13.
~Look to the stars, let hope burn in your eyes.
Guarda
le stelle, lascia la speranza bruciare nei tuoi occhi.~
Qualcuno
bussò alla porta. Seduta sul letto, mi voltai e guardai il legno
bianco.
Il mio cuore intraprese una folle corsa e non potei non trattenere il
respiro.
Sperai, forse scioccamente, con tutta me stessa che fosse lui, che i suoi occhi color
dell’oceano mi si prostrassero davanti.
Così, con il petto che si muoveva troppo velocemente per
essere controllato,
scattai in piedi e, quasi correndo, mi avvicinai alla porta. Afferrai
con forza
la maniglia, ma ciò che vidi non era ciò che mi
aspettavo. La realtà si abbatté
su di me con crudeltà, come fosse stata una frana di fango e
detriti.
«Buongiorno.» disse lei con voce atona, le spalle
piegate sotto un peso
immaginario.
«Abby.» soffiai incapace di emettere suoni.
«La mia testa sta per scoppiare.» sbuffò
passandomi accanto e dirigendosi verso
il letto. Quel letto che sapeva ancora di muti sentimenti, di ricordi
celati
nel cuore.
Sentii il cuore e lo stomaco stringersi in una morsa.
Abby si lasciò cadere sul materasso, lacerandomi.
«Cosa succede?» chiesi cercando di apparire il
più naturale possibile,
passandomi una mano fra i capelli ed incrociando poi le braccia al
petto.
Lei si coprì il viso con le mani. «Credo di aver
esagerato ieri. Ricordo poco.
Ho solo immagini.» latrò alzando poi il capo.
Quando i miei occhi incontrarono i suoi, tremai, impercettibilmente.
Cosa avevo fatto?
«Ehi, stai bene?» chiese alzando un sopracciglio,
prima di mettersi a sedere.
«Sì, certo.» risposi sorridendo e
deglutendo.
Abby inclinò il capo di lato. «Perché
ti luccicano gli occhi ed hai le guance
arrossate?» chiese ed un
lampo di
malizia le fendé gli occhi.
M’accigliai «Cosa?» chiesi distogliendo
lo sguardo dal suo, posandolo sul
pavimento.
«Sì! Cosa non mi hai detto?» chiese
indagatrice.
Scossi velocemente il capo. «Nulla!» esclamai
indietreggiando di un passo e
sgranando gli occhi, nel panico. I sensi di colpa, il tradimento verso
lei,
piano avanzarono schiaffeggiandomi.
Alzò le mani. «Okay, okay! Ma calmati per
favore!» disse lasciandosi cadere
ancora sul letto.
«Sono calma.» mormorai mordendomi il labbro
inferiore mentre dentro urlavo.
«Dai, racconta. Sei stata con Ryan?»
Nell’udire quelle parole, non so quale meccanismo
scattò, cosa innesco la
rabbia. Sentii il sangue fluire al viso e le mani prudermi.
«Dio, Abby! Perché devi essere
così?» sbottai allargando le braccia,
esasperata.
Lei, scioccata, mi guardò come provenissi da un altro
pianeta.
«Ti ho detto che non è successo nulla. Ryan
è solo un amico, per l’amore del
cielo.» continuai avvicinandomi all’armadio ed
aprendone le ante.
«D’accordo.» si limitò a
rispondere lei. «Ma non c’è bisogno di
essere così
scortesi.»
Con il viso rivoltò verso i ripiani, nascosta dal suo
sguardo indiscreto,
chiusi gli occhi e mi morsi il labbro inferiore cercando di trattenere
le lacrime.
Non poteva essere reale. Non stava accadendo.
In quel momento potei avvertire la mano di Ian sfiorarmi la schiena.
«Perdonami.» sussurrai tanto piano anche credetti
non mi avesse sentita.
Quattro sillabe che contenevano in sé dolore e colpe,
tradimento, sofferenza.
Non le chiesi perdono per essere stata scortese, le chiesi perdono per
essere
stata una pessima confidente, amica, cugina, sorella. Le chiesi perdono
per
averla ferita, per averle mentito, per nasconderle quella
verità tanto dolce al
mio cuore.
«Non importa. Sono io a dovermi scusare.»
Udendo quelle parole, chiusi con più forza gli occhi.
No, Abby… non scusarti…
«Vado a cercare Ian. Quando mi sono svegliata era
già sceso. Ci vediamo a
colazione.» continuò prima di uscire.
