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Autore: Beatrix Bonnie    02/02/2011    5 recensioni
Questa è la storia di Reg Weasley, un ragazzino allegro e forse troppo chiacchierone che si ritroverà a dover affrontare scelte difficili, più grandi di lui. Ma il suo infinito coraggio lascerà un segno in tutti quelli che gli sono vicini...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Regulus Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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Un Black non chiede mai scusa, e infatti Regulus non aveva alcuna intenzione di farlo. Non poteva, era così... umiliante. No, non avrebbe chiesto scusa a Reg, ma forse lui nemmeno si era offeso. In fondo non era successo nulla di così grave e poi Reg non era il tipo che se la prendeva per cose così piccole. Era sempre allegro e pieno di vita. Ma sì, Regulus avrebbe potuto scommettere che tra loro non sarebbe cambiato nulla.

Ci impiegò parecchio tempo a trovare il suo amico, ma alla fine, quando lo vide in riva al lago, si era ormai convinto che Reg non poteva essere arrabbiato. «Ehi, Reg, quelle caccabombe, allora?» gli domandò con tono forse forzatamente allegro.

Il ragazzino non si voltò verso di lui.

Regulus allora gli girò intorno, fino a posizionarsi davanti a lui. I suoi occhi nocciola, fissi su un punto non precisato dell'orizzonte, erano arrossati e gonfi. Sembrava che avesse pianto.

«Reg?» chiese allora Regulus, per sondare il terreno.

«Oh, guarda. È tornato il Purosangue» commentò Reg con un tono cattivo che contrastava con il suo visino infantile.

«Dai...» provò a dire l'altro, a disagio. «Non è successo nulla di grave».

«Nulla di grave?» gridò Reg, dandogli uno spintone per allontanarlo. «Ah, già, non sei tu quello che ha fatto la figura dell'idiota, non sei tu che sei stato pugnalato alle spalle dal tuo migliore amico!»

Reg non era mai stato così fuori di sé come in quel momento: si sentiva ferito e la sua delusione si trasformava in rabbia.

Ma Regulus era un Black e nessuno poteva permettersi di urlare contro un Black senza essere trattato di conseguenza. «Senti, c'era Narcissa e alla mia famiglia non piacciono quelli come te» rispose, mettendosi sulla difensiva. Ora Reg stava proprio esagerando: lo stava facendo passare per un mostro. In fondo lui non aveva fatto nulla di male: non era colpa sua se i Weasley erano quello che erano.

Reg gli si avvicinò, finché non riuscì a fissarlo dritto negli occhi. «Quelli come me? Fino a ieri, però, ti andava bene la compagnia di quelli come me» lo provocò.

I due ragazzini si squadrarono per parecchi secondi, poi Reg continuò: «Scusa, ma non voglio avere un amico che si vergogna di me, solo perché la sua famiglia gli ha ficcato in testa quelle idiozie sul sangue puro».

A quelle parole fece per voltarsi e andarsene, ma Regulus glielo impedì, afferrandolo per una manica. Nessuno poteva insultare la sua famiglia. «Stammi bene a sentire» gli disse con rabbia, senza lasciare la presa ferrea sul suo braccio. «I Black sono una delle stirpi più rispettate del mondo magico. Se non ti piacciono le nostre idee, nessuno ti obbliga a fare l'amicone con me».

Si pentì quasi subito di aver detto quelle cose, ma ormai era fatta e non aveva certo intenzione di chiedere scusa. In fondo era vero: era stato Reg a cominciare quell'amicizia, che colpa ne aveva lui se poi i Black non gli andavano a genio?

Reg era ferito dalle parole del suo amico, ma era certo che lui non fosse come il resto della sua famiglia. Forse c'era ancora la possibilità di fargli capire che si stava schierando dalla parte sbagliata. «Le vostre idee? Andiamo Regulus, fosse per voi tutti i Babbani dovrebbero essere massacrati. Ti sembrano idee giuste?» gli domandò, cercando di allontanare la rabbia e mostrarsi più gentile nei suoi confronti.

Regulus sembrò vacillare di fronte a quella domanda diretta. Sì, in teoria a lui non piacevano i Babbani e li avrebbe fatti volentieri sparire, ma il termine usato da Reg era così forte che per un attimo si domandò da che parte fosse la giustizia.

