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Autore: NeverThink    01/02/2011    10 recensioni
Sapevo che era sbagliato, terribilmente sbagliato. Eppure non riuscivo a toglierli gli occhi di dosso.
Lo vidi uscire, camminare sulla sabbia chiara, dirigendosi verso me. Il sole si rifletteva sulle goccioline d’acqua salata che scivolavano lungo il suo corpo statuario, sui muscoli dell’addome e delle braccia ben delineati.
Corrugò la fronte a causa del sole. La pelle aveva oramai assunto un colore ambrato dopo la prima settimana di vacanza passata su quell’isola dei Caraibi.
Deglutii rumorosamente e voltai il capo, scostando lo sguardo dal suo corpo, dal suo viso, ma, soprattutto, dai suoi occhi color del ghiaccio.
La sua vista, per quanto fosse gradevole ai miei giovani occhi, era fonte di sofferenza.
(..)«Helen!»
Mi voltai e lo vidi avanzare verso la battigia, correndo. Entrò in acqua senza curarsi di bagnarsi i jeans e le scarpe. Si inginocchiò e mi sorresse, poggiando una mano su un fianco e una sul collo, scostandomi i capelli per metà bagnati.
«Ehi…» mormorò e il suo viso al chiaro di luna era ancor più bello. Inebetita l’osservai.(..) Istintivamente alzai una mano, sfiorandogli la mascella con i polpastrelli.
«Sei così cambiato, Ian.» mormorai.
Per te.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13.





~
Look to the stars, let hope burn in your eyes.
Guarda le stelle, lascia la speranza bruciare nei tuoi occhi
.~



Qualcuno bussò alla porta. Seduta sul letto, mi voltai e guardai il legno bianco.
Il mio cuore intraprese una folle corsa e non potei non trattenere il respiro. Sperai, forse scioccamente, con tutta me stessa che fosse lui, che i suoi occhi color dell’oceano mi si prostrassero davanti. Così, con il petto che si muoveva troppo velocemente per essere controllato, scattai in piedi e, quasi correndo, mi avvicinai alla porta. Afferrai con forza la maniglia, ma ciò che vidi non era ciò che mi aspettavo. La realtà si abbatté su di me con crudeltà, come fosse stata una frana di fango e detriti.
«Buongiorno.» disse lei con voce atona, le spalle piegate sotto un peso immaginario.
«Abby.» soffiai incapace di emettere suoni.
«La mia testa sta per scoppiare.» sbuffò passandomi accanto e dirigendosi verso il letto. Quel letto che sapeva ancora di muti sentimenti, di ricordi celati nel cuore.
Sentii il cuore e lo stomaco stringersi in una morsa.
Abby si lasciò cadere sul materasso, lacerandomi.
«Cosa succede?» chiesi cercando di apparire il più naturale possibile, passandomi una mano fra i capelli ed incrociando poi le braccia al petto.
Lei si coprì il viso con le mani. «Credo di aver esagerato ieri. Ricordo poco. Ho solo immagini.» latrò alzando poi il capo.
Quando i miei occhi incontrarono i suoi, tremai, impercettibilmente.
Cosa avevo fatto?
«Ehi, stai bene?» chiese alzando un sopracciglio, prima di mettersi a sedere.
«Sì, certo.» risposi sorridendo e deglutendo.
Abby inclinò il capo di lato. «Perché ti luccicano gli occhi ed hai le guance arrossate?» chiese ed  un lampo di malizia le fendé gli occhi.
M’accigliai «Cosa?» chiesi distogliendo lo sguardo dal suo, posandolo sul pavimento.
«Sì! Cosa non mi hai detto?» chiese indagatrice.
Scossi velocemente il capo. «Nulla!» esclamai indietreggiando di un passo e sgranando gli occhi, nel panico. I sensi di colpa, il tradimento verso lei, piano avanzarono schiaffeggiandomi.
Alzò le mani. «Okay, okay! Ma calmati per favore!» disse lasciandosi cadere ancora sul letto.
«Sono calma.» mormorai mordendomi il labbro inferiore mentre dentro urlavo.
«Dai, racconta. Sei stata con Ryan?»
Nell’udire quelle parole, non so quale meccanismo scattò, cosa innesco la rabbia. Sentii il sangue fluire al viso e le mani prudermi.
«Dio, Abby! Perché devi essere così?» sbottai allargando le braccia, esasperata.
Lei, scioccata, mi guardò come provenissi da un altro pianeta.
«Ti ho detto che non è successo nulla. Ryan è solo un amico, per l’amore del cielo.» continuai avvicinandomi all’armadio ed aprendone le ante.
«D’accordo.» si limitò a rispondere lei. «Ma non c’è bisogno di essere così scortesi.»
Con il viso rivoltò verso i ripiani, nascosta dal suo sguardo indiscreto, chiusi gli occhi e mi morsi il labbro inferiore cercando di trattenere le lacrime.
Non poteva essere reale. Non stava accadendo.
In quel momento potei avvertire la mano di Ian sfiorarmi la schiena.
«Perdonami.» sussurrai tanto piano anche credetti non mi avesse sentita. Quattro sillabe che contenevano in sé dolore e colpe, tradimento, sofferenza. Non le chiesi perdono per essere stata scortese, le chiesi perdono per essere stata una pessima confidente, amica, cugina, sorella. Le chiesi perdono per averla ferita, per averle mentito, per nasconderle quella verità tanto dolce al mio cuore.
«Non importa. Sono io a dovermi scusare.»
Udendo quelle parole, chiusi con più forza gli occhi.
No, Abby… non scusarti…
«Vado a cercare Ian. Quando mi sono svegliata era già sceso. Ci vediamo a colazione.» continuò prima di uscire.
Ian. Nell’udire quel nome il mio cuore singhiozzò agonizzante. E nella mia mente chiara divenne l’immagine delle sue labbra su quelle di Abby, delle sue mani sul viso di lei. I loro visi sorridenti.
«No, no, no…» ripetei gemendo. «No…»
Mi presi il viso fra le mani è, poggiandomi ad un’anta mi lascia cadere sul pavimento.
Ed in quel momento, mentre mute lacrime e muti singhiozzi mi scuotevano il petto, l’unica cosa che avrei voluto era che Ian mi stringesse a sé, sussurrandomi che tutto si sarebbe sistemato.
Ma lui non c’era. In quella stanza d’albergo ero… sola.


