeoni che per Natale ce la
faccio.”
“Ci sto.” Rispose il fratello stringendogliela poi ritornarono al lavoro.
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui con un capitolo fresco di cantina: spero vi sia piaciuto; non sono molto capace a fare scene divertenti, anzi sono totalmente negata, ma ci provo e scusate in anticipo se fanno pietà :) Ringrazio lettori e recensori come sempre e... alla prossima!!! Ciao!!
monipotty