Ian. Nell’udire quel nome il mio cuore singhiozzò
agonizzante. E nella mia
mente chiara divenne l’immagine delle sue labbra su quelle di
Abby, delle sue
mani sul viso di lei. I loro visi sorridenti.
«No, no, no…» ripetei gemendo.
«No…»
Mi presi il viso fra le mani è, poggiandomi ad
un’anta mi lascia cadere sul
pavimento.
Ed in quel momento, mentre mute lacrime e muti singhiozzi mi scuotevano
il
petto, l’unica cosa che avrei voluto era che Ian mi
stringesse a sé,
sussurrandomi che tutto si sarebbe sistemato.
Ma lui non c’era. In quella stanza d’albergo
ero… sola.
Con gesti meccanici, disattenti, indossai i calzoncini e una canotta
blu. Lasciai
i capelli sciolti e, con espressione atona, priva di qualsiasi emozione
uscii
dalla camera, afferrando la borsa che avevo lasciato sulla sedia,
accanto al
letto. Osservai un’ultima volta il letto sfatto, le lenzuola
che sapevano di
rose e miele, con il cuore appesantito dai rimorsi e alleggerito dai
ricordi,
decisi di non andare direttamente a fare colazione.
Così, mi ritrovai a camminare lungo i corridoi bisognosa di
un abbraccio e di
parole confortanti.
Era difficile, metabolizzare il tutto. Sembrava tutto così
irreale, eppure era
vero e l’incontro con Abby me ne aveva dato la conferma. Mi
aveva scossa, mi
aveva riportata sul pianeta terra, svegliata da un coma di emozioni e
sensazioni dolci come una miscela di miele e zucchero, immergendomi in
una
tempesta di emozioni contrastanti fra loro.
Ero nei guai. Guai grossi.
Immersa nei miei pensieri quasi superai la stanza 1354, prima di
bussare,
sospirai. Sentii, oltre il legno, delle imprecazioni e feci una smorfia
pensando che avessi fatto la scelta sbagliata.
Ma, prima che potessi darmi della stupida, la porta si aprii.
«Che ci fai qui?»
Alzai un sopracciglio. «Buongiorno anche a te, Anthony. Sono
davvero contenta
di vederti.»
«Scusa. Buongiorno anche a te.» sorrise.
Scossi il capo. «Tu sei strano.»
«Me l’hai già detto questo.»
«Lo so.» risposi prima di incrociare le braccia al
petto. «Allora, mi fai
entrare o mi tieni sulla porta?»
Rise. «Prego, miss.»
disse
spostandosi di lato e facendo un inchino.
«Ryan?» chiesi guardandomi intorno.
«In bagno.»
«Oh.»
Lui sorrise, malizioso e si avvicinò alla porta del bagno,
bussandosi con la
nocca dell’indice. «Ehi, Ryan, qui
c’è la tua ragazza! La faccio entrare?»
esclamò guardandomi.
«Piantala, idiota!» lo ripresi fulminandolo con lo
sguardo.
«Chi?» sentii la voce di Ryan.
Anthony fece spallucce, si baciò il palmo delle mani e vi ci
soffiò sopra.
«Molto divertente.»
«Ci vediamo di sotto, darling.
Accomodati
pure, eh. Non è necessario che tu rimanga in
piedi.» ridacchiò indietreggiando
verso la porta.
Ridussi gli occhi a due fessure. «Sto bene così,
grazie.» dissi fra i denti,
mentre lui, divertito si chiudeva la porta della camera alle spalle.
Chiusi un momento gli occhi e feci un respiro profondo, ma quando
sentii la
porta riaprirsi gli riaprii di scatto.
Ryan, immobile sulla soglia del bagno mi fissava confuso…
con indosso solo un
paio di bermuda.
«Ciao.» farfugliai sbattendo più volte
le palpebre e abbassando lo sguardo,
involontariamente.
«Tutto okay?» chiese lentamente.
«Sì.» mi sforzai di sorridere ed alzai
lo sguardo sul suo viso.
I suoi occhi guardarono, indagatori, i miei, in cerca di quelle parole
ancora
non dette. «Uhm.»
Abbozzai un sorriso e mi portai una ciocca di capelli dietro un
orecchio.
Indossò una maglietta e si sedette sul bordo del letto, poi
con la testa mi
fece segno di avvicinarmi, mentre batteva con la mano sul materasso.
Senza proferire parola, senza sorridere, feci quanto mi era stato
indicato ed
andai a sedermi alla sua destra.
«Spiegami.» disse risoluto, guardandomi in volto.
«Non c’è nulla di spiegare.»
mormorai giocando con un lembo della borsa.