Con gesti meccanici, disattenti, indossai i calzoncini e una canotta blu. Lasciai i capelli sciolti e, con espressione atona, priva di qualsiasi emozione uscii dalla camera, afferrando la borsa che avevo lasciato sulla sedia, accanto al letto. Osservai un’ultima volta il letto sfatto, le lenzuola che sapevano di rose e miele, con il cuore appesantito dai rimorsi e alleggerito dai ricordi, decisi di non andare direttamente a fare colazione.
Così, mi ritrovai a camminare lungo i corridoi bisognosa di un abbraccio e di parole confortanti.
Era difficile, metabolizzare il tutto. Sembrava tutto così irreale, eppure era vero e l’incontro con Abby me ne aveva dato la conferma. Mi aveva scossa, mi aveva riportata sul pianeta terra, svegliata da un coma di emozioni e sensazioni dolci come una miscela di miele e zucchero, immergendomi in una tempesta di emozioni contrastanti fra loro.
Ero nei guai. Guai grossi.
Immersa nei miei pensieri quasi superai la stanza 1354, prima di bussare, sospirai. Sentii, oltre il legno, delle imprecazioni e feci una smorfia pensando che avessi fatto la scelta sbagliata.
Ma, prima che potessi darmi della stupida, la porta si aprii.
«Che ci fai qui?»
Alzai un sopracciglio. «Buongiorno anche a te, Anthony. Sono davvero contenta di vederti.»
«Scusa. Buongiorno anche a te.» sorrise.
Scossi il capo. «Tu sei strano.»
«Me l’hai già detto questo.»
«Lo so.» risposi prima di incrociare le braccia al petto. «Allora, mi fai entrare o mi tieni sulla porta?»
Rise. «Prego, miss.» disse spostandosi di lato e facendo un inchino.
«Ryan?» chiesi guardandomi intorno.
«In bagno.»
«Oh.»
Lui sorrise, malizioso e si avvicinò alla porta del bagno, bussandosi con la nocca dell’indice. «Ehi, Ryan, qui c’è la tua ragazza! La faccio entrare?» esclamò guardandomi.
«Piantala, idiota!» lo ripresi fulminandolo con lo sguardo.
«Chi?» sentii la voce di Ryan.
Anthony fece spallucce, si baciò il palmo delle mani e vi ci soffiò sopra.
«Molto divertente.»
«Ci vediamo di sotto, darling. Accomodati pure, eh. Non è necessario che tu rimanga in piedi.» ridacchiò indietreggiando verso la porta.
Ridussi gli occhi a due fessure. «Sto bene così, grazie.» dissi fra i denti, mentre lui, divertito si chiudeva la porta della camera alle spalle.
Chiusi un momento gli occhi e feci un respiro profondo, ma quando sentii la porta riaprirsi gli riaprii di scatto.
Ryan, immobile sulla soglia del bagno mi fissava confuso… con indosso solo un paio di bermuda.
«Ciao.» farfugliai sbattendo più volte le palpebre e abbassando lo sguardo, involontariamente.
«Tutto okay?» chiese lentamente.
«Sì.» mi sforzai di sorridere ed alzai lo sguardo sul suo viso.
I suoi occhi guardarono, indagatori, i miei, in cerca di quelle parole ancora non dette. «Uhm.»
Abbozzai un sorriso e mi portai una ciocca di capelli dietro un orecchio.
Indossò una maglietta e si sedette sul bordo del letto, poi con la testa mi fece segno di avvicinarmi, mentre batteva con la mano sul materasso.
Senza proferire parola, senza sorridere, feci quanto mi era stato indicato ed andai a sedermi alla sua destra.
«Spiegami.» disse risoluto, guardandomi in volto.
«Non c’è nulla di spiegare.» mormorai giocando con un lembo della borsa.
«Deduco che questa sia una visita di cortesia.» osservò.
Sospirai appena. «No. Non lo è.»
«Helen… non puoi continuare così. Non puoi continuare a reprimere sentimenti per l’amore di tua cugina. Devi prendere una decisione, mollare o tener duro…»
«Sono stata con Ian questa notte.» dissi tutto d’un fiato, chinando il capo.
Per alcuni istanti nessuno dei due parlò, mentre le mie parole rimanevano sospese nell’aria.
Poggiai i gomiti sulle ginocchia e mi presi il capo fra le mani. «Ti prego, di’ qualcosa.» esordii. «Dimmi che sono una stupida, che ho sbagliato, che sono stata vile, ma ti prego non tacere.» dissi con voce rotta.
«Oh, Helen…» sussurrò lui circondandomi le spalle con un braccio.
«Ha detto di amarmi, Ryan.»
«Cosa?» chiese lui voltandosi di scatto.
«Hai detto di… amarmi.» soffiai con cuore che  batteva troppo velocemente per essere controllato e la voce rotta dall’emozione.
«Waw.» fu il solo suono che Ryan emise. «Questo sì che lascia senza parole.»
Mi sforzai di sorridere, lui corrugò la fronte, probabilmente il mio tentativo era stato inutile, la mia appariva una smorfia di disperazione.
Mi accarezzò piano la spalla. «Cosa c’è, Helen?»
«Non so cosa devo fare. Come comportarmi. Io… non voglio perderlo, Ryan… ma non voglio perdere nemmeno Abby.»
«So che è dura, piccola… ma qualcuno soffrirà. Qualcuno soffre sempre, è il mondo, gira così e non puoi farci nulla. Ma… lui ama te. Ama te, Helen. E… se davvero lo ami come puoi negargli il tuo cuore?»
Mi morsi il labbro inferiore ed alzai gli occhi sul suo viso. «Intendi dire che è meglio che soffra una persona invece che due?»
«Intendo solo dire che non devi precluderti la possibilità di essere felici.»
Sospirai e mi lasciai andare sulla sua spalla poggiandoci la tempia. Lui mi carezzò il viso, dolcemente.
«Meriti di essere felice, Helen. Lo meriti più di chiunque altro.»
«Forse.» mormorai, prima di chiudere gli occhi.
Forse.