Il ragazzino sembrò vedere la perplessità dell'amico e decise di sfruttare quella falla. «Se la tua famiglia cerca di convincerti di certe idee, non è detto che siano giuste. Tu devi ragionare con la tua testa e credere in ciò che senti come sincero, buono, giusto» gli disse con convinzione. Il suo sguardo intenso si posò negli occhi grigi dell'altro, ma non vi trovò la determinazione che sperava.

Regulus lasciò andare il suo braccio e si allontanò di un passo, scuotendo la testa. «Non puoi chiedermi di schierarmi contro la mia famiglia» sussurrò debolmente.

«E quindi?» chiese Reg, ma sapeva già la risposta a quella domanda. Un senso opprimente di angoscia si impadronì di lui, mentre gli occhi cominciavano a pizzicargli. «È finita, non è vero?»

Regulus non ebbe il coraggio di rispondere a quella domanda. Gli dispiaceva immensamente di dover interrompere la sua amicizia con Reg, ma non poteva andare contro la sua famiglia. Era qualcosa di impensabile. Il suo unico gesto fu quello di abbassare gli occhi a terra per una frazione di secondo.

Sì, era finita.

Reg sentiva uno spiacevole nodo alla gola che gli impediva di parlare; in fondo non avevano più nient'altro da dirsi. Voltò le spalle a quello che un tempo era stato il suo migliore amico e corse via verso il castello.

Era sciocco, immensamente sciocco piangere per una cosa del genere, ma Reg non riuscì a trattenere le lacrime. Era deluso, frustrato e arrabbiato insieme, quindi un bel pianto lo avrebbe aiutato a sfogarsi. Entrò in una stanza vuota e si accasciò contro il muro, sopraffatto dai singhiozzi. Stupidi Black e stupidi pregiudizi sulla purezza del sangue! Era tutta colpa di quelle idiozie se lui e Regulus non potevano essere amici!

«Reg!» esclamò una voce sottile.

Il ragazzino si voltò di scatto verso la porta dell'aula, dalla quale era appena sbucata Lily Evans.

«Che succede?» gli chiese lei, inginocchiandosi al suo fianco.

Reg si asciugò le lacrime con la manica della divisa, nel tentativo di nascondere il suo pianto. «Niente, niente...» biascicò, ma era ovvio che quella bugia non convinceva nessuno.

«Dai, a me puoi dirlo» gli sussurrò Lily, con un sorriso gentile. Reg tentennò per un attimo, poi decise che poteva fidarsi di Lily.

«Ho litigato con Regulus. È che... questi stupidi Serpeverde, tutti troppo orgogliosi del loro sangue puro!» si sfogò, lanciando contro i banchi un sassolino che aveva trovato in terra.

«Ma no, non sono tutti così» lo rincuorò Lily, mettendogli una mano sulla spalla. Reg le lanciò un'occhiata talmente scettica che lei fu costretta a spiegare: «Guarda Severus: lui è Mezzosangue, perché suo padre è Babbano, e poi è mio amico ed è molto gentile con me».

A Reg non piaceva per niente quell'amico unticcio di Lily, ma evitò di farglielo notare: lei sembrava così convinta della loro amicizia. Per un attimo i due ragazzini rimasero in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.

«Io non voglio avere paura. Io voglio avere il coraggio di scegliere ciò che è giusto» proruppe improvvisamente Reg, stringendosi le ginocchia al petto. Se Regulus avesse avuto quel coraggio, ora loro due sarebbero ancora amici.

Lily gli riservò uno sguardo dolce. «Ma tutti hanno paura, Reg. il coraggio sta nel saperla affrontare e superare».

«Per fare la scelta giusta» concluse Reg, con un mezzo sorriso.

Lily annuì. «Per fare la scelta giusta».


Dal giorno in cui aveva litigato con Regulus, Reg aveva imparato a starsene sempre solo. Ma non era più come prima, quando non aveva amici ma era sempre allegro e chiacchierone. Ora era diventato una figura solitaria, sempre triste. Nei suoi occhi si era spenta ogni briosa scintilla di vita e la bocca si tendeva raramente in un sorriso. Aveva deciso che se nessuno lo voleva, lui non avrebbe voluto nessuno. L'unica cosa che lo teneva in piedi e che lo spingeva ad andare avanti era il fatto che lui aveva avuto il coraggio di fare la scelta giusta. E sempre l'avrebbe avuto.