«Deduco che questa sia una visita di cortesia.»
osservò.
Sospirai appena. «No. Non lo è.»
«Helen… non puoi continuare così. Non
puoi continuare a reprimere sentimenti
per l’amore di tua cugina. Devi prendere una decisione,
mollare o tener duro…»
«Sono stata con Ian questa notte.» dissi tutto
d’un fiato, chinando il capo.
Per alcuni istanti nessuno dei due parlò, mentre le mie
parole rimanevano
sospese nell’aria.
Poggiai i gomiti sulle ginocchia e mi presi il capo fra le mani.
«Ti prego, di’
qualcosa.» esordii. «Dimmi che sono una stupida,
che ho sbagliato, che sono
stata vile, ma ti prego non tacere.» dissi con voce rotta.
«Oh, Helen…» sussurrò lui
circondandomi le spalle con un braccio.
«Ha detto di amarmi, Ryan.»
«Cosa?» chiese lui voltandosi di scatto.
«Hai detto di… amarmi.» soffiai con
cuore che
batteva troppo velocemente per essere controllato e la
voce rotta
dall’emozione.
«Waw.» fu il solo suono che Ryan emise.
«Questo sì che lascia senza parole.»
Mi sforzai di sorridere, lui corrugò la fronte,
probabilmente il mio tentativo
era stato inutile, la mia appariva una smorfia di disperazione.
Mi accarezzò piano la spalla. «Cosa
c’è, Helen?»
«Non so cosa devo fare. Come comportarmi. Io… non
voglio perderlo, Ryan… ma non
voglio perdere nemmeno Abby.»
«So che è dura, piccola… ma qualcuno
soffrirà. Qualcuno soffre sempre, è il mondo,
gira così e non puoi farci nulla. Ma… lui ama te.
Ama te, Helen. E… se davvero
lo ami come puoi negargli il tuo cuore?»
Mi morsi il labbro inferiore ed alzai gli occhi sul suo viso.
«Intendi dire che
è meglio che soffra una persona invece che due?»
«Intendo solo dire che non devi precluderti la
possibilità di essere felici.»
Sospirai e mi lasciai andare sulla sua spalla poggiandoci la tempia.
Lui mi
carezzò il viso, dolcemente.
«Meriti di essere felice, Helen. Lo meriti più di
chiunque altro.»
«Forse.» mormorai, prima di chiudere gli occhi.
Forse.
«Coraggio, andiamo.» disse Ryan alzandosi e
prendendomi per mano.
«Dove?» chiesi corrugando la fronte.
«A fare colazione. Muoio di fame.»
Scossi il capo in
un risolino. «Tu hai
sempre fame, Ryan.»
Fece spallucce. «No, non credo. Andiamo, forza.»
Sorrisi e lasciai che mi circondasse le spalle con un braccio. Uscimmo
dalla
stanza diretti alla sala da pranzo.
Il cuore palpitava frenetico, terrorizzato dal pensieri di Ian, di
Abby, delle
loro dita intrecciate. Divorata dai sensi di colpa non potevo non
chiedermi
cosa sarebbe successo, come sarebbe andata, cosa avremmo fatto. Ammisi
a me
stessa che l’idea di perdere Ian, in quel momento, mi
dilaniava molto più dei
sensi di colpa, mi mozzava il respiro e mi causava una fitta in pieno
petto.
Sapevo che non avrei fatto colazione, che mi sarei limitata a bere
qualche
sorso di thè freddo e probabilmente a struggermi alla vista
di Ian ed Abby.
Sperai con tutta me stessa che nessuno dei due fosse lì. Mi
sentivo le gambe molli.
Quando entrai nella grande stanza il mio cuore entrò in
fibrillazione. Cominciò
a battere tanto forte da
far invidia ad
un colibrì, il suo suono mi echeggiò nelle
orecchie, dandomi alla testa. Al
tavolo accanto alla grande vetrata oltre il quale si poteva ben vedere
l’oceano, Ian, Jared e Shelly, consumavano la loro colazione.
Spalancai gli
occhi e tremai impercettibilmente, mentre Ryan si voltava a guardarmi,
senza
proferire parola.
Deglutii rumorosamente, mi passai una mano fra i capelli e, sospirando,
gli
riavviai, dopo di che cominciai a camminare affiancata da Ryan.
«Sono qui.» mi sussurrò
all’orecchio, dandomi un buffetto sul braccio.