«Coraggio, andiamo.» disse Ryan alzandosi e prendendomi per mano.
«Dove?» chiesi corrugando la fronte.
«A fare colazione. Muoio di fame.»
Scossi il capo  in un risolino. «Tu hai sempre fame, Ryan.»
Fece spallucce. «No, non credo. Andiamo, forza.»
Sorrisi e lasciai che mi circondasse le spalle con un braccio. Uscimmo dalla stanza diretti alla sala da pranzo.
Il cuore palpitava frenetico, terrorizzato dal pensieri di Ian, di Abby, delle loro dita intrecciate. Divorata dai sensi di colpa non potevo non chiedermi cosa sarebbe successo, come sarebbe andata, cosa avremmo fatto. Ammisi a me stessa che l’idea di perdere Ian, in quel momento, mi dilaniava molto più dei sensi di colpa, mi mozzava il respiro e mi causava una fitta in pieno petto.
Sapevo che non avrei fatto colazione, che mi sarei limitata a bere qualche sorso di thè freddo e probabilmente a struggermi alla vista di Ian ed Abby. Sperai con tutta me stessa che nessuno dei due fosse lì. Mi sentivo le gambe molli.
Quando entrai nella grande stanza il mio cuore entrò in fibrillazione. Cominciò a battere tanto forte  da far invidia ad un colibrì, il suo suono mi echeggiò nelle orecchie, dandomi alla testa. Al tavolo accanto alla grande vetrata oltre il quale si poteva ben vedere l’oceano, Ian, Jared e Shelly, consumavano la loro colazione. Spalancai gli occhi e tremai impercettibilmente, mentre Ryan si voltava a guardarmi, senza proferire parola.
Deglutii rumorosamente, mi passai una mano fra i capelli e, sospirando, gli riavviai, dopo di che cominciai a camminare affiancata da Ryan.
«Sono qui.» mi sussurrò all’orecchio, dandomi un buffetto sul braccio.
Feci un risolino, voltandomi a guardarlo, ma, quando tornai a guardare dinanzi a me, incontrai lo sguardo di Ian, duro come diamante. I suoi occhi color del cielo mi fissavano imperscrutabili, lasciandomi allibita e desiderosa di carezzargli il viso, come a volerne distendere i muscoli. Ma non potevo farlo. In quel momento, fui felice che Abby non fosse lì.
«Ehi…» sorrisi scostando lo sguardo dal suo viso e guardando Jared e Shelly, che mi risposero con allegria prima di tornare a mangiare.
Mentre mi accomodavo, sedendomi di fronte ad Ian, lo vidi con la coda dell’occhio guardare Ryan sedersi accanto a lui, a capotavola. Chinai appena il capo e chiusi gli occhi per qualche istante, prima di riaprire le palpebre e notare che entrambi mi guardavano.
Corrugai la fronte, avvampando di rossore. «Cosa c’è?»
«Cosa prendi?» mi chiese subito Ryan.
«Thé freddo.»
«Solo?» chiese alzando un sopracciglio.
«Sì.»
«Dovresti mangiare qualcosa.»
«Non ho fame.»
«Helen…»
«Ho lo stomaco chiuso, Ryan.» dissi risoluta, puntando il mio sguardo nel suo.
Sospirò. «Okay.» rispose rassegnato prima di alzarsi e dirigersi verso il tavolo del buffet.