L'uggioso febbraio lasciò il posto ad un marzo più mite. Lentamente le nevi abbandonarono i prati intorno a Hogwarts per lasciare posto a dei timidi fiorellini di campo. La brughiera circostante si ricoprì di erica e perfino la Foresta Proibita appariva meno spettrale ora che i suoi alberi erano decorati da nuovi getti e tenere gemme.

Con l'arrivo di aprile, Reg osservava come la vita degli altri sembrasse procedere insieme alla rinascita del paesaggio, mentre la sua era rimasta bloccata a quei freddi giorni d'inverno. Mary doveva prepararsi per i M.A.G.O. e quindi era diventata piuttosto nevrotica e scattava come una vipera ogni volta che qualcuno interrompeva il suo studio. Potter era diventato l'idolo di tutta la torre di Grifondoro, dal momento che era stata la sua ultima spettacolare conquista del Boccino d'Oro a consegnare la coppa alla casa rosso-oro, dopo quasi quattro anni. Ovviamente questo non aveva fatto altro che aumentare l'autostima di Potter, che ora se ne andava in girò a pavoneggiarsi come se avesse appena vinto la Coppa del Mondo.

Regulus, invece, aveva cominciato a legare con quell'antipatico di Barty Crouch. Tutte le volte che Reg ci pensava, non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile che Regulus avesse stretto amicizia con un tale bellimbusto impomatato, ma alla fine si ricordava sempre che quello era il tipo di rapporto che la sua famiglia avrebbe approvato.

Mentre lui? Lui se ne stava sempre solo, in disparte. Perfino i professori si erano stupiti del suo silenzio durante le lezioni. Una volta, la McGranitt assegnò dieci punti a Grifondoro semplicemente perché Reg era riuscito a restare zitto per tutte le sue due ore.

Il tutto dipendeva dal fatto che Reg non aveva più voglia di parlare, o meglio, non aveva più nessuno con cui parlare.

Una sera di inizio maggio, mentre in sala comune Potter stava intrattenendo un piccolo pubblico, raccontando di quando aveva battuto in una gara di volo una fenice, Reg si era accoccolato su una poltrona davanti alla finestra per rileggere per la decima volta Il Quidditch attraverso i secoli.

A riscuoterlo fu la voce di Mary, insolitamente dolce. «Reg, posso parlarti?» gli domandò in un sussurro.

Reg sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo e osservò il volto di sua sorella: sembrava attraversato da un velo di preoccupazione. Rimase un attimo in silenzio, ma alla fine fece un segno di assenso con il capo.

Mary si sedette sulla poltrona a fianco della sua e le bastò un'occhiata intorno perché i Grifondoro che stavano lì vicino capirono di doversela defilare.

Reg aspettò che tutti si fossero allontanati, poi si voltò apatico verso sua sorella. «Se sei venuta a dirmi un saccente te lo avevo detto di stare alla larga dai Serpeverde, puoi anche risparmiartelo».

«Veramente sono qui per dirti di non rinunciare alla tua amicizia con Regulus» rispose la ragazza, con uno strana luce negli occhi.

Reg rimase spiazzato. «Ma a te non piacciono i Black, né tanto meno i Serpeverde» commentò, dopo un attimo di silenzio.

Mary si fissò le mani e prese un lungo respiro. «Lascia che ti racconti una storia» gli disse alla fine, con un mezzo sorriso. «Un tempo io e Priscilla eravamo grandi amiche. Ci eravamo conosciute il primo giorno sull'Espresso per Hogwarts e da allora eravamo praticamente inseparabili. Poi io entrai in squadra e cominciai a montarmi la testa, mentre lei... be' credo che fosse invidiosa di me. Le cose a casa sua non sono mai andate troppo bene, perché i suoi genitori hanno sempre preferito il suo fratello gemello, che infatti ora frequenta il Trinity. Crescendo divenne sempre più astiosa, mentre io cominciavo a non sopportare più i suoi musi lunghi. Credo che, in fondo, fu soprattutto colpa mia».