Feci un risolino, voltandomi a guardarlo, ma, quando tornai a guardare
dinanzi
a me, incontrai lo sguardo di Ian, duro come diamante. I suoi occhi
color del
cielo mi fissavano imperscrutabili, lasciandomi allibita e desiderosa
di
carezzargli il viso, come a volerne distendere i muscoli. Ma non potevo
farlo.
In quel momento, fui felice che Abby non fosse lì.
«Ehi…» sorrisi scostando lo sguardo dal
suo viso e guardando Jared e Shelly,
che mi risposero con allegria prima di tornare a mangiare.
Mentre mi accomodavo, sedendomi di fronte ad Ian, lo vidi con la coda
dell’occhio guardare Ryan sedersi accanto a lui, a
capotavola. Chinai appena il
capo e chiusi gli occhi per qualche istante, prima di riaprire le
palpebre e
notare che entrambi mi guardavano.
Corrugai la fronte, avvampando di rossore. «Cosa
c’è?»
«Cosa prendi?» mi chiese subito Ryan.
«Thé freddo.»
«Solo?» chiese alzando un sopracciglio.
«Sì.»
«Dovresti mangiare qualcosa.»
«Non ho fame.»
«Helen…»
«Ho lo stomaco chiuso, Ryan.» dissi risoluta,
puntando il mio sguardo nel suo.
Sospirò. «Okay.» rispose rassegnato
prima di alzarsi e dirigersi verso il
tavolo del buffet.
Con lo sguardo l’osservai per qualche istante. Avevo paura,
non avevo il
coraggio di voltarmi e guardarlo ancora negli occhi, di affrontare il
suo
sguardo duro. Dall’altro
lato del tavolo
Jared e Shelly parlottavano fra loro, del tutto incuranti di noi due.
Mi morsi il labbro inferiore, poi racimolando quel poco di coraggio
rimastomi
in corpo, mi voltai, tremante. Ma ciò che vidi, non era
ciò che mi aspettavo.
Il suo sguardo non era duro, non era glaciale come quando ero entrata,
bensì…
dolce. Il suoi occhi languidi, carichi di passione e
dolcezza mi scrutarono imploranti. A quelle
vista il mio cuore parve cessare di battere ed il respirò mi
si mozzò.
«Helen...» disse in un sussurro. «Come
puoi…»
Prima di parlare mi passai una mano sul collo e cercai di ricacciare
indietro
quelle lacrime che, prepotenti, desideravano uscire. «Era da
un po’ che non
riuscivo a chiudere occhi la notte.» sorrisi flebilmente.
«Credo dipenda dal
dormire in un letto estraneo. Non so cosa si successo la notte
scorsa… ma,
finalmente, ho dormito, sai? Cuore, anima e mente erano un
tutt’uno.» mormorai
ignorando il gonfiore alla gola.
Lui dischiuse le labbra, come a voler parlare, ma dalla sua bocca non
vi uscì
alcun suono.
Dopo una breve pausa, parlò. «Che strano,
Helen… ho dormito per davvero anche
io.»
Con i capelli a farmi da sipario, a nascondermi da Jared e Shelly,
chiusi gli
occhi. «Non so che fare. Non voglio rinunciare a
te» soffiare quelle parole mi
costò, mi costò terribilmente.
«Troveremo una soluzione, Helen…
insieme.» sibilò prima di portarsi la tazza di
caffè alle labbra rosee.
Mi voltai verso Ryan ma non ero pronta a quella vista. Il sangue mi si
gelò
nelle vene e il mio viso, probabilmente, assunse un colorito troppo
pallido,
tanto che Ian si sfiorò la mano preoccupato, chiedendomi
cosa stesse
succedendo. Mi voltai verso di lui, fissando la sua mano sopra la mia
che parve
prendere fuoco, lui la ritrasse immediatamente.
«Helen, cosa succede?» mi chiese sporgendosi sul
tavolo e rivolgendomi lo
sguardo più premuroso che potessi ricevere.
«Perdonami.» mormorai prima di alzarmi e varcare la
porta che portava
all’esterno, lasciando Ian al tavolo e mia cugina intenta a
versarsi del caffè
in una tazza.
*
Eccomi
qui, gente… di nuovo. L’immagine ritrai Ian ed
Helen XD Sin dal primo capitolo,
iniziato a Maggio del 2010 ho immaginato loro, senza poterci fare nulla.
Mi piace di aver
postato così tardi… spero solo di non aver deluso
alcune
aspettativa.
Ringrazio di cuore
coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, davvero.
Un bacio, Panda.
E ringrazio te, che
forse non leggerai neanche. Grazie, mia dolce, cara,
genuina, Kate.