Con lo sguardo l’osservai per qualche istante. Avevo paura, non avevo il coraggio di voltarmi e guardarlo ancora negli occhi, di affrontare il suo sguardo duro.  Dall’altro lato del tavolo Jared e Shelly parlottavano fra loro, del tutto incuranti di noi due.
Mi morsi il labbro inferiore, poi racimolando quel poco di coraggio rimastomi in corpo, mi voltai, tremante. Ma ciò che vidi, non era ciò che mi aspettavo. Il suo sguardo non era duro, non era glaciale come quando ero entrata, bensì… dolce. Il suoi occhi languidi, carichi di passione e  dolcezza mi scrutarono imploranti. A quelle vista il mio cuore parve cessare di battere ed il respirò mi si mozzò.
«Helen...» disse in un sussurro. «Come puoi…»
Prima di parlare mi passai una mano sul collo e cercai di ricacciare indietro quelle lacrime che, prepotenti, desideravano uscire. «Era da un po’ che non riuscivo a chiudere occhi la notte.» sorrisi flebilmente. «Credo dipenda dal dormire in un letto estraneo. Non so cosa si successo la notte scorsa… ma, finalmente, ho dormito, sai? Cuore, anima e mente erano un tutt’uno.» mormorai ignorando il gonfiore alla gola.
Lui dischiuse le labbra, come a voler parlare, ma dalla sua bocca non vi uscì alcun suono.
Dopo una breve pausa, parlò. «Che strano, Helen… ho dormito per davvero anche io.»
Con i capelli a farmi da sipario, a nascondermi da Jared e Shelly, chiusi gli occhi. «Non so che fare. Non voglio rinunciare a te» soffiare quelle parole mi costò, mi costò terribilmente.
«Troveremo una soluzione, Helen… insieme.» sibilò prima di portarsi la tazza di caffè alle labbra rosee.
Mi voltai verso Ryan ma non ero pronta a quella vista. Il sangue mi si gelò nelle vene e il mio viso, probabilmente, assunse un colorito troppo pallido, tanto che Ian si sfiorò la mano preoccupato, chiedendomi cosa stesse succedendo. Mi voltai verso di lui, fissando la sua mano sopra la mia che parve prendere fuoco, lui la ritrasse immediatamente.
«Helen, cosa succede?» mi chiese sporgendosi sul tavolo e rivolgendomi lo sguardo più premuroso che potessi ricevere.
«Perdonami.» mormorai prima di alzarmi e varcare la porta che portava all’esterno, lasciando Ian al tavolo e mia cugina intenta a versarsi del caffè in una tazza.

 

*

Eccomi qui, gente… di nuovo. L’immagine ritrai Ian ed Helen XD Sin dal primo capitolo, iniziato a Maggio del 2010 ho immaginato loro, senza poterci fare nulla.
Mi piace di aver postato così tardi… spero solo di non aver deluso alcune aspettativa.
Ringrazio di cuore coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, davvero.
 Un bacio, Panda.

E ringrazio te, che forse non leggerai neanche. Grazie, mia dolce, cara, genuina, Kate.

   
 
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