Mary fece una pausa e si perse via a guardare il cielo stellato che splendeva oltre la finestra. «Alla fine litigammo e... be', ora sai come vanno le cose tra di noi» concluse, con uno sguardo addolorato nella sua direzione.

Reg non sapeva perché sua sorella avesse deciso di confidargli quelle cose proprio ora, ma capì immediatamente che non voleva fare la stessa fine, con Regulus. Avrebbe potuto provare a parlargli, o, se lui si fosse rifiutato di rivolgergli la parola, avrebbe potuto scrivergli una lettera.

Sì, gli avrebbe scritto una lettera!

Stava per prendere un foglio di pergamena, quando, guardando gli occhi sofferenti di sua sorella, capì che aveva bisogno di lui. «Un tempo non eri così...» provò a dire Reg, ma non riuscì a concludere la frase. Non sapeva come definire il cambiamento di sua sorella: da piccola era proprio come lui, allegra, chiacchierona ed estroversa; ora, invece, si comportava come la reginetta della scuola. Era diventata egocentrica e piena di sé.

«Sono la prima Weasley che ha successo!» gli rispose Mary, con foga.

«Ma a che prezzo? Guardati, non sei più tu!» la rimbeccò suo fratello.

La ragazza distolse lo sguardo e ancora una volta si ritrovò a fissare le stelle. «La gente cambia, Reg» sussurrò alla fine, con un tono di voce insondabile.

Reg le afferrò la mano e la costrinse a voltarsi verso di lui. «Fino a che punto sei disposta a cambiare?» la provocò, guardandola con intensità.

Sembrava che una spada avesse trafitto il costato di Mary. «Andiamo, Reg» gli rispose. «Guardati intorno: i Weasley sono Purosangue, ma praticamente siamo i reietti della società magica. Papà è un impiegato alle poste, lo zio Septimius serve i gelati a Diagon Alley, e adesso anche Arthur non ha niente più che un lavoretto d'ufficio al Ministero!» commentò, scuotendo la testa con rassegnazione.

Reg fece una smorfia: erano le stesse cose che gli aveva detto anche Crouch, al party di Natale di Lumacorno, ma per lui, che non aveva ancora dodici anni, quelle questioni non erano poi così importanti. Aveva ancora davanti a sé sei lunghi anni di scuola e il suo futuro, per ora, era ancora molto nebuloso.

Lo stesso ragionamento, ovviamente, non valeva anche per Mary che, una volta affrontati i M.A.G.O., si sarebbe ritrovata catapultata nel mondo degli adulti, senza avere grandi prospettive lavorative.

«L'unica cosa che mi può riscattare, è il Quidditch, Reg» rivelò a suo fratello. «Il signor Hamish MacFarlan, il direttore del Dipartimento per i Giochi e gli Sport Magici, quando ci siamo conosciuti alla festa di Lumacorno, mi ha promesso che mi farà ottenere un provino con i Montrose Magpipes, la migliore squadra inglese. Quando sarò fuori da Hogwarts avrò l'occasione di diventare qualcuno. Non posso farmela scappare, non posso tornare indietro e tornare ad essere un Weasley qualunque. Non voglio tornare indietro» concluse, in tono amaro.

«Non è mai troppo tardi per fare la scelta giusta» le sussurrò Reg, in tono sibillino. Dopodiché, prese il suo libro sottobraccio e se ne andò in camera sua, lasciando lì Mary.

La ragazza tornò a guardare il cielo stellato, assalita dai dubbi e dai rimorsi. Pur di diventare qualcuno, era davvero disposta a rinunciare a se stessa?



Ebbene sì, le cose si sono messe davvero male per il nostro Reg... senza la sua spalla Regulus, ora non ha più nulla! Poverino! Ma, a conclusione di questo capitolo, si è aperto un nuovo spiraglio di speranza, per lui. Quanto a Mary, finalmente sta cominciando a meditare su se stessa: è stufa di essere una Weasley qualunque, ma che prezzo è disposta a pagare?

Il prossimo capitolo sarà cruciale... preparate fazzoletti e catini, d'ora in poi ci sarà di che deprimersi! ç_ç

A presto,

Beatrix B.

EDIT: continua anche per questo racconto l'opera di risistemazione dei dialoghi!

   
 
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